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mercoledì 25 agosto 2021

Consumo di acqua: chiudere i rubinetti è utile, ma il grande spreco viene dal cibo. - Elisabetta Ambrosi

 

In Italia il consumo procapite supera i duecento litri a testa al giorno e il Paese è in debito idrico. Dalla doccia allo sciacquone, sono molte le soluzioni pratiche e poco invasive che si possono adottare. Però il gesto più urgente è modificare le abitudini alimentari.

Ormai ci viene ripetuto su ogni fronte: mai lasciare aperto il lavandino mentre ci laviamo i denti, niente bagno nella vasca, fate la doccia. Insomma dobbiamo risparmiare l’acqua, riducendo il consumo individuale il più possibile. Ma per prendere sul serio la battaglia contro il consumo idrico, è fondamentale capire perché è davvero necessaria. Se il ciclo dell’acqua è circolare, infatti, come ci insegnano nei libri di scuola, perché allora dovremmo risparmiarla? Lo abbiamo chiesto a Emanuele Bompan, giornalista ambientale esperto, tra l’altro, proprio del tema idrico e autore del libro Atlante geopolitico dell’acqua (Hoepli 2019). “In realtà – spiega – l’acqua è una risorsa finita e soprattutto variabile. Il problema sono i cambiamenti climatici: fermo restando che lo scioglimento dei ghiacciai produce una diminuzione dell’acqua dolce, che viene contaminata da quella salata, il riscaldamento globale fa sì che in alcuni posti l’acqua diventi più abbondante, a causa di delle maggiori precipitazioni, in altre diventi sempre più scarsa”. Come ci ha confermato l’ultimo rapporto dell’Ipcc, continua Bompan, “la crisi climatica ha prodotto variazioni del ‘global cycle water’, anche a causa di un aumento dell’evaporazione dovuta al calore e alla deforestazione”. L’Italia, di fatto, consuma più acqua di quanta non ne riceva dalle precipitazioni e lo fa affaticando le falde acquifere, anche a causa di un consumo procapite molto elevato, oltre duecento litri al giorno a testa. Torniamo così al risparmio di acqua, che alla luce di questo appare sensato e urgente.

Quel rubinetto che perde vale un laghetto.

Il consiglio più diffuso è quello di chiudere l’acqua mentre ci si lava i denti, ma lo stesso vale mentre ci si fa la barba e pure se ci si mette lo shampoo sui capelli sotto la doccia. Fare la doccia invece del bagno è un altro consiglio ovvio ma importante, sono cento litri di acqua risparmiati (d’altronde lavarci rappresenta il 40% dell’acqua consumata in casa). Se però non riuscite a fare a meno di un bagno ogni tanto, usate la stessa acqua per tutta la famiglia, oggi non siamo certo sporchi come minatori e si può fare senza problemi. Un capitolo importante è quello dello sciacquone, che rappresenta il 20% dei nostri consumi: ormai davvero è assurdo avere un pulsante indifferenziato, visto che utilizzarne uno a flusso differenziato consente infatti di risparmiare fino a 30.000 litri all’anno. Non avete i soldi o la possibilità di cambiarlo? A parte che fino a dicembre è possibile usufruire di un bonus per gli sciacquoni che utilizzano fino a un massimo di 6 litri d’acqua, esiste anche un vecchio trucco: mettete una bottiglia piena di acqua nella cassetta, ridurrà il volume di acqua scaricata. Un’altra fonte di vero scialo idrico è rappresentata dalle perdite dei rubinetti: se una goccia vi sembra poco considerate che 90 gocce al minuto fanno 4.000 litri all’anno. Sul fronte rubinetti si possono fare vari interventi: riparare le perdite, anzitutto, installare un riduttore di flusso sui rubinetti, che vi garantirà un risparmio idrico del 50% (circa 6.000 litri in meno all’anno), mentre un piccolo miscelatore farà mescolare acqua calda e fredda in maniera molto rapida e veloce. Esistono infine anche limitatori di pressione, vaporizzatori e rubinetti fotocellula che chiudono automaticamente il flusso d’acqua quando non serve. Anche su questo fronte, si può utilizzare ancora per qualche mese il bonus governativo per gli apparecchi di rubinetteria a limitazione di flusso d’acqua.

Le buone pratiche comunque non si fermano qui: l’utilizzo dell’acqua della bollitura della pasta può essere utile per lavare i piatti se non avete la lavastoviglie (che va sempre mandata piena, ma proprio piena). Anche lavare le verdure comporta un grande impiego di acqua: invece che sciacquarle nel lavandino, meglio pulirle dentro una bacinella e usare l’acqua per innaffiare le piante. Piante che è comunque meglio irrigare la sera – magari con l’acqua ricavata dai condizionatori, ottima anche per il ferro da stiro – perché l’acqua evapora meno. Altri consigli sparsi riguardano l’utilizzo degli elettrodomestici a pieno carico e di classe A+, con un risparmio di acqua fino al 50%, lo scongelamento degli alimenti in un contenitore invece che sotto l’acqua corrente, l’impiego di una coperta galleggiante per evitare l’evaporazione – e risparmiare da 1.000 a 4.000 litri di acqua al mese – nel caso fortunato in cui abbiate una piscina.

Inutile fare la doccia ma poi mangiare una bistecca.

Una pratica davvero utile sarebbe il recupero dell’acqua piovana, che dovrebbe diventare una regola per tutti, visto che la sola acqua piovana potrebbe coprire il 50% dell’acqua usata in casa ed è acqua priva di calcare. Si può fare con i classi secchi ma anche con impianti più complessi, come serbatoi di accumulo sia interrati che fuori terra, che prevedono filtrazione dell’acqua dalla sporcizia. Ultima regola d’oro, banale ma poco praticata è quella di controllare regolarmente il contatore facendo attenzione ai consumi e ad eventuali perdite, per evitare sprechi e insieme non rischiare bollette salatissime, perché l’azienda partecipata locale non vi farà certo sconti per il fatto che non ve ne siete accorti.

