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sabato 5 ottobre 2024

La scoperta è di quelle che mettono i brividi | Nella Via Lattea un sistema di Pianeti che mostra il nostro destino: sarà implacabile.

Via Lattea (Pixabay FOTO) - www.aerospacecue.it

Un sistema planetario lontano rivela come potrebbe evolvere il nostro Sistema Solare: la Terra spinta oltre Marte e il Sole ridotto a una nana bianca.

I sistemi planetari sono insiemi di corpi celesti che orbitano attorno a una stella. Tipicamente, questi sistemi includono pianeti, lune, asteroidi, comete e polveri interstellari.

La formazione di un sistema planetario avviene attraverso la condensazione di gas e polveri in un disco circumstellare. Con il tempo, questi materiali si aggregano per formare i pianeti, mentre la stella centrale si accende e inizia a emettere energia.

I sistemi planetari possono essere molto diversi tra loro. Alcuni hanno pianeti giganti, simili a Giove, molto vicini alla loro stella, mentre altri ospitano pianeti rocciosi come la Terra.

La scoperta di esopianeti in sistemi planetari lontani ha ampliato la nostra comprensione del cosmo. Gli astronomi continuano a trovare nuovi mondi, molti dei quali potrebbero avere caratteristiche simili al nostro.

La scoperta di un sistema planetario simile al nostro.

Un sistema planetario distante 4.000 anni luce dalla Terra, nella Via Lattea, è stato recentemente individuato dagli astronomi dell’Università della California, Berkeley. Questa scoperta offre uno sguardo interessante sul possibile destino del nostro pianeta. Tra miliardi di anni, il Sole si trasformerà in una nana bianca e la Terra potrebbe essere spinta oltre l’orbita di Marte. Gli studiosi, grazie al telescopio Keck delle Hawaii, hanno osservato una nana bianca con una massa pari alla metà di quella del Sole, accompagnata da un pianeta simile alla Terra, in un’orbita doppia rispetto a quella attuale del nostro pianeta.

Questo scenario rappresenta una probabile evoluzione del nostro sistema solare. Quando il Sole si espanderà nella sua fase di gigante rossa, inghiottirà Mercurio e Venere, mentre la Terra, se non sarà distrutta, migrerà verso un’orbita più lontana. La scoperta permette agli scienziati di comprendere meglio il processo di trasformazione di stelle come il Sole, e il conseguente impatto sui pianeti circostanti. Sebbene non sia certo se la Terra potrà sopravvivere all’espansione del Sole, la sua abitabilità sarà comunque compromessa già tra un miliardo di anni, quando gli oceani verranno vaporizzati.

Un'esplosione apocalittica (Pixabay)
Un’esplosione apocalittica (Pixabay FOTO) – www.aerospacecue.it

Sopravvivenza dei pianeti e nuove possibilità per l’umanità

Il pianeta simile alla Terra scoperto dagli astronomi rappresenta un raro esempio di un mondo che è riuscito a sopravvivere alla fase di gigante rossa della sua stella, anche se oggi si trova fuori dalla zona abitabile di una nana bianca. Gli scienziati ipotizzano che un tempo potesse avere condizioni adatte alla vita, ma non è più il caso. Questo tipo di scoperte, rese possibili grazie all’effetto lente gravitazionale, stanno aprendo nuove porte nello studio dei sistemi stellari e planetari. La gravità di questi oggetti funziona come una lente, ingrandendo la luce delle stelle sullo sfondo e rivelando dettagli altrimenti invisibili.

Le prospettive future per l’umanità, in un eventuale scenario di sopravvivenza al cambiamento del Sole, potrebbero prevedere la migrazione verso il sistema solare esterno. Durante la fase di gigante rossa, la zona abitabile si sposterà verso le orbite di Giove e Saturno, dove alcune lune ghiacciate, come Europa ed Encelado, potrebbero ospitare oceani liquidi, potenzialmente adatti alla vita. Secondo gli studiosi, queste lune potrebbero diventare rifugi per l’umanità, quando la Terra non sarà più abitabile. 

giovedì 4 luglio 2024

Sumeri.

 

Circa 5.000 anni fa, i Sumeri che vivevano nell'antica Mesopotamia (l'attuale Iraq) rivoluzionarono il modo in cui percepiamo e misuriamo il tempo. Hanno sviluppato un sofisticato sistema numerico basato sul numero 60, conosciuto come sistema gender. Questo sistema unico ha portato alla divisione di un'ora in 60 minuti e un minuto in 60 secondi, concetti ancora in uso oggi.
Il bisogno sumero di un tempo preciso era guidato dalla loro società agricola. Calendari accurati erano essenziali per la piantumazione e la raccolta delle colture. Dovevano anche coordinare le loro complesse cerimonie religiose e attività amministrative.
I Sumeri fecero notevoli progressi in astronomia per aiutarli a mantenere il tempo. Hanno osservato i movimenti dei corpi celesti e hanno usato queste informazioni per creare un calendario lunare di 12 mesi strettamente allineato con le stagioni agricole.
Dividere la giornata in 24 ore, ogni ora in 60 minuti, e ogni minuto in 60 secondi è stato un traguardo straordinario. Queste divisioni non erano arbitrarie, ma erano progettate per essere pratiche e facilmente divisibili, riflettendo la comprensione avanzata dei Sumeri della matematica.
Questo approccio innovativo al tempo ebbe una profonda influenza sulle civiltà successive, tra cui Babilonesi, Greci e Romani, che adottarono e svilupparono ulteriormente il sistema sumero. L'eredità del sistema di cronometro dei Sumeri è evidente nei nostri orologi e calendari moderni, dimostrando l'impatto duraturo della loro ingegno sulla nostra vita quotidiana.

giovedì 1 aprile 2021

Lombardia, il sistema sanitario (privato e pubblico) ha fallito. - Gianni Barbacetto

 

L’Italia ha sempre imparato poco dalla sua storia (Magistra vitae, ma senza discepoli) e niente dalle sue disgrazie (terremoto dopo terremoto, frana dopo frana, esondazione dopo esondazione). Chissà se imparerà qualcosa dalla pandemia. Che il sistema sanitario non abbia funzionato è sotto gli occhi di tutti. Ma riusciremo a riformarlo per ridurre almeno le storture più evidenti? C’è chi è al lavoro per avanzare proposte di riforma, a Roma e a Milano. A Milano i cambiamenti sono più urgenti, vista la disfatta del sistema sanitario regionale lombardo davanti all’assalto del Covid-19. In Lombardia, la super-privatizzazione dei servizi e la super-ospedalizzazione del sistema, che esibivano qualche effetto benefico in tempi “normali”, hanno mostrato tutta la loro inadeguatezza in tempi di attacco pandemico, quando la sanità diventa ancora più vitale. Questo anno di Covid ha mostrato il fallimento non soltanto della riforma sanitaria di Roberto Formigoni, ma anche di quella successiva e ulteriormente peggiorativa di Roberto Maroni (2015), in un’Italia in cui la sanità nazionale è stata (disgraziatamente, per molti) tagliuzzata in 21 sanità regionali. Che cosa cambiare? Sono al lavoro da mesi i “saggi” convocati dal presidente lombardo Attilio Fontana, da cui si distacca il professor Giuseppe Remuzzi, dell’Istituto Mario Negri, che ha presentato nei giorni scorsi le sue proposte. 

