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lunedì 9 agosto 2021

Fino al 2020 «il 75% dei tunnel liguri era fuorilegge». Castellucci tra gli indagati.

 

Il giudizio degli esperti della procura nell’ambito dell’inchiesta per il crollo della galleria Bertè nel dicembre 2019.

Fino al 2020 “il 75% dei tunnel liguri era fuorilegge”. Così il pool di esperti nominati dalla procura di Genova nella nuova consulenza chiesta dai pm Walter Cotugno e Stefano Puppo, coordinati dal procuratore capo facente funzioni Francesco Pinto, nell’inchiesta sul crollo della galleria Bertè in A26 nel dicembre 2019.

I tecnici già scrissero che la Bertè aveva “gravissimi ammaloramenti” in un contesto di “inadeguati monitoraggi” negli anni. Sono 21 gli indagati nell’inchiesta sulle gallerie, a vario titolo, per crollo colposo, falso, attentato alla sicurezza dei trasporti e inadempimento di contratti di pubbliche forniture.

Castellucci e due ex dirigenti Aspi tra gli indagati.

L’indagine verrà chiusa in autunno. Il fascicolo sulle gallerie, in mano al primo gruppo della guardia di finanza, è stato riunito insieme a quello sulle barriere fonoassorbenti pericolose e a quello sui falsi report sui viadotti. In tutti e tre risultano iscritti, tra gli altri, l’ex ad Giovanni Castellucci e i due ex dirigenti Paolo Berti e Michele Donferri Mitelli.

Erano stati i giudici del Riesame a sottolineare come «gli indagati hanno compiuto azioni e omissioni relative praticamente a tutti i tipi e gli oggetti di manutenzione e adeguamento nell’ambito della gestione delle autostrade». Nel corso delle indagini dopo il crollo del ponte Morandi, i tecnici di Spea avevano svelato che i controlli in galleria avvenivano in macchina ai 60 all’ora e al buio.

Nuovi cantieri.

Intanto lunedì sera 9 agosto partono i primi cantieri propedeutici agli interventi in galleria sulla A10: fino al 13 agosto chiuderà in notturna dalle 21,30 alle 5,30 il tratto tra Genova Aeroporto e Genova Pra’; nella notte tra il 13 e il 14 agosto il cantiere sarà operativo dalle 22 alle 8,30 di mattina.

IlSole24Ore

lunedì 5 luglio 2021

Caro Damilano, dopo Genova non arrivò l’anti-politica. - Salvatore Cannavò

 

C’è una sinistra intellettuale talmente ossessionata dal M5S che non riesce a guardare nemmeno dentro la propria storia. Si prenda l’Espresso e l’editoriale che il suo direttore, Marco Damilano, dedica a Genova 2001 e alla Diaz. Che se ne trae da quella storia? Che la dura repressione poliziesca, di cui Gianni De Gennaro non si è mai scusato, e la contestuale violenza dei Black bloc hanno distrutto quel movimento rendendolo un ’68 “durato 48 ore”. E quella potenzialità politica, quella speranza, finendo in un buco nero, ha consegnato giovani e meno giovani all’antipolitica. A Beppe Grillo. Solo che il G8 è del 2001, il Vaffaday è del 2007. In mezzo? Dopo Genova c’è la stagione dei Social forum, un movimento contro la guerra indicato dal New York Times come “la seconda potenza mondiale”, soprattutto c’è la sinistra al governo. Prodi e Bertinotti, Agnoletto eurodeputato e deputati che vengono da quel movimento eletti da Rifondazione. Semmai è la delusione di quell’esperienza, la sinistra che si fa casta e potere, a spingere milioni di elettori verso i 5 Stelle. Ma quell’energia non si spegne ancora: realizza il referendum per l’acqua pubblica nel 2011, scende in piazza con gli Indignados in quello stesso anno, dopo che aveva manifestato contro il governo Berlusconi. E solo dopo l’ennesima mazzata politica, il governo Monti, favorito ancora da quella pseudo-sinistra rimasta in campo, si dilegua. Dieci anni dopo. Ora, possiamo capire l’acrimonia verso Grillo,la foga di voler costringere tutto in una chiave di lettura precostituita arriva a negare la vita e la realtà di quelle centinaia di migliaia di persone che attraversarono Genova venti anni fa. E offrirono una chance di rinnovamento alla sinistra, che questa si guardò bene dal raccogliere. Allora si spiega meglio perché la sinistra italiana e gli “spiegoni” dei suoi cantori non ne azzeccano una.

ILFQ

venerdì 11 giugno 2021

I miserabili. - Gianfranco Zucchelli

 


Noi siamo noi……voi (parenti delle vittime) non siete un cazzo…..

Aperta parentesi. Ho sempre invidiato chi ha frequentato un corso di laurea, se poi questo corso è stato fatto in alcune università prestigiose tipo la Bocconi di Milano o L'Alma Mater Studiorum di Bologna…chapeau! Senza fare nomi , ma solo cognomi, pare che Berlusconi e Prodi, abbiano frequentato queste prestigiose università o comunque qualcosa di simile. Chiusa parentesi.

Questi due signori che vengono definiti cavaliere e professore, hanno a suo tempo sottoscritto un accordo con i Benetton, per la gestione di qualche migliaio di km di autostrade.

Autostrade costruite e finanziate dai comuni cittadini. Questo accordo è stato “SECRETATO”, perché tu cittadino coglione che le hai pagate, non devi sapere che tipo di contratto è stato stipulato.

Tu, cittadino coglione, cornuto e mazziato devi pagare e basta.
E fin qui tutto normale in uno stato di merda.

Poi c’è il crollo di un ponte che per taluni è una fatalità, quando relazione tecniche di università d’ingegneria di Zurigo- Milano e Genova, mettono nero su bianco che il ponte è a rischio crollo e quindi è una tragedia annunciata.

Ma chi doveva controllare (lo stato ) è stato ben oleato con tangenti, mazzette, pagando partiti di dx-sx-centro mentre i media cartacei e catodici venivano addolciti con spot pubblicitari sui canali rai (giri d’italia di ciclismo) sky (documentari sull’ambiente e sul bel paese) mentre ad alcuni giornali (repubblica e corriere) venivano finanziate le kermesse di tre giorni dove sfilavano soloni universitari che raccontavano balle (più erano grosse e più veniva aumentato il gettone di presenza).
Insomma per anni ci hanno raccontato balle galattiche.

Poi arriva un coglione di ministro, straccione, puzzolente e per di più 5 stelle, che ha l’ardire di scoperchiare il merdaio racchiuso nei verbali, dove si evince che i Benetton avevano carta bianca sulla gestione e manutenzione delle autostrade, ovvero ricavi miliardari garantiti, mentre la manutenzione era un optional.

Inutile dire che è stato silurato.......

