Visualizzazione post con etichetta acqua. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta acqua. Mostra tutti i post

giovedì 11 aprile 2024

Alternative sostenibili alla plastica ottenute dai batteri ingegnerizzati.

Queste alternative sostenibili alla plastica sono più resistenti dell’acido polilattico usato di norma.

(Rinnovabili.it) – Gli sforzi per trovare alternative sostenibili alla plastica convenzionale stanno raggiungendo nuovi traguardi. Il lavoro di ingegneri e ricercatori impegnati nella ricerca di soluzioni innovative è in crescita. Restano però alcune sfide aperte. Ad esempio, trovare un materiale che possa offrire le stesse prestazioni delle plastiche tradizionali evitando i loro impatti ambientali.

Oggi sappiamo che l’acido polilattico (PLA) è una delle alternative più promettenti. Si può produrre da fonti vegetali e plasmare con una certa efficienza. Tuttavia, presenta limitazioni legate alla sua fragilità e alla sua degradabilità. Per superare queste difficoltà, i bioingegneri dell’Università di Kobe, in collaborazione con la Kaneka Corporation, hanno sviluppato una tecnica innovativa. Mescolando l’acido polilattico con un’altra bioplastica chiamata LAHB, sono riusciti a ottenere un materiale con proprietà desiderabili, come la biodegradabilità e una maggiore lavorabilità.

Una fabbrica di batteri per produrre plastica biodegradabile.

Il processo ha richiesto l’ingegnerizzazione di ceppi batterici per produrre il precursore del LAHB, manipolando il loro genoma per ottimizzare la produzione. I risultati, pubblicati sulla rivista ACS Sustainable Chemistry & Engineering, indicano la creazione di una “fabbrica di plastica batterica” che produce catene di LAHB in quantità elevate, utilizzando solo il glucosio come materia prima. Con la manipolazione genetica dei batteri, dicono gli scienziati, è possibile controllare la lunghezza delle catene e quindi le proprietà della plastica risultante.

Il materiale ottenuto, chiamato LAHB ad altissimo peso molecolare, è stato aggiunto all’acido polilattico per creare una plastica altamente trasparente, più modellabile e resistente agli urti rispetto all’acido polilattico puro. Inoltre, questa nuova plastica si biodegrada nell’acqua di mare entro una settimana. Potrebbe essere l’anello mancante tra la sostenibilità e la versatilità delle bioplastiche?

Il team che lo ha sviluppato ci crede e guarda al futuro con ambizione. Tra le ipotesi di lavoro future c’è l’uso della CO2 come materia prima per la sintesi di plastiche utili.

https://www.rinnovabili.it/economia-circolare/ecodesign/alternative-sostenibili-alla-plastica-ottenute-dai-batteri-ingegnerizzati/

sabato 23 marzo 2024

Scoperta una riserva di 600.000 milioni di litri d’acqua sulla Luna. - Angelo Petrone

 

Una serie di nuove osservazioni della NASA superano le stime precedenti della navicella spaziale Lunar Prospector. L’hanno trovato sul fondo di oscuri crateri lunari

Seicento milioni di tonnellate di litri di acqua potrebbe nascondersi nella profondità della Luna. Si tratta della quantità stimata, sotto forma di ghiaccio, che il radar Mini-SAR della NASA, a bordo della navicella spaziale indiana Chandrayaan-1, ha rilevato sul fondo di oltre 40 crateri tra 2 e 15 km vicino al polo nord della Luna. La scoperta è stata pubblicata su “Geophysical Research Letters“. Lo strumento della NASA, che pesa meno di 10 kg, è in grado di acquisire immagini radar delle aree permanentemente in ombra che esistono intorno ai due poli lunari. E lì, all’interno di crateri profondi e oscuri che non vedono la luce solare da milioni di anni e sui cui fondi sono state misurate alcune delle temperature più fredde dell’intero Universo, Mini-SAR ha confermato i sospetti che ci sia una grande quantità di ghiaccio d’acqua. Il principale obiettivo scientifico dell’esperimento Mini-SAR, infatti, non è altro che mappare il maggior numero possibile di questi preziosi depositi. Grazie alle condizioni di oscurità e caldo, il ghiaccio in questi crateri lunari, che spesso hanno bordi taglienti e campi di blocchi di roccia sparsi ovunque, è straordinariamente stabile. Mini-SAR ha trovato tali depositi studiando il cosiddetto “grado di rugosità superficiale” (CPR) dei crateri e trovandone alcuni che hanno un CPR elevato all’interno, ma non all’esterno dei bordi. Una diversa disposizione delle rocce rispetto a quella osservata in un cratere ‘normale’ e che gli scienziati della NASA ritengono causata da materiale ‘diverso’ all’interno dei crateri stessi. ”Interpretiamo questo rapporto – scrivono i ricercatori – come coerente con l’acqua ghiacciata presente in questi crateri. “Il ghiaccio deve essere relativamente puro e spesso almeno un paio di metri per produrre questa firma.” La quantità di ghiaccio d’acqua, circa 600 milioni di tonnellate, è superiore a quanto precedentemente stimato dallo spettrometro di neutroni della missione Lunar Prospector, che ha analizzato la superficie del nostro satellite, ma solo fino ad una profondità di circa mezzo metro.