Uno. Troppo privato, in Lombardia, dove gli imprenditori della sanità privata sono equiparati al pubblico e dove questo rischia di deperire di fronte al più aggressivo concorrente. Remuzzi propone allora che la contrattualizzazione dei privati sia fatta soltanto per quei servizi che il pubblico non riesce a fare. 

Due. Troppa politica, nella sanità lombarda (e non solo lombarda). I manager, i direttori generali delle aziende ospedaliere, non devono più essere lottizzati e scelti dai partiti.

Tre. Troppo poca sanità territoriale, in Lombardia. Al centro del sistema è stato posto il grande ospedale, con conseguente marginalizzazione della componente territoriale. L’attuale sistema organizzativo è un gomitolo che si fatica a dipanare: da una parte, le Ats (Agenzie di tutela della salute) che dovrebbero presidiare il territorio; dall’altra, le Asst (Aziende socio sanitarie territoriali), il soggetto pubblico che, insieme ai privati accreditati, deve erogare le prestazioni sanitarie e sociosanitarie. Nei poli ospedalieri, innanzitutto, ma anche nella rete territoriale, che però resta debole e inspiegabilmente separata dalle Ats. “Si è perpetuata un’asimmetria tra ospedale e territorio e tra pubblico e privato, in assenza di una cabina di regia super partes”, scrivono i ricercatori del Mario Negri. Poi i malati cronici sono stati affidati ai cosiddetti “gestori”, togliendoli ai medici di base e generando di fatto “reti parallele (di gestori pubblici e privati) in competizione tra di loro e in concorrenza con la medicina di base. Sono così emersi soggetti alternativi al servizio pubblico, svincolati dal contesto territoriale”. Risultato: “Scarsa capacità da parte dei servizi territoriali, impoveriti e disorganizzati, di dare risposte sul territorio ai bisogni socio-sanitari di importanti settori di popolazione come anziani, malati psichiatrici e soggetti socialmente fragili”. Anche prima dell’emergenza Covid. Per gli anziani, infine, è quasi scomparsa l’assistenza domiciliare, a tutto vantaggio delle Rsa, quasi tutte private.

La riforma sanitaria è forse la più necessaria oggi, dopo l’attacco pandemico. La situazione in Lombardia ci dimostra che le incapacità, le sottovalutazioni, gli errori dei governanti e dei loro manager, che abbiamo visto squadernarsi in questo anno-Covid, si innestano in un sistema, quello Formigoni-Maroni, che non funziona e va cambiato al più presto.

IlFattoQuotidiano

venerdì 26 febbraio 2021

“Sistema 15%”: Calderoli e la norma salva-leghisti. - Stefano Vergine


“Dazione” dei nominati - Nel 2012 i pm di Forlì ravvisano l’elusione fiscale. Ma nel 2014 a sanare tutto arriva l’emendamento-condono.

Erogazioni liberali: si chiamano così i soldi che ogni persona può donare a un partito politico. E infatti questa è la dicitura trovata a fianco alle decine di versamenti di cui abbiamo dato notizia in questi mesi sul cosiddetto “sistema del 15%”, quello attraverso il quale i nominati e gli eletti della Lega hanno finanziato il partito restituendo una parte del proprio stipendio pubblico. Un meccanismo che ha permesso al Carroccio di incassare milioni di euro e ai suoi donatori di pagare meno tasse. Sì, perché le erogazioni liberali si possono detrarre dalle imposte. Peccato che di liberale, nei versamenti leghisti, ci sia ben poco. A sostenerlo adesso non sono più solo le fonti citate nella nostra inchiesta a puntate. Lo dicono anche l’Agenzia delle Entrate, una Procura e due commissioni tributarie. Siamo dunque alla vigilia di un’inchiesta fiscale nei confronti della Lega? No, perché nel frattempo tutto è stato condonato, sanato per legge in modo retroattivo grazie a un emendamento proposto dalla Lega.

Andiamo per gradi. Il Fatto ha ottenuto decine di scritture private tra la Lega e i suoi esponenti, in cui i politici s’impegnano, se vogliono essere candidati, a versare al partito una parte del proprio stipendio in caso di elezione. Punto 4 del contratto: “Il candidato si impegna a versare, per le obbligazioni assunte dalla Lega Nord, la somma di 145.200,00 in rate mensili di 2.420,00 a decorrere dal primo mese successivo all’inizio del mandato”. Punto 5: “Il punto 4 vale da riconoscimento di debito, per cui la presente scrittura privata è dichiarata consensualmente idonea per l’emissione di decreto di ingiunzione anche provvisoriamente esecutivo”. Punto 6: “In caso di mancata elezione nulla è dovuto dal candidato e, sia la Lega Nord sia il candidato, sopporteranno le proprie spese affrontate”. Tra i 66 contratti analizzati ci sono quelli del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana e quelli dei deputati Fabrizio Cecchetti e Daniele Belotti. Sono tutti accordi preparati prima delle Regionali del 2005 in Lombardia, ma le stesse scritture private – come vedremo – sono state usate anche nelle elezioni successive, sia locali che nazionali. I documenti dimostrano che i soldi versati in quegli anni dai vari esponenti del Carroccio non erano erogazioni liberali, cioè volontarie, ma conseguenza diretta di un contratto. E qui arriviamo alla parte più interessante.

Nel 2012 la Procura di Forlì, guidata da Sergio Sottani, apre un’inchiesta sull’allora deputato leghista Gianluca Pini con l’ipotesi di millantato credito. Analizzando i suoi conti correnti, i magistrati scoprono che Pini ogni anno faceva importanti donazioni alla Lega e poi detraeva dalle imposte quanto donato. Insospettito dalle cifre, Sottani ordina perquisizioni nei confronti della Lega in via Bellerio e alla Camera. E scopre che così facevano tutti. Vengono trovati i contratti con cui ogni politico leghista, prima di essere eletto, s’impegnava a versare una parte del proprio futuro stipendio al partito. Per i pm di Forlì non è evasione fiscale (penale) ma elusione (illecito amministrativo). Per questo le carte vengono mandate all’Agenzia delle Entrate, che inizia il tentativo di recupero delle somme eluse. Il fatto è dimostrato dalle ordinanze emesse da due commissioni tributarie provinciali. Qui si scopre che sotto il faro dell’Agenzia erano finiti, tra i tanti, Sergio Divina, storico senatore trentino, e il piemontese Roberto Simonetti, oggi direttore amministrativo del Gruppo Lega Salvini Premier alla Camera, all’epoca parlamentare.

Le ordinanze delle commissioni tributarie offrono dettagli ulteriori sul sistema del 15%. Viene fuori che anche per i candidati al Parlamento la cifra da restituire era pari a 145mila euro in cinque anni, proprio come per i consiglieri regionali. E che, grazie alle detrazioni d’imposta, ogni anno gli eletti recuperavano il 19% della somma versata al partito: ossia 27.550 euro di tasse risparmiate ogni 5 anni. Un beneficio illegittimo, secondo le due ordinanze: “Il candidato e il partito Lega Nord stipulavano un accordo in cui si affermava espressamente che il versamento delle somme dal candidato al partito avveniva in correlazione con ‘le obbligazioni assunte dalla Lega Nord’, il che esclude in radice lo spirito di liberalità (inteso come mera e spontanea elargizione fine a se stessa) e la detraibilità ai sensi dell’art.15, comma 1-bis, decreto legislativo n.917/1986”, scrivono i giudici tributari. Nonostante questo parere del 4 dicembre 2014, i parlamentari della Lega alla fine non hanno dovuto risarcire il danno. Come mai? Il motivo è spiegato nelle stesse ordinanze delle commissioni tributarie. Il 21 febbraio 2014, prima dunque che i giudici si esprimessero sui casi, il Parlamento ha convertito in legge il decreto sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Dentro c’era un emendamento promosso da due senatori leghisti, Roberto Calderoli e Patrizia Bisinella, che di fatto ha legalizzato il sistema del 15%. Un condono retroattivo che spiega perché, ancora oggi, senatori, deputati, consiglieri regionali ed eletti di ogni sorta, ma anche nominati a diversi incarichi pubblici, possono pagare meno tasse grazie ai soldi che versano al proprio partito. E lo possono fare anche se la donazione è frutto di un obbligo contrattuale, come è il caso della Lega.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/26/sistema-15-calderoli-e-la-norma-salva-leghisti/6114160/

mercoledì 24 febbraio 2021

Il sistema 15%: il libro mastro della lega. - Andrea Sparaciari e Stefano Vergine

