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martedì 27 agosto 2024
Autovelox per la materia oscura.
lunedì 29 aprile 2024
Caccia alla materia oscura: assioni e nuove speranze. - Arianna Guastella
Le ricerche sulla materia oscura, la misteriosa componente invisibile che costituisce circa l'85% della materia dell'Universo, stanno compiendo passi avanti.
Le ricerche sulla materia oscura, la misteriosa componente invisibile che costituisce circa l’85% della materia dell’Universo, stanno compiendo passi avanti grazie a nuove tecniche sperimentali progettate per rilevare le ipotetiche particelle note come assioni.
Materia oscura e esperimenti innovativi.
Sfruttando tecnologie all’avanguardia e un approccio collaborativo interdisciplinare, gli scienziati stanno spingendo i confini della nostra conoscenza su questa sfuggente componente del cosmo. Le nuove tecniche includono esperimenti di ricerca diretta, dove si cercano direttamente le interazioni degli assioni con la materia ordinaria, e approcci indiretti, come la ricerca di prodotti dell’annientamento degli assioni.
Nonostante decenni di ricerche e numerosi esperimenti, la natura della materia oscura rimane un mistero. Questa componente invisibile continua a eludere la nostra comprensione. Ora, un nuovo esperimento, in costruzione presso l’Università di Yale negli Stati Uniti, offre una nuova speranza per svelare i segreti di questa affascinante sostanza.
La materia oscura è presente nell’Universo fin dalle sue origini, esercitando la sua influenza sulla formazione di stelle e galassie. Tuttavia, la sua natura sfuggente la rende invisibile alla luce e a qualsiasi altro tipo di materia ordinaria. Le sue interazioni con il mondo visibile sono così deboli da renderla estremamente difficile da rilevare e studiare.
Materia oscura: una nuova speranza con l’esperimento ADMX.
Il nuovo esperimento di Yale, chiamato “ADMX” (Axion Dark Matter Experiment), si differenzia dai precedenti tentativi grazie al suo approccio innovativo. ADMX cercherà di individuare direttamente gli assioni, ipotetiche particelle che potrebbero costituire una parte significativa della materia oscura.
L’esperimento impiegherà un rivelatore estremamente sensibile, raffreddato a temperature vicine allo zero assoluto, per catturare i minuscoli segnali prodotti dagli assioni mentre interagiscono con un campo magnetico.
L’impegno e la tenacia della comunità scientifica nella ricerca della materia oscura sono davvero ammirevoli. ADMX rappresenta un passo importante in questa sfida, offrendo una nuova opportunità per svelare i misteri di questa componente fondamentale del nostro universo.
Il successo di questo esperimento potrebbe rivoluzionare la nostra comprensione della fisica fondamentale e aprire nuove strade per esplorare l’origine e l’evoluzione del cosmo.
Il modello standard della fisica delle particelle, pur rappresentando un’incredibile conquista scientifica, è ormai considerato incompleto. Questa teoria, che descrive le particelle elementari e le loro interazioni, presenta alcune discrepanze con le osservazioni sperimentali, lasciando irrisolte importanti questioni.
Per questo motivo, la fisica moderna si trova ad affrontare una sfida cruciale: la ricerca di nuove particelle fondamentali che possano completare il modello standard e fornire una descrizione più completa dell’universo.
Il neutrone, una particella elementare che compone il nucleo atomico insieme al protone, rappresenta un enigma per la fisica moderna. Nonostante la sua neutralità complessiva, la teoria prevede che sia formato da tre quark carichi. Di conseguenza, ci si aspetterebbe che il neutrone presenti delle zone con cariche positive e negative, generando un cosiddetto “momento di dipolo elettrico”.
Numerosi esperimenti condotti per misurare questo momento di dipolo, tuttavia, hanno portato a un risultato sconcertante: esso risulta troppo piccolo per essere rilevato, attestandosi su un valore inferiore a una parte su dieci miliardi. Questo valore infinitesimale, definito come “limite superiore”, ha spinto i fisici a interrogarsi sulla sua natura.
Nel mondo della fisica, lo zero matematico rappresenta un’affermazione di grande portata. Alla fine degli anni ’70, i fisici delle particelle Roberto Peccei e Helen Quinn, seguiti da Frank Wilczek e Steven Weinberg, hanno tentato di riconciliare le teorie con le osservazioni.
Essi hanno proposto che il parametro in questione non fosse effettivamente zero, bensì una quantità dinamica che nel tempo ha perso la sua carica, giungendo a zero dopo il Big Bang. Secondo i calcoli teorici, un simile evento avrebbe dovuto generare una moltitudine di particelle leggere e sfuggenti.
