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mercoledì 22 maggio 2024

Nella via Lattea c'è un enorme buco nero, di cui ora sappiamo tutto.

 

Ci sono campi magnetici assurdi intorno a questi oggetti.

"Quello che stiamo vedendo ora è che ci sono campi magnetici forti, contorti e organizzati vicino al buco nero al centro della Via Lattea", ha detto l'astrofisica Sara Issaoun dell'Harvard & Smithsonian Center for Astrofisica. Questo ora lo sappiamo grazie a delle immagini incredibili dell'Event Horizon Telescope (EHT) che lavora da anni per raccogliere i dati da elaborare in immagini dei buchi neri Sagittarius A* e M87*.

a red and orange planetpinterest
EHT Collaboration

Il campo magnetico del "nostro" buco nero.

"Oltre al fatto che Sgr A* ha una struttura di polarizzazione sorprendentemente simile a quella vista nel buco nero M87*, molto più grande e potente, abbiamo imparato che campi magnetici forti e ordinati sono fondamentali per il modo in cui i buchi neri interagiscono con il gas e la materia circostante", ha aggiunto Issaoun.

Il passo successivo è interpretare i dati per capire come funzionano i buchi neri supermassicci. Un modo per farlo è osservare il modo in cui le oscillazioni della luce sono orientate, o polarizzate, dall’ambiente del buco nero. Gli elettroni che vengono accelerati lungo potenti linee del campo magnetico emettono luce nota come radiazione di sincrotrone. La lettura della polarizzazione di questo spettro luminoso rivela la forza e l'orientamento delle linee del campo magnetico.

"Con un campione di due buchi neri - con masse molto diverse e galassie ospiti molto diverse - è importante determinare su cosa sono d'accordo e su cosa non sono d'accordo", afferma la fisica Mariafelicia De Laurentis dell'Università di Napoli Federico II in Italia.

"Poiché entrambi ci indirizzano verso forti campi magnetici, ciò suggerisce che questa potrebbe essere una caratteristica universale e forse fondamentale di questo tipo di sistemi. Una delle somiglianze tra questi due buchi neri potrebbe essere un getto, ma mentre abbiamo immaginato un uno molto evidente in M87*, dobbiamo ancora trovarne uno in Sgr A*."


https://www.esquire.com/it/lifestyle/tecnologia/a60508365/mistero-buco-nero/

domenica 12 maggio 2024

Scoperto un buco nero mostruoso con 6 galassie intrappolate nella sua rete gravitazionale, guarda il video.

 

Gli astronomi hanno scoperto nel 2020 sei galassie intrappolate nella “ragnatela” cosmica di un buco nero supermassiccio quando l’Universo aveva meno di un miliardo di anni.

Gli astronomi hanno trovato nel 2020 sei galassie intorno a un buco nero supermassiccio osservato quando l’Universo aveva meno di un miliardo di anni (osservazioni effettuate grazie al VLT dell’ESO). Questa è la prima volta in cui un raggruppamento così compatto è stato visto così presto dopo il Big Bang e la scoperta ci aiuta a capire meglio come i buchi neri supermassicci, uno dei quali si trova al centro della nostra galassia, la Via Lattea, si siano formati e siano cresciuti fino alle odierne enormi dimensioni così velocemente. La scoperta viene in supporto alla teoria secondo cui i buchi neri possono crescere rapidamente all’interno di grandi strutture, simili a ragnatele, che contengono gas in quantità sufficiente per alimentarli.

Le osservazioni del buco nero.

Buco nero supermassiccio
Rappresentazione artistica della ragnatela del buco nero supermassiccio. Credit: ESO / L. Calçada

Queste galassie circondano un buco nero supermassiccio e sono contenute da una “ragnatela” cosmica di gas che si estende fino a 300 volte le dimensioni della Via Lattea. L‘Universo aveva solo 0,9 miliardi di anni!

La crescita dei buchi neri.