 

Esclusivo. Il registro lombardo dei soldi. Soldi&Poltrone 2015-2017: tutti i “contributi liberali” al partito di Salvini. Tra i donatori, anche il ministro Garavaglia, il senatore Romeo e Attilio Fontana.

Lo scorso dicembre abbiamo raccontato come la Lega, dal 2004 al 2014, abbia organizzato un sistema di finanziamento interno basato sui nominati: dirigenti sanitari, consiglieri d’amministrazione e revisori contabili che per dieci anni hanno restituito al partito il 15% del proprio stipendio pubblico. Ora possiamo svelare che il famoso “sistema del 15%” è continuato anche sotto la gestione di Matteo Salvini: ribassato a un più contenuto 10%, ma organizzato in modo ancor più maniacale. A dirlo è un registro di contabilità interna – di cui il Fatto è entrato in possesso –, una trentina di pagine che riassumono nei dettagli tre anni di gestione finanziaria della sezione lombarda della Lega: 2015, 2016 e 2017. Periodo in cui a capo del partito in regione c’era Paolo Grimoldi, deputato, fedelissimo di Salvini, nominato proprio dal leader nazionale del partito. I documenti ottenuti grazie a una fonte interna alla Lega, contengono la lista di chi in quegli anni girava parte del proprio stipendio al Carroccio. Nomi, cognomi, posto d’assegnazione e cifra versata. Nell’elenco ci sono attuali ministri del governo Draghi, consiglieri e assessori (quindi politici), ma anche tanti dirigenti pubblici. Che, in teoria, dovrebbero essere nominati solo sulla base di merito e competenze.

Tutti questi soldi confluiti nelle casse del partito sono stati versati come “erogazione liberale”. Una dicitura che permette di ottenere un trattamento fiscale di favore: chi dona può infatti detrarre la somma dalle tasse. Di certo con questo sistema la Lega in Lombardia ha raccolto parecchi soldi: 660mila euro nel 2015, altri 640mila nel 2016. E questo riguarda solo la Lombardia; esclusi quindi i quattrini bonificati alla sede centrale del partito e a tutte le altre sezioni regionali.

“La pazienza delle persone perbene ha un limite, da oggi querelo chiunque accosti il mio nome a gente mai vista né conosciuta”. Così parlava Salvini il 16 luglio 2020, all’indomani della notizia dell’inchiesta aperta dalla Procura di Milano sulla Lombardia Film Commission, l’ente pubblico vittima di un peculato da 800mila euro architettato, secondo le accuse dei magistrati, da Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, i due commercialisti scelti per gestire le malandate finanze del partito insieme al compagno di università Giulio Centemero, deputato e tesoriere della Lega. Nei documenti interni ci sono i nomi di Centemero, Manzoni e Di Rubba, con i loro versamenti fatti in relazione alle nomine pubbliche. Di Rubba, stando al registro, ha versato 1.000 euro alla Lega nel 2016 proprio per la poltrona da presidente della Lombardia Film Commission. Lo stesso ente da cui, secondo i magistrati di Milano, in quegli anni avrebbe fatto uscire 800mila euro con l’intento di prendersene una buona parte e investirla in due villette sul Lago di Garda, una per lui e una per il collega Manzoni.

Tra le società più grandi citate nei tabulati c’è poi Fiera Milano Spa. Quotata a Piazza Affari e controllata da Regione Lombardia, gestisce lo spazio fieristico più grande d’Italia. I documenti raccontano che Attilio Fontana, quando era vicepresidente della Fiera, per quell’incarico avrebbe versato soldi alla Lega: 5mila euro all’anno, nel 2015 e nel 2016. Poco più del 10% previsto, visto che il contratto con la Fiera prevedeva una paga annua di 43.050 euro.

Tra i tanti pagatori spicca poi Andrea Mascetti, avvocato presente nei cda di alcune delle più importanti società italiane, da Intesa Sanpaolo a Italgas: avrebbe versato al partito 4.741 euro nel 2015, quando è diventato (a giugno) presidente di Nord Energia, e 8mila esatti euro l’anno dopo, praticamente il doppio, mentre anche lo stipendio da manager pubblico raddoppiava.

Il dirigente in quota Lega più generoso è stato però Andrea Gibelli: 15mila euro nel 2015, 20mila euro nel 2016. D’altra parte anche lo stipendio da nominato era di tutto rispetto. Sotto il nome di Gibelli, come per tutti gli altri, il funzionario della Lega che ha compilato il tabulato ha segnato la qualifica: presidente di Fnm, la holding dei trasporti lombardi quotata in Borsa. La regola del 10% è stata rispettata anche in questo caso. Nel 2015 lo stipendio di Gibelli come presidente di Fnm (per mezzo anno di servizio) è stato di 153mila euro. Nel 2016 è aumentato a 290mila euro e parallelamente è cresciuto il suo contributo alla causa salviniana.

Tra i donatori più fedeli ci sono poi alcuni politici che nel frattempo hanno fatto carriera. Come Massimo Garavaglia, neo ministro del Turismo. Tra il 2015 e il 2017, quando era assessore al Bilancio in Lombardia, Garavaglia – secondo la contabilità interna – avrebbe versato 32.500 euro. Soldi donati insieme alla moglie, Marina Roma, oggi sindaco nel Comune milanese di Marcallo, ovviamente leghista. Ancor più generoso è stato Massimiliano Romeo, all’epoca consigliere regionale al Pirellone, oggi capogruppo della Lega al Senato e in corsa per un posto da sottosegretario nel governo Draghi: dal 2015 al 2017 Romeo avrebbe versato alla Lega Lombarda 50.300 euro.

Fatta eccezione per i politici di professione, il grosso della lista dei donatori è costituito però da semisconosciuti “piazzati” su varie poltrone pubbliche. Il presidente dell’Aler Milano (Mario Angelo Sala), il consigliere d’amministrazione del Policlinico San Matteo di Pavia (Giuseppe Zanoni), quello dell’Istituto dei Tumori (Andrea Gambini) e dell’Istituto Besta (Ivano Locatelli Paola Bergamaschi), il revisore contabile della Fondazione Stelline (Simona Ferraro).