Il crollo del ponte evidenzia tutto questo, ma…….a distanza di quasi tre anni, la magistratura procede con i piedi di piombo, perché dall’altra parte si sono schierati fior di avvocati che dopo aver letto i contratti a suo tempo sottoscritti fra Berlusconi&Prodi e i Benetton, in base alle clausole a suo tempo firmate, questi ultimi - pur avendo sulla coscienza 43 anime innocenti - sono dalla parte della ragione. Ma non solo.
Tu stato che hai concesso le autostrade ai Benetton (ripeto con contratti secretati) e dopo che questi le hanno ridotte a trincee, se vuoi entrare in possesso, devi pagare 2.4 miliardi di euro come indennizzo. Siamo fantastici.

I morti e parenti delle vittime? Loro non sono un cazzo, mentre io sono io……Ma per cortesia non ditelo in giro, perchè potreste disturbare le trattative in corso.....

Gianfranco Zucchelli su FB

domenica 18 aprile 2021

La Gronda di Genova, quella giusta. - Beppe Grillo

 

In questi giorni Autostrade per l’Italia – che attualmente è ancora in mano ai Benetton – torna all’attacco e rimette sul tavolo una delle “grandi opere” più controverse degli ultimi anni, sperando forse che il governo Draghi, con dentro la Lega, possa cancellare ciò che è stato fatto con gran fatica dal primo governo Conte e in particolare lo straordinario lavoro del nostro Ministro delle Infrastrutture e Trasporti Danilo Toninelli.

La Gronda di Genova, così come progettata dal concessionario, è un regalo che volevano farsi da soli, pensato anni addietro principalmente per aumentare i guadagni e spuntare una proroga di quattro anni sui 3000Km di autostrade che Aspi ha in concessione.

Una doppia follia: primo perché il loro progetto è sovradimensionato rispetto alle reali necessità, secondo perché concedere quattro anni di proroga ad una concessione che già scadrà nel 2038 significa appunto fare un regalo da miliardi di euro al concessionario, alla faccia del libero mercato e della concorrenza. Miliardi che nel loro progetto iniziale avrebbero addirittura iniziato a incassare ancora prima di fare partire i lavori.

Pensate infatti che fino al 2018 i grandi concessionari autostradali aumentavano i pedaggi semplicemente pianificando investimenti sulla carta. Investimenti che molto spesso non venivano neppure realizzati o erano in grave ritardo e che le società poi usavano per spuntare proroghe delle concessioni.

Il sistema dei colossi del casello era rodato: prima della scadenza della concessione andavano dallo Stato sventolando il progetto di una o più opere ferme da anni, facendo intendere che, senza proroga, il progetto sarebbe finito nel cestino. Lo Stato, per evitare ulteriori ritardi, la concedeva.

In poche parole, prima dell’arrivo del M5S al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, i privati con questi giochetti incassavano sempre di più spendendo meno di quanto avrebbero dovuto. Un sistema che è rimasto in piedi fino all’approvazione del decreto Genova, dove abbiamo rivoluzionato il mondo delle concessioni legando gli aumenti tariffari agli investimenti effettivamente realizzati. Con meno investimenti i pedaggi diminuiscono. Una cosa mai vista prima in Italia!

Oggi probabilmente qualcuno in Autostrade pensa che i tempi siano tornati indietro di almeno tre anni. E allora eccoci di nuovo qui a ricordare che nell’agosto del 2019, un anno dopo il crollo del Morandi, venne pubblicata un’analisi costi benefici indipendente che contemplava diversi progetti alternativi alla Gronda dei Benetton, meno mastodontici, i cui risultati non lasciavano dubbi: era necessario intervenire per risolvere i problemi di traffico di quella tratta, ma si poteva farlo con progetti enormemente meno costosi e meno impattanti da tutti i punti di vista. Al posto di un progetto folle da oltre 4,5 miliardi di euro e una galleria di decine di chilometri scavata nella montagna, era possibile ottenere benefici maggiori potenziando il tratto dell’autostrada A7 già esistente e triplicando le corsie in direzione Genova aeroporto.

Chi vi racconta che il M5S è contro la Gronda vi sta mentendo. Noi siamo contro un progetto scellerato che regala miliardi ai concessionari scaricando tutti i costi sugli utenti e sull’ambiente.

Chi oggi parla della Gronda, di quella voluta dai Benetton, probabilmente lo fa perché pensa sia arrivato il momento di distruggere tutto il lavoro fatto con grande fatica fino ad oggi per riequilibrare il sistema delle concessioni.

Chi oggi parla di quella Gronda come l’unica soluzione possibile forse lo fa perché ha voglia di fare un regalo a chi, negli anni, si è sempre dimostrato generoso con chi di fatto gli ha quasi regalato le nostre autostrade.

Chissà che oggi qualcuno non speri che grazie alla Gronda dei Benetton questo sistema si rimetta in moto. Peccato per lui che si troverà ancora una volta il M5S a fare da muro.

IlBlogdiBeppeGrillo

domenica 28 marzo 2021

Genova, i pezzi del viadotto Bisagno sulle case. Come 15 mesi fa. “Dicono di chiamare il capocantiere prima di uscire. Lavori? Solo ponteggi. Come fidarsi di Autostrade?” - Pietro Barabino

 

Da mesi le 29 famiglie residenti sotto il viadotto Bisagno dell’A12, riunite nel comitato ‘Abitanti sotto il ponte’ chiedono di essere messe in sicurezza e trasferite: “Non vogliamo indennizzi economici, ma soluzioni alternative e definitive”. Avevano dimostrato con foto e video, fin dal dicembre 2019 lo stato di degrado del ponte che sovrasta il Bisagno e il centro abitato delle Gavette, a Genova. Sempre nell’ottobre di due anni fa, la direzione di Autostrade annunciava con un comunicato l’avvio del montaggio dei ponteggi sul viadotto Bisagno per il restauro della superficie dell’intero viadotto “La durata dei lavori prevista è di circa due anni”, scriveva la direzione di tronco. Passato quel periodo, l’unica cosa realizzata sono proprio i ponteggi sui primi tre piloni, che, però, perdono pezzi, che vanno ad aggiungersi alla caduta di detriti e calcinacci dei piloni sottostanti.