Queste particelle, soprannominate “assioni” in omaggio a una marca di detersivi per la loro capacità di “risolvere” il problema dei neutroni, possiedono caratteristiche che le rendono candidate ideali per costituire la materia oscura. Se effettivamente generate nell’universo primordiale, gli assioni dovrebbero ancora esistere oggigiorno. Ancora più interessante, le loro proprietà coincidono perfettamente con le aspettative per la materia oscura.
Per questi motivi, gli assioni rappresentano una delle principali ipotesi per la natura della materia oscura, stimolando numerose ricerche e la sperimentazione di sofisticati esperimenti per la loro individuazione.
Nonostante la loro natura elusiva, gli assioni non sono completamente invisibili. La loro debole interazione con altre particelle implica che, seppur minimamente, possono comunque interagire. In determinate circostanze, come in presenza di un campo magnetico, gli assioni invisibili potrebbero addirittura trasformarsi in particelle ordinarie, tra cui i fotoni, la componente fondamentale della luce.
Questa possibilità rappresenta una ghiotta opportunità per i fisici sperimentali. La trasformazione degli assioni in fotoni apre la strada al loro rilevamento, rendendoli finalmente evidenti. Numerosi esperimenti sono stati progettati e condotti con questo obiettivo, sfruttando diverse tecniche per catturare i flebili segnali lasciati dagli assioni in interazione con la materia ordinaria. Tuttavia, la sfida è ardua.
La debolezza dell’interazione e la rarità di questi eventi rendono il rilevamento degli assioni un’impresa estremamente complessa. I ricercatori devono impiegare strumenti e tecnologie all’avanguardia, spingendo i confini della sensibilità e dell’accuratezza per sperare di cogliere i timidi segnali di queste particelle elusive.
La ricerca degli assioni rappresenta un capitolo affascinante della fisica moderna, un’avventura scientifica che unisce teoria e sperimentazione nella caccia a una materia misteriosa che permea il nostro Universo. La potenziale scoperta degli stessi non solo svelerebbe un tassello fondamentale del cosmo, ma potrebbe anche aprire nuove strade per la comprensione di fenomeni fisici ancora enigmatici.
Numerosi esperimenti ingegnosi sono stati ideati per stanare l’elusiva particella di assioni all’interno di un ambiente controllato di laboratorio. Uno di questi approcci consiste nel tentare di convertire la luce negli stessi, per poi riconvertirli in luce dall’altro lato di una parete.
L’approccio attualmente più sensibile, tuttavia, si concentra sull’alone di materia oscura che permea la nostra galassia (e di conseguenza la Terra). Un dispositivo chiamato aloscopio viene utilizzato per questo scopo. Esso consiste in una cavità conduttiva immersa in un forte campo magnetico. Questa tecnica dovrebbe catturare la materia oscura che ci circonda (ipotizzando che si tratti di assioni), mentre il campo magnetico induce la conversione degli stessi in luce. Questo processo dovrebbe generare un segnale elettromagnetico all’interno della cavità, la cui frequenza oscilla in base alla massa specifica dell’assioni.
Funzionando come una radio, l’alosocopio necessita di essere regolato per intercettare la frequenza corretta. In pratica, le dimensioni della cavità vengono modificate per sintonizzarsi su diverse frequenze caratteristiche. Se la frequenza degli assioni non coincide con quella della cavità, è come sintonizzare una radio sul canale sbagliato, senza ricevere alcun segnale.
Materia oscura: nuovi esperimenti per svelare i segreti degli assioni.
La ricerca dell’assioni rappresenta una sfida entusiasmante per i fisici, che stanno impiegando tecniche innovative per svelare i segreti di questa particella fantasma. Gli esperimenti con gli alòscopi, sempre più sofisticati, ci avvicinano alla potenziale scoperta della materia oscura, che non solo amplierebbe la nostra conoscenza dell’universo, ma potrebbe anche aprire nuove frontiere nella fisica.
La scansione di tutte le frequenze potenziali per individuare gli assioni è come cercare un ago in un pagliaio, senza conoscere in anticipo il canale giusto. È come armeggiare con una vecchia radio, regolando la manopola con la speranza di intercettare un segnale debole in mezzo al rumore bianco.
Le sfide non si limitano a questo. La cosmologia indica le decine di gigahertz come la regione più promettente per la ricerca sugli stessi. Tuttavia, esplorare queste frequenze elevate richiede cavità troppo piccole per catturare un segnale significativo.