E poi i dirigenti sanitari, pezzo forte delle nomine padane da oltre dieci anni. Nei nuovi documenti sono elencati i vertici di tutta la sanità lombarda. Compresi alcuni di quelli già trovati nelle liste del decennio 2004-2014. Ci sono ad esempio Mara Azzi Mauro Borelli, direttori generali della sanità, oggi in carica rispettivamente alla Ats di Pavia e alla Asst Franciacorta. Manager pubblici che hanno versato ininterrottamente alla Lega per almeno 13 anni. E che oggi sono ancora in carica, sempre più in alto nelle gerarchie della sanità lombarda. Carriere da urlo per gli aficionados dell’obolo leghista.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/24/il-sistema-15-il-libro-mastro-della-lega/6111699/?fbclid=IwAR36B9L2bGyZWLNhwgoUqtb5j0E8E9OTKjhjoBMbPlYoRR18l_utacKnTnM

domenica 13 dicembre 2020

Il “sistema del 15%”. Ecco la prova che inchioda la lega. - Stefano Vergine

 

“Dovere morale”. Soldi al partito dai nominati.

Versamenti al partito in cambio di nomine pubbliche. Posti nei più importanti cda d’Italia, nelle direzioni di ospedali e aziende sanitarie locali, nei consigli di revisione contabile delle partecipate pubbliche. Poltrone assegnate in cambio della restituzione alla Lega di una parte dello stipendio. È il “sistema del 15%” – la quota da restituire al partito per i nominati –, un sistema scritto nero su bianco. Così il Carroccio avrebbe gestito il suo potere politico negli ultimi vent’anni, con un vero e proprio sistema di finanziamento per le casse del partito, stando a quanto emerge sia da documenti inediti (in parte pubblicati in queste pagine) sia da diverse testimonianze raccolte.

Il “sistema del 15%” il Fatto lo ha raccontato, nell’inchiesta sulla Lombardia Film Commission, riportando quanto avrebbe detto il commercialista Michele Scillieri durante l’interrogatorio con i pm di Milano. Ma quello che ora siamo in grado di svelare è un meccanismo strutturato e ben collaudato, in vigore da anni. Tutto è raccontato nei dettagli da alcuni documenti contabili interni alla Lega e dalle testimonianze di tre ex leghisti che fino a pochi anni fa sedevano in posti cruciali dell’amministrazione del partito. I documenti inediti raccolgono i nomi di decine e decine di dirigenti e manager di aziende sanitarie pubbliche lombarde. Molti ancora in attività. Nomi e cifre: quelle che ognuno di loro versava alla Lega, il partito del Nord. Che, a dispetto delle intemerate d’origine contro il clientelismo romano, ha creato un sistema perfetto per controllare le nomine. Tutto fatto in modo trasparente, con bonifico bancario, così che la spesa sia anche detraibile fiscalmente. Un sistema perfetto, che si basa però su un presupposto molto scivoloso, come vedremo più avanti: la donazione deve essere spontanea.

Nero su bianco: la delibera del consiglio federale

Analizzare tutti i nomi è un lavoro lungo: questa è solo la prima puntata di un’inchiesta che pubblicheremo nella prossima settimana. Di certo il sistema del 15% è stato istituzionalizzato, formalizzato in un Consiglio federale della Lega dell’autunno 2001. Lo dimostra un documento del partito, mai pubblicato finora, firmato dall’allora segretario organizzativo della Lega Nord, Gianfranco Salmoiraghi. Il 23 ottobre del 2001 Salmoiraghi informa le varie sezioni della Lega che una settimana prima, in occasione del Consiglio federale (l’organo esecutivo della Lega), è stato deciso che sarà Giancarlo Giorgetti ad avere “l’incarico di sovrintendere alla nomina dei nostri esponenti”. Citando il verbale del Consiglio federale, Salmoiraghi aggiunge che secondo quanto deciso “è dovere morale di quanti saranno nominati, di contribuire economicamente alle attività del Movimento con importi che equivalgano, mediamente, al 15% di quanto introitato”.

Esattamente la stessa percentuale di cui ha parlato Scillieri ai magistrati di Milano pochi giorni fa. Il commercialista e socio d’affari dei contabili della Lega, Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni – indagato insieme a loro per peculato nella vicenda della Lombardia Film Commission – ha messo a verbale di aver dovuto restituire al partito il 15% del suo compenso ottenuto come revisore contabile della stessa Lombardia Film Commission, un ente pubblico controllato dalla Regione Lombardia. Ma la testimonianza di Scillieri, alla luce di questi documenti inediti, potrebbe essere solo la punta dell’iceberg.

“Tutti sapevano. Eri nominato e poi aiutavi la Lega”

Che tutto sia andato così per molti anni lo conferma al Fatto Daniela Cantamessa, in Lega dagli albori, segretaria di Umberto Bossi fino all’arrivo di Roberto Maroni alla segreteria federale. “Lo sapevano tutti che funzionava così – racconta – era normale: tu eri nominato dalla Lega e poi aiutavi il partito. Io però non ero in amministrazione, non vedevo personalmente le donazioni”. Chi ha conosciuto bene la macchina contabile per qualche anno è Francesco Belsito, tesoriere dal 2007 al 2012, poi cacciato per lo scandalo degli investimenti in Tanzania e condannato in via definitiva per appropriazione indebita nell’ambito della vicenda dei 49 milioni. I saldi sui conti correnti dei partito Belsito li vedeva, e spiega al Fatto che “i manager nominati nelle partecipate di Stato dovevano versare una quota del loro compenso sul conto corrente del partito, sottoforma di donazione, così la scaricavano dalla dichiarazione dei redditi. Era la prassi, lo sapevano tutti. Quelli che versavano sul conto della Lega Nord federale erano i nominati delle partecipate di Stato. I nominati nelle società locali versavano invece alle sezioni regionali. Per esempio, Regione Liguria nomina persone nella finanziaria di riferimento regionale, in quella del turismo: 7-8 partecipate in tutto. Quei pagamenti li seguiva il segretario regionale del partito. Per società come Eni, Poste, Finmeccanica o allora Invitalia, si versava invece direttamente sul conto della Lega Nord”. Chi ha visto con i suoi occhi ogni singolo versamento, almeno in Lombardia, è una segretaria che ci ha chiesto l’anonimato. Ha lavorato nell’amministrazione in via Bellerio per quasi 30 anni, e dice che almeno fino al 2015 – quando insieme ai tanti altri dipendenti è stata lasciata a casa a causa dei tagli fatti da Matteo Salvini in nome dell’austerity – il sistema funzionava così. “Tutti quelli nominati avevano l’obbligo morale di dare un tot alla Lega ogni anno, almeno quelli che venivano remunerati per quell’incarico. Chi non lo faceva riceveva una telefonata da Giampaolo Pradella, che si occupava allora degli enti locali della Lega, che gli diceva: ‘Guarda, non è arrivato il contributo, ricordati eh’. Insomma, in modo velato gli si diceva: ‘Dai il contributo, altrimenti la prossima volta non vieni più nominato’”. C’erano contratti scritti? “No, era su base volontaria, che però volontaria non era. Il discorso era semplice: ‘La Lega ti ha messo lì, e tu devi contribuire’”. Funziona ancora così nel partito guidato oggi da Salvini? Alle nostre domande, inviate ieri al segretario federale e al suo vice, Giorgetti, non è stata data per ora risposta.

1 – Continua

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/13/il-sistema-del-15-ecco-la-prova-che-inchioda-la-lega/6035488/

venerdì 4 dicembre 2020

Censis, il sistema Italia è ruota quadrata che non gira.

 

Italiani per stretta festività. Covid amplia gap ricchi-poveri.