I primissimi buchi neri, che si pensa si siano formati dal collasso delle prime stelle, devono essere cresciuti molto velocemente per raggiungere masse di un miliardo di soli entro i primi 0,9 miliardi di anni di vita dell’Universo. Ma gli astronomi non riuscivano a spiegare come quantità sufficientemente grandi di “combustibile da buchi neri” avrebbero potuto essere disponibili per consentire a questi oggetti di crescere fino a dimensioni così grandi in così poco tempo. La “ragnatela” e le galassie al suo interno contengono abbastanza gas per fornire il carburante di cui il buco nero centrale ha bisogno per diventare un gigante supermassiccio.

Galassie deboli

Le galassie che ora vengono rilevate sono tra le più deboli che gli attuali telescopi possano osservare. L’ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO studierà ancora questo incredibile oggetto.

https://www.passioneastronomia.it/scoperto-un-buco-nero-mostruoso-con-6-galassie-intrappolate-nella-sua-rete-gravitazionale-guarda-il-video/?fbclid=IwZXh0bgNhZW0CMTEAAR32-JPZGOvBh6YQi8IJEH8IdM9VRcNF45wauJiPyWBL-sfA6Z3CaQ1Itv4_aem_AWksu4N8ylH78cjzqzQoUq4qH-SyTLBGw8bBau4AsquT-exn54_G1Yhpto4GJtz9tSugcVPHx-nbSS2Xm4ZGKcAx

domenica 31 ottobre 2021

Frode sui dividendi, così si è aperto un buco da 150 miliardi nelle casse pubbliche europee. - Giulio Rubino e Angelo Mincuzzi

 

Il costo di 20 anni di “dividend washing”, tra elusione ed evasione fiscale. Inchiesta internazionale di giornalisti di 15 paesi e dell’Università di Mannheim

Le frodi sui dividendi azionari hanno causato un ammanco fiscale di 150 miliardi di euro in 20 anni in dieci paesi dell’Unione europea, più la Svizzera e gli Stati Uniti, 13 miliardi dei quali solo in Italia. Messi in fila uno dietro l’altro 150 miliardi di euro in biglietti da cento fanno il giro della terra più di cinque volte. Sono più della spesa sanitaria italiana del 2021 (127 miliardi). Sono pari ai soldi che gli Stati riusciranno a recuperare grazie all'introduzione della tassa minima globale del 15% sulle multinazionali. E sono uguali ai fondi che i paesi dell’Unione europea hanno destinato alle politiche sociali nei loro Piani nazionali per la ripresa e la resilienza. 

Il danno globale delle frodi.

CumEx Files 2.0, un’indagine congiunta di 15 media di 15 paesi europei (per l’Italia Il Sole 24 Ore), americani, australiani, asiatici e africani, coordinati dalla redazione tedesca no-profit CORRECTIV, ha provato a stimare per la prima volta il danno globale causato alle amministrazioni fiscali di dodici paesi dalle operazioni di dividend washing negli ultimi vent'anni (transazioni chiamate tecnicamente “cum-cum” e “cum-ex”). 

La stima è stata realizzata grazie alle analisi svolte dagli esperti dell’università di Mannheim, in Germania, proprio mentre nei tribunali di mezza Europa sono in pieno svolgimento i processi contro alcune delle più importanti frodi sui dividendi degli ultimi anni. 

Inchiesta internazionale.

I CumExFiles, alla base dell'inchiesta alla quale ha lavorato un consorzio di 30 giornalisti, contengono circa 200mila pagine di documenti. Includono rapporti di indagine di varie autorità, verbali di interrogatori di testimoni chiave e di indagati, documenti bancari interni, email, trascrizioni di telefonate intercettate. I documenti provengono da varie fughe di notizie. Le testate che hanno partecipato all’indagine sono Profil (Austria), De Tidj (Belgio), Le Monde (Francia), Ndr e CORRECTIV (Germania), Il Sole 24 Ore (Italia), Reporter (Lussemburgo), Follow the Money (Olanda), El Confidencial (Spagna), Svt (Svezia), Bbc (Regno Unito), Nbc (Usa), Irish Times (Irlanda), Abc (Australia), amaBhugane (Sud Africa) e Tansa (Giappone). 