“Su quelle impalcature raramente si intravvedono operai o addetti ai lavori” si lamentano i residenti del quartiere sottostante: “Ma il culmine si è toccato con la caduta dall’altezza di 75 metri di passerelle di ferro direttamente sulle nostre case” spiega la presidente del comitato Chiara Ottonello. Dopo la caduta di cinque passerelle del peso di 25 chili sull’abitato sottostante, con rischio di ferire gravemente passanti e danneggiare auto e case, la partecipata di Aspi Pavimental, che segue i lavori, ha chiesto scusa con una nota ufficiale e rescisso il contratto con “Sadis”, l’appaltatrice responsabile dei ponteggi. “Sarà valutata – si legge – l’opportunità di attivare nei confronti della medesima società ulteriori misure legali in danno, proprio a seguito di quanto accaduto”. Inoltre, hanno assicurato, “la direzione di Tronco di Genova di Aspi si è immediatamente attivata con la società per le opportune e immediate verifiche e azioni circa l’accaduto e potenzierà ulteriormente tutti i presidi di supervisione sulle attività”. Lo scorso 16 marzo è stato anche sollevato dall’incarico il coordinatore della sicurezza. Nei giorni successivi, per tutelarsi ulteriormente, alcuni operai di Pavimental hanno affisso dei cartelli di fronte alle abitazioni con l’indicazione, piuttosto inquietante “di avvisare telefonicamente il responsabile del cantiere” qualora si intenda uscire di casa in determinati orari “per evitare rischi connessi all’eventuale caduta di oggetti”.
La caduta delle passerelle che collegano tra loro i ponteggi è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: “Non ne possiamo più – si sfoga Chiara Ottonello – non solo hanno danneggiato le case, ma una ha colpito una persiana dietro alla quale c’era una ragazza collegata in didattica a distanza, avesse avuto la finestra aperta in quel momento sarebbe stata una tragedia. Non capisco come il Sindaco possa tollerare che sia messa a rischio in questo modo la pubblica incolumità dei cittadini”. Ma la delusione dei residenti non si limita alla sensazione di abbandono nei confronti dell’amministrazione locale, che non riesce a incidere sulla vicenda, né all’assessorato competente in Regione (“Giampedrone ha parlato di ‘ipotesi di trasferimenti temporanei, ma noi qui non vogliamo tornarci neanche quando, chissà dopo quanti anni, i lavori saranno terminati”) ma coinvolge anche il ministero dei Trasporti: “L’allora ministra Paola De Micheli a settembre arrivò a dichiarare pubblicamente di aver trovato una soluzione – Chiara Ottonello riguarda sbalordita il video con la dichiarazioni alle quali non è seguito alcun fatto – addirittura arrivò a dire che ci avrebbero trasferito in pochi giorni, non ci hanno neppure chiamato per ipotizzare la cosa, e sono passati sei mesi”.

Gli abitanti hanno paura e non sono interessati a indennizzi o altre forme di rimborso: “Non vogliamo soldi, vogliamo essere trasferiti e anche urgentemente, perché siamo stufi delle promesse delle istituzioni e di Autostrade, questo ponte è pericoloso per chi ci vive sotto e il cantiere sospeso a 60 metri dalle nostre teste ancora di più”. Intanto, dopo l’esposto del “Comitato degli abitanti sotto il ponte Bisagno” la Procura apre un inchiesta per “getto pericoloso di cose” che si basa sul dossier di due anni di incidenti prodotto dagli abitanti, ma potrebbe allargarsi ad altri fatti più rilevanti. L’intervento di restyling del viadotto è gestito dalla controllata di Autostrade Pavimental che a seguito degli ultimi incidenti ha sollevato dall’incarico l’azienda esterna alla quale aveva affidato l’allestimento dei ponteggi, sostituendo il responsabile della sicurezza di cantiere e affidando il ruolo al Rina. Se oggi è impossibile anche solo immaginare di costruire un viadotto sopra delle abitazioni, questo veniva fatto sistematicamente negli anni Sessanta e Settanta, quando la Liguria è stata disseminata di ponti autostradali, anche per questo motivo la Società Autostrade esprime perplessità circa l’ipotesi di un trasferimento (a sue spese) dei residenti delle Gavette, questo rappresenterebbe un precedente che potrebbe essere impugnato da chiunque abiti sotto i viadotti, più o meno deteriorati, della rete autostradale.

IlFattoQuotidiano

lunedì 10 agosto 2020

Emergenza Ponte infinita: tesoretto elettorale di Toti. - Paolo Frosina

Emergenza Ponte infinita: tesoretto elettorale di Toti

Il governatore-commissario incassa la proroga, così potrà rinnovare 316 contratti in scadenza e spendere 13 milioni.
“Il governo chiarisca subito il significato della proroga. Se qualcuno pensasse di utilizzare una legge speciale per rinviare le elezioni, o peggio ancora per chiudere in casa gli italiani, questo avrebbe un solo nome: golpe!”. Si indignava così Giovanni Toti, il 12 luglio scorso, all’idea di un prolungamento dello stato di emergenza per il Covid. “Conte e Speranza farebbero bene a evitare equivoci pericolosi per la nostra democrazia”, tuonava il governatore ligure.
È lo stesso Toti che nemmeno un mese dopo chiede e ottiene – per un anno intero – la proroga di un’altra emergenza, quella per il crollo del ponte Morandi di Genova. Che al contrario dell’emergenza sanitaria, dopo due anni dal disastro è quasi impalpabile: il nuovo viadotto è stato appena inaugurato e gli strascichi sulla vita quotidiana dei genovesi, ormai, del tutto scomparsi. Ma c’è un dato decisivo: il commissario delegato all’emergenza ponte è proprio Toti, che grazie alla proroga, nei prossimi mesi, spera di intestarsi nuove elargizioni alle imprese e persino il rinnovo di centinaia di posti di lavoro. Un asso nella manica che potrà tornare utile in vista della campagna elettorale.
A sentire il governatore, il prolungamento serve “a concludere degli iter già avviati, come gli ultimi risarcimenti per l’autotrasporto che per l’anno in corso partiranno nel 2021”. Poi “siamo in attesa di capire se le nostre richieste per impiegare i fondi residui (13 milioni e 710 mila euro sui 30 complessivi di aiuti alle imprese non utilizzati, ndr) saranno accettate dal Governo”.
E infine, “potranno essere rinnovati anche i contratti del personale assunto per far fronte allo stato d’emergenza”. Partiamo da qui. All’articolo 2 il decreto Genova ha previsto un piano di assunzioni straordinarie, a tempo determinato, in enti locali e società controllate, per tamponare una serie di urgenze post-crollo. Operatori ecologici a rimuovere i detriti, vigili urbani a gestire la viabilità, funzionari pubblici a evadere le pratiche per gli indennizzi.
Sono 316 i contratti di questo tipo, in scadenza a fine 2020. Le assunzioni vanno approvate dal commissario straordinario e Toti ha appena lanciato un messaggio preciso: saranno rinnovati. Anche se quelle esigenze non sussistono più: la viabilità in Valpolcevera è tornata regolare, i resti del vecchio Morandi smaltiti da tempo e gli aiuti economici distribuiti alle imprese, almeno fin dove permesso dalle contraddittorie scelte della stessa Giunta.
E qui veniamo all’altro tesoretto che Toti spera di distribuire: quei 13 milioni e passa di fondi per la ripresa ancora inutilizzati, su cui la Corte dei Conti ligure ha espresso preoccupazione. Si tratta di una parte dei 30 milioni stanziati dall’articolo 4-ter del decreto Genova per le indennità “una tantum” a imprenditori e autonomi (15 mila euro) e per la cassa integrazione in deroga.
Di questi 30 milioni, Toti ne dedica 15 alle “una tantum”, altri 15 alla cassa. Ma a quest’ultima aderiscono in pochissimi: da qui i 13 milioni avanzati e mai reinvestiti, nemmeno quando, a febbraio, il decreto Milleproroghe ne destina 5 all’area di crisi industriale in Valpolcevera. “Toti avrebbe potuto fare di tutto con quei soldi, a partire da nuovi bandi per i contributi una tantum. Invece ha scelto di tenerli fermi”, denuncia Giovanni Lunardon, capogruppo Pd in Regione Liguria.
Ora però promette che darà battaglia per destinarli alle Srl, la categoria di imprese i cui soci sono stati esclusi dalle indennità. “È il governo che deve autorizzarci”, dice. Ma, come ricorda Lunardon, “l’esclusione delle Srl è il frutto di un’interpretazione incomprensibile data dagli uffici della stessa Regione, senza nemmeno consultare l’Avvocatura di Stato.
Al solito Toti cerca di scaricare su altri i propri insuccessi. È facile, ora che siamo in campagna elettorale, accusare il Governo per nascondere la propria inerzia: un presidente di Regione serio avrebbe trovato da mesi il modo di sbloccare quei fondi, anche sbattendo i pugni sul tavolo a Roma, se necessario”. Ma per quello non serve uno stato d’emergenza.