Per superare questo ostacolo, nuovi esperimenti come il nostro Axion Longitudinal Plasma Haloscope (Alpha) stanno adottando un approccio innovativo. Sfruttando i metamateriali, materiali compositi con proprietà globali che differiscono notevolmente da quelle dei loro componenti.
La costruzione dell’impianto Alpha è in corso e dovrebbe essere pronto per l’acquisizione dei dati entro qualche anno. La tecnologia alla base è promettente e rappresenta il frutto di una collaborazione tra fisici dello stato solido, ingegneri elettrici, fisici delle particelle e persino matematici.
https://reccom.org/caccia-alla-materia-oscura-assioni-e-nuove-speranze/
mercoledì 14 febbraio 2024
Rilevati per la prima volta i filamenti di materia oscura della ragnatela cosmica.
Rilevati i filamenti di materia oscura.
Rilevati filamenti di materia oscura! Gli scienziati hanno finalmente ottenuto un importante traguardo nello studio dell’Universo: per la prima volta, sono stati individuati direttamente i filamenti di materia oscura che compongono la ragnatela cosmica.
Utilizzatto il Fenomeno del Weak Lensing.
Per compiere questa importante scoperta, un team di ricerca dell’Università di Yonsei ha sfruttato il fenomeno del weak lensing, che consiste nell’utilizzare la deformazione dello spaziotempo causata dalla forte gravità di ammassi e superammassi galattici.
Rilevamento dei Filamenti di Materia Oscura.
Utilizzando il telescopio giapponese Subaru, il team ha concentrato la propria ricerca sull’ammasso della Chioma, situato a 321 milioni di anni luce dalla Terra nella costellazione della Chioma di Berenice. Qui, hanno individuato le estremità terminali dei filamenti di materia oscura che circondano l’ammasso, estesi per milioni di anni luce e noti come filamenti intracluster (ICF, Intra-Cluster Filaments).
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Il Significato della Scoperta.
Questa scoperta rivoluzionaria fornisce nuove prove osservative per testare le teorie sull’evoluzione cosmica e sulla sua struttura su larga scala.
Importanza dell’Ammasso della Chioma.
L’ammasso della Chioma, uno dei più grandi e luminosi del cielo notturno, è stato scelto per questa ricerca in quanto contiene oltre 1000 galassie ed è ricco di materia oscura. Fin dai primi studi condotti su questo ammasso negli anni ’30, è stato evidente che la sua massa non poteva essere spiegata solo dalla materia visibile, suggerendo l’esistenza della materia oscura.
Implicazioni del Rilevamento dei Filamenti.
La scoperta dei filamenti intracluster fornisce sostegno al modello cosmologico attuale e apre la strada a nuove metodologie per lo studio e l’analisi degli ammassi di galassie.
L’allineamento dei filamenti rilevati nell’ammasso della Chioma con quelli su larga scala suggerisce un collegamento diretto tra la struttura dell’Universo e la formazione degli ammassi di galassie.
Complessivamente, questa scoperta contribuisce in modo significativo alla comprensione della distribuzione e delle proprietà della materia oscura nell’Universo, aprendo nuove prospettive per la ricerca futura in questo campo affascinante.
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Implicazioni per la Ricerca Futura.
I risultati di questo studio aprono nuove prospettive per la ricerca futura sull’Universo e sulla materia oscura. La possibilità di individuare direttamente i filamenti di materia oscura nella ragnatela cosmica fornisce agli scienziati una preziosa base per approfondire la comprensione della struttura e dell’evoluzione dell’Universo.
Nuovi Approcci di Studio.
L’identificazione dei filamenti intracluster nell’ammasso della Chioma suggerisce nuovi approcci di studio per esplorare la distribuzione e le proprietà della materia oscura. Questi approcci potrebbero includere l’utilizzo di tecnologie avanzate e telescopi sempre più potenti per esaminare altri ammassi di galassie e confermare la presenza dei filamenti di materia oscura.
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Conferma dei Modelli Cosmologici.
La scoperta dei filamenti di materia oscura all’interno dell’ammasso della Chioma fornisce ulteriori conferme ai modelli cosmologici attuali. Questi modelli prevedono l’esistenza di una vasta rete di filamenti che connettono gli ammassi di galassie, e la loro individuazione diretta contribuisce a consolidare la nostra comprensione dell’Universo.
Nuove Domande da Esplorare.
Allo stesso tempo, questa scoperta solleva nuove domande e sfide da esplorare. Gli scienziati potrebbero cercare di comprendere meglio la natura e le proprietà della materia oscura, nonché il suo ruolo nella formazione e nell’evoluzione delle strutture cosmiche su larga scala.