"Il sistema-Italia è una ruota quadrata che non gira: avanza a fatica, suddividendo ogni rotazione in quattro unità, con un disumano sforzo per ogni quarto di giro compiuto, tra pesanti tonfi e tentennamenti. Mai lo si era visto così bene come durante quest'anno eccezionale, sotto i colpi dell'epidemia".
Lo evidenzia il 54mo Rapporto Censis. "Il virus ha colpito una società già stanca", si rileva: "Quest'anno però siamo stati incapaci di visione" e "il sentiero di crescita prospettato si prefigura come un modesto calpestio di annunci già troppe volte pronunciati: un sentiero di bassa valle più che un'alta via".

Il rapporto rivela inoltre che quasi l'80% degli italiani si dice a favore della stretta in vista delle prossime festività.
"In vista del Natale e del Capodanno - si legge - il 79,8% degli italiani chiede di non allentare le restrizioni o di inasprirle. Il 54,6% spenderà di meno per i regali da mettere sotto l'albero, il 59,6% taglierà le spese per il cenone dell'ultimo dell'anno. Per il 61,6% la festa di Capodanno sarà triste e rassegnata. Non andrà tutto bene: il 44,8% degli italiani è convinto che usciremo peggiori dalla pandemia (solo il 20,5% crede che questa esperienza ci renderà migliori)".

Inoltre, "il 90,2% degli italiani è convinto che l'emergenza coronavirus e il lockdown hanno danneggiato maggiormente le persone più vulnerabili, ampliando le disuguaglianze sociali già esistenti". Se da un lato, da marzo a settembre 2020 "ci sono 582.485 individui in più che vivono nelle famiglie che percepiscono un sussidio di cittadinanza (+22,8%)", dall'altro 1.496.000 individui (il 3% degli adulti) hanno una ricchezza che supera il milione di dollari (circa 840.000 euro): di questi, 40 sono miliardari e sono aumentati sia in numero che in patrimonio durante la prima ondata dell'epidemia.   

Secondo il Censis, poi, l'esperimento della didattica a distanza durante la pandemia sembra non aver funzionato adeguatamente. "Per il 74,8% dei dirigenti la didattica a distanza ha di fatto ampliato il gap di apprendimento tra gli studenti" anche se "il 95,9% è molto o abbastanza d'accordo sul fatto che la Dad è stata una sperimentazione utile per l'insegnamento". 

"Il 37% degli italiani utilizza molto meno di prima i mezzi pubblici, sostituendoli con l'automobile, la bicicletta o spostandosi a piedi quando possibile". Lo rivela il Censis nel suo 54/mo rapporto annuale. "L'82,5% delle Pmi - si legge - ritiene che in futuro nessun lavoratore potrà operare in regime di smart working. La percentuale scende al 66,4% tra le aziende di dimensioni maggiori (10-49 addetti). Si può stimare che 14 milioni di persone, tra settore privato e impiegati pubblici, opereranno presso le abituali sedi di lavoro e 3,5 milioni con modalità nuove che non prevedono una presenza giornaliera costante".

martedì 23 maggio 2017

Note sulla lunga marcia del sistema.