Grazie al supporto del team del professor Christoph Spengel, docente di diritto tributario all’università di Mannheim, il consorzio di giornalisti ha potuto realizzare almeno una stima parziale dei danni causati da questo tipo di operazioni al fisco europeo (e in parte degli Stati Uniti). La cifra totale è impressionante: oltre 150 miliardi di euro in un periodo di vent’anni, dal 2000 al 2020. Il numero tiene conto sia di operazioni di tipo “cum-cum” che di tipo “cum-ex”, e per l’Italia la valutazione dei soldi che mancano all’appello del fisco arriva a poco più di 13 miliardi di euro. 

Simili perdite di entrate fiscali hanno conseguenze difficili da comprendere, come difficili sono da immaginare 13 miliardi di euro e tutto quello che possono significare in termini sociali e politici. Basti pensare all’aspro dibattito politico sul rifinanziamento al reddito di cittadinanza, che, nel 2021, è di circa 200 milioni di euro. Con le tasse perdute per operazioni di dividend washing lo si potrebbe rifinanziare per 65 anni.

Le magie dell’ottimizzazione fiscale.

“Ottimizzazione fiscale” è un modo elegante, usato dai professionisti del settore, per dire “come pagare meno tasse”. Il concetto, più che legittimo anche se forse piuttosto alieno alla maggior parte dei cittadini comuni, va via via complicandosi man mano che il soggetto da “ottimizzare” diventa più grande, ricco e attivo economicamente sul piano internazionale. Per i grandi studi di diritto tributario internazionale, oltre ad essere una delle principali fonti di reddito, è diventato qualcosa fra un rompicapo e un’ossessione, un puzzle da risolvere nel modo migliore possibile stirando ogni legge e convenzione fin quasi al punto di rottura per ridurre le tasse dei propri clienti, a volte arrivando al di là dei limiti della legge stessa. 

Infatti la complessità delle leggi fiscali, ma soprattutto il modo in cui queste interagiscono fra loro in ambito internazionale, tra convenzioni e accordi bilaterali fra Stati, dà vita ad un amplissima zona grigia, dove le regole sono spesso tutt’altro che chiare. 

Non c’è da stupirsi quindi se una delle più grandi frodi fiscali mai scoperte, il cosiddetto scandalo ”cum-ex” che permette di eludere, e in alcuni casi anche di farsi rimborsare illecitamente, le tasse sui dividendi azionari, sia ancora nella fase del dibattimento in molteplici procedimenti penali aperti nei tribunali di mezza Europa, in particolare in Germania, Danimarca e Olanda. 

I sistemi di dividend washing.

Il sistema “cum-ex” è infatti stato scoperto dalle autorità già dal 2012 in Germania, anche se le operazioni di questo tipo sarebbero cominciate fin dal 2001. Questo schema fiscale, fra l'altro, è solo un tipo, il più aggressivo, di una grande varietà di meccanismi di dividend washing, la cui tipologia più semplice, definita “cum-cum” dagli investigatori tedeschi, è stata praticata e, a detta di diversi attori del mondo finanziario, è ancora praticata, in tutto il mondo con profitti eccezionali. 

Il meccanismo base delle operazioni di dividend washing è abbastanza semplice, anche se può apparire molto complesso. Invece di incassare un dividendo, un’azienda, un trader o un investitore, può vendere le azioni di sua proprietà a un soggetto terzo calcolando nel prezzo di vendita il dividendo ancora “in maturazione” dentro quelle azioni. 

Per chi vende si genera quindi una plusvalenza, che è esente da tassazione, mentre chi compra (e incassa il dividendo), può rivendere le azioni a chi le ha originariamente cedute a un prezzo inferiore a quello di acquisto, cioè al valore delle azioni vuote del dividendo, subendo una perdita, una minusvalenza che però è fiscalmente deducibile. 