In conclusione, il rilevamento dei filamenti di materia oscura nella ragnatela cosmica rappresenta un importante passo avanti nella nostra comprensione dell’Universo. Questa scoperta apre nuove prospettive per la ricerca astronomica e cosmologica, e promette di fornire risposte fondamentali su alcuni dei misteri più profondi dell’Universo.
mercoledì 11 ottobre 2023
“È il pensiero che genera la materia” - LIDIA MARIA GIANNINI
Siamo in un momento alquanto critico per la storia umana, si assiste d’un tratto all’inesorabile crollo di quelle certezze universali sulle quali si erano fondati e consolidati nel corso del medioevo la conoscenza ed il sapere: l’Europa non è più il centro del mondo, il mondo non è più al centro dell’universo, tutto è nuovamente messo in discussione. La scoperta dell’America prima ha posto definitivamente fine all’Eurocentrismo, molteplici sono i popoli e molteplici le culture, e il “De revolutionibus” di Copernico irrompe infine sulla scena a incrementare confusione e disorientamento. “Maledetto sia Copernico!”, dirà Mattia Pascal, celebre protagonista del romanzo pirandelliano Il fu Mattia Pascal, “siamo o non siamo su un’invisibile trottolina, cui fa da ferza un fil di sole, su un granellino impazzito che gira e gira, senza saper perché, senza pervenir mai a destino (…)? (…) Ormai noi tutti ci siamo a poco a poco adattati alla nuova concezione dell’infinita nostra piccolezza, a considerarci anzi men che niente nell’Universo”.
È il 1900 e un autore quale Pirandello ha ancora ben presente una questione sorta secoli e secoli prima, c’è solo da immaginarsi quale fosse stata la portata della scoperta, o meglio dell’intuizione copernicana, nel 1400. È infatti un’intuizione quella di Copernico, il quale, analizzando i calcoli dei matematici e dei naturales, degli aristotelici, ravvede in essi un sì gran numero di discrepanze da tentare di operare una “sostituzione” ideale della terra con il sole, osservando, sgomento, come quelli stessi calcoli andassero in tal modo a convergere, come per magia. Egli stesso comprende la portata rivoluzionaria delle proprie teorie, bisognoso di trovare conforto interroga gli antichi pensatori, va alla ricerca di possibili riflessioni simili maturate, appellandosi con parziale sollievo ai pitagorici, i quali avevano individuato la presenza di un fuoco luminoso centrale intorno a cui dovevano muoversi vari corpi e dal quale sarebbero andati a dipendere vari fenomeni, e ad Eraclito, sostenitore della creazione dell’universo a partire da un grande fuoco primordiale.
Fatto sta che – altro che maledetto Copernico – è proprio grazie a lui che gli uomini hanno potuto finalmente aprire gli occhi, abbandonare il dogmatismo, proiettarsi verso una nuova era. L’era della rivoluzione scientifica sarà quella che seguirà, era di filosofi e scienziati, che si porranno l’obiettivo di analizzare mondo e universo in maniera obiettiva e veritiera, che si metteranno alla prova nel tentativo di disvelare le leggi di natura così estremamente affascinanti e allo stesso tempo misteriose. Come giungere a conoscere le leggi intrinseche dei fenomeni? Come coglierne l’essenza? Quale metodo dovrà adottare la nuova scienza?
Certo è che, passato lo sgomento iniziale, la terra non può essere di certo ritenuta un “granellino impazzito” privo di leggi, che ruolo avrebbe in tal modo la scienza? Gli interrogativi umani risulterebbero del tutto vani. Bernardino Telesio con il suo De rerum natura iuxta proria principia analizzerà l’aspetto finalistico della natura, le cui norme risulterebbero, a suo parere, da ricercare nella natura stessa. Nessun dio né demone a influenzare l’universo, la ragione perde con Telesio ruolo conoscitivo, al pari dell’anima, a favore della percezione sensoriale, unica capace di entrare in diretto contatto con il reale.
