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venerdì 15 novembre 2024

Ok al Ponte di Messina con 50 prescrizioni da VIA. Buono: “Ue indipendente per anni con nucleare”. 1,7 miliardi investiti su rete Autostrade. Che c’è sui giornali di Edoardo Lisi

 




La Commissione Via-Vas dà il via libera al progetto del Ponte di Messina, ma con 50-60 prescrizioni. In altre parole, la Commissione ha indicato una serie di misure tecniche che dovranno essere rispettate durante la costruzione dell’infrastruttura. L’Europa può conquistare centinaia di anni di indipendenza energetica con il nucleare. È l’opinione di Stefano Buono, numero uno di Newcleo, azienda europea ce progetta micro reattori alimentate a scorie (mox). L’atomo potrebbe portare anche “una competitività straordinaria a molti settori industriali italiani”, secondo Buono. Da gennaio a settembre Autostrade per l’Italia ha speso quasi 1,7 miliardi di euro di investimenti “per l’ammodernamento, il potenziamento e la manutenzione della rete, con un incremento di 341 milioni di euro» (sempre rispetto allo stesso periodo del 2023)”, si legge su La Repubblica. La rassegna Energia.

ENERGIA, PONTE SULLO STRETTO: OK CON PRESCRIZIONI DA COMMISSIONE VIA

“Non è un parere tondo quello che è uscito dalle stanze della commissione Via-Vas sul Ponte sullo Stretto, opera contestatissima oggetto di furiose polemiche tra maggioranza e opposizione. L’organismo che lavora nella pancia del ministero dell’Ambiente ha dato il verdetto finale sul progetto alzando disco verde ma “con prescrizioni”, si parla di 50-60 indicazioni perentorie. A confermarlo sono fonti del ministero dell’Ambiente arrivate nella serata di ieri. «La Commissione Tecnica di Valutazione dell’Impatto Ambientale ha completato nei termini le proprie attività, approvando oggi il parere di propria competenza sul progetto del Collegamento stabile tra Calabria e Sicilia comprendente il Ponte e i collegamenti stradali e ferroviari a terra», spiegano al dicastero guidato da Pichetto Fratin”, si legge su Il Sole 24 Ore.

«La Commissione si è pronunciata positivamente sulla compatibilità ambientale del progetto, così come integrato con la Relazione del proponente, ai sensi del Dl 35/2023 sul riavvio dell’iter del Ponte nel rispetto delle condizioni ambientali prescritte che dovranno essere ottemperate perlopiù nella fase della presentazione del progetto esecutivo». (…) la Commissione ha indicato una serie di misure tecniche che dovranno essere rispettate in fase di esecuzione dell’infrastruttura. Esulta il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini che esprime «grande soddisfazione» aggiungendo che «l’Italia può guardare al futuro»”, continua il giornale.

“Il parere arriva dopo una battaglia di carte bollate, con diverse richieste di chiarimenti tecnici da parte del Mase nei confronti della documentazione presentata dalla Società Stretto di Messina, committente dell’opera: in tutto 239 obiezioni sollevate dalla precedente commissione Via scaduta a maggio e rinnovata in tutte le sue componenti a luglio scorso. (…) La documentazione con le controdeduzioni e le integrazioni della Società committente era stata inviata a settembre e ora è arrivato il verdetto definitivo, quello che adesso, insieme a quello della Conferenza di servizi, prenderà la strada del Comitato interministeriale della programmazione economica forse già a dicembre ma più probabilmente nei primi mesi dell’anno prossimo. Ma intanto il fronte del no si dà appuntamento domani a Roma in una conferenza stampa allargata: tra i promotori il Pd, M5S, Sinistra italiana, Cgil Messina, quella siciliana, Legambiente e diverse altre sigle sindacali e ambientaliste”, continua il giornale.

NUCLEARE, BUONO (NEWCLEO): “CON ATOMO UE INDIPENDENTE, PICCOLI REATTORI SVOLTA”

“«Con il nucleare l’Europa può avere centinaia di anni di indipendenza energetica con il nucleare. Le nuove generazioni lo hanno capito, i governi pure. Entro i prossimi sei anni i primi piccoli reattori». Stefano Buono, numero uno di Newcleo, la più interessante società europea di progettazione di micro reattori nucleari alimentati a mox (le scorie), è a Brasimone, in Emilia-Romagna, ma è già pronto a spiccare il volo per la prossima destinazione. «È un periodo intenso, ma affascinante. Dobbiamo correre. Non solo l’Ue, ma anche l’Italia, che può giocare un ruolo chiave nel Mediterraneo», dice. Gli occhi, oltre alla messa in sicurezza della transizione green dell’Europa, è anche all’Africa. «I nostri reattori galleggianti saranno la svolta», spiega. (…) «Sia dal punto di vista dell’opinione pubblica, nel 2022 c’era solo l’Inghilterra che voleva un ritorno all’atomo e oggi siamo ad almeno dodici Paesi europei, sia dal punto di vista tecnologico». (…) «Le aziende statunitensi, basti guardare al Big Tech con i data center per l’AI, hanno avuto molte risorse per sviluppare il nucleare, quindi la corsa è stata più veloce». (…) entro il 2026 avremo un reattore funzionante a Brasimone (in provincia di Bologna). O meglio, una simulazione che sarà senza energia nucleare ma completamente funzionante in tutti i suoi aspetti”, si legge su La Stampa.

“«Una competitività straordinaria a molti settori industriali italiani. E sarebbe lo stesso anche per gli altri Paesi Ue». (…) «Quell’aspetto facilita sempre il progresso economico. Bisognerebbe però accelerare i processi». (…) «Il governo può anche essere convinto, ma resta un tema da toccare con attenzione nell’opinione pubblica. Il problema è che servirebbe più velocità, per stare al passo con il sistema globale». (…) «Con la prossima legge potremo davvero essere pronti a chiedere le autorizzazioni per i nuovi impianti. È questo ciò che chiede il privato». (…) «Lo vediamo ogni giorno. I giovani hanno questa convinzione e in qualche modo stanno convincendo i loro genitori. Hanno più pragmatismo di tanti altri, perché riconoscono che sia energia pulita». (…) «C’è sempre stato un apporto tecnologico superiore rispetto a tante aree. La Francia, per esempio, è stata una figura fondamentale per il nucleare. Può tornare a esserlo insieme con l’Italia in modo da creare un asse capace di aiutare tutta l’Europa a trovare l’indipendenza energetica con la transizione». (…) Un esempio di ciò è il progetto che abbiamo con Saipem e Terna. Stiamo pensando di mettere uno dei nostri reattori su una piattaforma galleggiante in modo da fornire energia a chiunque la chieda. E si tratterebbe di tecnologia europea per sostenere le esigenze dell’Africa anche in ottica geopolitica. Contiamo di essere pronti già il prossimo anno con il design integrato”, continua il giornale.