Una legge del 2005 dovrebbe arginare queste operazioni, dato che la minusvalenza non è più integralmente deducibile, ma deve essere ridotta della quota non imponibile del dividendo incassato (che per le società di capitali è del 95%). 

Questo cambiamento però non ha arginato il problema, tanto che a seguito della pubblicazione della prima inchiesta “CumEx Files”, realizzata nel 2018 da questo stesso team, l’Esma (l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) ha inviato un questionario a tutti gli Stati membri per valutare i potenziali rischi a cui è esposta l’Unione europea a causa di operazioni di questo tipo. 

Per l’Italia ha risposto la Consob (la Commissione nazionale per le società e la Borsa), che pur segnalando che non dovrebbero esistere scappatoie legali che permettano le forme più aggressive di dividend washing (del tipo “cum-ex”), ha aggiunto che le azioni di aziende italiane potrebbero essere bersaglio di sistemi del tipo “cum-cum”. 

Infatti, essendo la tassazione sui dividendi molto diversa a seconda del soggetto che le possiede (se è una società di capitali, se è residente in Italia o all’estero) e grazie alle convenzioni contro le doppie imposizioni, c’è sempre modo di spostare i pacchetti azionari da un soggetto A che dovrebbe pagare una tassa più alta a un soggetto B che è esente, o che paga una somma significativamente minore. 

I trasferimenti di azioni.

Se il trasferimento è fatto poco prima del giorno dello stacco del dividendo, il soggetto B incassa il dividendo, e ritrasferisce poi al soggetto A le stesse azioni. B viene compensato da A per il “servizio” e il gioco è fatto. Consob, nella sua risposta a Esma, non nega neanche la possibilità che banche o altri tipi di intermediari italiani si prestino a realizzare simili operazioni (anche dei tipi più aggressivi) in altri paesi europei e non. 

Per quanto possa già sembrare una cifra colossale - si tratta dell’equivalente di un quinto dell’intero fondo Next Generation Ue messo in campo per contrastare la crisi dovuta alla pandemia - i 150 miliardi di euro di danni erariali sono una stima estremamente conservativa. 

La somma infatti comprende solo i paesi per i quali è stato possibile accertare, grazie alle ricerche dei giornalisti che hanno collaborato all’inchiesta, che effettivamente operazioni di questo tipo sono tecnicamente possibili. 

Per il periodo dal 2000 al 2020 si sono considerate Italia, Germania, Austria, Spagna, Olanda, Belgio, Francia e Lussemburgo. La Svizzera e gli Stati Uniti sono stati conteggiati solo fino al 2008, quando secondo le ricerche il fenomeno dovrebbe essere stato bloccato dalle autorità. 

Considerando che secondo gli attuali sistemi di tassazione i soggetti più incentivati a iniziare operazioni di tipo “cum-cum” sono quelli residenti all’estero, che non possono teoricamente beneficiare della tassazione estremamente bassa prevista per le società di capitali italiane (è tassato solo il 5% del dividendo, per una tassa totale intorno al 1,2%), l’università di Mannheim ha voluto mantenersi su cifre conservative. Ha così stimato che solo il 50% delle azioni possedute all’estero passino per un processo di dividend washing anche se, almeno per Francia e Germania, ci sono ragioni di credere che quasi il 100% delle azioni possedute da soggetti esteri passino per un processo del tipo “cum-cum”. 

Con queste premesse, e analizzando tutti i dividendi pagati sui principali indici dei 12 paesi in esame, si arriva alla cifra di 150 miliardi di euro. Nel dettaglio: per le operazioni di tipo “cum-cum” le perdite di gettito arrivano a quasi 141 miliardi di euro, i paesi più colpiti sono Francia (33 miliardi persi), Germania (28) e Olanda (26). L'Italia è al quinto posto, con 13,2 miliardi mancanti. I restanti dieci miliardi vengono dalle operazioni di tipo “cum-ex”, che sono state finora accertate solo in alcuni paesi: Germania, Francia, Belgio e Danimarca. 