Il quadro che emerge dalle molteplici misurazioni e dai dati risultanti dagli strumenti della missione lunare – afferma Paul Spudis, ricercatore principale dell’esperimento Mini-SAR presso il Lunar and Planetary Institute di Houston – indica che la creazione, migrazione, deposizione e ritenzione idrica si stanno verificando anche sulla Luna. Le nuove scoperte mostrano che il nostro satellite è una destinazione scientifica, esplorativa e operativa ancora più interessante e attraente di quanto si pensasse fino ad ora.” “Dopo aver analizzato i dati – afferma Jason Crusan, dirigente del programma Mini-RF per la missione delle operazioni spaziali della NASA a Washington – il nostro team scientifico ha determinato una forte indicazione della presenza di ghiaccio d’acqua, una scoperta che darà alle missioni future un nuovo obiettivo da esplorare e sfruttare ulteriore.” Questi risultati si aggiungono ora alle recenti scoperte di altri strumenti della NASA e confermano che è possibile ottenere acqua in molteplici modi sulla Luna. Il Moon Mineralogy Mapper della NASA , ad esempio, ha scoperto molecole d’acqua in entrambe le regioni polari, e il satellite di osservazione e rilevamento dei crateri lunari, LCROSS, ha rilevato anche il vapore acqueo. Per non parlare dei 270 miliardi di tonnellate di “acqua fantasma” intrappolata nelle perle di vetro che si formano durante gli impatti dei meteoriti, una riserva inaspettata e scoperta lo scorso anno. Ottima notizia, quindi, nel momento in cui l’Umanità si prepara a ritornare sul nostro satellite. E questa volta con l’intenzione di restare.

https://www.scienzenotizie.it/2024/03/22/scoperta-una-riserva-di-600-000-milioni-di-litri-dacqua-sulla-luna-2782239

mercoledì 5 luglio 2023

Vicus Caprarius: la città dell'acqua. - Hasan Törön

 

La Fontana di Trevi è una delle attrazioni turistiche più notevoli di Roma. Quello che la maggior parte dei visitatori non sa è che un importante sito archeologico si trova proprio sotto il famoso quartiere.
Oggi conosciuta come la "Città delle acque", Vicus Caprarius è un antico complesso di appartamenti romani (insule) risalente al I secolo, istituito dopo il grande incendio del 64. Fu successivamente ristrutturato in una domus, o casa di classe superiore, durante il IV secolo. Il sito è stato scoperto alla fine degli anni novanta, i durante l'ampliamento del cinema Trevi, situato sopra di esso.
È stata portata alla luce una grande quantità di manufatti, tra cui statuette in terracotta, ceramica africana e un tesoro di oltre 800 monete (ora esposti nel museo adiacente).
L'Aqua Virgo, uno degli 11 acquedotti dell'antica Roma, scarica ancora parte della sua acqua nei bacini del Vicus Caprarius, oltre a trasportare l'acqua alla Fontana di Trevi. 

https://www.facebook.com/photo/?fbid=1989120964776396&set=gm.1368448740404841&idorvanity=515208542395536

lunedì 27 settembre 2021

Marte troppo piccolo per avere acqua e vita.

 

Marte ‘travestito’ da Terra (fonte: NASA Earth Observatory/Joshua Stevens; NOAA National Environmental Satellite, Data, and Information Service; NASA/JPL-Caltech/USGS; Graphic design by Sean Garcia/Washington University)

Nuova ipotesi dall'analisi dei meteoriti.

Marte è troppo piccolo per trattenere quantità di acqua necessarie a supportare la vita: è la conclusione a cui sono giunti i ricercatori della Washington University a Saint Louis dopo aver valutato la composizione chimica di una ventina di meteoriti marziani caduti sulla Terra. I risultati dello studio, che potrebbero aiutare la ricerca di pianeti abitabili al di fuori del Sistema solare, sono pubblicati sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze (Pnas).

“Il destino di Marte era scritto fin dall’inizio”, afferma il ricercatore Kun Wang. “C’è probabilmente una soglia per quanto riguarda le dimensioni dei pianeti rocciosi affinché possano trattenere acqua a sufficienza per permettere l’abitabilità e la tettonica a placche, con una massa che è superiore a quella di Marte”. Il suo team lo ha dedotto esaminando la composizione di 20 meteoriti marziani, di cui ha valutato in particolare gli isotopi del potassio per stimare la presenza e la distribuzione di elementi e composti ancora più volatili come l’acqua.

“Questi meteoriti risalgono ad un’epoca compresa tra centinaia di milioni e 4 miliardi di anni fa e hanno registrato la storia evolutiva degli elementi volatili su Marte”, sottolinea Wang. “Misurando gli isotopi di elementi volatili come il potassio possiamo dedurre come sono stati persi e fare confronti tra i diversi corpi del Sistema solare”. Grazie a questo approccio innovativo, i ricercatori hanno stabilito che Marte, durante la sua formazione, ha perso più potassio ed elementi volatili rispetto alla Terra, ma ne ha trattenuti di più rispetto alla Luna e all’asteroide Vesta (due corpi più piccoli e aridi sia di Marte che della Terra).

“Questo studio evidenzia che c’è un intervallo piuttosto ristretto per quanto riguarda le dimensioni dei pianeti affinché abbiano abbastanza ma non troppa acqua per essere abitabili”, aggiunge il co-autore dello studio Klaus Mezger dell’Università di Berna. “Questi risultati guideranno gli astronomi nella ricerca di esopianeti abitabili in altri sistemi solari”.

ANSA

mercoledì 25 agosto 2021

Consumo di acqua: chiudere i rubinetti è utile, ma il grande spreco viene dal cibo. - Elisabetta Ambrosi

 

In Italia il consumo procapite supera i duecento litri a testa al giorno e il Paese è in debito idrico. Dalla doccia allo sciacquone, sono molte le soluzioni pratiche e poco invasive che si possono adottare. Però il gesto più urgente è modificare le abitudini alimentari.