… “Lunga Marcia” per quanto riguarda la distanza, ma a tempo di record ogni giorno di più e incessantemente in stato di tensione, tanto il Sistema funziona senza riprendere fiato in modalità di superenergia che sembra non avere limiti di utilizzo, fino a che morte o autodistruzione non seguano. La Lunga Marcia è scandita a ritmo incredibile da una serie stupefacente di catastrofi, e da altrettante stupidaggini, o mostruose coglionerie, se vogliamo adoperare un linguaggio disinvolto per il rilassamento degli animi. In questo Regno delle catastrofi, il Sistema mette in mostra un’ immaginazione straripante che meriterebbe gli si applicasse come motto la variante di una delle più famose massime del maestro Audiard:        (“I cretini osano qualunque cosa, è proprio per questo che li si riconosce):  “Il Sistema  osa qualunque cosa ed è proprio per questo che lo si riconosce.”
Dalla Corea del Nord all’Afghanistan (e qui torniamo sull’immagine di una delle catastrofi più vecchie del periodo), passando per Macron-La Rotonde (hotel dove il candidato ha fatto una festa dopo il primo turno delle presidenziali-N.d.T.), il Sistema trotterella quanto mai soddisfatto di se stesso. Nulla più sembra poterlo fermare e niente in verità può fermarlo; la sua ambiziosa aspirazione ormai non è più la stabilità di una egemonia di ferro per tenerci imprigionati senza fine e senza incrinature, ma è diventata al contrario il ritmo, il movimento, lo spasmo super potente e continuo in una direzione senza il minimo significato, a meno che non ci si attenga all’equazione superpotenza-autodistruzione.
Anche se gli avvenimenti francesi meritano la nostra attenzione, quelli di Washington D.C., con Trump che stupisce per la sua capacità di adattarsi alla superpotenza del Sistema , non ne sono meno degni e  di quelli ci interessiamo.  Con Trump che è rapidamente passato da Trump versione 1 a Trump versione 2, il Sistema sembra aver trovato non solo un servitore-marionetta ma anche piuttosto uno zelante produttore, che non cessa di alimentarsi avidamente non tanto alle pressioni dello “Stato profondo” ma piuttosto al suo fascino, al quale sembra molto sensibile. Un  fascino al quale infine soccombe con tanto zelo, sempre esagerando, fino a far pensare che sia a volte lui, Trump, il burattinaio piuttosto che la marionetta. Adam Garrie scrive, per certi versi molto giustamente, – ma  si vedrà più avanti che ci sembra ugualmente possibile  proporre altre sfumature: “Le convinzioni di Donald Trump sembra che si siano trasformate meno a causa delle manovre intimidatorie dello “Stato profondo” e  più a causa della sua credulità alle suggestioni dello “Stato profondo”.”
IN EFFETTI, C’È LA GUERRA IN AFGHANISTAN.
Fermiamoci un attimo a considerare una situazione dimenticata… Si potrebbe credere che lo sgancio in pompa magna della madre di tutte le bombe, la MOAB, su un a montagna famosa perché bucherellata come un groviera e perché da rifugio al locale Stato Maggiore dell’ISIS, avrebbe potuto raddrizzare la situazione della guerra in Afghanistan. Piuttosto si potrebbe credere in definitiva a un concatenamento di causa ed effetto, e poi come se si volesse dare in tal modo l’occasione di una ritorsione spaventosamente mortifera, che venga piuttosto dai talebani che dall’ipotetico e tentacolare ISIS.
Comunque sia, alcuni giorni dopo l’enorme esplosione della Moab un terribile attacco dei suddetti talebani contro  un accampamento dell’esercito regolare afgano ha causato notevoli perdite, dell’ordine di 200 morti, tra i quali si trovano senza dubbio alcuni componenti della macchina americanista che compare in tutte le sconfitte delle forze globaliste.
Questo attacco (dei talebani) ha in effetti dato inizio a una crisi grave in Afghanistan, nella struttura-simulacro pseudo-locale organizzata a colpi di  miliardi di dollari dagli Stati Uniti per resistere o anche – audaci sogni- avere la meglio sui talebani:  questra struttura posticcia si rivela ogni giorno sempre più tanto sforacchiata da sembrare un groviera ridotto in brandelli da una bomba MOAB. Il Segretario alla Difesa Mattis si è precipitato in Afghanistan con uno scalo imprevisto durante un periplo originariamente riservato a blandire i suoi unici amici, gli Israeliani, mentre diverse personalità  delle forze di sicurezza afgane,  tra le quali il ministro della Difesa stesso, davano le dimissioni o piuttosto erano obbligati a farlo da un presidente afgano messo alle corde. Non è facile essere il burattino di un padrone così scoppiettante e distruttivo, e così straordinariamente stupido, maldestro e impotente, come sono gli Stati Uniti, il suo Pentagono, il suo “Stato profondo”, e tutto l’ambaradan. (Vedremo più avanti che però c’è una soluzione, per tutto il catalogo s’intende…)
Improvvisamente, com’è ovvio, Washington D.C. pensa una misura rivoluzionaria e che è già stata provata: mandare delle truppe statunitensi di rinforzo in Afghanistan… Soprattutto non si cambia una squadra che perde, e che perde ancora, e che perde sempre, ecco un altro assioma immutabile del Sistema. Questa volta siamo sicuri che il presidente Trump saprà trovare le parole per convincerci che una “forza terribile”, una “invisibile armata” terrestre, è in partenza per trasformare una guerra interminabile (16 anni di fila) in una guerra lampo, irresistibile per i titoli di apertura della stampa televisiva del Sistema, diventata ormai la sua prima rete di comunicazione.
Un dettagliato articolo di WSWS (World Socialist Web Site) avantieri ci dava una descrizione accettabile della catastrofica situazione afghana dopo 16 anni di guerra… E noi annotavamo nella presentazione dell’articolo: “L’articolo segnala che, quando la guerra fu iniziata nel 2001, l’obiettivo strategico degli Stati Uniti era di stabilire dopo la caduta della Unione Sovietica la loro egemonia sulle regioni del Centro Asia che contengono la seconda  zona al mondo di riserve e di giacimenti petroliferi accertati. ”
Dopo 16 anni di guerra -e 800 miliardi di dollari più tardi-, gli Stati Uniti hanno dimostrato in modo convincente la loro impotenza e la loro totale incapacità di instaurare e stabilizzare un regime a loro favorevole a Kabul, che tenga il paese in modo soddisfacente per i loro obiettivi strategici. Il che fa scrivere di conseguenza a WSWS.org che gli Stati Uniti, 16 anni dopo, non sono riusciti in nessun modo a consolidare gli obiettivi strategici dell’imperialismo USA, come previsti nel 2001. La Russia domina tuttora più che mai la zona, con le sue ricchezze del sottosuolo, mentre la Cina afferma il suo ruolo in accordo con la Russia posando in particolare una rete di oleodotti orientati verso Est e non verso l’Ovest come prevedeva il grandissimo gioco degli Stati Uniti. Ad ogni buon conto, e dato che ormai è questo  il meccanismo automatico di servizio, i capi militari statunitensi nella regione hanno assunto a loro carico le accuse del Sistema della comunicazione USA  a Washington secondo le quali quello che capita “va a favore della  Russia”, che rifornisce di armi, materiali, suggerimenti, e incantesimi magici, i talebani. Il generale Nicholson che comanda le truppe statunitensi in Afghanistan non ha per niente rigettato questa ipotesi, è un obbligo di servizio, mentre Mattis la sviluppava per conto suo…
DALL’AFGHANISTAN ALLA COREA DEL NORD
Ma no, in definitiva la guerra in Afghanistan non è la loro tazza di tè, non è più sexy, è datata, è irrancidita, secondo l’espressione che un filosofo mondano ha impiegato ampiamente a proposito della Francia. Per converso si converrà che costituisce un punto di riferimento famoso e in questo caso un convincente richiamo, su dove ci portano le follie del Sistema, sulla vacuità estrema della sua superpotenza e sulla produzione straordinaria di impotenza nello sviluppo di questa dinamica di superpotenza.
Passando ad un altro argomento, ecco il famigerato Global Strike Command della USAF che ha effettuato  ieri 26 aprile 2017 un urgente test di un ICBM Minuteman III, lanciato dalla base di Vanderberg verso il Pacifico, -ma ci (e vi)  rassicurano che si trattava soltanto di “un missile balistico intercontinentale non armato e il test era previsto da tempo ed è non è da mettere in relazione con la situazione in Nord Corea, e che i lanci si susseguono a cadenze regolari. “ Dunque nessun rapporto con la Corea del Nord,  allo stesso modo che il lancio di un ICBM ATLAS il 27 ottobre 1962, in piena crisi di Cuba, non aveva alcun rapporto con la situazione a Cuba in piena crisi dei missili, e poi il lancio era previsto da molto tempo nel quadro di un programma di test di routine. Alla notizia del lancio, Kennedy aveva reagito in privato con un furioso scoramento, “che figlio di p… “ (all’indirizzo del generale Curtiss Le May che aveva ordinato di persona il lancio contravvenendo agli ordini del Presidente). Questa volta possiamo essere sicuri che il presidente Donald sarà certamente soddisfatto di questa dimostrazione di forza che dovrebbe spaventare adeguatamente Kim della Corea….