La “corsa all’oro”.

La differenza fondamentale fra le operazioni dette “cum-cum” e le “cum-ex” sta nel fatto che le prime si configurano come una sorta di elusione (o evasione, anche qui diversi paesi interpretano la legge in modo diverso) mentre le seconde, fin dalla loro scoperta, sono sempre state percepite come delle frodi vere e proprie, nonostante le accorate difese dei principali indagati. 

Le operazioni “cum-ex”, fino al 2012, si basavano sul fatto che, in alcuni sistemi fiscali europei, la tassa sui dividendi è trattenuta all’origine, ma assieme al dividendo netto il proprietario delle azioni riceve, se ne ha diritto, anche un certificato che dà diritto al rimborso della tassa stessa. 

I trader però hanno scoperto che, se le azioni in questione si trovavano sotto un contratto di opzione o “short sale” durante il giorno del pagamento del dividendo, il certificato di rimborso arrivava sia al proprietario originale delle azioni sia a quello che le aveva opzionate. 

Di fatto, a un singolo dividendo pagato con una singola imposta trattenuta corrispondevano due certificati di rimborso, entrambi esigibili. La scoperta deve aver fatto aprire parecchie bottiglie di champagne, perché molto rapidamente la vicenda si è complicata sempre di più. I trader hanno testato il sistema e accertato che non dovevano limitarsi a soli due certificati ottenuti per ogni azione, perché le opzioni sul singolo pacchetto azionario possono essere multiple, e in alcuni casi la stessa tassa è stata “rimborsata” fino a dieci volte a dieci soggetti diversi. 

«Era un po’ come cercare l’oro - aveva dichiarato al giornale investigativo italiano Irpi il whistleblower Benjamin Frey, che aveva collaborato nel 2018 alla prima inchiesta “cum-ex” files -, a volte funziona, a volte no». 

Il paradosso è che nonostante l’idea di vedersi la stessa tassa rimborsata più volte sia intuitivamente palesemente illegale, i principali accusati ai vari processi in corso in Europa continuano a difendere il loro operato, e solo nel 2020 sono arrivate le prime, timide, condanne. 

I processi in Germania e nel Nord Europa.

In Germania ci sono almeno tre processi in corso, presso i tribunali di Colonia, Francoforte e Monaco. Solo a Colonia ci sono oltre 700 indagati. Altri importanti processi sono aperti in Danimarca, Olanda, Belgio. 

Uno dei principali accusati, indagato sia in Germania che in Danimarca, Belgio e Lussemburgo, è il trader britannico, basato a Dubai, Sanjay Shah. Il “cowboy” lo chiamavano, per l’aggressività delle operazioni che metteva in piedi e i grandi rischi che era disposto a correre. Shah, tramite il fondo Solo Capital da lui creato, ha gestito enormi operazioni di “cum-ex” in Danimarca, rastrellando 800 milioni di euro a ogni passaggio. In pochissimo tempo è diventato miliardario e oggi vive sulla Palm Island di Dubai. I giornalisti di Panorama, programma investigativo della tv pubblica tedesca Adr e partner di questa inchiesta, l'hanno raggiunto nella sua casa degli Emirati Arabi e hanno potuto parlare con lui della sua situazione legale. 

Shah è ricercato in diverse giurisdizioni e non può lasciare gli Emirati per paura di essere messo in custodia cautelare ma, almeno dalle sue parole, non sembra troppo preoccupato: «Non credo di aver fatto nulla di sbagliato - dice -, sono convinto che in un anno o due sarò fuori da questa situazione, e ho intenzione di rimettermi in affari appena possibile». 