mercoledì 5 agosto 2020

Riaperto al traffico il nuovo ponte di Genova.

Il nuovo ponte Genova San Giorgio

Il viadotto Genova-San Giorgio, sulla A10, inaugurato lunedì e' stato riaperto al traffico veicolare al termine delle verifiche compiute dalla Direzione di Tronco di Genova di Aspi e dopo che la struttura commissariale è intervenuta per rifare un piccolo tratto di asfalto. L'apertura è avvenuta alle 22:04, due ore dopo rispetto a quanto era stato ipotizzato. Ora il ponente e il levante della città sono 'ricuciti'.

Sono transitate le prime auto sul ponte San Giorgio. C'è già un flusso regolare. Le auto hanno salutato l'apertura suonando i clacson mentre i motociclisti hanno fatto il segno della vittoria con una mano. Il traffico sta scorrendo in entrambi i sensi di marcia.
 Ponte Genova-San Giorgio, il viadotto tutto d'acciaio, è finalmente aperto alle auto, ai grandi tir che vanno verso il porto, aperto all'Italia e all'Europa del Nord Ovest.

Dopo la cerimonia di inaugurazione di lunedì, alla quale - vuoi per la pioggia, vuoi per pudore nei confronti dei familiari delle vittime - è mancata la caratteristica della festa, oggi l'ufficio del Commissario straordinario per la ricostruzione del viadotto sul Polcevera ha pronunciato la sua ultima parola di questa storia infinita, cedendo a Autostrade per l'Italia l'esercizio della viabilità sul nuovo viadotto. Un passo necessario, dopo il certificato di agibilità di Anas, per far riprendere la circolazione dei mezzi su quel nastro lungo 1.067 metri e fatto di acciaio e bitume che tanto vogliono dire per il traffico cittadino e interregionale, per l'economia di una regione e per il saper fare del Paese. Dopo la cessione dell'esercizio, Aspi ha compiuto i suoi primi passi - passi veri prima e passi burocratici poi - sul quel ponte che una volta sgombrato da gonfaloni e bandiere sembra sempre di più il ponte di una nave. Il Direttore di Tronco Mirko Nanni, assieme a alcuni tecnici e ingegneri specializzati, ha effettuato un sopralluogo per vedere se il tratto di autostrada dove ieri è stata allestita la zona per la cerimonia fosse tornato alla normalità, se i guardrail che erano stati rimossi fossero stati rimessi a posto, se il fondo stradale non avesse subìto i danni. Al termine della verifica, steso e firmato un verbale di sopralluogo secondo le procedure previste. è stato dato il via libera.

Intanto vanno avanti le indagini nate dal crollo del viadotto. La procura di Genova ha acquisito le due lettere di contestazione che l'ispettore Placido Migliorino ha inviato ad Aspi nelle quali si parla di un "grave inadempimento" per i cantieri sulla rete genovese e "i termini di attuazione del cronoprogramma dei lavori e delle ispezioni delle gallerie liguri". Le missive erano state inviate ai pm dal Mit.

Aspi scrive al governo, in due lettere cambia rotta - In una prima lettera del 14 luglio un meccanismo con una scissione proporzionale, un aumento di capitale riservato a Cdp e l'ingresso di nuovi soci, con risorse da riservare agli investimenti e al ripianamento del debito, prima di arrivare alla quotazione. In una seconda missiva, con la data di oggi, due diverse proposte che prevedono da una parte un processo di vendita competitivo, al quale Cdp "potrà" partecipare oppure un processo di scissione con la creazione di una società da quotare creando una public company. E' il cambio di rotta deciso, che modifica lo schema iniziale, quello contenuto in due lettere che l'ANSA ha potuto visionare che Autostrade per l'Italia ha inviato agli interlocutori di governo. Tra le due scadenze, certo, un confronto che non ha ancora portato ad un accordo.

Genitori di una vittima: 'La festa aumenta il nostro dolore' - "Altro che festeggiamenti, altro che orgoglio nazionale. Il nuovo ponte di Genova non è una rinascita, ma il simbolo del fallimento e di 43 vite ingoiate da un ponte fatiscente che qualcuno ha permesso crollasse in qualche modo". Lo hanno detto Franco e Daniela Fanfani, in un'intervista al quotidiano La Nazione: sono i genitori di Alberto Fanfani, medico morto a 32 anni nel crollo del ponte Morandi insieme alla fidanzata Marta Danisi, 29 anni, mentre lui la accompagnava ad Alessandria dove aveva ottenuto in ospedale il posto a tempo indeterminato come infermiera. Le celebrazioni per l'inaugurazione del nuovo ponte 'Genova San Giorgio', ha affermato Franco Fanfani, "è insopportabile per chi come noi ha perso un proprio caro. Serve solo a aumentare il dolore che mia moglie e io portiamo dietro, come tutte le altre famiglie coinvolte. Non è una una rinascita, non c'è niente da celebrare. Altro che sfilate dei politici". Daniela Fanfani ha parlato di "pianto e dolore. Ogni ponte che vedo mi si chiude lo stomaco. Altro che passerelle. I politici e gli amministratori avrebbero dovuto mettersi sotto il ponte, chinare la testa e vergognarsi di ciò che è successo". La madre di Alberto ha ricordato che il figlio "stava accompagnando" la fidanzata "a Alessandria, all'ospedale dove aveva ottenuto il contratto a tempo indeterminato come infermiera. Lui stava per prendere la specializzazione in medicina. 'Potrò fare il medico come sogno da sempre' mi aveva detto con orgoglio. Avevano anche fissato la data delle nozze: 25 maggio 2019. Erano felici. Erano insieme. E insieme sono morti in quel maledetto crollo".