…oppure il lancio del vecchio Minuteman III (un esemplare della fine degli anni 1960) è stato effettuato per toccare il cuore dei senatori che ieri si sono riuniti alla Casa Bianca credendo che si sarebbero sentiti un discorso sulla Corea del Nord. Fin dalla sua convocazione questa riunione non lasciava presagire niente di buono, perché si sapeva bene che non era stato fatto nessun progresso diplomatico, che la Corea del Nord aveva intenzione di effettuare un test nucleare che avrebbe portato gli Stati Uniti a rispondere in un modo o nell’altro, che la convocazione del Senato in queste condizioni non poteva che prendere l’aspetto di una seduta di informazioni che preludesse alla richiesta dei poteri di guerra attribuiti al Presidente, indirizzata alla Alta e Augusta Assemblea.
Il colonnello Lang del sito STT (Sic  Transit Tyrannis) diceva  il 25 aprile 2017 la sua convinzione, già espressa altrove, che questa riunione doveva riguardare la possibilità di un conflitto nordcoreano, come lui aveva già previsto (un conflitto), per il periodo da maggio a giugno:
“Tutti i 100 Senatori sono invitati alla Casa Bianca per un briefing sulla Corea del Nord. Questo è un fatto inusuale. Durante la prima Guerra del Golfo io venivo mandato al Congresso ogni giorno per informare entrambe le camere. Faccio notare che andavamo noi  là, e non avveniva il contrario. Ci riferiscono che saranno ricevuti da Tillerson, Mattis, McMaster, Coates. Alcuni relatori ben preparati condurranno effettivamente la riunione.”
“Mi sembra che i senatori verranno preparati ad un  probabile insuccesso della politica di Trump nei confronti della Cina e della Nord Corea. Una dichiarazione di guerra o un’autorizzazione per l’uso delle forze armate richiederebbe un voto da tutti e due i rami del Congresso. Così… Potete aspettarvi probabilmente  di vedere un sacco di membri delle due Camere che visitano la Casa Bianca al più presto, se non è già capitato.
“Il gruppo di combattimento Carl Vinson arriverà nelle acque coreane entro pochi giorni. Lo USS Michigan, un sottomarino capace di lanciare missili da crociera si trova a Busan nella Corea del Sud per riposo e vacanza e per rifornirsi di vettovaglie. Come ho scritto qui c’è la disponibilità di due portaerei in più e delle loro navi di supporto per i primi di giugno. Tutto questo migliora la situazione se siete il comandante di campo o un ammiraglio della flotta.”
DALLA PROSPETTIVA DELLA TERZA GUERRA MONDIALE ALLA PROSPETTIVA  BUSINESS-AS-USUAL.
…E poi no, niente affatto! Sorpresa, la riunione della Casa Bianca, alla quale Trump non assisteva perché ha altri impegni, ha partorito un topolino macilento. La politica Usa in materia, passa dalla prospettiva della terza guerra mondiale alla prospettiva di una politica di normale amministrazione con una  rapidità che lascia sconcertati e la dice lunga sul morale dei cospiratori e sulla potenza della loro visione strategica. Un comunicato Tillerson-Mattis ci annuncia che durante questa importante riunione  è stata presa la solenne decisione di continuare esattamente come prima: politica di sanzioni, pressioni, denunce scandalizzate, politica del  “ti tengo d’occhio, cattivaccio” (per Kim di Corea), una politica già vecchia di 30 anni. L’antifona è quasi religiosa: “Tenetemi sennò faccio un disastro”.
Alessandro Mercouris, nel suo articolo del 27 aprile 2017, commenta secondo il suo punto di vista, che a noi pare ottimista, questa ennesima versione di “più si cambia e più si rimane uguali”: “Certo non c’è qui nessuna proposta di un’azione militare in risposta ai test nucleari o al lancio di missili balistici nordcoreani, e ancora meno di un intervento militare preventivo per impedire questi test,  e la risoluzione suggerisce che queste opzioni, semmai siano state seriamente considerate, adesso sono state scartate. Sebbene  la risoluzione dica che “gli sforzi del passato non sono riusciti a fermare gli illegali programmi di armamento della Nord Corea ed i test nucleari e quelli dei missili balistici”, ciò che propone – “fare Pressione sulla Nord Corea… con sanzioni economiche più severe e con interventi diplomatici insieme ai nostri alleati e ai nostri partner regionali” – è la stessa politica perseguita dalle precedenti amministrazioni USA.
“Potrebbero avere prevalso più miti consigli e  il Presidente Trump è stato dissuaso da qualunque azione militare pericolosa contro la Corea del Nord che egli avesse pianificato, oppure  le varie minacce e le manovre militari delle ultime recenti settimane non fossero mai state prese seriamente, ed  erano solo un bluff. Se è così, allora, come s’è detto prima, le carte sono state calate domenica, quando il presidente della Cina  Xi Jimping ha telefonato al presidente Trump  e lo ha messo in guardia dicendogli che la Cina non avrebbe cambiato la sua politica per le minacce degli Stati Uniti. La dimensione del fallimento dei tentativi di ingannare la Cina fingendo di intraprendere azioni più pesanti contro la Corea del Nord è illustrata da un fatto che lo spiega bene: la dichiarazione non menziona neanche la Cina – e ancora meno fa domande al proposito-  anche se la Cina è stata al centro dell’azione diplomatica per settimane.
“Qualunque sia la ragione, il Presidente Trump ha agito saggiamente se, come sembra in questo caso, ha evitato un’azione militare. Se stava bluffando – e questa sembra essere di gran lunga la più credibile spiegazione delle sue azioni – allora è stato scoperto il bluff, e gli è stata data un’importante lezione, e cioè che con la Cina non bisogna mai bluffare.
Speriamo che impari la lezione e si regoli di conseguenza in futuro.”
SWING TRA TRUMP. 1.0 E TRUMP 2.0
“Speriamo che Trump impari la lezione ed agisca di conseguenza in futuro”? Trump, l’uomo dei reality show, che impara una “lezione di saggezza”, o addirittura che concepisca persino l’idea di saggezza? Tutto ciò ci lascia scettici… Per il resto notiamo come sia notevole e molto inusuale che una decisione di questa pseudo-importanza sia firmata e autenticata da un comunicato comune di due ministri e non dal Presidente stesso.
Questo può essere interpretato a piacere: che lo “Stato profondo” che oggi è obbligato a trattenere Trump piuttosto che convertirlo al fascino della guerra, abbia deciso di frenare? Che Trump abbia comunque la testa altrove e stia per dimenticare la Corea del Nord che minaccia la civiltà, poiché vuol far passare davanti al Congresso delle iniziative importanti di politica interna (la sua riforma fiscale, eventualmente una riedizione dell’Obamacare rivisitato)? D’altra parte Trump lavora oscillando prima  tra un temporaneo ritorno al Trump  1.0, e poi a una  conferma del Trump 2.0, facendo  o lasciando dire che ha deciso di liquidare il NAFTA (North American Free Trade Agreement) e dicendo qualche ora più tardi ai suoi amici canadesi e messicani che la liquidazione del NAFTA non è all’ordine del giorno. Contemporaneamente circolano  voci di corridoio secondo le quali il  famigerato muro americano-messicano che ha sconvolto tante anime fragili e sensibili, non si sa ancora bene e se sarà fatto o no. Gringo que pasa? (“che succede Gringo?”)
L’ARMATA RUSSA IN CAMPAGNA  (SIRIANA)?
Questa rapida conversione verso la pacificazione non ci convince più che la tensione degli ultimi giorni riguardo la Corea del Nord (notando certo che la fase di pseudo-tensione ha un aspetto molto più volatile che quella della pseudo-pacificazione e per definizione può condurre più direttamente e più decisamente alla guerra). Per esempio, che cosa faranno lo “Stato profondo” (Deep State) ed il vulcanico Trump, se domani Kim-di-Corea, come è estremamente probabile, farà comunque il suo test nucleare, come ci ha già informati? Accetteranno di perdere la faccia senza arrossire di fronte a questo orribile ed irridente Kim-di-Corea? La pressione dei mezzi di comunicazione del Sistema- la stampa  del sistema, gli esperti in conflitti taroccati, i parlamentari ultra guerrafondai-, lasceranno (al Deep State- N.d.T.)  una scelta diversa dall’annuncio che agiranno e colpiranno con forza?
Oppure, altro esempio che ci permette di fare zapping da una zona di conflitto all’altra e di allargare conseguentemente la lunghezza già considerevole della Lunga Marcia, che cosa faranno lo “Stato profondo” e il vulcanico Trump se domani la Russia farà realmente ciò che si annuncia qua e là e cioè lo schieramento di unità terrestri in Russia ? (N.d.T.: pare un evidente refuso: forse dovrebbe leggersi”…lo schieramento di unità terrestri in SIRIA…”)