Ma nulla si genera dal nulla, il mondo, gli uomini, la natura, è tutto così perfetto, così magico e razionalmente impeccabile. Ecco il motivo per cui il contemporaneo Bruno individuerà un “pensiero” generatore della materia, un’intelligenza superiore causa e principio dell’intero universo. La materia è materia animata, l’universo un grande organismo vivente al pari dei pianeti: Dio è in tutto, posizione panteistica, e tutto è espressione di Dio, secondo la visione panenteistica. Vero e proprio ilozoismo quello di Bruno nel considerare la natura dotata di un principio vitale intrinseco, coglibile tramite l'”eroico furore”, passione umana volta alla conoscenza, al superamento dei propri limiti, alla contemplazione del divino nel reale. Pur se i protagonisti della rivoluzione scientifica abbandoneranno del tutto eroici furori e vitalità, Bruno è considerato tra essi per la convinzione rivoluzionaria dell’esistenza di una pluralità di mondi e di un universo infinito, privo di centro o periferia. In realtà egli non sarà metodologico, non sarà neppure scienziato, ma sarà proprio la magia di Bruno la sua reale grandezza…
Nel tentativo di stabilire un efficace metodo d’indagine, non affrontato concretamente da Bruno, Bacone nel 1620 pubblicherà il suo Novum Organum. Intento del pensatore, poiché anch’esso non sarà mai realmente scienziato, è operare una demolizione della logica aristotelica, puramente speculativa e astratta, contrapponendosi all’Organon di Aristotele. Necessario è “distruggere” gli idola, i pregiudizi propri della mente umana, per poi passare alla “costruzione” del sapere, adottando un metodo induttivo scientifico che, dall’esperienza particolare, giunga gradatamente a ipotesi universali, verificabili tramite esperimenti e un’accorta osservazione del reale. “Scientia est potentia”, “la scienza è potenza”: Bacone è fiducioso, è convinto che la scienza fornirà all’uomo la capacità di cogliere le essenze dei fenomeni, le loro cause prime, permettendogli di soggiogare la Natura e influenzarne il corso, perciò tralascerà il sapere matematico, esercitando la continua esperienza. Ciò che il filosofo non giungerà a comprendere è quanto, pur nella sua grandezza e pluralità di doti, l’uomo non potrà mai e poi mai avere una certezza delle cause originarie, fonte dei vari fenomeni, potrà formularne solo ipotesi, astrazioni, ma come sperimentarle?
Inseguire l’essenza è cosa vana per la scienza, ce lo ricorda Galileo Galilei: l’uomo può unicamente limitarsi a indagare il “come” avviene un dato fenomeno, a analizzarlo a fondo, a stabilirne leggi fisiche, ma la sua causa prima resterà necessariamente un mistero. Galileo sarà il vero fondatore del sapere scientifico moderno: tutto ciò che si può affermare con certezza, sulla base di prove di verità. “Bruno credeva, Galilei sapeva”, dirà Karl Jaspers, filosofo e psichiatra del ‘900. Per Bruno le tesi copernicane sono una sorta di verità di fede, teme di ritrattarle, poiché asserirne la validità è la sua unica certezza: morrà, da martire. Galileo abiurerà, terminando il suo discorso con la celebre sentenza “Eppur si muove”. “La verità che io posso dimostrare può sussistere anche senza di me, essa è universalmente valida, non è storica, non dipende dal tempo”, continua Jaspers. Ed è proprio dimostrando che Galileo compirà il lento “funerale” della fisica aristotelica.
“La natura è un libro scritto in caratteri matematici”, sostiene Galileo. La matematica riacquisisce quel ruolo di primaria importanza sottrattole in precedenza da Bacone. Potenziati strumenti quali il cannocchiale, lo scienziato giungerà a compiere osservazioni inaudite, abbattendo definitivamente le differenze qualitative tra mondo terrestre e mondo celeste e trovando giustificazione e spiegazione fisica alle intuizioni copernicane. La luna presenta avvallamenti e monti proprio come la terra, vi è una sostanziale unità tra mondo sub e sovra lunare; implausibile sarebbe pensare a un universo che si muova, in tempo diurno, con la sua immensa mole, intorno alla Terra; ben più plausibile sarebbe pensare a una terra che ruoti su se stessa, un moto rotatorio, combinato con quello traslatorio, considerando che “qualunque moto venga attribuito alla terra, è necessario che a noi, come abitatori di quella e in conseguenza partecipi del medesimo, ei resti del tutto impercettibile e come s’e’ non fusse”. Nel suo Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo Galileo esporrà principi fondamentali della fisica, il principio di inerzia, il principio di composizione del moto, il famoso principio di relatività, principi che permetterebbero agli esseri viventi di non avvertire alcun moto terrestre.