Tutti questi consigli sono validi ma rischiano di essere inutili se non si tiene sotto controllo una cosa fondamentale: la nostra impronta idrica, in particolare quella dei cibi che si consumano. In altre parole, potrebbe essere inutile farsi una doccia di pochi secondi se poi si mangia una bistecca la cui produzione richiede migliaia di litri (su www.waterfootprint.org potete controllare quanta acqua serve per il cibo che mangiate). Lo stesso vale per tutti i prodotti che compriamo, “sui quali in teoria dovrebbe essere spiegata con chiarezza, oltre l’impronta carbonica e sociale, anche quella idrica”, spiega sempre Bompan. In assenza di etichetta, scegliere prodotti a chilometro zero, ridurre i consumi di prodotti industriali e gli spostamenti, optare per il riuso sono tutti comportamenti che riducono il consumo di acqua. Insomma: l’acqua consumata non è solo quella che si vede, perché la produzione di qualsiasi cosa la richiede. E allora ben venga lo sciacquone differenziato, a patto poi di non mangiare, o utilizzare, cibi e oggetti fortemente idrovori, fermo restando che ogni comportamento esemplare in casa vale anche per l’educazione dei vostri bambini. I quali certamente non avranno da adulti a disposizione l’acqua che voi avete avuto (il flusso continuo e senza regole sarà un ricordo, al pari dello sciacquone riempito con acqua potabile). Meglio dunque abituarli subito, in modo che vivere in una società con l’acqua controllata, se non razionata, non sarà troppo frustrante per loro.

ILFQ

mercoledì 9 ottobre 2019

Taglio parlamentari = 2 caffè per ogni italiano


Il risparmio degli italiani per il taglio dei parlamentari equivale al costo di due caffè? Li berremo molto volentieri!
🤓🥳Cetta

lunedì 9 settembre 2019

BTp, la frenata dei tassi regala al governo M5S-Pd un bonus da 15 miliardi. - Maximilian Cellino



La brusca retromarcia effettuata dal mercato venerdì pomeriggio e legata alle nuove tensioni fra Pd e M5S sulla formazione del Governo, che in Europa ha fatto chiudere in ribasso la sola Piazza Affari (-0,35%) e riportato lo spread fra Btp e Bund a 170 punti base, non riesce almeno per il momento a cancellare i passi avanti messi a segno dalla Borsa milanese e dai titoli di Stato italiani dal momento in cui è iniziata la trattativa per creare un nuovo esecutivo e scongiurare l’ipotesi di elezioni in autunno. E con un debito pubblico che a giugno sfiorava ormai i 2.400 miliardi di euro è logico e immediato guardare a questi progressi, che si possono trasformare in preziosi risparmi per le casse dello Stato e quindi in denaro da destinare altrove.

Con le ultime aste in cassa già oltre 600 milioni.

L’esempio lo si è avuto proprio questa settimana, durante la quale il Tesoro ha potuto emettere titoli a medio-lungo termine per 9,25 miliardi di euro (4 miliardi dei quali per il nuovo BTp a 10 anni) spendendo meno di quanto fosse ipotizzabile qualche settimana fa o di quanto si è fatto da inizio anno. Se per esempio si fossero effettuate il 9 agosto, giorno del picco dei rendimenti dei titoli italiani (e dello spread) all’indomani dello stop al primo governo Conte decretato dall’ex vice premier, Matteo Salvini, le stesse operazioni sarebbero costate nel complesso (considerando cioè l’intera vita residua del debito collocato) ben 600 milioni in più.
Dai risparmi potenziali per fine anno...
La vicenda si fa decisamente più interessante quando viene proiettata sul futuro, ma qui si entra inevitabilmente nel mondo delle ipotesi e delle congetture. Da qui a fine anno, per esempio, secondo le stime di UniCredit Research, al Tesoro italiano resterebbero ancora da collocare titoli a medio-lungo termine per poco meno di 69 miliardi: una fetta residua dell’ammontare lordo che sarà offerto agli investitori quest’anno, pari a circa 250 miliardi e che finora è stato coperto per quasi il 73 per cento. Qualora il livello dei tassi si mantenesse ai livelli di ieri (ma qui, ovviamente, entriamo nel mondo dei «se») attraverso le operazioni che restano da compiere nel 2019 il Tesoro potrebbe risparmiare ben 4 miliardi rispetto a quanto sarebbe stato costretto a pagare ai debitori conducendo quelle stesse aste ai tassi della seconda settimana di agosto.
... alla «mezza finanziaria» che spunterebbe nel 2020.
Proiettando ancora in avanti prossimo la medesima analisi è anche possibile ipotizzare che nel 2020 - nel caso le emissioni lorde si confermassero sui livelli complessivi di quest’anno, in base ai valori attuali dei tassi e quando si tiene conto che la scadenza residua del nostro debito si avvicina ai 7 anni - il «bonus» potrebbe addirittura sfiorare i 15 miliardi: oltre la metà di quanto, per fare un esempio che in questi giorni viene sempre più spesso tirato in ballo, sarebbe necessario raccogliere per non far scattare le clausole di salvaguardia e il nefasto aumento dell’Iva. Oppure, se si preferisce, più o meno l’ammontare minimo che, come ricordato su Il Sole 24 Ore di venerdì, potrebbe alla fine essere necessario per condurre in porto la Manovra nel caso di un ipotetico «sconto» da parte della Commissione Ue.
I paragoni con le fasi più tese per lo spread.
Certo, spostando i termini di paragone i potenziali risparmi del Tesoro sono destinati a lievitare: salirebbero per esempio a oltre 40 miliardi se si fa il confronto con i rendimenti massimi toccati dai BTp durante le fasi concitate della formazione del precedente governo nel maggio 2018 e sfiorerebbero addirittura i 50 miliardi se ci si riferisce ai tempi del duello con la Commissione Ue sulla Legge di Bilancio dello scorso autunno. La sostanza però non cambia: tassi più bassi equivalgono a un vantaggio per i nostri conti pubblici e possono liberare preziose risorse da impiegare altrove.
Attenzione al riemergere del rischio politico
Resta tuttavia da vedere se queste proiezioni si trasformeranno in realtà o meno, e qui l’andamento futuro dei tassi resta un’incognita. Parlando in generale si può immaginare che l’atteggiamento ultra-espansivo sul quale tenderà a riportarsi la Bce da settembre continuerà a esercitare l’effetto di una calamita in grado di attrarre verso il basso i rendimenti. Nel caso specifico dei titoli italiani è inoltre possibile appiattire ulteriormente quella sorta di «cuscinetto» rappresentato dallo spread, per andare magari a riavvicinare i tassi di Spagna e Portogallo ormai prossimi a zero anche sul decennale. Esiste però anche il pericolo opposto, quello cioè di veder gonfiare di nuovo il differenziale per un ritorno di fiamma del rischio politico. Se avessimo effettuato lo stesso calcolo ai tassi registrati nelle ultime ore della seduta di venerdì, il bonus sul 2020 si sarebbe già ridotto di circa un miliardo: più che un avvertimento da parte dei mercati.