“«Una competitività straordinaria a molti settori industriali italiani. E sarebbe lo stesso anche per gli altri Paesi Ue». (…) «Quell’aspetto facilita sempre il progresso economico. Bisognerebbe però accelerare i processi». (…) «Il governo può anche essere convinto, ma resta un tema da toccare con attenzione nell’opinione pubblica. Il problema è che servirebbe più velocità, per stare al passo con il sistema globale». (…) «Con la prossima legge potremo davvero essere pronti a chiedere le autorizzazioni per i nuovi impianti. È questo ciò che chiede il privato». (…) «Lo vediamo ogni giorno. I giovani hanno questa convinzione e in qualche modo stanno convincendo i loro genitori. Hanno più pragmatismo di tanti altri, perché riconoscono che sia energia pulita». (…) «C’è sempre stato un apporto tecnologico superiore rispetto a tante aree. La Francia, per esempio, è stata una figura fondamentale per il nucleare. Può tornare a esserlo insieme con l’Italia in modo da creare un asse capace di aiutare tutta l’Europa a trovare l’indipendenza energetica con la transizione». (…) Un esempio di ciò è il progetto che abbiamo con Saipem e Terna. Stiamo pensando di mettere uno dei nostri reattori su una piattaforma galleggiante in modo da fornire energia a chiunque la chieda. E si tratterebbe di tecnologia europea per sostenere le esigenze dell’Africa anche in ottica geopolitica. Contiamo di essere pronti già il prossimo anno con il design integrato”, continua il giornale.

TASPORTI, INVESTITI 1,7 MILIARDI SU RETE AUTOSTRADE

“I maggiori ricavi sono effetto sia dell’incremento tariffario di Autostrade (nell’ordine dell’1,51%) e sia della crescita del traffico. L’impennata della circolazione, tra gennaio e settembre del 2024, è dell’ 1,6%. Più in dettaglio, i chilometri percorsi dai veicoli leggeri (quelli a due assi) sono aumentati dell’ 1,6% quelli dai veicoli pesanti (a tre o più assi) del +2,2%. Dai pedaggi arrivano così 45 milioni in più. Due altri dati finanziari rilevanti. I costi operativi ammontano a 1.278 milioni. Su questo fronte, dunque, si segnala una diminuzione di 76 milioni (rispetto ai primi nove mesi del 2023). Si registra invece un segno più alla voce indebitamento finanziario netto, che «è pari a 9.768 milioni di euro e registra un aumento di 488 milioni (rispetto al 31 dicembre 2023)». Tra gennaio e settembre 2024, Autostrade per l’Italia ha speso 1.668 milioni di euro – si legge in una nota – «per l’ammodernamento, il potenziamento e la manutenzione della rete, con un incremento di 341 milioni di euro» (sempre rispetto allo stesso periodo del 2023)”, si legge su La Repubblica.

“Le informazioni sulla manutenzione vanno valutate con attenzione perché – proprio nel terzo trimestre 2024 – l’Italia celebra due traguardi storici per la sua rete autostradale: i 100 anni della Milano Laghi (A8) il 21 settembre e i 60 anni dell’Autostrada del Sole (A1), spina dorsale del Paese, il 4 ottobre. A proposito di mobilità sostenibile, è ormai completato il piano per l’installazione di 100 stazioni di ricarica ad alta potenza in altrettante aree di servizio. A queste cento, se ne aggiungeranno altre 8 per effetto dell’aggiudicazione di una gara nel mese di maggio”, continua il giornale.

“Il parere arriva dopo una battaglia di carte bollate, con diverse richieste di chiarimenti tecnici da parte del Mase nei confronti della documentazione presentata dalla Società Stretto di Messina, committente dell’opera: in tutto 239 obiezioni sollevate dalla precedente commissione Via scaduta a maggio e rinnovata in tutte le sue componenti a luglio scorso. (…) La documentazione con le controdeduzioni e le integrazioni della Società committente era stata inviata a settembre e ora è arrivato il verdetto definitivo, quello che adesso, insieme a quello della Conferenza di servizi, prenderà la strada del Comitato interministeriale della programmazione economica forse già a dicembre ma più probabilmente nei primi mesi dell’anno prossimo. Ma intanto il fronte del no si dà appuntamento domani a Roma in una conferenza stampa allargata: tra i promotori il Pd, M5S, Sinistra italiana, Cgil Messina, quella siciliana, Legambiente e diverse altre sigle sindacali e ambientaliste”, continua il giornale.


https://energiaoltre.it/ponte-messina-nucleare-energia/

lunedì 20 marzo 2023

Natura meravigliosa.

 

E, se invece di costruire il già costosissimo e, probabilmente, pericolosissimo "Ponte sullo Stretto di Messina" decidessero di mettere a norma tutte la infrastrutture del paese?

Otterremmo risultati migliori sotto tutti i punti di vista!!!

Conte lo aveva pensato, attuando il "SuperBonus 110%, ma non è piaciuto a chi non si adopera per realizzare il nostro benessere, ma per mantenere il proprio interesse.

cetta.

giovedì 5 agosto 2021

Riecco il ponte: altri 50 milioni per lo studio. - Carlo Di Foggia

 

La storia infinita del grande spreco.

Nella pluridecennale vicenda del Ponte sullo Stretto di Messina, sembra di rivivere il “giorno della marmotta”. Quasi dieci anni fa, il governo Monti ha archiviato la mega-opera perché considerata un inutile spreco di denaro, scatenando un maxi-contenzioso con il consorzio Eurolink, capeggiato da Salini-Impregilo, vincitore della gara. Oggi si riparte dal più classico “studio di fattibilità tecnico-economica”. L’ufficialità è arrivata ieri dal ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, in audizione alle Camere. Due ore surreali in cui la parola “ponte” non si è sentita per 40 minuti, sostituita da un più laico “attraversamento stabile dello Stretto di Messina”. È toccato al renzianissimo deputato Luciano Nobili, dire pane al pane e vino al vino: “Possiamo togliere l’ipocrisia del lavoro degli ultimi mesi e parlare di ponte?”.

Giovannini è riuscito nell’impresa di scontentare pure i pasdaran dell’opera, che in realtà si spendono per Pietro Salini e Webuild, il colosso delle costruzioni nato dopo che la Cassa depositi e prestiti ha messo in sicurezza con soldi pubblici la Salini-Impregilo.

Breve premessa. Il mese scorso, la Camera ha approvato a larghissima maggioranza (tranne Leu e M5S) una mozione che “impegna il governo ad adottare le opportune iniziative al fine di individuare le risorse necessarie per realizzare un collegamento stabile, veloce e sostenibile dello Stretto di Messina estendendo, così, la rete dell’Alta velocità fino alla Sicilia”. Il ponte è la conclusione logica del mega-progetto dell’Alta velocità Salerno-Reggio Calabria (22 miliardi, di cui 10 già finanziati nel fondo complementare al Pnrr) anch’esso fermo allo “studio di fattibilità tecnico-economica”.