In effetti questa è una delle più recenti voci di corridoio in voga e cioè l’annuncio della possibilità dello schieramento di importanti unità dell’armata russa (una divisione aviotrasportata della Guardia e un battaglione Spetsnaz). Il sito STT ha dato dei precisi dettagli per la struttura di questo possibile intervento, le sue ragioni e i suoi probabili obiettivi. Il colonnello Lang stesso ne ha parlato, il recente 25 aprile 2017, naturalmente con i distinguo abituali – tanto, in questa epoca volatile, la comunicazione è un gigantesco gioco d’azzardo nel quale si perde spesso, ma a volte si vincono enormi poste…
“Vi sono voci sul fatto che la Russia possa rispondere favorevolmente a una richiesta prevedibile del governo siriano perché mandi truppe di terra russe. Se questo è vero allora sono probabilmente corrette due cose: 1 -I Russi hanno deciso che stanno trattando con un prodotto instabile nella persona dell’occupante della Casa Bianca e che devono mettere Donald Trump di fronte al fatto compiuto in Siria al più presto possibile, per ridurre la possibilità di ulteriori disavventure che riecheggino l’apparentemente estemporanea decisione di attaccare la base aerea siriana di Shayirat per rappresaglia. 2.  Potrebbero sentirsi sicuri che lo schieramento delle loro forze di terra non provocherà un’altra risposta incongrua. Forse stanno aspettando che gli Stati Uniti siano già  troppo occupati altrove, per esempio in Corea, per intervenire? Potrebbe darsi, ma potrebbe anche darsi che le voci dell’intervento di truppe terrestri sia solo una fantasia giornalistica, o pura disinformazione.”
Allora teniamo in caldo questa possibilità siriana che magari salterà fuori, perché è meglio avere numerose crisi in corso per non perdere il ritmo della Lunga Marcia…
LA MARIONETTA CHE MANIPOLA  IL SUO MANIPOLATORE
Comunque sia, tutta questa situazione, o i diversi aspetti di questa situazione che coinvolgono il Sistema degli Stati Uniti in una situazione caotica di superpotenza, continuano a dipendere molto da un personaggio poco comune, come il presidente Trump. Abbiamo visto prima quello che Adam Garrie dice di Trump e di quello che è diventato, la versione 2.0 di Trump – modello  turbo- ( “Le convinzioni di Donald Trump sembra che si siano trasformate meno a causa delle manovre intimidatorie dello “Stato profondo” e di più a causa della totale suggestionabilità di Trump dalle influenze dello “Stato profondo”). Il titolo del suo articolo è “Il dottor strana-Trump ovvero come ho imparato a non prosciugare le fogne e ad amare lo “Stato profondo”, ed è evidente l’analogia col dottor Stranamore di Kubrick ovvero “Come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la Bomba”.
Effettivamente l’analogia è eccellente in quanto il titolo di Kubrick non si riferisce tanto a un personaggio del film quanto piuttosto a lui stesso, un Kubrick caricatura paradossale che, imitando tutti i pazzi che lo circondano, deciderà di smetterla di pensare troppo in modo critico e finalmente adorare la Bomba come fanno tutti. Ma si tratta meno di credulità che di  disinteresse per qualunque forma di responsabilità, di pensiero critico profondo, eccetera, per interpretare effettivamente questo personaggio da reality show quale è Trump, che noi abbiamo cercato di descrivere: piuttosto di credere a qualunque cosa di ciò gli si dica (credulità), non credere a niente del tutto e prendere quello che viene in funzione dell’effetto di comunicazione del presente immediato (1)-( Big Now). ( Applausi, editoriali fioriti del Washington Post e del New York Times, seducenti bellezze della Cnn che rievocano la sublime Zazzera del Presidente, eccetera).
Tentando di ridiventare seri bisogna dire quanto Trump (sia la versione 1, sia la versione 2- ma la seconda ancora più della prima-), anche considerandolo come “domato” dal Sistema se non prigioniero dello “Stato profondo” del Sistema, sia  in realtà un elemento volatile, imprendibile, estremamente difficile da controllare, fino al ribaltamento della situazione, perché è totalmente irrazionale. È la “teoria del burattino” di Wallerstein(2), finora applicato ai “pupazzi” degli Stati Uniti (il pioniere fu il presidente afgano Karzai),  questa volta applicata al Presidente degli Stati Uniti stesso, ultimo burattino degli Stati Uniti, quando la marionetta diventa manipolatrice di quelli che la manipolano, che ne sia cosciente o meno.
In un articolo del 24 maggio 2014, citavamo un’analisi del filosofo Immanuel Wallerstein sull’ inversione della situazione che fa sì che “i burattini” manipolati dal Sistema (gli Stati Uniti, le élites del Sistema, lo “Stato profondo”, l’establishment, eccetera) si rivoltassero contro i loro burattinai per manovrarli, a causa della goffaggine e degli errori colossali del Sistema e dell'osceno modo di manipolare proprio questa sua eccessiva potenza. “Mi sembra che questa sia un’interpretazione errata e fantastica della realtà della nostra situazione attuale, che è di un caos crescente, come risultato della crisi strutturale del nostro Sistema mondiale moderno. Non credo che le élites riusciranno a manipolare i loro sottoposti di livello inferiore ancora a lungo. Penso che i sottoposti stiano sfidando le élites, facendosi gli affari loro, e cercando di manipolarli. Questo è certamente un fatto nuovo. È una politica che va dal basso verso l’alto piuttosto che dall’alto verso il basso…“. Con Trump siamo arrivati al caso estremo dove la marionetta è a capo della potenza che la maneggia,  che lui potrebbe puntualmente maneggiare, e che riesce a maneggiare inconsciamente con le sue trovate estemporanee, la sua volubilità, le sue iniziative incongrue, il suo stile scoppiettante e le sue dichiarazioni imprevedibili e destabilizzanti…
MACRON? NON C’E’ PIU’ LA SERVITU’ DI UNA VOLTA
Questo ci riporta per un momento alla situazione francese che a parer nostro, è contraddistinta sempre più dalla straordinaria mancanza di spessore, se non  dalla mancanza di sostanza tout-court, del candidato già presidente Macron. Anche lì c’è un gioco che sembra l’inversione del rapporto manipolatore-manipolato. Macron evidentemente burattino mosso dal Sistema, malgrado la sua strategia “vorrei fare bene”,  diventa il manipolatore senza dubbio incosciente dei suoi padroni e precipita la situazione verso orizzonti sconosciuti, incomprensibili e forieri di sviluppi straordinari, con i suoi errori, i suoi slanci improvvisi, i suoi accessi di rabbia infiammata e i suoi programmi così straordinariamente e sovranamente vuoti. (A margine noi avremo una dimostrazione dello stato più che eccellente dei legami che ci tengono, noi francesi, strettamente legati ai nostri grandi “amici americani”.)
Ciò che scrive Philippe Grasset (PhG) martedi, nel suo Journal-dde.crisis, si collega alla constatazione fatta qui su Trump,  come la fa lui su Macron (che si intestardisce a descrivere come “Micron”) come futuro presidente ed ex-Presidente della Repubblica francese; si tratta dell’ estrema mediocrità e dell’estrema volatilità del personale dirigente… “È sempre di più vero che il problema del Sistema è che il personale dirigente del Sistema non è più quello di una volta… […] Questa penuria di personale qualificato proprio nel momento del massimo trionfo del Sistema, può darsi che sia proprio la chiave, il codice post-moderno, della formula della sua autodistruzione. Il sapiens (2) deve sempre interpretare un ruolo, non è mai veramente disoccupato…
Come si fa a immaginare una Marcia così Lunga, quella del Sistema, a questa fulminea velocità dovuta alla sua superpotenza, senza temere uno scarto o un errore irreparabile? È una specie di principio dei vasi comunicanti: quanto più il Sistema sviluppa a gran voce la sua estrema potenza, e lo sa Dio che non ha remore, tanto più i servitori che si sceglie sono stupidi, barocchi e scoppiettanti, imprevedibili e incontrollabili, infantili, irresponsabili e incoscienti. È in questo modo che forse noi abbiamo, ripetiamolo, il segreto della trasmutazione magica dalla superpotenza all’autodistruzione. (“il codice postmoderno della formula della sua autodistruzione”)
NOTE
(1)“big-Now” è la storia ridotta al tempo presente, priva di una “narrazione -guida”, la visione a termine cortissimo (iper-corto) dei poteri politici che si sono ridotti a considerare solo la stretta contemporaneità (estratto da un commento di PhGrasset al libro di Peter Rushkoff : “Present Shock: When Everything Happens Now “ – dedefensa- faits et commentaires-29 gen 2014)
(2) Immanuel Maurice Wallerstein – è un sociologo ed economista statunitense, Docente alla Columbia University.
(3) “sapiens-Système”: l’uomo ragionevole (sapiens) diventa uno strumento del Sistema (sapiens-Système) e complice di questo, anche se saltuariamente una parte di lui si ribella (dedefensa-ibidem.