domenica 12 maggio 2019

Da Pioneer a Kairos, 130 miliardi di risparmi italiani finiti in mani estere. - Maximilian Cellino



Banca Leonardo, Kairòs, ma soprattutto Pioneer. Fa una certa impressione ricordare gli asset manager italiani passati nelle mani di grandi operatori stranieri negli ultimi tre anni: se mettiamo insieme le masse da loro gestite fanno oltre 130 miliardi di euro di quella ricchezza privata che resta tutto sommato uno dei rari fiori all’occhiello che il nostro Paese possa vantare sotto l’aspetto finanziario. Con l’operazione avviata da UniCredit c’è chi inizia a temere che FinecoBank, con i suoi 74,1 miliardi di patrimonio e i 244 milioni di utili realizzati nel 2018 (62,6 milioni nell’ultimo trimestre, annunciato proprio ieri), possa essere la prossima «preda» candidata ad allungare la lista.
Il fatto che il risparmio degli italiani sia in grado di far gola un po’ a tutti all’estero non rappresenta certo una sorpresa. «Nel nostro Paese la ricchezza privata ammonta a circa 10mila miliardi, ma la parte interessante per gli operatori stranieri è rappresentata dalla componente di liquidità che resta depositata sui conti correnti e da quella legata al risparmio amministrato, che insieme valgono fra i 2.500 e i 3mila miliardi, denaro che si punta a spostare verso prodotti di risparmio gestito», spiega infatti Mauro Panebianco, Asset & Wealth Management Advisory Emea Leader e Partner di PwC. In una fase in cui i tassi di interesse resteranno vicini allo zero ancora a lungo non sembrano in effetti esistere alternative: per la clientela se si parla di rendimenti, e neppure per le banche che ambiscono a mantenere un barlume di redditività nei bilanci.
E non è neanche un mistero che FinecoBank rappresenti una realtà da sempre ammirata da chi risiede al di fuori dei nostri confini, non soltanto in Europa, e portata altrettanto spesso come esempio sia per il proprio modello di business - che probabilmente rappresenta un unicum anche nel panorama internazionale - sia di conseguenza per i risultati solidi che è in grado di ottenere con costanza nei più svariati scenario di mercato. Il legame con UniCredit, destinato probabilmente a sciogliersi una volta per tutte in un futuro che non appare poi non così distante, ha in questo contesto rappresentato un vantaggio, ma al tempo stesso anche un limite per la stessa controllata.
Se l’indipendenza di cui ha potuto godere la dirigenza di Fineco nell’assumere scelte chiave per lo sviluppo si è infatti rivelata un elemento fondamentale per il successo, riconosciuto dallo stesso a.d. Alessandro Foti, l’enorme ammontare di obbligazioni targate UniCredit in portafoglio è invece spesso finito nel mirino degli analisti come elemento in grado di zavorrare le quotazioni del titolo e tale da scoraggiare le mire dei predatori interessati. La soluzione raggiunta ieri pone con tutta probabilità fine al dilemma, consegna al mercato una vera public company e allontana (forse) un’altra fetta di ricchezza dall’Italia.

sabato 7 ottobre 2017

Riscaldare casa con 20 euro l’anno: ora è possibile

Pagare il riscaldamento solo 20 euro all’anno? Si può, almeno secondo un ingegnere italiano.



Riscaldare casa con 20 euro l’anno: ora è possibile
Riscaldare casa con 20 euro l’anno: ora è possibile – Pagare il riscaldamento solo 20 euro all’anno? Si può, almeno secondo Andrea Rossi, l’ingegnere che ha inventato l’E-cat, il reattore che promette di realizzare la fusione fredda. Una sola cartuccia riciclabile a base di polvere di nichel e “il risparmio è assicurato”. Miracolo o illusione? Grazie a questo dispositivo chiunque dovrebbe presto essere in grado di aggiungere al proprio riscaldamento centralizzato esistente un dispositivo rivoluzionario da 400 a 500 euro con cui riscaldare la casa con una sola cartuccia riciclabile a base di polvere di nichel. Risultato stimato? Riscaldamento annuale a 20 euro all’anno. L’ingegnere Andrea Rossi ha tagliato il prezzo del macchinario per irrompere in maniera decisa sul mercato con l’intenzione di avviare un commercio su larga scala.
L’E-cat, secondo il suo inventore, sarà un macchinario a costo praticamente zero e senza pericoli di inquinamento. Ecco le caratteristiche descritte dal suo inventore: “L’impianto Ecat da 1 Mw produce energia attraverso il cosiddetto processo di fusione fredda. Non avviene alcuna combustione; al contrario, nichel e idrogeno si fondono assieme per produrre rame. Per unità di peso, il processo è almeno 100mila volte più efficiente di ogni processo di combustione noto”.
Ma c’è anche chi ha dei dubbi, in particolare sui dettagli di questa invenzione e sulle modalità con cui riuscirà a raggiungere questi risultati. Di certo, se fosse tutto confermato, si tratterebbe di un’innovazione straordinaria con la quale poter risparmiare molti soldi. E in tempi di crisi non sarebbe mica male…

venerdì 15 luglio 2016

CHI CREA IL DENARO CHE USIAMO? - Fabio Conditi



Da qualche mese il sistema bancario è sotto l'occhio del ciclone, le persone hanno cominciato a rendersi conto che nel bene e nel male, è lì che si annidano molti dei problemi che abbiamo, ma nessuno capisce perché.
La questione ha cominciato a chiarirsi soprattutto quando per la prima volta nel 2012, Sir Marvyn King, Governatore della Bank of England, ha ammesso che nella creazione di denaro, il ruolo di gran lunga maggiore viene svolto dalle banche private, e non, come è scritto in molti testi di macroeconomia, dalle Banche Centrali.