Giovannini si è presentato per elogiare il lavoro consegnato dalla commissione di esperti nominata a suo tempo da Paola De Micheli. L’illustre task force è stata chiamata a rifare una discussione chiusa 40 anni fa: meglio un ponte, un tunnel sotto il fondale (sub alveo) o solo ancorato al fondale (alveo)? Vale a dire, le opzioni del concorso internazionale di idee del 1969, chiuso 20 anni dopo con la scelta del ponte, l’unica considerata percorribile. Il team di esperti ministeriali – dove non compare nessun ingegnere strutturista esperto di costruzioni di ponti – ha concluso che in effetti il ponte è l’unica soluzione, ma ha ipotizzato che forse invece di quello a un’unica campata, oggetto della gara del 2006, si può fare a più campate. Il costo, però, deve sobbarcarselo tutto lo Stato. Quanto? I 10 miliardi del vecchio progetto? Non si sa, e per questo serve lo studio. Giovannini ha annunciato che ci sono già 50 milioni stanziati nella vecchia legge di Bilancio, e a farlo sarà Italferr, controllata di Fs: si dovrebbe chiudere entro la primavera 2022 per arrivare poi al dibattito pubblico e a stanziare i fondi in autunno con la legge di Bilancio.

Ai parlamentari di Lega, Forza Italia e Italia Viva, che lo accusavano di prender tempo per non fare nulla, il ministro ha replicato che lui l’opera la vuole fare e di averne discusso con Mario Draghi e il resto del governo: “Sposando la linea del gruppo di lavoro non riteniamo affatto che quest’opera sia inutile, anzi: motivazioni di carattere trasportistico, economico e sociale la giustificano”. E quindi si farà e “verrà chiesto alla Ue di partecipare al finanziamento”. Sembra una barzelletta: in studi, lavori, consulenze e altro, per il ponte sono stati spesi già 960 milioni (300 nel solo 2010-2013); intanto la concessionaria, la Stretto di Messina Spa, da 10 anni in liquidazione, è ancora lì. Ora si riparte.

Nelle slide illustrate da Giovannini, tra le “motivazioni socio-economiche” che giustificano il ponte c’è l’arretratezza dell’area: calo ventennale della popolazione (-1,2% tra 2000 e 2019 rispetto al Nord); dell’occupazione (-11,7% rispetto al Centro-Nord e allo stesso Mezzogiorno) e del Pil (-15,3% rispetto al Centro-Nord). Dati che dovrebbero migliorare grazie a una mega-opera di cui non si conoscono nemmeno le stime di traffico. Giovannini ha spiegato che “l’assenza di un collegamento stabile penalizza in modo rilevante il traffico ferroviario, gli spostamenti di breve distanza e quelli da e per il Mezzogiorno” e che l’attraversamento “potrebbe modificare nel tempo le scelte di approdo di taluni traffici”. Quali? Non si sa, ma a braccio (il testo non compare nelle slide) il ministro ammette che “analisi condotte mostrano che gran parte del traffico merci marittimo non si fermerebbe in Sicilia, ma proseguirebbe verso scali del Centro-Nord, Genova e Trieste per i costi decisamente più bassi”.

Curioso, visto che la mozione parlamentare motiva il ponte con la possibilità di “intercettare il traffico merci che, dal Canale di Suez, oggi si dirige verso Gibilterra per puntare sui porti del Nord Europa, quando invece la Sicilia col porto di Augusta collegato all’Alta velocità potrebbe rappresentare un hub strategico nel Mediterraneo”. Giovannini è costretto ad ammettere che il ponte lo deve pagare lo Stato, perché “se anche partecipassero i privati il costo di realizzazione e manutenzione imporrebbe dei canoni di utilizzo estremamente elevati che finirebbero per scaricarsi sulla finanza pubblica”. Tradotto: il progetto non sta in piedi a meno di chiedere dei pedaggi ad auto e treni così elevati da renderli anti-economici (e quindi, alla fine, pagherebbe comunque lo Stato).

Centrodestra e Iv, come detto, si sono scagliati contro il ministro. Vorrebbero che si ritornasse al progetto di Eurolink. Subito. “Si mette in discussione un iter iniziato da qualche decennio, con atti che sono ancora validi – dice Stefania Prestigiacomo (Fi) –. Il progetto ha superato tutti i vagli di legge”. La realtà è ovviamente diversa. Giovannini ha dovuto ricordare che il vecchio progetto ha problemi enormi: non ha mai ottemperato a tutte le prescrizioni della valutazione di impatto ambientale e che per una parte dell’anno il ponte a campata unica dovrebbe stare chiuso a causa del vento, costringendo comunque a mantenere in vita il sistema dei traghetti.

L’impatto ambientale, peraltro, è assente nella relazione dei tecnici ministeriali: verrà approfondito più avanti, pare, visto che la commissione non aveva al suo interno tecnici del settore. Senza considerare il fatto che il progetto, in qualunque caso, non potrà essere finanziato dal Pnrr o altro, perché “non rispetta il requisito di non danneggiare l’ambiente”.

Vale la pena, a questo punto, ricordare che Eurolink ha fatto causa allo Stato. Mentre Renzi e Di Maio lo elogiavano, Salini chiedeva 700 milioni di danni: in primo grado ha perso, la sentenza d’appello è attesa a breve. Ora ha delle ragioni in più: il suo progetto potrebbe essere recuperato. Mal che vada, c’è comunque qualche decina di milioni in nuove consulenze…

ILFQ

giovedì 15 aprile 2021

“Hanno falsificato dati sul Morandi”. Lo choc del neo-Ad. - Marco Grasso

 

La rivelazione è così sconvolgente da lasciare sbigottito persino il nuovo Ad di Autostrade per l’Italia, Roberto Tomasi, l’uomo chiamato per salvare una nave in mezzo alla tempesta: “Quindi lui avrebbe forzato anche i voti sul Polcevera? Ma davvero? Non ci posso credere…”.

È il 12 dicembre 2019. È passato un anno e mezzo dal crollo del ponte Morandi, e tre mesi dalle prime misure cautelari che hanno svelato il sistema di falsi report con cui veniva sottostimato il degrado dei viadotti di mezza Italia, per posticipare le spese in manutenzione. Eppure, fino a questo momento, nemmeno i vertici della società sospettavano che la situazione fosse così grave. Ovvero che i falsi avessero riguardato anche il viadotto caduto, e quindi potessero essere messe in relazione con la morte di 43 persone. Il “lui” a cui si riferisce Tomasi è Michele Donferri Mitelli, ex capo delle manutenzioni di Aspi, fedelissimo dell’ex Ad, Giovanni Castellucci. “Certo che è molto interessante – commenta Tomasi, al telefono con il capo dell’ufficio legale di Aspi Amedeo Gagliardi – Per gli inquirenti, intendo”. Gagliardi è stato incaricato di leggere le carte depositate. Tra di esse ci sono le registrazioni effettuate nel 2017 (un anno prima del crollo) da alcuni dirigenti Spea, società incaricata del monitoraggio delle infrastrutture, come forma di autotutela: “Ce n’è una molto dura – dice Gagliardi – una conversazione tra lui e il progettista De Angelis… tu devi fa’ così… se il numero non te torna devi… perché nel 2002 la Pila 11… l’ammaloramento non dev’esse troppo forte… Insomma, fanno tutto un ragionamento sul Polcevera”. Emanuele De Angelis era il responsabile del progetto di retrofitting del Morandi che per i pm Aspi presentò al Mit con dati edulcorati.