Siamo giunti qui alla maturazione del sapere scientifico: la natura è movimento, le leggi della natura altro non sono che leggi del moto. “Un corpo persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme”: Newton consegnerà dignità di status anche al moto, scardinando la tendenza aristotelica a ritenere i corpi tendenti unicamente alla quiete. Sono condizioni, queste, sperimentali, verificabili unicamente in presenza di determinate condizioni specifiche, ma fondamentali per spiegare l’evolversi dei fenomeni contingenti. Newton opererà consapevolmente una perfetta sintesi tra considerazioni galileiane e osservazioni di Keplero: il mondo di Newton è un mondo in cui vige la legge di gravitazione universale, un modo fatto di numeri e atomi, particelle con molta probabilità indivisibili, che si muovono nel vuoto secondo meccanismi ben precisi. Una visione meccanicistico-materialistica del reale che sarà abbracciata all’unanimità dagli scienziati nei secoli successivi.
Ma proprio quando un sapere sembra una certezza, proprio come accaduto per la fisica aristotelica, ecco il sopraggiungere di nuove scoperte: all’interno dell’atomo vi sono una serie di particelle subatomiche, protoni, neutroni, elettroni, composte non di materia, bensì di energia! Heisenberg, De Broglie, Schrodinger, indagando la natura ondulatoria degli elettroni, daranno vita, nel corso del XX secolo, alla meccanica quantistica, basata sullo studio di quanti, discreti quantitativi energetici presenti in ogni singola particella della materia. La materia, dunque non sarebbe più materia, bensì energia? E da dove proverrebbe tale energia? Non possiamo qui ricorrere a alcun tipo di leggi. “L’universo comincia a sembrare più simile a un grande pensiero che non a una grande macchina”, dirà James Jeans, fisico e astronomo del ‘900. Ecco il magico della natura, quel principio vitale intrinseco in tutto presente, quella forza inesauribile che Bruno, nel lontano ‘500, aveva già individuato e con umiltà contemplato, grazie al proprio “eroico furore”.
Lidia Maria Giannini
Foto di WikiImages, a cui vanno i nostri ringraziamenti, attinta da Pixabay
http://www.educationduepuntozero.it/racconti-ed-esperienze/04-40217313733.shtml
venerdì 18 dicembre 2020
La materia oscura è uno dei più grandi misteri dell’astronomia. E se non esistesse? Trovata una prova che rilancia Mond, un’ipotesi alternativa. - Luigi Bignami
La “materia oscura” è senza dubbio uno dei misteri astronomici più importanti a cui si vorrebbe dare una soluzione nei prossimi anni. Si ipotizza che sia materia che agisce gravitazionalmente sulla materia ordinaria, ma al momento non sappiamo cosa sia. Se ne ipotizza l’esistenza perché la sua azione si fa sentire, ad esempio, sul movimento delle stelle delle galassie, compresa la Via Lattea. Negli ultimi anni però sono state avanzate anche ipotesi per spiegare il movimento “anomalo” delle stelle che non fanno riferimento alla materia oscuira, ma ad altri fenomeni.
Ora un gruppo internazionale di scienziati, tra cui Stacy McGaugh, della Case Western Reserve University, ha pubblicato una ricerca dove si sostiene che un’idea rivale alla popolare ipotesi della materia oscura sia più reale di quanto si pensava finora. L’ipotesi alternativa prevede l’esistenza di un fenomeno galattico che sembra sfidare le classiche regole della forza di gravità. Sostiene infatti, che l’ipotesi chiamata “dinamica newtoniana modificata (MOND), o “gravità modificata” – possa essere una spiegazione reale.
L’ipotesi MOND è stata introdotta dal fisico Mordehai Milgrom del Weizmann Institute (Israele) all’inizio degli anni ’80 e afferma che l’attrazione gravitazionale di cui sarebbe causa la materia oscura esiste perché le regole della gravità non sono esattamente come quelle avanzate da Newton, ma leggermente diverse. Invece di attribuire l’eccessiva attrazione gravitazionale che si osserva nelle galassie ad una “materia oscura invisibile e non rilevabile”, MOND suggerisce che la “gravità a basse accelerazioni” è più forte di quanto sarebbe previsto da una pura applicazione della teoria newtoniana. In altre parole l’azione della gravità di galassie lontanissime da una galassia è di molto superiore a quanto prevede la gravità di Newton. La MOND ha fatto una previsione audace: i movimenti interni di un oggetto nel cosmo (ossia quel che succede all’interno di una galassia, per esempio) non dipendono solo dalla massa dell’oggetto stesso, ma anche dall’attrazione gravitazionale da tutte le altre masse nell’universo, un fenomeno chiamato “effetto di campo esterno” (EFE).