Questo fatto sarebbe stato evidente a tutti, se solo si fossero analizzati i dati forniti da anni dalle principali Banche Centrali del mondo occidentale, perché, come abbiamo spiegato nel nostro precedente articolo su Comedonchisciotte che trovate QUI, più del 90% di tutta la moneta che usiamo è creata dal nulla dal sistema bancario attraverso i prestiti.

Quando faccio questa affermazione, la maggior parte delle persone mi chiedono : ma allora, se la banca crea il denaro dal nulla, come fa a fallire ?
Se vogliamo cominciare a fare un po’ di chiarezza, dobbiamo prima chiederci : che cos’è una banca ? Ci sono tre modelli che vengono in mente quando pensiamo ad una banca. Il primo è quello che ci è stato inculcato fin da piccoli, l'idea che la banca sia una sorta di salvadanaio all'interno del quale possiamo depositare i nostri soldi, al fine di accumularli in vista di un possibile utilizzo futuro.



Oggi devo dire che questa idea è stata messa a dura prova dalle ultime vicende bancarie, perché tutti i provvedimenti che sono stati adottati hanno reso sempre più rischiosi i depositi di denaro presso una banca, ma nonostante tutto il conto corrente venga ancora percepito dalle persone come il luogo dove sono custoditi i nostri risparmi.

Il secondo modello è quello che viene fornito dalla Banca d'Italia, che definisce le banche come "Intermediari", sostenendo che : "Nell'ordinamento italiano l'attività bancaria consiste nell'esercizio congiunto della raccolta di risparmio e di fondi liquidi tra il pubblico e della concessione del credito." Questa definizione delle banche è ancora più errata e rimane una delle convinzioni più radicate nell’immaginario collettivo, su come viene gestito il denaro all'interno del sistema bancario : la maggior parte delle persone è convinta che la banca presti solamente il denaro ricevuto in deposito dai clienti.

Il terzo e ultimo modello ci viene fornito dai testi universitari e si è radicato nella testa di molti esperti economici, oltre che di diversi "sovranisti monetari". Secondo questo modello la banca sarebbe un sorta di “moltiplicatore di moneta”, cioè è in grado di creare denaro attraverso un meccanismo chiamato "riserva frazionaria", che funziona in questo modo : supponiamo che io depositi presso una banca 100 euro, la banca dovendo garantire la cambiabilità di quel deposito in moneta contante, accantona il 10% come riserva (da qui deriva il nome di "riserva frazionaria") e presta i rimanenti 90 euro, che andranno a costituire un'altro deposito in banca. Anche su quest'ultimo la banca effettua una riserva del 10%, pari a 9 euro e presta i rimanenti 81 euro, e così via fino ad esaurimento degli euro rimanenti. Si può facilmente dimostrare che alla fine di tutti i passaggi, i 100 euro iniziali hanno prodotto depositi per 1.000 euro, cioè 10 volte i contanti iniziali. Ovviamente se la percentuale di riserva sale al 20%, si può facilmente verificare che il moltiplicatore monetario scende a 20, mentre se scende al 5% il moltiplicatore sale a 20, cioè è sempre inversamente proporzionale alla percentuale di riserva.

Nella realtà, nessuno di questi tre modelli rappresenta il funzionamento del sistema bancario moderno, perché le funzioni di deposito e prestito sono oggi totalmente separate ed indipendenti. La banca può prestare denaro creandolo letteralmente dal nulla quando gli viene chiesto un prestito, senza che debba prenderlo da qualche parte. Prima di vedere come viene creato il denaro attraverso il prestito, analizziamo cosa succede quando depositiamo 1.000 euro in contanti nel nostro conto corrente.



Ricordiamo un fatto importantissimo e cioè che la moneta bancaria altro non è che un debito della banca nei confronti del cliente, in base all'art.1834 del c.c. che recita : "Nei depositi di una somma di danaro presso una banca, questa ne acquista la proprietà ed è obbligata a restituirla nella stessa specie monetaria, …, a richiesta del depositante". Quindi la banca in realtà crea una sorta di cambiale, con la quale però noi possiamo comprare qualsiasi bene o servizio, in quanto è accettata da tutti come fosse denaro contante. Tutto è basato sulla constatazione pratica che la maggior parte delle persone preferisce utilizzare (anche perché oggi costretta!) la moneta elettronica senza cambiarla quasi mai in contanti.
Quindi quando Tizio deposita 1.000 euro in contanti presso una banca, questa diventa proprietaria dei contanti, che mette nell’attivo del suo bilancio, e contemporaneamente crea un conto corrente a nome di Tizio, nel quale scrive la cifra di 1.000 euro. Da quel momento Tizio utilizzerà la moneta elettronica anziché i contanti, a meno che non decida di ritrasformare la moneta elettronica in contanti, ma questo come abbiamo già detto non avviene quasi mai.

L'importante è aver capito la vera natura della moneta bancaria, che è semplicemente una promessa di pagamento, la quale però non viene quasi mai restituita per essere cambiata, per cui la banca può tenere al suo interno solo una sempre più piccola quantità di contanti per garantire la cambiabilità nei soli e rari casi in cui questa richiesta venga effettuata.
Ma allora cosa succede quando Caio va in banca a chiedere un prestito di 100.000 euro per acquistare una casa da Sempronio ? Per semplicità facciamo l’ipotesi che Sempronio abbia un conto corrente presso la stessa banca di Caio, tratteremo un’altra volta il caso ben più frequente nel quale le due banche sono diverse, perché saremmo costretti a spiegare come avvengono i pagamenti tra le banche, che complica il discorso senza però cambiarne la sostanza.