Ieri il gip Angela Nutini ha accolto nel processo oltre 400 intercettazioni , escludendo quelle che coinvolgono i difensori della società.

IlFattoQuotidiano

domenica 3 gennaio 2021

Big Pharma, Ponte e Tav: Renzi accarezza le lobby. - Giacomo Salvini

 

Matteo Renzi continua a ripetere che la sua è una “battaglia di idee” e non di “poltrone”. Anzi, ha detto ieri orgoglioso in un’intervista al Messaggero, “abbiamo la schiena dritta, se le nostre idee danno fastidio andiamo all’opposizione”. Come se, nella sua testa, fossero lui e Italia Viva ad essere sotto ricatto di Giuseppe Conte, Pd e M5S e non il contrario. Ma tant’è: anche dando all’ex premier il beneficio del dubbio – cioè provando a credere che dietro l’apertura della crisi ci siano le sue proposte e non la voglia di pesare di più nell’esecutivo – guardando alle “idee” del piano “C.I.A.O” per spendere i soldi del Recovery viene il dubbio che dietro ad esse ci sia la volontà dell’ex premier di tornare ad aiutare quelle lobby che con il governo Conte hanno perso un po’ di centralità. Vediamo quali.

Industria farmaceutica. Al punto 55 del piano Renzi propone di “investire quattro miliardi per creare posti di lavoro di qualità e ricerca avanzata nel mondo farmaceutico” perché l’Italia “è uno dei Paesi all’avanguardia mondiale in questo settore e ha distretti di eccellenza assoluta”. Ma non si capisce il motivo per cui l’ex premier voglia destinare ulteriori fondi – il 3% dei prestiti totali che arriveranno dall’Ue – a un settore, quello farmaceutico, che è stato uno dei pochi a resistere nel 2020 della pandemia. Secondo il Rapporto dei settori industriali di Intesa Sanpaolo del 28 ottobre, quello farmaceutico è uno dei pochissimi settori in crescita del 2020 facendo registrare un +3,9%. A Renzi il settore sta a cuore. Certo non solo per il legame antico con la famiglia Aleotti, che possiede il colosso farmaceutico Menarini. Memorabile la visita nel marzo 2015, alla vigilia del primo bilaterale con Angela Merkel a Berlino, nella sede tedesca della Menarini per la gioia di Lucia Aleotti. Poi gli Aleotti – come persone fisiche e non la società – sono stati anche tra i principali finanziatori della fondazione renziana Open per un totale di 300mila euro. Senza essere indagati, furono perquisiti nel 2019 dalla Procura di Firenze, ma la Cassazione a settembre ha annullato i sequestri di cellulari e documenti, definiti “onnivori e invasivi”.

Ponte sullo Stretto e tav. Al punto 32 del piano “Ciao” Renzi torna ancora a perorare la causa del Ponte sullo Stretto di Messina sapendo che non è finanziabile con i soldi del Recovery (ha un arco temporale più lungo del 2027) ma, scrive l’ex premier, “i soldi che arriveranno sulle infrastrutture rendono il ponte irrinunciabile logicamente e più facile da realizzarsi”. Renzi, prima di arrivare a Palazzo Chigi, era contrario all’opera (“Quegli 8 miliardi li dessero alle scuole” diceva), ma poi è diventato tra i suoi principali sostenitori. Almeno da quando, nel settembre 2016, partecipò alla festa dei 110 anni del gruppo Salini Impregilo, oggi We Build, dicendo all’amico Pietro Salini: “Sul ponte noi siamo pronti, se voi ci siete noi sblocchiamo”. Peccato che già allora lo Stato, rappresentato dal premier, avesse un contenzioso aperto proprio con il consorzio Eurolink (guidato dalla Salini Impregilo) che nel 2013 aveva fatto causa per 800 milioni contro la decisione del governo Monti di stoppare l’opera. Il Tribunale Civile di Roma nel 2018 ha respinto la causa e, dopo il ricorso, si attende l’appello. Ma Renzi continua a sponsorizzare l’opera, insieme all’Alta Velocità da Nord a Sud. Anche se non c’è nel piano, Iv da giorni sta portando avanti la battaglia del Tav Torino-Lione. E chi c’è nel raggruppamento di imprese del cantiere in val Susa? Salini Impregilo, ovvio.

Prescrizione. Dopo aver fatto tremare il governo, Renzi torna ad attaccare anche sulla prescrizione che resta “un nodo tutt’altro che risolto”. Considerando i processi in cui è coinvolto il padre Tiziano, l’ex premier dovrebbe tenersi lontano anni luce dal tema prescrizione ma i suoi parlamentari chiedono una commissione ad hoc in cui dovrebbe entrare il presidente delle Camere Penali Gian Domenico Caiazza. Che però nel frattempo è anche avvocato dello stesso Renzi nell’inchiesta dei pm di Firenze sulla fondazione Open.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/03/big-pharma-ponte-e-tav-renzi-accarezza-le-lobby/6053896/

venerdì 11 dicembre 2020

Ponte Morandi, “falsi report su ispezione e verifiche antisismiche. Da ex vertici Autostrade falsità a Mit sullo stato della rete”. - Paolo Frosina e Giovanna Trinchella

 

"È eclatante - sottolineano i giudici del Riesame - la connessione qualificata tra tutte le indagini (dal crollo del Morandi, ai falsi report sui viadotti passando per le barriere e la manutenzione delle gallerie oltre alla tentata truffa), tutti riguardanti omessi e lacunosi controlli, con le correlate manutenzioni sulle strutture autostradali, al fine di risparmio sulle spese e di aumento degli utili da distribuire, con ovvio riconoscimento di rilevanti incentivi economici ai dirigenti che li permettevano - concludono -, il tutto in totale spregio della sicurezza degli utenti delle autostrade".

L’ultima inchiesta della procura di Genova su Autostrade, quella sulle barriere fonoassorbenti che ha portato temporaneamente agli arresti domiciliari anche l’ex ad Giovanni Castellucci, continua a riservare colpi di scena su altre inchieste che hanno riguardato la gestione della sicurezza di Aspi. L’ultimo riguarda il ponte Morandi, collassato il 14 agosto 2018, per cui, secondo i magistrati, vennero redatti falsi report sulle “ispezioni, sulla valutazione di sicurezza richiesta dall’ordinanza del presidente del Consiglio e sulle verifiche di sicurezza antisismiche“. Sono i i giudici del Tribunale del Riesame di Genova che lo scrivono nelle motivazioni con cui hanno revocato gli arresti domiciliari a Paolo Berti, ex direttore Operazioni centrali di Aspi, disponendo l’interdittiva per 12 mesi. Il manager, condannato in primo grado per la strage di Avellino (40 morti), intercettato diceva di aver coperto con le sue dichiarazioni le responsabilità di Castellucci. Per i giudici della Libertà inoltre “è stato artatamente inquadrato come intervento locale il progetto di retrofitting (il rinforzo delle pile 9, quella caduta, e la 10), con elusione dei controlli e avallando affermazioni inveritiere”. Fu la pila 9 a cedere. Il crollo si portò via 43 vite e provocò danni in tutta la zona, mettendo in ginocchio la città di Genova.