Dal suo punto di vista, ha solo tratto vantaggio da un loophole, una scappatoia legale, che non sta a lui chiudere. «Contribuenti tedeschi e danesi sono infuriati che i loro soldi siano finiti a me? Perché non pretendono che il loro governo cambi la legge allora? Per come la vedo io si, è un peccato, ma non prendetevela con me. Le mie operazioni erano perfettamente legali e legittime. Parlando della Danimarca [la giurisdizione che lo cerca più aggressivamente, ndr] perché mai altrimenti il fisco danese avrebbe pagato rimborsi [a Shah e agli altri trader coinvolti, ndr] per anni e anni? Solo dalla mia azienda hanno ricevuto oltre tremila richieste di rimborso, e mai se ne sono preoccupati». 

Secondo Shah non sarebbe stato difficile impedire le operazioni di tipo “cum-ex” con semplici cambi di leggi, e a dire il vero l'associazione delle banche tedesche già nel 2007 aveva segnalato il rischio dei doppi rimborsi fiscali al suo ministero delle Finanze, ma il Governo aveva scelto di ignorare l’avvertimento. 

Le prime condanne.

La procuratrice di Colonia, Anne Brorhilker, che guida il principale processo in Germania contro queste operazioni, ha un punto di vista molto diverso però: «Certo, possono [gli imputati, ndr] razionalizzare la cosa quanto vogliono, convincersi che era tutto legittimo se li fa sentire meglio quando si svegliano al mattino per andare al lavoro - dice in un’intervista a Panorama - ma il loro obiettivo era sempre quello di rastrellare più denaro possibile da queste operazioni fiscali». 

Brorhilker sottolinea che, considerando che diversi paesi hanno posto un freno a queste operazioni in tempi diversi, i trader hanno semplicemente continuato a farle dove era possibile e dove il rischio di essere scoperti era più basso. «La mentalità non è troppo diversa da quella di un taccheggiatore - spiega -. Perché fermarsi se non mi notano? E dove non ci sono telecamere, la è dove agire». 

Nel frattempo a partire dal 2020, sono cominciate ad arrivare le prime sentenze, tutte a favore dell’accusa. A marzo 2020 Martin Shields e Nicholas Diable, due ex banchieri inglesi accusati in Germania, sono stati condannati a una pena sospesa solo perché il tribunale ha riconosciuto la loro intensa collaborazione con la procura, e nello stesso procedimento la banca di Amburgo Mm Warburg ha subito un sequestro di 176 milioni di euro. 

Lo scorso giugno, un ex impiegato della stessa banca Warburg non è stato così fortunato. È stato infatti il primo banchiere a essere mandato in galera per operazioni di tipo “cum-ex”, ben cinque anni e mezzo di carcere. Ancor più importante per l’andamento di tutti i processi ancora in corso, sempre lo scorso giugno la Corte suprema federale tedesca, analizzando l’appello di Shields e Diable, ha dichiarato che le operazioni di tipo “cum-ex” sono “una sfacciata frode fiscale” e un palese furto dalle casse dello Stato. 

Qualcosa si muove, dunque, in Europa. E anche in Italia le autorità fiscali investigative potrebbero già aver acceso un faro sul turbolento mondo delle frodi “cum-ex”. 

*****

Le parole chiave.

Dividendo: quella parte di utile che viene distribuito (normalmente una volta all’anno, ma ci sono eccezioni) da una società ai suoi azionisti. 

Dividend Washing: operazioni di “lavaggio” che consentono di ridurre o eludere del tutto la tassazione sui dividendi azionari. Sono anche dette operazioni di “dividend arbitrage” o “dividend trading”. 

Cum-Ex: una categoria particolare di dividend washing. Prende il nome dal latino “con” (cum) e “senza” (ex), ad indicare il trading di azioni con e senza il dividendo connesso. Sono operazioni molto complesse che permettono di farsi rimborsare più volte la stessa tassa pagata una volta sola. 

Cum-Cum: è un termine più generico che racchiude diversi tipi di operazioni di dividend washing, caratterizzate da un meccanismo simile a quello di cum-ex, ma che porta solo a un elusione (totale o parziale) della tassa sui dividendi senza rimborsi multipli. 