Quando la banca concede il prestito, non fa altro che scrivere la cifra di 100.000 euro sul conto corrente di Caio, con la quale potrà essere comprata la casa di Sempronio, ma in cambio chiede la firma di un contratto di mutuo con ipoteche reali sul bene acquistato. In questo modo la banca ottiene un documento scritto che gli certifica che la cifra creata dal nulla e prestata a Caio, sarà da lui restituita con gli interessi, e questo gli permette di inserire questo contratto nel proprio attivo di bilancio, a garanzia del passivo creato con il prestito. In pratica è Caio stesso che dà le garanzie alla banca per creare quel denaro dal nulla, ma nonostante ciò è costretto comunque a pagare interessi alla banca.

Al compromesso questo passivo passerà dal conto corrente di Caio a quello di Sempronio, che abbiamo detto si trovano entrambi nella stessa banca, permettendo il trasferimento di proprietà della casa. In realtà Caio non ha ricevuto denaro contante, ma solo una promessa di pagamento in contanti, che ha poi girato a Sempronio, il quale anch’esso probabilmente non la incasserà mai, preferendo tenerla depositata presso la banca in forma elettronica, cioè nella forma di promessa di pagamento in contanti.

Quindi la banca crea delle promesse di pagamento in contanti che in realtà, se non ci fossero le leggi ad impedire l'utilizzo dei contanti, non riuscirebbe a mantenere perché non ha contanti a sufficienza per cambiare tutti i depositi che crea.

Ora, cosa succede se Caio non restituisce il debito che ha contratto ? La banca rimane sempre debitrice verso Sempronio di 100.000 euro, che ha ricevuto questa promessa al rogito notarile di vendita della sua casa, ma questo fatto non è un problema per la banca se ha l’assoluta certezza che Caio restituirà il capitale più gli interessi. Ma se Caio smette di pagare il debito che ha contratto, la banca dovrà onorare di tasca propria il debito di 100.000 euro che Caio ha trasferito a Sempronio, per cui dovrà mettere all’asta la casa acquistata da Caio per recuperare una parte di quel debito.

Ci sono ovviamente dei requisiti, fissati dalle leggi bancarie, che la banca deve avere per creare nuovi depositi dal nulla e sono essenzialmente due, che cerchiamo di semplificare. Innanzi tutto deve possedere una riserva obbligatoria di contanti depositati presso la Banca d’Italia a garanzia dei depositi presenti nel proprio bilancio, ma questa riserva è pari solo all’1% di tutti i depositi, cioè nel nostro esempio 1.000 euro, e addirittura si azzera nel caso di depositi vincolati per più di 2 anni. Inoltre deve dimostrare di avere un patrimonio pari a circa l’8% del rischio di credito, che nel caso di un appartamento residenziale, è pari al 35%, per cui nel nostro esempio specifico questo patrimonio minimo si riduce fino al 2,8%.

Il denaro creato dal sistema bancario con questo meccanismo, che lo ripeto è più del 90% di tutto quello che usiamo, ha quindi una natura estremamente instabile, perché è fortemente condizionato dalle capacità finanziarie di chi ha richiesto il prestito e si è impegnato a restituire il capitale più gli interessi.
Questo significa che nei periodi di crisi economica come quello che stiamo vivendo, l’instabilità economica aumenta esponenzialmente proprio perché le persone hanno maggiormente bisogno di prestiti ma contemporaneamente hanno anche meno possibilità di poterli restituirli con gli interessi.
Per questo le banche nei periodi di recessione come quello attuale, smettono di prestare denaro all’economia reale, preferendo investire il denaro creato in titoli di stato o nei mercati finanziari, in quanto risultano comunque meno rischiosi e più redditizi.



Considerato che nell’Eurozona, la Banca Centrale Europea fino ad oggi ha creato denaro esclusivamente per prestarlo al sistema bancario o per acquistare Titoli sui mercati finanziari attraverso il Quantitative Easing, gli unici soggetti che possono creare denaro per immetterlo nell’economia reale sono solo le banche, che in Italia sono tutte private. Ma allora, visto che le banche possono creare denaro solo ed esclusivamente attraverso i prestiti, ne consegue che tutto il denaro che usiamo è gravato da interessi che sottraggono continuamente risorse dalla nostra economia.

Questo fatto dimostra che se tutte le banche smettessero di fare prestiti, non ci sarebbe denaro a sufficienza per rimborsare tutti i debiti e la moneta scomparirebbe dalla circolazione. Corollario ancora più assurdo è che senza il debito non ci sarebbe il denaro per far funzionare l’economia.



Ma essendo il debito matematicamente inestinguibile, come abbiamo dimostrato nel precedente articolo, ne consegue che la moneta a debito funziona come la ruota per i criceti, costringendoci a lavorare all’infinito per restituire un debito che non finisce mai.
Un sistema economico come questo, caratterizzato da una moneta creata attraverso un debito e gravata da interesse, poteva avere un senso quando la moneta rappresentava un corrispettivo in oro, perché non era possibile creare denaro se non si avevano a disposizione grandi quantità di metalli preziosi. Nella storia sono stati inventati molti strumenti monetari alternativi all’oro che avevano la funzione di amplificare la base monetaria aurea dell’epoca, perché non era insufficiente a permettere la grande quantità di scambi economici che lo sviluppo del commercio richiedeva.



I Mamrè della Palestina, le Lettere di Credito dei Templari, le Note di Banco delle prime banche private, le Banconote delle prime Banche Centrali, avevano la funzione di aumentare la massa monetaria aurea, altrimenti scarsa perché la quantità di oro era insufficiente per tutti gli scambi. 
Ma dal 1971, cioè da quando Nixon ha definitivamente squarciato l’ultimo velo residuo che collegava il denaro ai depositi in oro, la moneta ha perso completamente qualunque valore intrinseco per diventare una vera e propria moneta fiduciaria caratterizzata da un valore esclusivamente convenzionale, per giunta garantito dall’unica istituzione detentrice ancora oggi della sovranità monetaria, cioè lo Stato per conto dei suoi cittadini.
Com'è possibile allora, che proprio lo Stato non abbia i soldi per garantire il benessere di tutti i suoi cittadini, nonostante il denaro possa essere creato dal nulla e senza alcun problema ?
Questo è una domanda sulla quale vale la pena di riflettere e che approfondiremo nei prossimi articoli.
Per chi non vuole aspettare, è possibile visitare i siti www.monetapositiva.it e www.qe4people.blogspot.it.