Falsità al ministero sullo stato effettivo del patrimonio autostradale” – Un altro capitolo riguarda le bugie e le omissioni destinate al ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture. “Le condotte di dissimulazione e falsità”, poste in essere dalla vecchia dirigenza di Aspi, “erano destinate anche a mantenere il ministero delle Infrastrutture nell’ignoranza circa lo stato effettivo del patrimonio autostradale. È eclatante – sottolineano i giudici del Riesame – la connessione qualificata tra tutte le indagini (dal crollo del Morandi, ai falsi report sui viadotti passando per le barriere e la manutenzione delle gallerie oltre alla tentata truffa), tutti riguardanti omessi e lacunosi controlli, con le correlate manutenzioni sulle strutture autostradali, al fine di risparmio sulle spese e di aumento degli utili da distribuire, con ovvio riconoscimento di rilevanti incentivi economici ai dirigenti che li permettevano – concludono -, il tutto in totale spregio della sicurezza degli utenti delle autostrade“. Una lunga serie di omissioni e falsi.

Berti era finito ai domiciliari a metà novembre nell’ambito dell’inchiesta sulle barriere antirumore pericolose, barriere che era completamente da sostituire perché gravate da un errore di progettazione, come ha raccontato diversi testimoni. Ma i vertici di Aspi non avevano nessuna intenzione di sostituirle, sarebbe stato troppo oneroso. Eppure l’ex direttore delle operazioni centrali di Aspi, “era consapevole dell’inadeguatezza e pericolosità delle barriere fono assorbenti” ma non intervenne. Come del resto gli altri indagati Ma non solo, il dirigente seguì “la linea dell’azienda” ovvero quella del massimo risparmio sulle manutenzioni per distribuire più profitti tra i soci. “Una articolata condotta costellata – scrivono i giudici – di sapienti silenzi e inganni espliciti mantenendo nel tempo la pericolosità della circolazione. A lui spettava di fermare il treno“.

La chat cancellata dopo il crollo del ponte: “Sti cazzi…” –Non sussistendo più il pericolo di inquinamento probatorio i giudici hanno deciso di disporre l’interdizione revocando gli arresti domiciliari, ma nelle 30 pagine con cui motivano la loro decisione c’è spazio per il caso della chat cancellata. Si tratta di messaggi scambiati tra Berti ed ex responsabile manutenzioni, Michele Donferri Mitelli (per cui invece sono stati confermati i domiciliari nei giorni scorsi). È il 25 giugno del 2018, quindi due mesi prima del crollo del ponte. “Berti – scrivono i giudici asseritamente in Usa per un convegno dove sarebbero state illustrate tecniche per salvaguardare i ponti, inviava a Donferri Mitelli la proposta di iniettare aria deumidificata nei cavi del viadotto Polcevera per levare l’umidità, ma l’altro rispondeva che i cavi erano già corrosi. A quel punto Berti ribatteva: “sti cazzi ….. io me ne vado”, evidentemente conscio della possibilità di sciagure delle quali sarebbe stato chiamato a rispondere, visto che non emerge da nessuna parte che egli già sapesse del trasferimento ad Aeroporti di Roma, che sarebbe avvenuto oltre sei mesi dopo, a sua tutela, in connessione con l’imminente condanna nel procedimento di Avellino”.

L’intercettazione tra Donferri a Berti: “T’ha pagato” – 

Proprio sul processo per la morte di 40 persone – giudizio in cui l’ex ad Castellucci era stato assolto – i giudici del Riesame ricordano come il reddito di Berti nel 2017 era triplicato e che era stato “tutelato” da Castellucci “che alla vigilia della lettura della sentenza” lo aveva fatto trasferire società Aeroporti di Roma dove il top manager era stato consigliere. Nella telefonata del 15 gennaio 2019 – quattro giorni dopo il verdetto – Berti in una telefonata intercettata dice e Mitelli: “Io ho promesso che avrei fatto delle cose .. devi fare quelle cose che hai promesso che dovevi fare… lui ha promesso che farà di tutto per alleviare .. se ne è avvantaggiato … per evitare che qualcosa arrivasse a lui, non abbiamo potuto fare quello che potevamo fare …. mi cambiava”. In una altra conversazione Berti e e Marrone, anche lui condannato in primo grado, concordano che devono farsi promettere per iscritto da Castellucci che, comunque, nonostante la condanna penale anche definitiva, non saranno stati licenziati. E nella telefonata del 30 gennaio Donferri, si legge nel provvedimento del Riesame, “ricorda a Berti che non è stato usato da Castellucci perché questi lo ha compensato adeguatamente facendogli fare carriera, ripetendo più volte: ‘T’ha pagato‘”.

L’estromissione di Tomasi dal caso delle barriere – I giudici, nel provvedimento, ricordano solo quanto tutti gli indagati fossero consapevoli della pericolosità delle barriere difettate e non in grado di sostenere il vento ma come avessero estromesso dalla vicenda Roberto Tomasi, attuale ad di Autostrade, che aveva cercato di intervenire. In una nota i magistrati riportano una intercettazione di Donferri Mitelli che dice “allora … Tomasi ha chiamato me e l’ho mandato a fare in culo, Tomasi ha chiamato Berti e l’ha mandato a fare in culo Tomasi è andato da Castellucci … Castellucci lo ha mandato a fare in culo“. In un’altra conversazione è lo stesso Tomasi che parla intercettato sul caso che dice “… gestito sempre dai soliti due (Berti e Donferri, ndr) … e gestito francamente non in modo … in modo rigoroso ……. a luglio 2017 noi facemmo delle prove sulle nuove opere e … evidenziammo … guardate … però sembra che ci sia un problema di dimensionamento su queste barriere … ecco i due … Berti e Donferri … io ne parlai con Castellucci e Berti e Donferri dissero … no la gestione la prendiamo noi … non è tua Tomasi ….. è stato uno scontro abbastanza feroce … perché Berti ha detto .. tu vuoi entrare a fare la gestione nostra …”.