Ormai ci viene ripetuto su ogni fronte: mai lasciare aperto il lavandino mentre ci laviamo i denti, niente bagno nella vasca, fate la doccia. Insomma dobbiamo risparmiare l’acqua, riducendo il consumo individuale il più possibile. Ma per prendere sul serio la battaglia contro il consumo idrico, è fondamentale capire perché è davvero necessaria. Se il ciclo dell’acqua è circolare, infatti, come ci insegnano nei libri di scuola, perché allora dovremmo risparmiarla? Lo abbiamo chiesto a Emanuele Bompan, giornalista ambientale esperto, tra l’altro, proprio del tema idrico e autore del libro Atlante geopolitico dell’acqua (Hoepli 2019). “In realtà – spiega – l’acqua è una risorsa finita e soprattutto variabile. Il problema sono i cambiamenti climatici: fermo restando che lo scioglimento dei ghiacciai produce una diminuzione dell’acqua dolce, che viene contaminata da quella salata, il riscaldamento globale fa sì che in alcuni posti l’acqua diventi più abbondante, a causa di delle maggiori precipitazioni, in altre diventi sempre più scarsa”. Come ci ha confermato l’ultimo rapporto dell’Ipcc, continua Bompan, “la crisi climatica ha prodotto variazioni del ‘global cycle water’, anche a causa di un aumento dell’evaporazione dovuta al calore e alla deforestazione”. L’Italia, di fatto, consuma più acqua di quanta non ne riceva dalle precipitazioni e lo fa affaticando le falde acquifere, anche a causa di un consumo procapite molto elevato, oltre duecento litri al giorno a testa. Torniamo così al risparmio di acqua, che alla luce di questo appare sensato e urgente.

Quel rubinetto che perde vale un laghetto.

Il consiglio più diffuso è quello di chiudere l’acqua mentre ci si lava i denti, ma lo stesso vale mentre ci si fa la barba e pure se ci si mette lo shampoo sui capelli sotto la doccia. Fare la doccia invece del bagno è un altro consiglio ovvio ma importante, sono cento litri di acqua risparmiati (d’altronde lavarci rappresenta il 40% dell’acqua consumata in casa). Se però non riuscite a fare a meno di un bagno ogni tanto, usate la stessa acqua per tutta la famiglia, oggi non siamo certo sporchi come minatori e si può fare senza problemi. Un capitolo importante è quello dello sciacquone, che rappresenta il 20% dei nostri consumi: ormai davvero è assurdo avere un pulsante indifferenziato, visto che utilizzarne uno a flusso differenziato consente infatti di risparmiare fino a 30.000 litri all’anno. Non avete i soldi o la possibilità di cambiarlo? A parte che fino a dicembre è possibile usufruire di un bonus per gli sciacquoni che utilizzano fino a un massimo di 6 litri d’acqua, esiste anche un vecchio trucco: mettete una bottiglia piena di acqua nella cassetta, ridurrà il volume di acqua scaricata. Un’altra fonte di vero scialo idrico è rappresentata dalle perdite dei rubinetti: se una goccia vi sembra poco considerate che 90 gocce al minuto fanno 4.000 litri all’anno. Sul fronte rubinetti si possono fare vari interventi: riparare le perdite, anzitutto, installare un riduttore di flusso sui rubinetti, che vi garantirà un risparmio idrico del 50% (circa 6.000 litri in meno all’anno), mentre un piccolo miscelatore farà mescolare acqua calda e fredda in maniera molto rapida e veloce. Esistono infine anche limitatori di pressione, vaporizzatori e rubinetti fotocellula che chiudono automaticamente il flusso d’acqua quando non serve. Anche su questo fronte, si può utilizzare ancora per qualche mese il bonus governativo per gli apparecchi di rubinetteria a limitazione di flusso d’acqua.

Le buone pratiche comunque non si fermano qui: l’utilizzo dell’acqua della bollitura della pasta può essere utile per lavare i piatti se non avete la lavastoviglie (che va sempre mandata piena, ma proprio piena). Anche lavare le verdure comporta un grande impiego di acqua: invece che sciacquarle nel lavandino, meglio pulirle dentro una bacinella e usare l’acqua per innaffiare le piante. Piante che è comunque meglio irrigare la sera – magari con l’acqua ricavata dai condizionatori, ottima anche per il ferro da stiro – perché l’acqua evapora meno. Altri consigli sparsi riguardano l’utilizzo degli elettrodomestici a pieno carico e di classe A+, con un risparmio di acqua fino al 50%, lo scongelamento degli alimenti in un contenitore invece che sotto l’acqua corrente, l’impiego di una coperta galleggiante per evitare l’evaporazione – e risparmiare da 1.000 a 4.000 litri di acqua al mese – nel caso fortunato in cui abbiate una piscina.

Inutile fare la doccia ma poi mangiare una bistecca.

Una pratica davvero utile sarebbe il recupero dell’acqua piovana, che dovrebbe diventare una regola per tutti, visto che la sola acqua piovana potrebbe coprire il 50% dell’acqua usata in casa ed è acqua priva di calcare. Si può fare con i classi secchi ma anche con impianti più complessi, come serbatoi di accumulo sia interrati che fuori terra, che prevedono filtrazione dell’acqua dalla sporcizia. Ultima regola d’oro, banale ma poco praticata è quella di controllare regolarmente il contatore facendo attenzione ai consumi e ad eventuali perdite, per evitare sprechi e insieme non rischiare bollette salatissime, perché l’azienda partecipata locale non vi farà certo sconti per il fatto che non ve ne siete accorti.

Tutti questi consigli sono validi ma rischiano di essere inutili se non si tiene sotto controllo una cosa fondamentale: la nostra impronta idrica, in particolare quella dei cibi che si consumano. In altre parole, potrebbe essere inutile farsi una doccia di pochi secondi se poi si mangia una bistecca la cui produzione richiede migliaia di litri (su www.waterfootprint.org potete controllare quanta acqua serve per il cibo che mangiate). Lo stesso vale per tutti i prodotti che compriamo, “sui quali in teoria dovrebbe essere spiegata con chiarezza, oltre l’impronta carbonica e sociale, anche quella idrica”, spiega sempre Bompan. In assenza di etichetta, scegliere prodotti a chilometro zero, ridurre i consumi di prodotti industriali e gli spostamenti, optare per il riuso sono tutti comportamenti che riducono il consumo di acqua. Insomma: l’acqua consumata non è solo quella che si vede, perché la produzione di qualsiasi cosa la richiede. E allora ben venga lo sciacquone differenziato, a patto poi di non mangiare, o utilizzare, cibi e oggetti fortemente idrovori, fermo restando che ogni comportamento esemplare in casa vale anche per l’educazione dei vostri bambini. I quali certamente non avranno da adulti a disposizione l’acqua che voi avete avuto (il flusso continuo e senza regole sarà un ricordo, al pari dello sciacquone riempito con acqua potabile). Meglio dunque abituarli subito, in modo che vivere in una società con l’acqua controllata, se non razionata, non sarà troppo frustrante per loro.