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=16663

lunedì 2 dicembre 2013

La doccia ‘spaziale’ che consuma il 90% in meno d’acqua!.

Ogni giorno consumiamo grosse quantità di acqua senza che ce ne accorgiamo neppure, dallo sciacquone del wc alla doccia, al bucato. Una ricerca condotta dall’US Environmental Protection Agency (EPA) ha stimato che ogni anno negli Stati Uniti vengono consumati 1,2 miliardi di litri di acqua a livello domestico.
Cosa sarebbe di noi esseri umani se un giorno l’acqua dovesse essere così scarsa da mettere seriamente a rischio la nostra sopravvivenza? Se ci pensate questa è la situazione in cui si trovano gli astronauti quando partono per le loro missioni nello spazio. Gli ingegneri spaziali hanno risolto il problema tramite il riciclo continuo dell’acqua contenuta in un apposito bidone.
Il designer industriale Mehrdad Mahdjoubi, lavorando ad un progetto presso l’Università di Lund, in Svezia, in collaborazione con la NASA, ha pensato di applicare lo stesso concetto di riciclo anche nella nostra realtà.
Del resto la filosofia del design spaziale punta a massimizzare le risorse disponibili, un atteggiamento che forse dovremmo iniziare ad applicare ognuno nel proprio piccolo.
E’ da queste riflessioni che è nato OrbSys, un sofisticato metodo di depurazione dell’acqua che funziona con un sistema a circuito chiuso: l’acqua calda scende dal rubinetto, viene purificata all’istante e poi è subito reimmessa in circolo. Inoltre la pressione del getto è superiore alla media ed è sempre costante, non essendo vincolata dal flusso delle tubature.
Grazie a questo sistema si ottiene un risparmio di energia pari all’80% (perchè l’acqua è sempre la stessa quindi non ha bisogno di essere scaldata) e un risparmio di acqua pari al 90% . Ma i vantaggi sono anche di tipo economico, si stimano almeno 1.000 euro in meno all’anno per le bollette.
Se in una doccia normale consumiamo circa 150 litri di acqua, con OrbSys ne andremmo a consumare solo 5. Davvero un buon risultato, non credete? Queste docce per ora sono state installate con successo a Ribersborgs Kallbadhus, una struttura balneare in Svezia.
Pensate che rivoluzione se questo sistema venisse utilizzato nelle nostre case o, meglio ancora, nei Paesi in via di sviluppo che ogni giorno devono fare i conti con la penuria di acqua e con le malattie ad essa correlate.

giovedì 12 settembre 2013

Gas e luce costano 1.815 euro l’anno. Ecco come…non pagarli affatto!

Quasi duemila euro di spesa annua. 1.815 euro, per la precisione. E’ quanto sborsa la famiglia “tipo” italiana per le bollette energetiche, di gas e luce, in un anno. Lo scrive il Sole 24 Ore, consigliando alcuni portali specializzati del web per scovare le tariffe più convenienti…
Ma si può fare altro. Risparmiando molto, molto di più. Perché non svincolarsi definitivamente dalle tradizionali forniture di luce e gas?Enrico Cappanera, presidente di Energy Resources, lo ha fatto nella sua abitazione, investendo sul fotovoltaico, la geotermia e sul SeS, l’innovativo sistema d’accumulo dell’energia brevettato proprio da Energy Resources. Un investimento, recuperabile in meno di dieci anni grazie agli incentivi, che gli consentirà di risparmiare attorno ai 2.000 euro annui. Senza preoccuparsi più di bollette e rincari energetici. Da consumatore ad auto-produttore della propria energia,  preludio della Terza Rivoluzione Industriale teorizzata dall’economista Jeremy Rifkin.
«Le tecnologie esistenti nel campo delle rinnovabili rappresentano un grandissimo passo in avanti verso una reale democrazia energetica – sostiene Cappanera – Operazioni come queste rendono più concreti i concetti legati alla terza rivoluzione industriale ed aprono le porte ad una nuova stagione per l’umanità dove sarà la micro-generazione distribuita di energia da fonti rinnovabili a ripristinare l’equilibrio tra uomo e pianeta».
Energia a chilometri zero, insomma, autoprodotta, gestita ed utilizzata sul luogo senza nessun intermediario. Riducendo drasticamente la dipendenza dalle fonti fossili. «Credo stia maturando la consapevolezza che l’energia è un bene di tutti e che le tecnologie sono a disposizione delle persone per migliorarne lo stile di vita – rimarca Cappanera – E non per limitare la possibilità di accesso alle risorse. Sapere quanta energia si ha la possibilità di produrre, e quindi di utilizzare, è fondamentale fra l’altro anche per rilanciare i concetti di risparmio energetico e riduzione delle emissioni inquinanti».
E’ stata infatti inaugurata la prima casa off grid d’Italia che ha definitivamente detto addio al petrolio perché  autosufficiente e staccata da luce e gas. È stata realizzata a Monsano, in provincia di Ancona, ed è la prima casa italiana completamente indipendente da fonti fossili inquinanti, scollegata dalla rete elettrica nazionale e dalla tradizionale fornitura di gas, a far diventare realtà ciò che fino a poco tempo sembrava impossibile è stata la Energy Resources.
Nell’abitazione si produce energia pulita a impatto e chilometri zero: qui viene prodotta, gestita distribuita e utilizzata, senza la necessità di reti, intermediari o filiere di distribuzione.
“Anche Francesco Del Pizzo, AD di Terna Plus, scommette su un futuro dove i sistemi di accumulo di energia serviranno a stabilizzare la rete elettrica esistente, garantendo la crescita delle rinnovabili. D’altronde Jeremy Rifkin ha basato le sue teorie su cinque pilastri di sviluppo principali dove la micro produzione di energia ed il suo accumulo serviranno ad uscire dall’empasse energetico e dalla crisi economica ed ambientale globale”.
“Quello che fino ad oggi è stato definito consumatore – ha concluso Cappanera – deve trasformarsi finalmente in produttore capace di orientare le proprie scelte in modo consapevole: sapere quanta energia si ha possibilità di produrre, e quindi di utilizzare, è fondamentale anche per rilanciare i concetti di risparmio energetico e riduzione delle emissioni inquinanti”.