“Persistente totale mancanza di scrupoli” – Come per l’ex ad Castellucci anche per Berti i giudici sostengono che “emerge in tale quadro la persistente totale mancanza di scrupoli per la vita e l’integrità fisica degli utenti delle autostrade mediante azioni ed omissioni in concorso relative, praticamente, a tutti i tipi e gli oggetti di manutenzione ed adeguamento nell’ambito della gestione delle autostrade, condotte volte tutte a una poliedrica e persistente politica del profitto aziendale, soprattutto risparmiando le spese dovute ma anche cercando di imputarle a capitoli non pertinenti perché potessero essere in parte detratte dai debiti verso la controparte, perseguito anche attraverso condotte delittuose. Ovviamente – rimarcano i magistrati – neppure può dirsi che le condotte illecite siano state da lui tenute solo nell’interesse di terzi, in quanto l’aumento a quasi il triplo delle sue già consistenti entrate emergente dalle dichiarazioni dei redditi dà la misura della tangibile riconoscenza a lui manifestata. Si noti in particolare che le condotte contestate nel presente procedimento sono state da lui tenute, nonostante l’evidenza dei cedimenti delle barriere già accaduti e nonostante che egli fosse stato in precedenza già rinviato a giudizio nel processo di Avellino, relativo alla caduta da un viadotto autostradale di un autobus pieno di viaggiatori anche a causa dell’inadeguatezza delle barriere, che non ne avevano contenuto lo sbandamento laterale verso l’esterno”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/11/ponte-morandi-falsi-report-su-ispezione-e-verifiche-antisismiche-da-ex-vertici-aspi-falsita-al-mit-sullo-stato-della-rete-autostradale/6034201/

mercoledì 5 agosto 2020

Riaperto al traffico il nuovo ponte di Genova.

Il nuovo ponte Genova San Giorgio

Il viadotto Genova-San Giorgio, sulla A10, inaugurato lunedì e' stato riaperto al traffico veicolare al termine delle verifiche compiute dalla Direzione di Tronco di Genova di Aspi e dopo che la struttura commissariale è intervenuta per rifare un piccolo tratto di asfalto. L'apertura è avvenuta alle 22:04, due ore dopo rispetto a quanto era stato ipotizzato. Ora il ponente e il levante della città sono 'ricuciti'.

Sono transitate le prime auto sul ponte San Giorgio. C'è già un flusso regolare. Le auto hanno salutato l'apertura suonando i clacson mentre i motociclisti hanno fatto il segno della vittoria con una mano. Il traffico sta scorrendo in entrambi i sensi di marcia.
 Ponte Genova-San Giorgio, il viadotto tutto d'acciaio, è finalmente aperto alle auto, ai grandi tir che vanno verso il porto, aperto all'Italia e all'Europa del Nord Ovest.

Dopo la cerimonia di inaugurazione di lunedì, alla quale - vuoi per la pioggia, vuoi per pudore nei confronti dei familiari delle vittime - è mancata la caratteristica della festa, oggi l'ufficio del Commissario straordinario per la ricostruzione del viadotto sul Polcevera ha pronunciato la sua ultima parola di questa storia infinita, cedendo a Autostrade per l'Italia l'esercizio della viabilità sul nuovo viadotto. Un passo necessario, dopo il certificato di agibilità di Anas, per far riprendere la circolazione dei mezzi su quel nastro lungo 1.067 metri e fatto di acciaio e bitume che tanto vogliono dire per il traffico cittadino e interregionale, per l'economia di una regione e per il saper fare del Paese. Dopo la cessione dell'esercizio, Aspi ha compiuto i suoi primi passi - passi veri prima e passi burocratici poi - sul quel ponte che una volta sgombrato da gonfaloni e bandiere sembra sempre di più il ponte di una nave. Il Direttore di Tronco Mirko Nanni, assieme a alcuni tecnici e ingegneri specializzati, ha effettuato un sopralluogo per vedere se il tratto di autostrada dove ieri è stata allestita la zona per la cerimonia fosse tornato alla normalità, se i guardrail che erano stati rimossi fossero stati rimessi a posto, se il fondo stradale non avesse subìto i danni. Al termine della verifica, steso e firmato un verbale di sopralluogo secondo le procedure previste. è stato dato il via libera.

Intanto vanno avanti le indagini nate dal crollo del viadotto. La procura di Genova ha acquisito le due lettere di contestazione che l'ispettore Placido Migliorino ha inviato ad Aspi nelle quali si parla di un "grave inadempimento" per i cantieri sulla rete genovese e "i termini di attuazione del cronoprogramma dei lavori e delle ispezioni delle gallerie liguri". Le missive erano state inviate ai pm dal Mit.

Aspi scrive al governo, in due lettere cambia rotta - In una prima lettera del 14 luglio un meccanismo con una scissione proporzionale, un aumento di capitale riservato a Cdp e l'ingresso di nuovi soci, con risorse da riservare agli investimenti e al ripianamento del debito, prima di arrivare alla quotazione. In una seconda missiva, con la data di oggi, due diverse proposte che prevedono da una parte un processo di vendita competitivo, al quale Cdp "potrà" partecipare oppure un processo di scissione con la creazione di una società da quotare creando una public company. E' il cambio di rotta deciso, che modifica lo schema iniziale, quello contenuto in due lettere che l'ANSA ha potuto visionare che Autostrade per l'Italia ha inviato agli interlocutori di governo. Tra le due scadenze, certo, un confronto che non ha ancora portato ad un accordo.

Genitori di una vittima: 'La festa aumenta il nostro dolore' - "Altro che festeggiamenti, altro che orgoglio nazionale. Il nuovo ponte di Genova non è una rinascita, ma il simbolo del fallimento e di 43 vite ingoiate da un ponte fatiscente che qualcuno ha permesso crollasse in qualche modo". Lo hanno detto Franco e Daniela Fanfani, in un'intervista al quotidiano La Nazione: sono i genitori di Alberto Fanfani, medico morto a 32 anni nel crollo del ponte Morandi insieme alla fidanzata Marta Danisi, 29 anni, mentre lui la accompagnava ad Alessandria dove aveva ottenuto in ospedale il posto a tempo indeterminato come infermiera. Le celebrazioni per l'inaugurazione del nuovo ponte 'Genova San Giorgio', ha affermato Franco Fanfani, "è insopportabile per chi come noi ha perso un proprio caro. Serve solo a aumentare il dolore che mia moglie e io portiamo dietro, come tutte le altre famiglie coinvolte. Non è una una rinascita, non c'è niente da celebrare. Altro che sfilate dei politici". Daniela Fanfani ha parlato di "pianto e dolore. Ogni ponte che vedo mi si chiude lo stomaco. Altro che passerelle. I politici e gli amministratori avrebbero dovuto mettersi sotto il ponte, chinare la testa e vergognarsi di ciò che è successo". La madre di Alberto ha ricordato che il figlio "stava accompagnando" la fidanzata "a Alessandria, all'ospedale dove aveva ottenuto il contratto a tempo indeterminato come infermiera. Lui stava per prendere la specializzazione in medicina. 'Potrò fare il medico come sogno da sempre' mi aveva detto con orgoglio. Avevano anche fissato la data delle nozze: 25 maggio 2019. Erano felici. Erano insieme. E insieme sono morti in quel maledetto crollo".