ILFQ

martedì 13 aprile 2021

Fukushima, via libera Tokyo a rilascio acqua contaminata in mare.

 

Decisione presa nonostante l'opposizione di popolazione e pescatori.

Il governo giapponese ha deciso di rilasciare nell'Oceano Pacifico l'acqua contaminata fino ad oggi impiegata per raffreddare i reattori danneggiati dall'incidente nucleare di Fukushima.

Lo ha comunicato il premier Yoshihide Suga, confermando le anticipazioni della vigilia e malgrado la netta opposizione dell'opinione pubblica, dell'industria della pesca e dei rappresentanti dell'agricoltura locale. Suga ha incontrato i membri dell'esecutivo, incluso il ministro dell'Industria Hiroshi Kajiyama, per formalizzare la decisione, che arriva a 10 anni esatti dalla catastrofe del marzo 2011.

La manutenzione giornaliera della centrale di Fukushima Daiichi genera l'equivalente di 140 tonnellate di acqua contaminata, che - nonostante venga trattata negli impianti di bonifica, continua a contenere il trizio, un isotopo radioattivo dell'idrogeno. Poco più di 1.000 serbatoi si sono accumulati nella area adiacente all'impianto, l'equivalente di 1,25 milioni di tonnellate di liquido, e secondo il gestore della centrale, la Tokyo Electric Power (Tepco), le cisterne raggiungeranno la massima capacità consentita entro l'estate del 2022. Proteste contro lo sversamento dell'acqua in mare sono state espresse in passato anche dai paesi vicini, tra cui la Cina e la Corea del Sud. Nel febbraio dello scorso anno, durante una visita alla centrale, il direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), Rafael Grossi, aveva ammesso che il rilascio dell'acqua nell'Oceano Pacifico sarebbe in linea con gli standard internazionali dell'industria nucleare. Il triplice disastro di Fukushima è stato innescato dal terremoto di magnitudo 9 e il successivo tsunami, che ha provocato il surriscaldamento del combustibile nucleare, seguito dalla fusione del nocciolo all'interno dei reattori, a cui si accompagnarono le esplosioni di idrogeno e le emissioni di radiazioni. 

Cina e Corea del Sud hanno nuovamente criticato con forza il piano del Giappone, che ha rimarcato la sicurezza dell'operazione forte del sostegno dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) che ha definito la mossa simile allo smaltimento di acque reflue negli impianti nucleari in altre parti del mondo. Il processo, tuttavia, non inizierà probabilmente prima di diversi anni.

ANSA

giovedì 11 febbraio 2021

Marte 'affollato' sorprende con la sua acqua perduta. - Elisa Buson

Rappresentazione schematica del meccanismo alla base della 'fuga' di acqua dalla superficie di Marte, ricostruito grazie alla sonda Tgo (fonte: ESA)

 La missione europea ExoMars fiuta un nuovo gas e indizi sul clima.

Mai visto tanto 'traffico' su Marte: dopo l'arrivo della sonda emiratina Hope, anche la cinese Tianwen-1 è riuscita a inserirsi correttamente in orbita intorno al pianeta. La Cina diventa così la sesta potenza mondiale a raggiungere questo traguardo dopo Usa, ex Urss, Agenzia spaziale europea, India ed Emirati Arabi. Se le operazioni procederanno come previsto nei prossimi mesi, la Cina sarà anche la prima a dispiegare un orbiter, un lander e un rover in un'unica missione su Marte. La sfida è lanciata agli Stati Uniti, che il 18 febbraio, con la missione Mars 2020, proveranno a posare sulla superficie del pianeta il loro quinto rover, Perseverance, con l'obiettivo di riportare i primi campioni sulla Terra entro il 2031.

L'Europa, che sembrava destinata a rimanere alla finestra dopo il rinvio della sua nuova missione su Marte a causa di ritardi tecnici, torna invece a far sentire la sua voce con due importanti scoperte che gettano nuova luce sull'atmosfera del pianeta e i suoi cambiamenti climatici. Entrambe pubblicate sulla rivista Science Advances, portano la firma della sonda Tgo (Trace Gas Orbiter) di ExoMars, la missione congiunta dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa) e della russa Roscosmos già in orbita da oltre tre anni.

I suoi strumenti hanno permesso di rilevare la presenza di un gas mai visto prima nell'atmosfera di Marte: è il cloruro di idrogeno (HCl), probabilmente dovuto al sale marino fissato nella superficie polverosa del pianeta e liberato in aria durante la stagione calda. “Questo è il primo rilevamento di gas alogeno nell’atmosfera marziana e rappresenta un nuovo ciclo chimico da studiare”, afferma Kevin Olsen dell’Università di Oxford.

Il suo team ha individuato il gas per la prima volta durante la grande tempesta di polvere del 2018, osservandola comparire contemporaneamente sia nell’emisfero Nord che in quello Sud, e ha poi testimoniato la sua rapida sparizione al termine del periodo polveroso. Il gruppo sta già esaminando i dati raccolti durante la successiva stagione polverosa dove l’HC1 sembra già crescere di nuovo.

La sonda Tgo ha permesso inoltre di “esplorare l’atmosfera in 3D”, sottolinea Ann Carine Vandaele, responsabile dello strumento Nomad che ha studiato i movimenti del vapore acqueo e dell'acqua ‘semi-pesante’ (dove un atomo di idrogeno è sostituito da un atomo di deuterio, una forma di idrogeno con un neutrone in più).