La burocrazia, però, pone paletti e prebende per agevolare le major...del settore.

Infatti:

Caro bollette: svelati i veri costi dell’energia. - Roberta Ragni

I prezzi dei prodotti energetici non dicono tutto circa i costi che le imprese, e i cittadini, devono pagare per soddisfare il proprio fabbisogno energetico. Il dossier presentato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile nel corso del Convegno “I Costi dell’ Energia in Italia”, organizzato in preparazione degli Stati Generali della Green Economy 2013, propone per questo di passare da una analisi dei prezzi a una dei veri costi dell’energia, includendo ad esempio i sussidi che in Italia vengono pagati ai combustibili fossili.
energie
Le agevolazioni fiscali di cui usufruiscono le fonti fossili, infatti, a differenze di quelli per le rinnovabili, non rientrano in bolletta e non contribuiscono a formare i prezzi dell’energia, anche se vengono comunque pagati attraverso la fiscalità generale. Questi sussidi non vengono monitorati dal Governo, nonostante siano ingenti: secondo l’OCSE sono 2,1 Mld€/anno su alcuni settore chiave, che salgono secondo il Fondo Monetario Internazionale a 5,3 Mld€/anno includendo altre voci tra cui alcune esternalità.
LE ESTERNALITA’ DELLE FOSSILI- E sono proprio le esternalità l’altra voce importante dei costi nascosti dell’energia, spiega la Fondazione guidata da Edo Ronchi.
Anche in questo caso non esistono studi ufficiali sull’argomento, ma uno studio condotto sulla Germania stima che l’inclusione dei costi esterni, a carico principalmente di nucleare e carbone, farebbe aumentare la bolletta energetica di 40 mld€, con un +40% per una famiglia tipo.
Il Dossier prende anche in esame l’incidenza degli incentivi alle rinnovabili sui prezzi e sui costi dell’energia in Italia analizzando i costi diretti, i costi e i benefici indiretti e le implicazioni sul piano strategico. Per quanto riguarda i costi diretti, gli incentivi alle rinnovabili del settore elettrico (che rappresentano la maggior parte degli incentivi) hanno raggiunto nel 2012 circa 10 milardi di Euro, il 16-17% della bolletta elettrica nazionale. E indovinate? Questi ultimi hanno inciso sull’aumento del prezzo del kWh degli ultimi anni solo per il 33%, mentre per il 57% questo è stato causato dall’aumento dei prezzi dei fossili.

I BENEFICI INDIRETTI DELLE RINNOVABILI- Sul piano dei costi e dei benefici indiretti il saldo economico è senz’ altro positivo. Tra i benefici da ascrivere alle rinnovabili c’è, infatti, la riduzione del prezzo medio orario dell’ energia elettrica (a maggio si è quasi dimezzato tra il 2006 e il 2012) e la creazione di ricchezza e occupazione nazionale (su 1000 euro spesi sulle rinnovabili ne rimangono in Italia 500-900, mentre su 1000 euro investiti sulla produzione elettrica da gas ne restano sul territorio nazionale 200, il resto va alle economie straniere). Per non parlare poi del lato ambientale: 70Mt di CO2 risparmiata ogni anno e un minore inquinamento atmosferico.
“Il settore energetico è nel pieno di una trasformazione epocale, e se come Paese non saremo in grado di comprenderne a pieno tutte le implicazioni e operare le scelte più giuste, rischieremo alla fine di pagare un conto molto alto. – afferma Andrea Barbabella, responsabile Energia per la Fondazione – Quello dei costi dell’energia è un tema strategico che va affrontato seriamente, anche perché tali costi sono molto probabilmente destinati a crescere e a incidere sempre di più sulla nostra economia. Guardare solo ai prezzi dei prodotti energetici è fuorviante, e i risultati di una analisi esaustiva sui veri costi dell’energia potrebbe fornire una rappresentazione molto diversa da quella usuale, con una situazione per l’Italia molto migliore di quanto generalmente si pensi“.
RIDURRE LA DIPENDENZA DALLE FOSSILI- Per Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, quello energetico “è uno dei settori produttivi più importanti a livello nazionale, con un giro d’affari, in crescita, attorno al 20% del PIL e quasi mezzo milione di posti di lavoro creati. Renderlo più efficiente dal punto di vista economico riducendo i costi dell’energia per il Paese richiederà, ad esempio, di intervenire sul mix energetico riducendo la dipendenza dai fossili che, negli ultimi vent’anni, è già costata al Paese 45 Mld€ in più, tutti soldi dati all’estero, e che se non affrontata potrebbe portare a un ulteriore aumento della fattura nazionale dell’import nei prossimi vent’anni da 3 a 12 Mld€“. Come si difenderanno ora i produttori di energia da fonti fossili?


martedì 4 giugno 2013

Il villaggio tedesco che si stacca dalla rete perché è diventato energeticamente indipendente. - Luca Scialò

Un paesino tedesco si è reso indipendente dal resto della Germania, almeno per quanto riguarda l’energia. Parliamo di Feldheim, appena 150 anime, circa 90 km a sud di Berlino.
A rendere possibile ciò, il vasto campo di 47 mulini a vento che domina questo piccolo villaggio, situato in un ambiente tranquillo e pastorale. Il capo dei pompieri locali, Thomas Glück, ha affermato che dopo Fukushima la città è stata inondata da giapponesi che cercano di studiare il loro metodo.
Ma oltre ai mulini, ci sono i pannelli solari lungo il bordo della città. I residenti hanno dato un contributo di 3000 euro per costruire la loro rete elettrica nel 2010, dando loro il controllo completo sui prezzi elettrici, i quali sono il 30% in meno rispetto alla media nazionale, con prezzi fissati mediante riunioni.
L’utilizzo dell’energia prodotta viene gestita dai residenti stessi che devono bilanciarla e si applicano sanzioni in caso di sovra-sfruttamento.
Esistono altre-sì cabine per la ricarica delle auto elettriche. Per quanto concerne il riscaldamento delle case invece, viene utilizzato un impianto di biogas che brucia gas utilizzando gli scarti agricoli. E’ previsto un impianto biogas in ogni edificio della città.
Questa indipendenza economica ha anche portato posti di lavoro e benefici economici a Feldheim, dopo il crollo dei prezzi del grano che ha messo in ginocchio la comunità agricola locale. Peraltro, i residenti non sono stati neppure disturbati dagli odori provenienti dalla fabbrica di produzione di biogas.
Certamente, va sottolineato come questo splendido modello non possa funzionare in tutto il mondo, poiché il suo segreto è la disponibilità di rifiuti agricoli, ampie distese di terra, e, last but not least, l’estrema motivazione dei cittadini. Comunque, resta una grande speranza per un futuro migliore e in fondo possibile.