martedì 4 agosto 2020

Il Colle e Conte contro i Benetton: il ponte United Colors arcobaleno. - Lorenzo Giarelli

Il Colle e Conte contro i Benetton: il ponte United Colors arcobaleno

Al taglio del nastro commozione per le 43 vittime, poi le accuse ai concessionari: “I responsabili hanno nomi e cognomi”.
Mezz’ora prima dell’arrivo del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Renzo Piano passeggia a lungo sul ponte Genova San Giorgio. L’ombrello in mano lo ripara dal diluvio, mentre sussurra a chi gli si avvicina i segreti del viadotto che ha regalato alla sua città e che a meno di due anni dal crollo del Morandi – era il 14 agosto 2018 – restituisce finalmente un collegamento alla Val Polcevera. È l’immagine che anticipa la sfilata delle più alte cariche dello Stato a Genova, nel giorno in cui si inaugura il nuovo viadotto.
Lo ripetono tutti: questa non è una festa. Lo ha detto Mattarella ai familiari delle vittime, che hanno preferito non partecipare alla cerimonia incontrando in privato il capo dello Stato in prefettura. Lo ribadiscono dal palco sul ponte il sindaco di Genova Marco Bucci, il governatore ligure Giovanni Toti, il già citato Renzo Piano e poi il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Prima dei discorsi di rito suonano l’inno nazionale e il silenzio militare, poi vengono scanditi i nomi di chi perse la vita sul Morandi. È il momento più toccante del pomeriggio. “La prima cosa che mi viene in mente è il ricordo per le vittime e le loro famiglie”, esordisce Bucci. Toti sceglie le sue parole d’ordine: “‘Mai più’ e ‘sempre così’, perché nessuno deve morire più in questo modo e perché ogni infrastruttura dovrebbe essere realizzata così come è stato realizzato il nuovo ponte”. Renzo Piano ripropone la metafora che più gli è cara: “Ho immaginato il ponte come un vascello bianco”. Storia di mare, come nella Crêuza de mä di Fabrizio De André, rivisitata per l’occasione da 18 artisti.
Il discorso del premier, che arriva quando in cielo è comparso un arcobaleno, è quello più politico, con l’orgoglio per la decisione di sottrarre il controllo delle autostrade ai privati: “Il governo ha ritenuto doveroso promuovere il complesso procedimento di contestazione degli adempimenti che hanno causato il crollo del ponte. Questo procedimento si è concluso con l’accordo di ridefinire i termini della convenzione, con la possibilità di garantire in modo più efficace gli investimenti per la manutenzione”. Tradotto: il ponte viene consegnato ai Benetton (attuali concessionari), ma presto tornerà allo Stato. Non è un caso che Conte ne parli. Poco prima Mattarella, nell’incontro in Prefettura, era stato chiaro: “Le responsabilità non sono generiche, hanno sempre un nome e un cognome. E sono sempre frutto di azioni o omissioni, quindi è importante che ci sia un accertamento severo, preciso e rigoroso delle responsabilità”.
E se Renzo Piano spera in un ponte “amato perché semplice e forte come la città”, Conte menziona Piero Calamandrei e la sua rivista Il Ponte: all’epoca “il ponte” era tra le macerie della guerra e il futuro, oggi può “creare una nuova unità dopo la frattura del crollo”.
Il taglio del nastro e le frecce tricolori concludono la cerimonia facendo lentamente smaltire gli ospiti. Tra loro, come detto, non c’è l’associazione dei parenti delle vittime, ma c’è Emmanuel Henao Diaz, che nel crollo perse il fratello: “Mi sento in dovere di partecipare per dimostrare a mio fratello che non faccio finta di niente, come invece chi doveva pensare alla sicurezza di quel ponte”. Per il resto, tra le centinaia di invitati ci sono giuristi, dirigenti e soprattutto politici.
L’inaugurazione dà modo a tutti di esultare: al governo, ma anche a Bucci, peraltro commissario straordinario per la ricostruzione, e Toti, governatore in campagna elettorale, che in mattinata incontra la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Con loro c’è mezzo governo (Luigi Di Maio, Alfonso Bonafede, Luciana Lamorgese, Paola De Micheli) e l’ex ministro Danilo Toninelli, coi presidenti delle Camere, la presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia e i vertici di Fincantieri. Non manca la retorica del “Paese che si rialza” e di “Genova che riparte”, ma per una volta sembrano crederci tutti.

lunedì 3 agosto 2020

Cerimonia di inaugurazione del ponte 'Genova San Giorgio'



Dal minuto 31,46 potrete ascoltare il discorso di Renzo Piano che è riuscito a commuovermi; la frase che più mi ha colpito è che "costruire un ponte è bellissimo, perché il ponte è un segno di pace".
by-c.

giovedì 9 luglio 2020

Salvini e Toti sotto a un ponte. - Gaetano Pedullà

Toti Salvini

Quelli che ieri hanno usato il nuovo ponte di Genova per dimostrare che la revoca della concessione ai Benetton è stata una presa in giro da parte del premier Conte e dei 5 Stelle (ad esempio Salvini e Toti) sono più falsi di una moneta da tre euro. In realtà, l’affidamento temporaneo alla società Autostrade, la stessa che per contratto doveva garantire la manutenzione del viadotto Morandi, crollato due anni fa con 43 vittime, è un atto puramente formale, inevitabile per restituire al capoluogo ligure un collegamento oltremodo necessario senza perdere tempo. Tale provvedimento, che la ministra De Micheli non poteva non firmare, non sposta però di un millimetro la sostanza delle cose: la mangiatoia delle autostrade sta per finire.
Un destino ormai talmente chiaro che ieri in Borsa, dove non si investono chiacchiere ma soldi veri, il titolo della società Autostrade è stato tra i peggiori nonostante quello che veniva fatto passare come un punto decisivo a suo favore. Poi in serata è arrivata la decisione della Corte costituzionale, che ha giudicato legittima l’esclusione proprio di Autostrade dalla costruzione del ponte ormai realizzato da Fincantieri e Salini Impregilo, cioè da chi non ha alcuna continuità con le attività dei Benetton, come avevano promesso Di Maio e l’allora ministro dei Trasporti, Toninelli.
Adesso il Governo si assumerà la responsabilità di revocare la concessione autostradale, ben sapendo che questo innescherà una lunga battaglia legale, con richieste di risarcimenti miliardari da parte di chi dovrebbe invece andare a nascondersi per i miliardi che ha incassato dai pedaggi in oltre trent’anni, e per tenersi la gallina dalle uova d’oro si è inventato di tutto, compresa un’inutile trattativa che ha fatto perdere tempo prezioso e milioni all’Alitalia.
Un muro di cavilli giuridici di fatto sostenuto da chi fino a ieri non ha mai fatto una pressione sui Benetton. E ora dal leader della Lega, Salvini, al governatore ligure Toti, riversano accuse ipocrite contro chi si è sempre battuto per mandare a casa il concessionario, dai 5S al sottoscritto. A loro dedico col cuore una citazione di Albert Einstein: “È difficile sapere cosa sia la verità, ma a volte è molto facile riconoscere una falsità”.