martedì 4 agosto 2020

Il Colle e Conte contro i Benetton: il ponte United Colors arcobaleno. - Lorenzo Giarelli

Il Colle e Conte contro i Benetton: il ponte United Colors arcobaleno

Al taglio del nastro commozione per le 43 vittime, poi le accuse ai concessionari: “I responsabili hanno nomi e cognomi”.
Mezz’ora prima dell’arrivo del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Renzo Piano passeggia a lungo sul ponte Genova San Giorgio. L’ombrello in mano lo ripara dal diluvio, mentre sussurra a chi gli si avvicina i segreti del viadotto che ha regalato alla sua città e che a meno di due anni dal crollo del Morandi – era il 14 agosto 2018 – restituisce finalmente un collegamento alla Val Polcevera. È l’immagine che anticipa la sfilata delle più alte cariche dello Stato a Genova, nel giorno in cui si inaugura il nuovo viadotto.
Lo ripetono tutti: questa non è una festa. Lo ha detto Mattarella ai familiari delle vittime, che hanno preferito non partecipare alla cerimonia incontrando in privato il capo dello Stato in prefettura. Lo ribadiscono dal palco sul ponte il sindaco di Genova Marco Bucci, il governatore ligure Giovanni Toti, il già citato Renzo Piano e poi il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Prima dei discorsi di rito suonano l’inno nazionale e il silenzio militare, poi vengono scanditi i nomi di chi perse la vita sul Morandi. È il momento più toccante del pomeriggio. “La prima cosa che mi viene in mente è il ricordo per le vittime e le loro famiglie”, esordisce Bucci. Toti sceglie le sue parole d’ordine: “‘Mai più’ e ‘sempre così’, perché nessuno deve morire più in questo modo e perché ogni infrastruttura dovrebbe essere realizzata così come è stato realizzato il nuovo ponte”. Renzo Piano ripropone la metafora che più gli è cara: “Ho immaginato il ponte come un vascello bianco”. Storia di mare, come nella Crêuza de mä di Fabrizio De André, rivisitata per l’occasione da 18 artisti.
Il discorso del premier, che arriva quando in cielo è comparso un arcobaleno, è quello più politico, con l’orgoglio per la decisione di sottrarre il controllo delle autostrade ai privati: “Il governo ha ritenuto doveroso promuovere il complesso procedimento di contestazione degli adempimenti che hanno causato il crollo del ponte. Questo procedimento si è concluso con l’accordo di ridefinire i termini della convenzione, con la possibilità di garantire in modo più efficace gli investimenti per la manutenzione”. Tradotto: il ponte viene consegnato ai Benetton (attuali concessionari), ma presto tornerà allo Stato. Non è un caso che Conte ne parli. Poco prima Mattarella, nell’incontro in Prefettura, era stato chiaro: “Le responsabilità non sono generiche, hanno sempre un nome e un cognome. E sono sempre frutto di azioni o omissioni, quindi è importante che ci sia un accertamento severo, preciso e rigoroso delle responsabilità”.
E se Renzo Piano spera in un ponte “amato perché semplice e forte come la città”, Conte menziona Piero Calamandrei e la sua rivista Il Ponte: all’epoca “il ponte” era tra le macerie della guerra e il futuro, oggi può “creare una nuova unità dopo la frattura del crollo”.
Il taglio del nastro e le frecce tricolori concludono la cerimonia facendo lentamente smaltire gli ospiti. Tra loro, come detto, non c’è l’associazione dei parenti delle vittime, ma c’è Emmanuel Henao Diaz, che nel crollo perse il fratello: “Mi sento in dovere di partecipare per dimostrare a mio fratello che non faccio finta di niente, come invece chi doveva pensare alla sicurezza di quel ponte”. Per il resto, tra le centinaia di invitati ci sono giuristi, dirigenti e soprattutto politici.
L’inaugurazione dà modo a tutti di esultare: al governo, ma anche a Bucci, peraltro commissario straordinario per la ricostruzione, e Toti, governatore in campagna elettorale, che in mattinata incontra la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Con loro c’è mezzo governo (Luigi Di Maio, Alfonso Bonafede, Luciana Lamorgese, Paola De Micheli) e l’ex ministro Danilo Toninelli, coi presidenti delle Camere, la presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia e i vertici di Fincantieri. Non manca la retorica del “Paese che si rialza” e di “Genova che riparte”, ma per una volta sembrano crederci tutti.

lunedì 3 agosto 2020

Cerimonia di inaugurazione del ponte 'Genova San Giorgio'



Dal minuto 31,46 potrete ascoltare il discorso di Renzo Piano che è riuscito a commuovermi; la frase che più mi ha colpito è che "costruire un ponte è bellissimo, perché il ponte è un segno di pace".
by-c.

giovedì 9 luglio 2020

Ponte di Genova, il cda di Atlantia studia le contromosse. Tomasi (Aspi): «Revoca sarebbe devastante». Vertice al ministero. - Laura Galvani



Sul tavolo del board la pronuncia della Suprema Corte. Ora la compagnia ha un’arma in meno nella trattativa con il governo. Nel pomeriggio previsto un incontro al Mit.