domenica 18 novembre 2012

Intervista: SAPELLI: DALL'ECUADOR "UN'UTOPIA" CHE INCANTA L' ITALIA. - Claudio Perlini



Intervista a Giulio Sapelli

L’Ecuador, il più piccolo tra i paesi del Sudamerica, propone un nuovo modo di gestione del debito pubblico. Lo fa attraverso le parole del suo Presidente, l’economista Rafael Correa, intervenuto all'Università Bicocca di Milano nel corso degli incontri previsti con i rettori degli atenei lombardi. A lui è infatti stata assegnata una lectio magistralis dal titolo "L'esempio dell'Ecuador di fronte alla crisi del debito in Europa". La ricetta del Paese Sudamericano è tanto semplice quanto complessa: “Rifiutando di pagare quanto richiesto dai nostri debitori - ha detto Correa - abbiamo risparmiato e investito l’equivalente di due anni di nuove infrastrutture nel Paese”. Secondo il presidente ecuadoriano, questo metodo è applicabile in qualunque Paese, anche in quelli europei: “Bisogna avere coraggio per prendere decisioni politiche anche se questo può influire sul rating, sul rischio-Paese. Un’economia sociale e solidale con il mercato porta benessere al Paese”. Insieme al professor Giulio Sapelli, docente di Storia economica all’Università di Milano, commentiamo questa proposta.

Professore, cosa ne pensa? 

Quello fatto da Correa è in sostanza lo stesso annuncio che aveva fatto anche l’Argentina alcuni anni fa attraverso la politica economica, certamente avventurosa, di Nestor Kirchner. Numerosi esperti della scienza economica ufficiale avevano preconizzato che, a seguito di questo, l’Argentina si sarebbe ritrovata isolata dal resto del mondo; eppure, come sappiamo, questo non si è mai verificato. 

Quindi la posizione di Correa non la stupisce? 

Non molto. Semplicemente Correa, ritrovatosi schiacciato dal debito estero, adesso si rifiuta di pagarlo, a fronte di una politica del Fondo monetario internazionale che in certi casi si è rivelata catastrofica. Abbiamo cominciato a capire quanto hanno sofferto i Paesi dell’America del Sud a causa del Washington Consensus (insieme di specifiche direttive di politica economica elaborate nel 1989 dall'economista John Williamson da destinare ai paesi in via di sviluppo che si trovassero in crisi economica, ndr) e per la politica del Fmi solamente quando le stesse regole sono state applicate in Grecia e in Portogallo.

Quanto si rischia però con una politica del genere?

Ovviamente molto, ma evidentemente tra la politica del Fmi e quella del rischio anche il popolo ecuadoriano preferisce di gran lunga la seconda ipotesi, ed è assolutamente comprensibile. Alcune conseguenze negative probabilmente ci saranno, l’Ecuador potrebbe essere espulso dal Wto oppure subire alcune forme di embargo, ma se Correa ha assunto tale posizione significa che può permetterselo, magari contando sul solido rapporto con il Brasile che vanta una politica economica molto autonoma. 

È davvero applicabile una politica del genere anche in Europa, per esempio in Italia? 

Credo proprio di no. L’Italia, come ben sappiamo, si ritrova con una “camicia di forza” chiamata euro, quindi una soluzione come quella dell’Ecuador non è assolutamente applicabile. Forse lo è in via assolutamente teorica, ma non possiamo non guardare alla realtà: nel contesto dell’Eurozona un’ipotesi del genere non è pensabile. 

Come giudica comunque un atteggiamento di questo tipo nei confronti del debito estero? 

Conosco molto bene il Sudamerica e devo dire che il neoliberismo del Washington Consensus ha distrutto gran parte dell’economia latinoamericana, così come l’avevano già indebolita anche le politiche protezioniste. Adesso, invece, fortunatamente si è capito che ad andare molto bene è un’economia mista come quella brasiliana. Anche se difficilmente applicabili altrove, esempi come questi risultano in tutti i casi molto interessanti. 

In Islanda invece i cittadini hanno chiesto in un referendum che la Costituzione venga riscritta per impedire il ripetersi della crisi finanziaria del 2008. Vogliono una quota maggiore dei proventi da energia geotermica e pesca. Cosa ne pensa?

Personalmente sono favorevole a iniziative di questo tipo e credo che gli islandesi abbiano fatto bene a richiedere il referendum, ma anche in questo caso parliamo di un Paese molto piccolo, con pochi abitanti, un'immensa fonte di energia e una grande educazione civica. Hanno poi avuto la fortuna di non essere stati integrati nell’euro, quindi non hanno il nostro stesso vincolo.

Entrambi i casi sono quindi interessanti, ma solo sulla carta.

Esatto. Stiamo parlando di Paesi capaci di rialzarsi dopo essersi avvicinati pericolosamente al baratro, di cui possiamo certamente imitare una spiccata creatività con la quale far nascere idee di questo tipo che a noi evidentemente manca. La lezione da imparare è questa, certamente non di politica economica.


Claudio Perlini
Fonte: www.ilsussidiario.netLink: http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2012/11/16/DEBITO-Sapelli-dall-Ecuador-un-utopia-che-incanta-l-Italia/338527/
16.11.2012


http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=11098