I dati dimostrano che “Marte ha perso gran parte della sua acqua originaria, probabilmente a causa di meccanismi di trasporto ad alta quota come quelli osservati da Nomad, dove la molecola viene poi disgregata dai raggi ultravioletti solari e dispersa nello spazio”, spiega Giancarlo Bellucci, ricercatore dell'Istituto nazionale di astrofisica (Inaf ) e a capo del team scientifico italiano dello strumento Nomad. “Questi risultati – continua Bellucci - sono stati ottenuti grazie all’importante contributo dell’Agenzia spaziale italiana che ha supportato anche il gruppo italiano coinvolto nelle attività scientifiche dello strumento Nomad”.

I dati di ExoMars raccolti tra aprile 2018 e aprile 2019 hanno anche mostrato tre situazioni che hanno accelerato la perdita di acqua dall'atmosfera: la grande tempesta di polvere del 2018 che ha spazzato tutto il pianeta, una breve ma intensa tempesta regionale nel gennaio 2019 e il rilascio di acqua dalla calotta polare Sud durante i mesi estivi legati al cambiamento stagionale. Di particolare rilievo è un pennacchio di vapore acqueo ben evidente durante l'estate nell’emisfero meridionale di Marte, che potrebbe immettere vapore d’acqua negli strati superiori dell’atmosfera marziana con cadenza sia stagionale che annuale.

https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/spazio_astronomia/2021/02/11/marte-affollato-sorprende-con-la-sua-acqua-perduta-_6ccb3c44-fcbe-4d5c-886c-b39d379a368c.html

mercoledì 28 ottobre 2020

L’acqua come il petrolio: quotazione finanziaria e via libera alle speculazioni. - Giorgio De Girolamo (Fridays for Future)

 

Il Cme Group, in collaborazione con Nasdaq, ha annunciato la creazione del primo future al mondo su quello che dovrebbe essere un bene pubblico. Eppure il mercato è difficile (è un "materiale" che pesa e complicato da spostare) e limitato, per adesso in alcune valli della California. Come si può pensare di trarre profitto dall'“Oro blu”?

Principio primo della vita per Talete di Mileto, il primo dei filosofi, e diritto fondamentale per le Nazioni Unite dal 2010, l’acqua diventa anche la più preziosa e discutibile delle “commodity”: una materia prima con una sua quotazione finanziaria, come già sono oro e petrolio, e soggetta, quindi, alla legge della domanda e dell’offerta. Ma soprattutto nuova preda della speculazione finanziaria.

È il Cme Group che, in collaborazione con Nasdaq, ha annunciato la creazione del primo future al mondo sull’acqua. Il contratto, che debutterà nel quarto trimestre sulla piattaforma Globex, impiega come sottostante il Nasdaq Veles California Water Index, che rispecchia il prezzo dei diritti sull’acqua in California: un mercato da 1,1 miliardi di dollari, non causalmente inserito in una delle regioni del mondo negli ultimi anni più colpite da incendi e siccità.

L’evidenza dei limiti naturali, di cui è stata (ed è tuttora) tangibile metafora la pandemia di Covid-19, può aprire infatti a due reazioni diametralmente opposte: da un lato la presa di coscienza dell’importanza dei beni comuni e della loro equa ripartizione. Dall’altro, quella vantata, con tutta evidenza, dalla suddetta ultima frontiera della speculazione finanziaria, che nella scarsità di un bene essenziale non vede che l’ennesimo business da costruire.

Non c’è speculazione che non faccia alzare il prezzo di un dato prodotto. Tanto più quando questo è scarso e oggetto di un bisogno fondamentale. È retorico dire che senza acqua non c’è vita. Lo sanno bene gli abitanti di Città del Messico, dove spesso l’acqua costa più della Coca-Cola. E che spendono gran parte del proprio (magro, inutile dirlo) reddito per assicurarsi le forniture di acqua a domicilio attraverso autobotti quando la rete non funziona o dove la rete stessa non arriva.

L’iniziativa del Cme, inoltre, aspira a estendersi a livello internazionale, per diventare, a quanto dichiara, “una sorta di termometro in grado di segnalare il livello di allarme sull’acqua a livello globale”. Anche se più che un nobile interesse, sembra non essere altro che una maschera per celare una palpabile e immorale avidità.

“Ci sono poi anche dei problemi di natura tecnica e ingegneristica”, ci dice Edoardo Borgomeo, honorary research associate presso l’Università di Oxford e tra i massimi esperti di acqua a livello globale, il cui ultimo saggio, Oro Blu, storie di acqua e cambiamento climatico (Laterza, 2020), è un piccolo capolavoro di divulgazione scientifica. “In pratica è molto difficile fare trading dell’acqua, perché l’acqua è pesante e difficile da spostare, perché viene gestita localmente e perché le regole di gestione cambiano da luogo a luogo – prosegue – e non c’è un mercato globale dell’acqua, come esiste per il petrolio o la soia, e neanche un mercato regionale perché l’acqua non è facilmente trasferibile. Esiste un piccolo mercato in alcune valli della California dove l’acqua si può trasportare grazie alle infrastrutture, ma viste le dimensioni e il numero di attori coinvolti, non credo si possa parlare di un grande mercato”.

Al contempo però si vocifera anche che Michael Burry, divenuto celebre per aver scommesso (e vinto)  contro il fenomeno dei mutui subprime, abbia accumulato con altri speculatori terreni agricoli con annesse risorse idriche. Stavolta punterà sul precipitare della crisi climatica, la condizione più adatta per fare profitto con il prezzo dell’acqua.

Di acqua ce n’è molta sul nostro pianeta: circa il 70% della superficie terrestre è coperta di acqua. Ma per il 97% si tratta di acqua salata, utilizzabile solo se sottoposta a un processo costoso ed energivoro di desalinizzazione. Resta uno scarso 3%, di cui solo un terzo è considerato di facile accesso per l’uomo.