Plusvalenza: è il profitto derivato dalla vendita di un bene il cui valore è cresciuto durante il periodo per il quale è stato posseduto. Può riferirsi a beni tangibili (una casa, un attività) o intangibili, come appunto azioni di società quotate in borsa. 

Minusvalenza: è la differenza fra un prezzo di acquisto più alto e uno di vendita più basso per un bene, differenza che normalmente rappresenta una perdita per chi vende. Al contrario di altri tipi di perdite, sono a volte deducibili. 

https://24plus.ilsole24ore.com/art/frode-dividendi-cosi-si-e-aperto-buco-150-miliardi-casse-pubbliche-europee-AEJ0SJr

venerdì 17 settembre 2021

Il buco dell'ozono ora è più grande dell'Antartide.

 

Lo indicano i satelliti del programma europeo Copernicus.

Il buco dell'ozono quest'anno ha raggiunto un'estensione superiore a quella dell'Antartide, una delle più grandi e profonde degli ultimi anni: lo mostrano le osservazioni del satellite Sentinel 5P, una delle sentinelle della Terra del programma Copernicus gestito da Commissione Europea e Agenzia Spaziale Europea (Esa). Idati sono stati raccolti nell'ambito del servizio di monitoraggio atmosferico Copernicus Atmosphere Monitoring Service (Cams) del Centro Europeo per le Previsioni Meteorologiche a Medio Raggio. Il dato arriva in occasione della Giornata internazionale per la preservazione dello strato di ozono, che si celebra oggi.

Il buco nello strato di ozono si forma ogni anno durante la primavera australe, tra agosto e ottobre, e raggiunge il massimo tra metà settembre e metà ottobre. Quest'anno, dopo una condizione iniziale piuttosto nella norma, è aumentato notevolmente parecchio la scorsa settimana ed è ora più grande del 75% rispetto alle misure rilevate in questo stesso periodo dell'anno a partire dal 1979.

"Seppur simile a quello del 2020, quest'anno il buco dell'ozono si è trasformato in uno dei più duraturi mai registrati", osserva Vincent-Henri Peuch, direttore del Copernicus Atmosphere Monitoring Service. Per Antje Inness, del Centro Europeo per le Previsioni Meteorologiche a Medio Raggio, "il monitoraggio del buco dell'ozono al Polo Sud va interpretato con cautela, visto che le dimensioni, durata e concentrazioni sono influenzati dai venti locali. Tuttavia ci aspettiamo che si chiuda entro il 2050".

Con la fine della stagione primaverile dell'emisfero australe, quando le temperature nella parte superiore della stratosfera cominciano a salire, l'impoverimento dell'ozono rallenta, il vortice polare si indebolisce e, infine, si rompe, portando i livelli di ozono alla normalità entro dicembre.

(In alto: Mappa del buco dell'ozono sull'Antartide sulla base dei dati del 16 settembre (fonte: ESA/CAMS)

ANSA

venerdì 8 gennaio 2021

Omm, si è chiuso il buco dell'ozono record in Antartide.

 

Picco a 24,8 milioni di chilometri quadrati.


Il buco dell'ozono antartico da record del 2020 si è chiuso alla fine di dicembre "dopo una stagione eccezionale a causa delle condizioni meteorologiche naturali e della continua presenza di sostanze che riducono lo strato di ozono nell'atmosfera". Lo comunica l'organizzazione mondiale della meteorologia (Omm-Wmo) ricordando che era cresciuto rapidamente da metà agosto scorso, raggiungendo il picco di circa 24,8 milioni di chilometri quadrati il 20 settembre, diffondendosi su gran parte del continente antartico.  L'Omm ricorda che "è stato il buco più duraturo e uno dei più grandi e profondi dall'inizio del monitoraggio 40 anni fa".