Milgrom ha detto che i risultati, se confermati ulteriormente, sarebbero “la pistola fumante che provano che le galassie sono governate da dinamiche modificate piuttosto che dalle leggi di Newton e della relatività generale“. McGaugh e i suoi collaboratori hanno affermato in una ricerca pubblicata su The Astrophysical Journal di aver rilevato l’effetto EFE in più di 150 galassie studiate. Spiega McGaugh: “’L’effetto di campo esterno’ è una firma a favore di MOND che non si verifica nella gravità di Newton-Einstein. La rilevazione di questo effetto è un vero grattacapo per chi era scettico sulla teoria MOND”.
Spiega Kyu-Hyun Chae, della Sejong University in South Korea, autore principale della ricerca: “Ho lavorato con l’ipotesi che la materia oscura esiste realmente, quindi essere giunto a dover dire che non esiste è un risultato mi ha davvero sorpreso. Inizialmente, ero riluttante a interpretare i nostri risultati a favore di MOND. Ma ora non posso negare il fatto che i risultati così come sono supportano chiaramente MOND piuttosto che l’ipotesi della materia oscura”.
Il gruppo di lavoro ha analizzato 153 curve di rotazione delle galassie attorno al loro centro che erano state scelte dal catalogo Spitzer Photometry and Accurate Rotation Curves (SPARC), il quale riporta con estrema precisione il movimento delle galassie ed era stato creato da un altro collaboratore, Federico Lelli, durante i suoi studi post-dottorato presso la Case Western Reserve. Anche Lelli ha detto che inizialmente era molto scettico dei risultati ottenuti “perché si prevede che l’effetto del campo esterno sulle curve di rotazione debba essere molto piccolo. Abbiamo passato mesi a controllare i dati, ma alla fine è diventato chiaro che avevamo un rilevamento reale e solido”. Conclude McGaugh: “Provengo dallo stesso gruppo di ricerca della comunità scientifica che studia la materia oscura e fa male pensare che possiamo sbagliarci. Ma Milgrom predisse i comportamenti delle galassie più di 30 anni fa con MOND. Nessun’altra ipotesi ha anticipato il comportamento osservato”.
venerdì 29 maggio 2020
A caccia della materia mancante con i lampi radio veloci.
Quanta materia c’è nell’universo? Non è facile rispondere. Solo una piccola percentuale, nemmeno un quarto, risiede in galassie e ammassi di galassie, ed è dunque quantificabile direttamente. Tutto il resto si trova in forma diffusa, difficilmente osservabile. E stiamo parlando solo della cosiddetta “materia normale”, o barionica: i protoni e i neutroni che formano tutto ciò di cui abbiamo esperienza, per intenderci. Non di materia oscura. Materia normale che però, stando ai calcoli, dovrebbe essere il doppio di quella che si vede. È il mistero della cosiddetta “massa mancante”: dove si nasconde? Una risposta potrebbe arrivare dai fast radio burst: lampi radio intensi e brevissimi – dell’ordine dei millesimi di secondo o anche meno – provenienti da galassie lontane. La loro origine è ancora sconosciuta – forse le stelle di neutroni – ma si stima che rilascino un’energia pari a quella prodotta dal Sole in ottant’anni. La ragione per cui i lampi radio possono aiutare a trovare la massa mancante si chiama dispersione. È il fenomeno per cui le diverse lunghezze d’onda che compongono un segnale elettromagnetico, quando viaggiano attraverso un mezzo – come ad esempio le particelle di materia diffusa nello spazio intergalattico – non vanno tutte alla stessa velocità – come farebbero nel vuoto, tutte alla velocità della luce – ma vengono rallentate in modo diverso e dipendente dalla loro energia. Usando le antenne radio di #ASKAP, l’Australian Square kilometer Array Pathfinder, gli astronomi hanno analizzato il ritardo accumulato alle diverse frequenze per calcolare la quantità di materia attraversata dal segnale di ciascun lampo radio, identificando al contempo con precisione le coordinate di provenienza del segnale. Coordinate passate poi ad alcuni fra i più grandi telescopi ottici al mondo per determinare la distanza della galassia nella quale ha avuto origine il lampo radio osservato. La combinazione delle misure radio e ottiche – e quindi la relazione fra ritardo temporale e distanza dell’oggetto – ha così consentito di stimare la densità della materia mancante. Per la prima volta, gli scienziati hanno potuto analizzare e confrontare il segnale proveniente da sei lampi radio provenienti da regioni diverse di cielo, ottenendo stime estremamente precise, consistenti con le previsioni della radiazione cosmica di fondo e della nucleosintesi primordiale avvenuta subito dopo il Big Bang. Servizio di Valentina Guglielmo Per saperne di più: https://www.media.inaf.it/2020/05/28/...
martedì 21 aprile 2020
Perché l'antimateria scomparve dopo il Big Bang? Arrivano i primi indizi. - Bruno Pontecorvo, Gabriella Catanesi
L'esperimento T2K sui neutrini che spiega perché prevalse la materia conquista la copertina di Nature. Una scoperta, fatta da scienziati di 12 paesi, che parla anche italiano.