Una tegola, inaspettata. La decisione della Consulta irrompe nella trattativa tra Atlantia e il governo e arriva come un boomerang sul tavolo del consiglio di amministrazione della compagnia convocato per oggi, giovedì 9 luglio. Board che aveva già all’ordine del giorno tra le altre cose un aggiornamento sulla situazione di Autostrade per l’Italia e che a questo punto concentrerà buona parte del dibattito consiliare su quanto stabilito dalla Corte. Il giudice supremo ha sostanzialmente dichiarato che non è illegittimo il decreto Genova nella parte in cui esclude Aspi dalla ricostruzione del Ponte Morandi. Lo ha stabilito sostenendo che la decisione del legislatore «è stata determinata dalla eccezionale gravità della situazione». In sostanza ha basato la propria decisione sul principio di precauzionalità.
«Le conseguenze della revoca della concessione ad Autostrade sarebbero devastanti», dice l’ad di Aspi Roberto Tomasi. «Si disperderebbe - spiega - un enorme patrimonio professionale e umano. La società è totalmente cambiata: abbiamo fortemente potenziato il piano di manutenzione e investimenti e continuato a gestire e ammodernare la rete. Nell’interesse del paese credo sia prioritario oggi definire l’accordo col governo e trasformare subito in cantieri 7 miliardi di euro dei 14,5 già pianificati».
Quali che siano le ragioni, a questo punto la compagnia ha decisamente un’arma in meno da impiegare nel confronto con l’esecutivo. Confronto che, peraltro, oggi registrerà una nuova tappa. Nel pomeriggio una delegazione di Autostrade è attesa al Mit per discutere delle proposte avanzate dalla società per definire in maniera consensuale un nuovo accordo sulla concessione. Proposte che, come sottolineato ieri dall’azienda, «ad oggi, non hanno mai ricevuto alcun riscontro formale».
Un summit importante dunque che tuttavia ora assume una ben diversa connotazione. Se la Consulta avesse condiviso i dubbi di incostituzionalità del Decreto Genova sollevati dal Tar della Liguria indirettamente avrebbe messo nel mirino anche il decreto Milleproroghe che tanti danni ha causato alla compagnia. Ora questa leva non solo non esiste più ma paradossalmente si è rafforzata la posizione dell’esecutivo. Proprio nei giorni in cui, peraltro, come ha dichiarato ieri il premier Giuseppe Conte, il governo intende stringere sulla questione della revoca della concessione.
Ora gli avvocati di Atlantia, la cui presenza è attesa al cda della holding, dovranno aiutare il gruppo a definire la linea. Una linea che allo stato attuale continua a contemplare due opzioni cardine: il proseguimento della trattativa o la battaglia legale, confidando nell’appoggio di Bruxelles. Riguardo alla prima opzione, i nodi da sciogliere sono sempre gli stessi: trovare un equilibrio tra tariffe e investimenti e definire il nuovo assetto azionario di Aspi. E stante il nuovo contesto proprio il potenziale futuro azionariato di Autostrade potrebbe diventare il grimaldello attorno a cui il governo potrebbe far girare l’intesa con la compagnia. Un forte ridimensionamento di Atlantia, che oggi ha l’88%, e di conseguenza dei Benetton, potrebbe essere una carta gradita a Roma. Le prossime ore saranno certamente cruciali per capire se ci sarà ancora spazio per un’intesa o se si aprirà la procedura di revoca e dunque una dura, e per tanti aspetti controproducente, battaglia legale.
Nel mentre, Autostrade, in risposta alle numerose critiche e polemiche sollevate sul tema della concessione del Ponte Morandi, che deve restare in capo ad Aspi almeno fin tanto che non ci sarà la revoca della concessione, l’azienda ha spiegato che «la tragedia del 14 agosto 2018 ha segnato in modo indelebile la storia della società». In risposta proprio a quel drammatico evento, «è stato completato un radicale cambiamento di management e di tutti i processi aziendali» e sono stati «realizzati in due anni investimenti per oltre 1 miliardo, aumentate le spese di manutenzione di oltre il 50% e tutti i controlli sulla rete sono stati effettuati da società esterne»
Autostrade per l’Italia ha poi aggiunto che «nel corso di questi due anni, ha supportato in ogni modo la realizzazione del nuovo viadotto sul Polcevera facendosi carico della totalità delle spese di demolizione e costruzione. Le risorse complessivamente erogate per Genova, sotto forme di indennizzi e sostegno a cittadini e imprese, sono pari a circa 600 milioni di euro». Inoltre, ha concluso la compagnia, «entro il 2023 la società investirà 2 miliardi di euro in spese di manutenzione e cura della rete, di cui 550 milioni di euro nel solo 2020. Ad oggi sono attivi oltre 300 cantieri di manutenzione sulla rete nazionale. Attività possibili grazie al finanziamento di 900 milioni di euro messo a disposizione dalla capo gruppo Atlantia, poiché lo scorso gennaio Aspi, a causa del Dl Milleproroghe, ha subito un downgrade del proprio rating a livello spazzatura che ha bloccato di fatto l'accesso al credito della società».

Salvini e Toti sotto a un ponte. - Gaetano Pedullà

Toti Salvini

Quelli che ieri hanno usato il nuovo ponte di Genova per dimostrare che la revoca della concessione ai Benetton è stata una presa in giro da parte del premier Conte e dei 5 Stelle (ad esempio Salvini e Toti) sono più falsi di una moneta da tre euro. In realtà, l’affidamento temporaneo alla società Autostrade, la stessa che per contratto doveva garantire la manutenzione del viadotto Morandi, crollato due anni fa con 43 vittime, è un atto puramente formale, inevitabile per restituire al capoluogo ligure un collegamento oltremodo necessario senza perdere tempo. Tale provvedimento, che la ministra De Micheli non poteva non firmare, non sposta però di un millimetro la sostanza delle cose: la mangiatoia delle autostrade sta per finire.
Un destino ormai talmente chiaro che ieri in Borsa, dove non si investono chiacchiere ma soldi veri, il titolo della società Autostrade è stato tra i peggiori nonostante quello che veniva fatto passare come un punto decisivo a suo favore. Poi in serata è arrivata la decisione della Corte costituzionale, che ha giudicato legittima l’esclusione proprio di Autostrade dalla costruzione del ponte ormai realizzato da Fincantieri e Salini Impregilo, cioè da chi non ha alcuna continuità con le attività dei Benetton, come avevano promesso Di Maio e l’allora ministro dei Trasporti, Toninelli.
Adesso il Governo si assumerà la responsabilità di revocare la concessione autostradale, ben sapendo che questo innescherà una lunga battaglia legale, con richieste di risarcimenti miliardari da parte di chi dovrebbe invece andare a nascondersi per i miliardi che ha incassato dai pedaggi in oltre trent’anni, e per tenersi la gallina dalle uova d’oro si è inventato di tutto, compresa un’inutile trattativa che ha fatto perdere tempo prezioso e milioni all’Alitalia.
Un muro di cavilli giuridici di fatto sostenuto da chi fino a ieri non ha mai fatto una pressione sui Benetton. E ora dal leader della Lega, Salvini, al governatore ligure Toti, riversano accuse ipocrite contro chi si è sempre battuto per mandare a casa il concessionario, dai 5S al sottoscritto. A loro dedico col cuore una citazione di Albert Einstein: “È difficile sapere cosa sia la verità, ma a volte è molto facile riconoscere una falsità”.

Una favola e Toti salva i Benetton. - Gaetano Pedullà

Giovanni Toti

Una regione fatta prigioniera e chi se ne dovrebbe vergognare impazza in tv facendo campagna elettorale, ovviamente trasferendo ad altri le responsabilità proprie e di chi guadagna un sacco di soldi proprio per impedire un tale disagio. Ha dell’incredibile quello che accade da giorni in Liguria, con le autostrade paralizzate per i controlli sulla stabilità dei tunnel resi necessari dopo la sfilza di disastri partita con il crollo del ponte Morandi a Genova, ormai due anni fa.
Da allora la rete che lo Stato ha dato in concessione ad Autostrade per l’Italia, società controllata dai Benetton, ha mostrato altri segni di cedimento, con un’altra tragedia per fortuna solo sfiorata a dicembre scorso, quando vennero giù pezzi della volta di una galleria dell’A26 tra Masone e Voltri. Se il concessionario avesse fatto le manutenzioni non avremmo un tale degrado, ma solo adesso e su precisa richiesta della parte pubblica si stanno facendo i controlli, col risultato di bloccare l’intero traffico. Per il governatore della Liguria, Giovanni Toti (nella foto), questa però è l’ennesima prova dell’incapacità di chi governa a Roma, e con i soliti slogan un perfetto argomento per nascondere il suo sostegno di sempre ai Benetton.
Dal dibattito sulla costruzione del nuovo viadotto Polcevera alla battaglia condotta in quasi assoluta solitudine dai 5 Stelle per revocare la concessione, mai il presidente Toti ha preso posizione contro i signori dei caselli, se non con dichiarazioni di circostanza e senza alcun seguito. Così, dopo essere stati lasciati per strada, i liguri adesso sono pure presi in giro.