Questo buco è stato provocato da un vortice polare forte, stabile e freddo e da temperature molto fredde nella stratosfera (lo strato dell'atmosfera tra circa 10 km e circa 50 km di altitudine), spiega l'Omm, gli stessi fattori meteorologici che hanno contribuito al buco dell'ozono record nell'Artico del 2020. Una situazione in contrasto con il buco dell'ozono antartico insolitamente piccolo e di breve durata che c'è stato nel 2019. "Le ultime due stagioni del buco dell'ozono dimostrano la sua variabilità di anno in anno e migliorano la nostra comprensione dei fattori responsabili della sua formazione, estensione e gravità", affermato Oksana Tarasova, capo della divisione di ricerca sull'ambiente atmosferico dell'Omm. "Abbiamo bisogno di un'azione internazionale continua - aggiunge - per applicare il protocollo di Montreal" che vieta le emissioni di sostanze chimiche che riducono lo strato di ozono.

https://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/inquinamento/2021/01/07/omm-si-e-chiuso-il-buco-dellozono-record-in-antartide_0de56135-e158-4589-9a9b-b554ff9673fb.html

martedì 6 ottobre 2020

Buco dell'ozono, raggiunta massima estensione.

 













Lo strato di ozono stratosferico è il nostro 'scudo' dalle radiazioni ultraviolette potenzialmente dannose.

Il buco dell’ozono nel 2020 ha raggiunto la sua massima estensione, sia in profondità che in ampiezza. Lo affermano gli scienziati di Copernicus Climate Change Service (C3S), implementato dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio raggio da parte della Commissione Europea. È stato osservato che le concentrazioni di ozono stratosferico si sono ridotte a valori prossimi allo zero in Antartide intorno ai 20-25 km di altitudine (50-100 hPa), con la profondità dello strato di ozono appena inferiore a 100 unità Dobson, circa un terzo del valore medio. Ciò è stato causato da un vortice polare forte, stabile e freddo.

“Il modo in cui si sviluppano cambiamenti nel buco dell’ozono ogni anno è molto variabile - spiega Vincent-Henry Peuch, direttore di Copernicus Atmosphere Monitoring Service - Il buco dell’ozono del 2020 assomiglia a quello del 2018, il quale era anch'esso abbastanza grande e tra i primi della classifica degli ultimi quindici anni. Con i raggi del sole che sono tornati verso il Polo Sud nelle ultime settimane, abbiamo assistito a una continua riduzione dell'ozono nell'area".

Dopo il buco dell'ozono insolitamente piccolo e di breve durata nel 2019, favorito da condizioni meteorologiche speciali, "ne stiamo registrando uno piuttosto grande anche quest'anno, il che conferma che dobbiamo continuare ad applicare il protocollo di Montreal che vieta le emissioni di sostanze chimiche che riducono lo strato di ozono”. Poiché lo strato di ozono stratosferico funge da scudo, proteggendo dalle radiazioni ultraviolette potenzialmente dannose, è della massima importanza monitorare i cambiamenti.

“Cams monitora continuamente il buco dell’ozono per fornire informazioni sulla sua estensione e grandezza ogni anno quando esso si sviluppa e si rigenera - aggiunge Vincent-Henri Peuch - Stiamo fornendo previsioni sulle concentrazioni di ozono stratosferico fino a cinque giorni in anticipo. Monitoriamo anche la quantità di radiazioni UV che raggiungono la superficie terrestre, che dipendono anche dalle nuvole e dagli aerosol nell'atmosfera".

Come è formato il buco dell’ozono? Le sostanze contenenti cloro e bromo si accumulano all'interno del vortice polare dove rimangono chimicamente inattive al buio. Le temperature nel vortice possono scendere a -78 gradi Celsius e si possono formare cristalli di ghiaccio nelle nubi stratosferiche polari, che svolgono un ruolo importante nelle reazioni chimiche. Quando il sole sorge sopra il polo la sua energia rilascia atomi di cloro e bromo chimicamente attivi nel vortice, i quali distruggono rapidamente le molecole di ozono portando alla formazione del buco.

(foto adnkronos)