Ponte di Genova: Conte, 'O arriva proposta o scatta la revoca'. -



Per la Consulta 'Non è illegittimo estromettere Aspi dalla ricostruzione'.

La vicenda Autostrade "si trascina da troppo tempo. Ma la procedura di revoca è stata avviata e ci sono tutti i presupposti per realizzarla, perché gli inadempimenti sono oggettivi, molteplici e conclamati. Quindi o arriva una proposta della controparte che è particolarmente vantaggiosa per lo Stato oppure procediamo alla revoca, pur consapevoli che comporta insidie giuridiche". Così il premier Conte. Quando? "Entro questo fine settimana". Ed "è una decisione di tale importanza che la porteremo in CdM".
Atlantia risente in Borsa della decisione della Corte Costituzionale di respingere il ricorso contro l'esclusione di Autostrade per l'Italia dalla ricostruzione del ponte Morandi. Il titolo, in un listino nel complesso in leggero aumento, segna in avvio di seduta in calo del 5,21% a 13,5 euro con il futuro della concessione di Aspi che appare oggi ancora più in bilico.
Secondo la Consulta non è illegittimo estromettere Aspi dalla ricostruzione del Ponte Morandi. La Corte costituzionale ha ritenuto non fondate le questioni relative all'esclusione legislativa di Aspi dalla procedura negoziata volta alla scelta delle imprese alle quali affidare le opere di demolizione e di ricostruzione del Ponte Morandi.
"La decisione del Legislatore di non affidare ad Autostrade la ricostruzione del Ponte è stata determinata dalla eccezionale gravità della situazione che lo ha indotto, in via precauzionale, a non affidare i lavori alla società incaricata della manutenzione del Ponte stesso": è quanto comunica l'ufficio stampa della Consulta in attesa delle motivazioni della sentenza.
"Ci conforta che la Corte costituzionale abbia confermato la piena legittimità costituzionale della soluzione normativa che venne a suo tempo elaborata dal governo", ha commentato il premier Conte. 
Intanto il Governo è diviso sulla decisione di affidare ad Aspi, anche se pro tempore e come atto dovuto verso l'attuale concessionario, la gestione del nuovo ponte di Genova. 
"Confermo che il nuovo Ponte Morandi sarà gestito da Autostrade. Ho scritto io la lettera al sindaco Bucci. La gestione va al concessionario, che oggi è Aspi ma sulla vicenda c'è ancora l'ipotesi di revoca", ha detto la ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli a Radio 24 Mattino, come riportato anche da un tweet della trasmissione. 
"Ebbene, dopo due anni di minacce, immobilismo, proclami, giustizia promessa e rimandata, il ponte di Genova verrà riconsegnato proprio ad Autostrade, come ha ordinato il Governo M5s-Pd", ha detto il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti via Facebook. "Voi ridate il ponte ad Autostrade senza ottenere nulla. Noi continuiamo a lavorare per l'interesse dei liguri. E intanto per la tragedia del Morandi e per le sue 43 vittime nessuno ancora ha pagato. Mentre a Roma litigavate, noi in Liguria almeno abbiamo ricostruito il ponte. Forse abbiamo ringhiato meno di voi... ma visti i risultati...", commenta.
"Sulla concessione delle autostrade il governo ha lavorato senza sosta. Dopo aver raggiunto un risultato importantissimo, con il nuovo ponte Morandi costruito in meno di due anni, adesso è arrivato il momento di decidere, possibilmente entro questa settimana", ha detto il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, e capo delegazione del Movimento 5 Stelle.
Intanto, sono iniziate in mattinata le operazioni di stesura del primo strato di asfalto sul nuovo viadotto sul Polcevera a Genova. Lo annuncia la struttura commissariale. Un 'tappeto' di circa 7 centimetri, chiamato binder, viene steso con un rullo sul materiale già applicato nei giorni scorsi (primer e cappa asfaltica). Una volta completata la posa, che avviene dal centro del ponte verso le estremità del viadotto, la strada sarà completata con lo strato di usura, un' ulteriore parte in asfalto dello spessore di 4 centimetri.
"Il ponte di Genova non deve essere riconsegnato nelle mani dei Benetton - scrive su Twitter il capo politico del M5s Vito Crimi -. Non possiamo permetterlo. Questi irresponsabili devono ancora rendere conto di quanto è successo e non dovrebbero più gestire le autostrade italiane. Su questo il Movimento 5 stelle non arretra di un millimetro". 
"Rinviare non significa risolvere i problemi! Il conto, salato, alla fine si paga sempre. I cittadini ci hanno eletto per cambiare e decidere e non per avere "l'anime triste di coloro che visser sanza 'nfamia e sanza lodo" #NonInMioNome #ViaIBenetton", dice, sempre su Twitter Stefano Buffagni, viceministro allo sviluppo economico. Buffagni cita la definizione degli ignavi di Dante.
"Confermata la concessione ad Autostrade? Cosa non si fa per salvare la poltrona, 5 Stelle ridicoli e bugiardi, due anni di menzogne e tempo perso: #colpadisalvini anche questo???": scrive in un tweet il leader della Lega Matteo Salvini.
"Siamo rimasti basiti". Lo ha detto Franco Ravera, presidente dell'associazione 'Quelli del ponte Morandi' ex Comitato sfollati di Genova commentando a 'Radio 1 Giorno per giorno' la decisione di dare ad Autostrade la gestione del nuovo ponte di Genova. "Siamo stati due anni a sentire che quel ponte lì veniva ricostruito e non sarebbe più stato gestito da Autostrade. Noi ci abbiamo creduto, perché c'era, e c'è ancora in corso, una procedura della magistratura, una verifica sulle responsabilità".
E sul Ponte di Genova, da Madrid, interviene il premier Giuseppe Conte: "Io sono stato molto chiaro, ho detto che questo dossier va chiuso. Io ho già detto ai ministri più direttamente competenti che mi aspetto di chiudere ad horas o comunque a fine settimana. Dobbiamo evitare una situazione paradossale, dobbiamo chiarire questo passaggio". "Porteremo il dossier Autostrade in Cdm. E' una decisione di tale importanza che dovrà essere condivisa al di là dei due ministri direttamente competenti. Va coinvolto tutto il governo".
La questione della gestione del ponte di Genova va "subito risolta", "non voglio esprimere sentenze, né alimentare scontri, non ce n'è bisogno in questo momento", ma bisogna "mantenere le promesse fatte", scrive su Facebook il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. "Alle famiglie delle vittime avevamo promesso due cose: che il ponte non lo avrebbero costruito i Benetton, ma un'azienda di Stato. Infatti lo hanno costruito Fincantieri con Webuild. E che i Benetton non avrebbero più gestito le autostrade. Tantomeno il ponte. Entrambe queste promesse ora vanno mantenute. La politica senta dentro di sé il peso di queste due promesse. E passi ai fatti".