La Corte costituzionale dà torto ad Autostrade: "Legittimo estromettere la società dalla costruzione del nuovo ponte". - Liliana Milella e Marco Preve

La Corte costituzionale dà torto ad Autostrade: "Legittimo estromettere la società dalla costruzione del nuovo ponte"
(Leoni)

Aspi aveva presentato ricorso contro il decreto con cui veniva istituito il commissario per la ricostruzione dell'opera, escludendo di fatto la società. La Consulta: "Scelta dettata dalla grave situazione". I 5Stelle esultano: "Avevamo ragione". Conte: "Una scelta che ci conforta".

"L'eccezionale gravità della situazione" giustifica l'esclusione di Aspi dai lavori per la ricostruzione del ponte di Genova. Con questa motivazione la Corte costituzionale ha respinto i 6 ricorsi del Tar della Liguria che aveva sollevato dubbi di costituzionalità sull'articolo 41 della Carta per l'esclusione di Aspi dalla ricostruzione del Morandi, il cui crollo provocò la morte di 43 persone. Era stata la società a rivolgersi al Tar per lamentare la violazione di una serie di diritti che sconfinavano, secondo i legali dell'azienda, nell'illegittimità costituzionale. La sentenza arriva nel giorno delle polemiche per la notizia che sarà Aspi a gestire il nuovo ponte di Genova, almeno fino alla possibile revoca della concessione. A reagire sono innanzitutto i 5Stelle: "Avevamo ragione". E Di Maio: "Grazie a Toninelli". "La sentenza ci conforta", dice il premier, Giuseppe Conte. "Conferma la piena legittimità costituzionale della soluzione normativa a suo tempo elaborata dal governo". Ma ecco il comunicato con cui la Corte ha annunciato la sua decisione.

Il comunicato della Corte.

"La Corte costituzionale ha esaminato nell'odierna camera di consiglio le questioni sollevate dal Tar della Liguria riguardanti numerose disposizioni del Decreto legge n. 109 del 2018 (cosiddetto Decreto Genova) emanato dopo il crollo del Ponte Morandi. Il Decreto ha affidato a un commissario straordinario le attività volte alla demolizione integrale e alla ricostruzione del Ponte nonché all'espropriazione delle aree a ciò necessarie. Inoltre, è stato demandato al commissario di individuare le imprese affidatarie, precludendogli di rivolgersi alla concessionaria Autostrade Spa (Aspi) e alle società da essa controllate o con essa collegate. Infine, il Decreto impugnato ha obbligato Aspi a far fronte ai costi della ricostruzione e degli espropri.  

In attesa del deposito della sentenza, l'Ufficio stampa fa sapere che la Corte ha ritenuto non fondate le questioni relative all'esclusione legislativa di Aspi dalla procedura negoziata volta alla scelta delle imprese alle quali affidare le opere di demolizione e di ricostruzione. La decisione del Legislatore di non affidare ad Autostrade la ricostruzione del Ponte è stata determinata dalla eccezionale gravità della situazione che lo ha indotto, in via precauzionale, a non affidare i lavori alla società incaricata della manutenzione del Ponte stesso. La Corte ha poi dichiarato inammissibili le questioni sull'analoga esclusione delle imprese collegate ad Aspi e quelle concernenti l'obbligo della concessionaria di far fronte alle spese di ricostruzione del Ponte e di esproprio delle aree interessate". 

La ricostruzione del caso.

Il ricorso affrontato oggi dalla Consulta era intitolato "Aspi contro la presidenza del Consiglio dei ministri e altri undici". Fra questi "undici" c'era soprattutto la struttura commissariale, presieduta da Marco Bucci, il sindaco di Genova e commissario per la ricostruzione del ponte Morandi, che ha poi ricostruito il viadotto sul Polcevera.
 
Con il celebre decreto Genova, poi diventato legge, Autostrade per l'Italia era stata estromessa dalle attività di ricostruzione del Ponte Morandi, affidate al Commissario straordinario con spese a carico del concessionario. Aspi aveva presentato una serie di ricorsi al Tar Liguria. L'elenco delle presunte violazioni di diritti costituzionali era lungo e ruotava in primis attorno al mancato rispetto della Convenzione fra Stato e concessionaria. Soprattutto sull'imposizione ad Aspi, lasciata fuori dalla porta della ricostruzione, dei costi per il nuovo viadotto ma anche di quelli per i risarcimenti alle imprese e agli sfollati: "Non è dato comprendere - hanno scritto i giudici del Tar - con precisione sulla scorta di quali parametri economici sono state determinate le indennità per metro quadro".
 
I giudici, nelle sei ordinanze sul tavolo della Consulta, sostenevano "la sussistenza di un contrasto con i principi di  separazione dei poteri, di difesa e del giusto processo, nonché del complesso delle disposizioni censurate  con il principio di proporzionalità".  E che "l'esclusione della società concessionaria dalle attività  in questione costituirebbe una restrizione della libertà di iniziativa  economica  in contrasto con l'articolo 41 della Costituzione (che garantisce la libertà dell'iniziativa economica privata, ndr)".
 

L'esclusione di Aspi dalla ricostruzione, inoltre, era stata decisa in assenza di qualsiasi responsabilità accertata processualmente della società - visto che l'inchiesta della procura non è neppure arrivata all'udienza preliminare - nel crollo del 14 agosto 2018. Secondo i giudici del Tar "il legislatore" avrebbe "alterato il complesso di diritti e obblighi attribuiti alla ricorrente Aspi dalla Convenzione unica". Sulla base di queste considerazioni giuridiche il Tar ha sospeso il giudizio sul ricorso perché ha ritenuto "rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale". Ma oggi la Consulta ha bocciato queste argomentazioni. E ora, tra governo ed Autostrade, si preannuncia lo scontro finale.

https://www.repubblica.it/politica/2020/07/08/news/consulta_ponte_concessione_autostrade-261342237/?fbclid=IwAR3e0KZ4IO5QSURk2KcQolWOfSNpk0OK-Ku3oBDotin2XMp3cFtCJ9MEKME

Ponte di Genova: Conte, 'O arriva proposta o scatta la revoca'. -



Per la Consulta 'Non è illegittimo estromettere Aspi dalla ricostruzione'.