ROMA - Sono solo i primi indizi per capire perché subito dopo il Big Bang la materia ha prevalso sull'antimateria. Ma molto interessanti. Gli scienziati hanno osservato per la prima volta differenze nel comportamento dei neutrini e della loro controparte dell'antimateria, i cosiddetti antineutrini. Il risultato, che ha guadagnato la storia di copertina di Nature, è stato ottenuto dalla collaborazione T2K (Tokai to Kamioka), che coinvolge 12 Paesi e a cui l'Italia partecipa con le Università di Napoli, Padova, Roma Sapienza e Politecnico di Bari, con il coordinamento dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn).
I fisici di T2K hanno dimostrato che gli antineutrini, rispetto ai neutrini, cambiano d'abito meno frequentemente, trasformandosi da una tipologia a un'altra delle tre esistenti in natura, un fenomeno che gli esperti chiamano oscillazione, e che fu previsto dal fisico italiano Bruno Pontecorvo negli Anni 50. "I nuovi risultati dimostrano, con una certezza del 99,7% , che il fenomeno dell'oscillazione si verifica con probabilità diverse per i neutrini rispetto agli antineutrini", ha spiegato all'agenzia Ansa Gabriella Catanesi, responsabile per l'Infn di T2K e componente del comitato esecutivo dell'esperimento.
"Durante il tragitto gli antineutrini si trasformano da un tipo a un altro, oscillando da muonici in elettronici", chiarisce Catanesi. "Obiettivo di T2K è cercare differenze di comportamento fra neutrini e antineutrini, per capire - aggiunge - se la simmetria fra queste due componenti viene violata, contrariamente a quanto accade per la gran parte delle leggi che descrivono il comportamento delle particelle elementari".
Uno dei misteri della fisica è infatti capire perché sia venuta meno l'originale simmetria tra materia e antimateria dopo il Big Bang, dove sia finita l'antimateria e perché non vediamo, ad esempio, anti-stelle, anti-galassie e persino un anti-universo. Spiega Catanesi: "L'avere osservato che il numero di antineutrini che si trasformano da un tipo a un altro è inferiore rispetto ai neutrini può essere importante per spiegare perché oggi nell'universo vediamo più materia che antimateria. Si tratta - conclude la studiosa dell'Infn - di un punto di partenza. Occorreranno misurazioni più precise per confermare queste indicazioni. Per questo, stiamo lavorando per migliorare ancora il nostro apparato, che potrà aiutarci a dare una risposta al problema dell'antimateria mancante dell'universo".
https://www.repubblica.it/scienze/2020/04/16/news/perche_l_antimateria_scomparve_dopo_il_big_bang_arrivano_i_primi_indizi-254165337/?fbclid=IwAR3xaNaMxqxPyqUa5aRM8VJzayivqiYl3fIlNWA_-bnn65FNgRffIrSPVxY
giovedì 1 agosto 2019
Torna l'ora di educazione civica. - Stefania Quaglio
giovedì 6 luglio 2017
Scoperta al Cern la particella Xi, inseguita da anni.
Rappresentazione grafica della particella appena scoperta al Cern, chiamata Xi (fonte: CERN)
Mai vista una simile, aiuta a capire colla che unisce la materia.
Vista dall'esperimento chiamato Lhcb, la particella appartiene alla famiglia dei barioni, la stessa di cui fanno parte protoni e neutroni che costituiscono la materia visibile, e come tutti i barioni è composta da tre quark, come prevede la teoria di riferimento della fisica chiamata Modello Standard. Tuttavia nei barioni finora noti si trova al massimo un solo quark pesante, mentre la particella Xi ha due quark pesanti.
"E' la prima volta che si osserva una particella simile: un barione con due quark pesanti", ha detto Donatella Lucchesi, ricercatrice dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e dell'università di Padova e membro della collaborazione Lhcb. "Osservare una particella del genere - ha detto ancora Donatella Lucchesi - è stato possibile grazie alla grandissima quantità di dati che sta producendo l'acceleratore Lhc. Questo - ha rilevato - permette di raggiungere un obiettivo non facile, come è riuscire a riprodurre la materia in tutti i suoi stati possibili".
Nella particella Xi un sistema planetario in miniatura .