Inoltre siamo sempre di più a viverci, su questo Pianeta; e tutti, a ragione, vogliamo vivere meglio. L’equazione, fatta propria già da molti analisti, porterebbe alla certa previsione di futuri conflitti, molto più aspri ed estesi di quelli già in corso, con al centro la lotta per l’acqua. E conseguenti flussi migratori di misura sempre più ampia. Ma forse non è un tale catastrofismo malthusiano l’unica soluzione possibile. Ci sono fin troppi strumenti per collaborare a livello globale e contrastare la crisi climatica; anche dal fronte di quella idrica, che non è altro che una delle sue molteplici manifestazioni. Basterebbe usarli, metterli al centro di un interesse comune: che, ricordiamolo, non è l’interesse di tutti: bensì l’interesse dei molti (spesso poveri, affamati o assetati) che, appropriandosene, possono contrastare l’interesse dei pochi che tentano di opprimerli. A partire dagli speculatori del Cme. Perché dalla scarsità non si fanno solo profitti. Ma si possono anche costruire soluzioni per migliorare, senza aspettarsi alcun ritorno, quell’orto comune che ci ospita per il breve tempo di una vita.

https://mail.google.com/mail/u/0/?tab=wm&ogbl#inbox/FMfcgxwKjBRDwfKWqMDTWLNwtKQBlttC

lunedì 26 ottobre 2020

L'acqua sulla Luna c'è ed è più accessibile del previsto VIDEO

Scoperta utile per le future missioni.

L'acqua sulla Luna c'è per davvero e potrebbe essere più accessibile del previsto: la svolta per le future missioni umane arriva da due studi pubblicati sulla rivista Nature Astronomy. Il primo, coordinato dalla Nasa, dimostra la scoperta inequivocabile della 'firma' della molecola di acqua (H2O), rilevata per la prima volta sulla Luna dal telescopio volante Sofia. Il secondo studio, condotto dall'Università del Colorado, stima invece che oltre 40.000 chilometri quadrati di superficie lunare potrebbero intrappolare acqua sotto forma di ghiaccio in piccole cavità ombreggiate.



Ricerche precedenti avevano indicato la possibile presenza di acqua sulla superficie lunare, soprattutto vicino al polo Sud, ma gli strumenti usati per le rilevazioni non permettevano di distinguere se il segnale derivasse dalla molecola d'acqua H2O o dall'idrossile (OH) legato ai minerali. Il telescopio Sofia, montato a bordo di un Boeing 747, ha risolto il mistero analizzando lo spettro della Luna a una lunghezza d'onda di 6 micrometri a cui l'acqua non può più essere confusa con altro. "Aver visto la firma spettrale della molecola d'acqua è un grande passo avanti, perché ci permette finalmente di risolvere una questione aperta da anni", commenta Enrico Flamini, presidente della Scuola Internazionale di Ricerche per le Scienze Planetarie (IRSPS) presso l'Università di Chieti-Pescara.

I risultati delle analisi dimostrano che a latitudini più meridionali l'acqua è presente in abbondanza (circa 100-400 parti per milione), probabilmente sequestrata in matrici vetrose o rocciose. "Questo ci dice che la Luna potrebbe essere meno arida del previsto - aggiunge Flamini - ma non è ancora possibile stabilire quanta acqua ci sia e quanta sia utilizzabile: di certo questa scoperta ci aiuterà a pianificare meglio le future missioni". Più ottimisti i ricercatori dell'Università del Colorado, che col loro studio ipotizzano la presenza diffusa di 'trappole' d'acqua sulla superficie lunare: "se avessimo ragione - afferma Paul Hayne - l'acqua potrebbe essere più accessibile per ottenere acqua potabile, carburante per i razzi, tutto ciò per cui la Nasa ha bisogno di acqua".

https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/spazio_astronomia/2020/10/26/lacqua-sulla-luna-ce-ed-e-piu-accessibile-del-previsto-_3ade9d2e-65a3-4215-8ac6-58b8692f3940.html

domenica 16 agosto 2020

Acqua liquida sotto la superficie del pianeta nano Cerere.

Il cratere Occator su Cerere (fonte: NASA/JPL-CalTech/UCLA/MPS/DLR/IDA) ©
Il cratere Occator su Cerere (fonte: NASA/JPL-CalTech/UCLA/MPS/DLR/IDA)

Lo indicano i dati della sonda Dawn, Italia in prima fila.

Un vasto serbatoio di acqua salata allo stato liquido si nasconde sotto la superficie del più grande e celebre abitante della fascia di asteroidi, il pianeta nano Cerere. Lo indicano i dati della sonda Dawn della Nasa, raccolti nella seconda fase della missione (tra giugno e ottobre 2018) a soli 35 chilometri di distanza dalla superficie del cratere Occator. I risultati delle analisi sono pubblicati sulle riviste Nature Astronomy, Nature Geoscience e Nature Communications in una serie di sette articoli, di cui uno guidato dall'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e dall'Agenzia Spaziale Italiana (Asi).
Lo studio ha sfruttato lo spettrometro italiano Vir (promosso e finanziato dall'Asi e realizzato da Leonardo sotto la guida scientifica dell'Inaf) per studiare i minerali che compongono le macchie brillanti sulla superficie del cratere Occator, considerate prove tangibili di un antico oceano globale sotto la superficie di Cerere. Sulla sommità di Cerealia Facula (una recente e brillante struttura geologica al centro del cratere) è stata rilevata una miscela di diversi minerali che si formano in presenza di acqua liquida: in particolare il cloruro di sodio idrato, il comune sale con intorno numerose molecole di acqua. "Il cloruro di sodio idrato non è stabile alle condizioni della superficie di Cerere e perde rapidamente la parte idrata”, spiega la prima autrice dello studio, Maria Cristina De Sanctis dell'Inaf. "Il fatto di osservare oggi il sale idrato implica che il fluido contenente il sale è arrivato in superficie molto di recente o sta attualmente risalendo esponendosi sulla superficie".
De Sanctis e il collega Federico Tosi dell'Inaf di Roma hanno contribuito anche a un secondo studio che ha mappato il cratere scoprendo un mantello fatto di un materiale simile al fango ma ricco di 'sale', diffuso in depressioni e tumuli luminosi che indicano un processo di degassamento di sostanze volatili sul pianeta nano.

venerdì 17 luglio 2020

Bomba acqua a Palermo, Orlando: 'Al momento nessun morto'.