La vicenda Autostrade "si trascina da troppo tempo. Ma la procedura di revoca è stata avviata e ci sono tutti i presupposti per realizzarla, perché gli inadempimenti sono oggettivi, molteplici e conclamati. Quindi o arriva una proposta della controparte che è particolarmente vantaggiosa per lo Stato oppure procediamo alla revoca, pur consapevoli che comporta insidie giuridiche". Così il premier Conte. Quando? "Entro questo fine settimana". Ed "è una decisione di tale importanza che la porteremo in CdM".
Atlantia risente in Borsa della decisione della Corte Costituzionale di respingere il ricorso contro l'esclusione di Autostrade per l'Italia dalla ricostruzione del ponte Morandi. Il titolo, in un listino nel complesso in leggero aumento, segna in avvio di seduta in calo del 5,21% a 13,5 euro con il futuro della concessione di Aspi che appare oggi ancora più in bilico.
Secondo la Consulta non è illegittimo estromettere Aspi dalla ricostruzione del Ponte Morandi. La Corte costituzionale ha ritenuto non fondate le questioni relative all'esclusione legislativa di Aspi dalla procedura negoziata volta alla scelta delle imprese alle quali affidare le opere di demolizione e di ricostruzione del Ponte Morandi.
"La decisione del Legislatore di non affidare ad Autostrade la ricostruzione del Ponte è stata determinata dalla eccezionale gravità della situazione che lo ha indotto, in via precauzionale, a non affidare i lavori alla società incaricata della manutenzione del Ponte stesso": è quanto comunica l'ufficio stampa della Consulta in attesa delle motivazioni della sentenza.
"Ci conforta che la Corte costituzionale abbia confermato la piena legittimità costituzionale della soluzione normativa che venne a suo tempo elaborata dal governo", ha commentato il premier Conte. 
Intanto il Governo è diviso sulla decisione di affidare ad Aspi, anche se pro tempore e come atto dovuto verso l'attuale concessionario, la gestione del nuovo ponte di Genova. 
"Confermo che il nuovo Ponte Morandi sarà gestito da Autostrade. Ho scritto io la lettera al sindaco Bucci. La gestione va al concessionario, che oggi è Aspi ma sulla vicenda c'è ancora l'ipotesi di revoca", ha detto la ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli a Radio 24 Mattino, come riportato anche da un tweet della trasmissione. 
"Ebbene, dopo due anni di minacce, immobilismo, proclami, giustizia promessa e rimandata, il ponte di Genova verrà riconsegnato proprio ad Autostrade, come ha ordinato il Governo M5s-Pd", ha detto il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti via Facebook. "Voi ridate il ponte ad Autostrade senza ottenere nulla. Noi continuiamo a lavorare per l'interesse dei liguri. E intanto per la tragedia del Morandi e per le sue 43 vittime nessuno ancora ha pagato. Mentre a Roma litigavate, noi in Liguria almeno abbiamo ricostruito il ponte. Forse abbiamo ringhiato meno di voi... ma visti i risultati...", commenta.
"Sulla concessione delle autostrade il governo ha lavorato senza sosta. Dopo aver raggiunto un risultato importantissimo, con il nuovo ponte Morandi costruito in meno di due anni, adesso è arrivato il momento di decidere, possibilmente entro questa settimana", ha detto il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, e capo delegazione del Movimento 5 Stelle.
Intanto, sono iniziate in mattinata le operazioni di stesura del primo strato di asfalto sul nuovo viadotto sul Polcevera a Genova. Lo annuncia la struttura commissariale. Un 'tappeto' di circa 7 centimetri, chiamato binder, viene steso con un rullo sul materiale già applicato nei giorni scorsi (primer e cappa asfaltica). Una volta completata la posa, che avviene dal centro del ponte verso le estremità del viadotto, la strada sarà completata con lo strato di usura, un' ulteriore parte in asfalto dello spessore di 4 centimetri.
"Il ponte di Genova non deve essere riconsegnato nelle mani dei Benetton - scrive su Twitter il capo politico del M5s Vito Crimi -. Non possiamo permetterlo. Questi irresponsabili devono ancora rendere conto di quanto è successo e non dovrebbero più gestire le autostrade italiane. Su questo il Movimento 5 stelle non arretra di un millimetro". 
"Rinviare non significa risolvere i problemi! Il conto, salato, alla fine si paga sempre. I cittadini ci hanno eletto per cambiare e decidere e non per avere "l'anime triste di coloro che visser sanza 'nfamia e sanza lodo" #NonInMioNome #ViaIBenetton", dice, sempre su Twitter Stefano Buffagni, viceministro allo sviluppo economico. Buffagni cita la definizione degli ignavi di Dante.
"Confermata la concessione ad Autostrade? Cosa non si fa per salvare la poltrona, 5 Stelle ridicoli e bugiardi, due anni di menzogne e tempo perso: #colpadisalvini anche questo???": scrive in un tweet il leader della Lega Matteo Salvini.
"Siamo rimasti basiti". Lo ha detto Franco Ravera, presidente dell'associazione 'Quelli del ponte Morandi' ex Comitato sfollati di Genova commentando a 'Radio 1 Giorno per giorno' la decisione di dare ad Autostrade la gestione del nuovo ponte di Genova. "Siamo stati due anni a sentire che quel ponte lì veniva ricostruito e non sarebbe più stato gestito da Autostrade. Noi ci abbiamo creduto, perché c'era, e c'è ancora in corso, una procedura della magistratura, una verifica sulle responsabilità".
E sul Ponte di Genova, da Madrid, interviene il premier Giuseppe Conte: "Io sono stato molto chiaro, ho detto che questo dossier va chiuso. Io ho già detto ai ministri più direttamente competenti che mi aspetto di chiudere ad horas o comunque a fine settimana. Dobbiamo evitare una situazione paradossale, dobbiamo chiarire questo passaggio". "Porteremo il dossier Autostrade in Cdm. E' una decisione di tale importanza che dovrà essere condivisa al di là dei due ministri direttamente competenti. Va coinvolto tutto il governo".
La questione della gestione del ponte di Genova va "subito risolta", "non voglio esprimere sentenze, né alimentare scontri, non ce n'è bisogno in questo momento", ma bisogna "mantenere le promesse fatte", scrive su Facebook il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. "Alle famiglie delle vittime avevamo promesso due cose: che il ponte non lo avrebbero costruito i Benetton, ma un'azienda di Stato. Infatti lo hanno costruito Fincantieri con Webuild. E che i Benetton non avrebbero più gestito le autostrade. Tantomeno il ponte. Entrambe queste promesse ora vanno mantenute. La politica senta dentro di sé il peso di queste due promesse. E passi ai fatti".