Vigili del Fuoco (Bomba d'acqua a Palermo) © ANSA

Il sindaco: 'Esprimo rammarico, condivisione e attenzione per quanto accaduto'.


"Esprimo rammarico, condivisione e attenzione per quanto accaduto ieri. Attendiamo conferme ma al momento non ci sono vittime". Lo ha detto il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, nel corso di una conferenza stampa, a palazzo delle Aquile, presenti l'assessore Maria Prestigiacomo, il comandante della Polizia municipale Vincenzo Messina, il presidente dell'Amap Alessandro Di Martino, all'indomani del nubifragio che si è abbattuto sul capoluogo siciliano creando pesanti disagi in tutta la città, soprattutto nella zona di viale Regione Siciliana, la circonvallazione.

La procura di Palermo sta valutando l'apertura di una indagine dopo la violenta alluvione che ieri ha messo in ginocchio la città. Decine di auto travolte dall'acqua o rimaste intrappolate nei sottopassaggi della circonvallazione allagati, strade trasformate in fiumi in piena, persone costrette a mettersi in salvo abbandonando le macchine sospinte via dalla pioggia. L'indagine dovrebbe accertare eventuali responsabilità nell'assenza di misure necessarie a prevenire e fronteggiare l'emergenza meteo che, dato non ancora confermato, potrebbe aver ucciso due persone.
Non ci sarebbero corpi nel sottopasso di via Leonardo da Vinci dove la bomba d'acqua di ieri ha intrappolato decine di auto. Le macchine, riferisce all'ANSA il capo della Protezione civile regionale Salvo Cocina, sono state tutte rimosse tranne una. Un'ispezione esterna avrebbe però escluso la presenza di cadaveri a bordo. "I vigili del fuoco - dice Cocina che ha partecipato a una riunione in Prefettura per il coordinamento dei soccorsi - hanno compiuto un grande lavoro per il ripristino della normalità. C'è ancora, nel punto più basso, meno di un metro d'acqua. Il tratto è stato accuratamente ispezionato e non ci sono tracce di persone o di cadaveri che eventualmente galleggerebbero. I lavori proseguono ma siamo ottimisti sull'assenza di vittime".

Oltre 300 interventi, molti dei quali ancora in corso, e lo sgombero di diverse abitazioni: è questo il bilancio dell'attività svolta da ieri a Palermo dai vigili del fuoco in seguito alla bomba d'acqua che si è abbattuta sulla città e che ha messo a dura prova tutte le squadre in servizio al comando provinciale. I pompieri hanno fatto evacuare diverse palazzine a rischio di crollo tra via Marabitti e via Spedalieri. In alcuni edifici sono presenti delle crepe vistose all'esterno e i residenti non sono riusciti a chiudere le porte d'ingresso.

Le squadre dei vigili del fuoco, coordinate dal comandante provinciale Agatino Carrolo, sono impegnate oltre che nei sottopassi di viale Regione Siciliana, dove un testimone ha segnalato che due persone sarebbero rimaste intrappolate all'interno dell'abitacolo di un'auto sommersa dall'acqua e dai detriti, anche nella zona di Baida dove un torrente di acqua e fango ha trascinato diverse vetture per centinaia di metri.

Fino ad ora agli organi di polizia non è stata presentata alcuna denuncia di scomparsa. Il "giallo" potrà essere risolto solo in seguito al dragaggio completo dell'acqua e all'ispezione delle auto.

venerdì 1 novembre 2019

Sulla cometa Borisov c'è acqua, e la nostra conoscenza dello spazio migliora.



C‘è acqua sulla cometa interstellare Borisov.  Si tratta di una scoperta molto importante che documenta la presenza di acqua nel nostro Sistema Solare proveniente dall’esterno di esso. La Cometa Borisov infatti è il secondo oggetto documentato che proviene dallo spazio esterno al nostro Sistema Solare e ora si scopre essere ricca d’acqua. A scoprirlo un gruppo di ricercatori guidato da Adam McKay, un astronomo del Goddard Space Flight Center della NASA a Greenbelt, nel Maryland, che ha riportato la scoperta il 28 ottobre sul server di prestampa arXiv. 

"C'è acqua, è bello, è fantastico", afferma Olivier Hainaut, astronomo all'Osservatorio europeo meridionale di Garching, in Germania. La scoperta non è sorprendente, dice, perché la maggior parte delle comete contiene molta acqua. Ma confermare la sua presenza in una cometa interstellare è un passo importante verso la comprensione di come l'acqua potrebbe viaggiare tra le stelle.

Gli astronomi seguono avidamente  la Cometa Borisov sin dalla sua scoperta il 30 agosto perché la sua traiettoria mostra che proviene dallo spazio profondo, non dal sistema solare esterno, come fanno la maggior parte delle comete. Borisov si sarebbe formata attorno a una stella distante e sconosciuta. Miliardi di anni fa qualcosa doveva averla espulsa dall'orbita e averla mandata qui. È il secondo oggetto interstellare mai scoperto, dopo Oumuamua del 2017.

La Cometa Borisov sorvolerà il Sole all'inizio di dicembre. Mentre si avvicina, il calore del Sole riscalda la cometa e fa schizzare il suo nucleo ghiacciato di gas e polvere. Gli astronomi si aspettano di vedere più segni di acqua e altre molecole che ne escono nelle prossime settimane.

https://www.msn.com/it-it/notizie/other/sulla-cometa-borisov-c%C3%A8-acqua-e-la-nostra-conoscenza-dello-spazio-migliora/ar-AAJFPQd?li=BBqg6Qc

giovedì 12 settembre 2019

Scoperta acqua su un pianeta simile alla Terra. - Enrica Battifoglia



Potenzialmente abitabile, dista 110 anni luce.

C'è acqua nell'atmosfera di un pianeta che si trova a 110 anni luce dalla Terra e che ruota intorno a una stella più piccola e fredda del Sole alla distanza ideale per avere una temperatura che permetta all'acqua di essere allo stato liquido e, forse, per poter ospitare la vita. La scoperta è una prima assoluta e ricca di promesse: potrebbe essere solo l'inizio della capacità di trovare molti altri mondi simili. Pubblicata sula rivista Nature Astronomy, la scoperta è del gruppo dell'University College di Londra di cui fanno parte Angelos Tsiaras, l'italiana Giovanna Tinetti e Ingo Waldmann.
Il pianeta si chiama K2-18 b ed era stato scoperto nel 2015 dal telescopio spaziale Kepler della Nasa. E' una delle centinaia delle cosiddette super-Terre, ossia pianeti con una massa compresa fra quelle della Terra e di Nettuno. La sua massa è infatti otto volte superiore a quella del nostro e al momento è l'unico pianeta esterno al Sistema Solare ad avere sia acqua, sia temperature che potrebbero sostenere la vita. La sua stella, K2-18, è una nana rossa molto attiva, tanto che il pianeta K2-18 b potrebbe essere esposto a molte radiazioni e avere perciò un ambiente più difficile rispetto a quello terrestre.
I ricercatori ne hanno ricostruito le caratteristiche dell'atmosfera grazie ai dati acquisiti nel 2016 e nel 2017 dal telescopio spaziale Hubble, gestito da Agenzia Spaziale Europea (Esa) e Nasa. Quindi hanno sviluppato algoritmi con cui hanno analizzato la luce della stella filtrata dall'atmosfera e così hanno trovato la firma molecolare dell'acqua, accanto a quelle di idrogeno ed elio. Non si esclude che nell'atmosfera di K2-18 b possano esserci anche azoto e metano. Saranno necessarie ulteriori osservazioni per capire se ci sono nuvole e per calcolare la percentuale di acqua presente nell'atmosfera.
C'è ancora tanto lavoro da fare, ma il traguardo raggiunto è fuori discussione e "incredibilmente eccitante", ha detto Tsiaras. "K2-18 b non è un gemello della Terra - ha aggiunto - in quanto è significativamente più pesante e ha una composizione atmosferica diversa. Tuttavia ci aiuta a rispondere alla domanda fondamentale: la Terra è unica?". Senza dubbio si apre "una nuova era nella ricerca sugli esopianeti" e, come ha rilevato Tinetti, K2-18 b diventa "uno dei pianeti più interessanti per gli studi futuri.
Ad oggi sono stati rilevati oltre 4.000 pianeti extrasolari ma non sappiamo molto sulla loro composizione e natura. Osservando un ampio campione di pianeti, speriamo di scoprire come si formano e come evolvono i pianeti della nostra galassia". Anche Waldmann è convinto che "questa sia la prima scoperta di molti pianeti potenzialmente abitabili. Questo non solo perché le super-Terre come K2-18 b sono i pianeti più comuni nella nostra galassia, ma anche perché le nane rosse sono le stelle più numerose". Protagonisti della nuova caccia ai pianeti potenzialmente abitabili che si è appena aperta sanno i futuri telescopi spaziali, come il James Webb di Nasa, Esa e agenzia spaziale canadese Csa, e la missione Ariel dell'Esa, coordinata da Giovanna Tinetti.

domenica 14 aprile 2019

Possibile la vita sul pianeta della stella più vicina.

Rappresentazione artistica del pianeta roccioso Proxima b vicino alla sua stella, Proxima Centauri, a 4,5 anni luce dalla Terra (fonte: Jack O’Malley-James/Cornell University) © Ansa
Rappresentazione artistica del pianeta roccioso Proxima b vicino alla sua stella, Proxima Centauri, a 4,5 anni luce dalla Terra (fonte: Jack O’Malley-James/Cornell University)

Su Proxima b i raggi Uv meno violenti che sulla Terra primitiva.


Potrebbe avere le condizioni per ospitare la vita il pianeta roccioso Proxima b, che ruota intorno alla stella più vicina a noi, Proxima Centauri, distante solo 4,5 anni luce dal Sistema Solare. La pioggia di raggi ultravioletti (Uv) alla quale è esposto è infatti inferiore a quella subita dalla Terra primitiva nel periodo in cui la vita cominciava a evolversi, quasi 4 miliardi di anni fa. È quanto emerge dallo studio pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society dal gruppo della Cornell University americana.
Il nuovo risultato arriva dopo l'ipotesi che inizialmente aveva escluso la possibilità di vita su Proxima b a causa di una gigantesca eruzione solare avvenuta sulla sua stella e, in seguito, rivista dopo che la Nasa aveva scoperto acqua nell'atmosfera del pianeta. 
Utilizzando modelli al computer, il gruppo guidato da Lisa Kaltenegger e Jack O’Malley-James ha ricostruito il bombardamento di raggi Uv che subiscono Proxima b e altri pianeti esterni al Sistema Solare. "Si tratta di pianeti che orbitano intorno alle cosiddette nane rosse, stelle piccole e relativamente fredde, le più diffuse dell’universo. Queste stelle - spiegano i ricercatori - bombardano continuamente i pianeti vicini con radiazioni ultraviolette, più di quanto non faccia il nostro Sole con la Terra".
I ricercatori hanno analizzato il tasso di sopravvivenza a dosi crescenti di raggi Uv di batteri terrestri, i cosiddetti estremofili, in grado cioè di sopravvivere in condizioni estreme, come in presenza di radiazioni. Hanno poi confrontato i loro dati con le condizioni presenti sulla Terra circa 4 miliardi di anni fa, quando ancora la sua atmosfera era priva di ossigeno e ozono, e quindi più esposta ai raggi Uv. La conclusione è che "questo bombardamento di raggi Uv non dovrebbe essere un fattore limitante per l’abitabilità di pianeti che orbitano intorno a stelle come le nane rosse".