VIA AL VOTO - La Corte costituzionale ha finito l’esame: in tutto ha detto sì a cinque richieste sulla Giustizia. Tre i bocciati. Il presidente Amato ha spiegato la formulazione errata su eutanasia e droghe: sono stati scritti male.
Quando si dice è una beffa del destino. A trent’anni esatti da Mani Pulite, a presiedere la Corte costituzionale che ha dato il via libera ai referendum sulla Giustizia, a eccezione di quello sulla responsabilità civile diretta del magistrato, è Giuliano Amato, tra i protagonisti politici della Prima Repubblica al fianco di Bettino Craxi.
Aspirante senatore a vita, Amato forse ancora pensa di essere presidente del Consiglio, dato che ieri ha indetto una conferenza stampa in cui non si tiene neppure alcune critiche ricevute dalla Corte per l’inammissibilità del referendum sull’omicidio del consenziente (decisa martedì). “Sentire che non sappiamo cosa significhi soffrire mi ha ferito, ha ferito tutti noi. L’omicidio del consenziente sarebbe stato lecito in casi ben più numerosi e diversi da quelli dell’eutanasia”. Quanto all’inammissibilità del referendum sulla responsabilità civile diretta dei magistrati che, ci risulta, lui, invece, avrebbe voluto, spiega: “Essendo sempre stata la regola per i magistrati quella della responsabilità indiretta, diversamente da altri funzionari pubblici, l’introduzione della responsabilità diretta rende il referendum più che abrogativo”.
È lo Stato, aggiungiamo noi, che risarcisce il cittadino che abbia subito un ingiusto danno, per poi rivalersi sul magistrato. Ovvio la ratio della legge: se ci fosse la responsabilità diretta, ogni indagato-imputato, potente, potrebbe intimidire così il magistrato.
Dunque, ieri, la Corte ha dato il via libera ai referendum che chiedono la separazione delle carriere dei magistrati; l’abolizione della legge Severino; lo svuotamento della carcerazione preventiva; la valutazione professionale dei magistrati da parte degli avvocati presenti nei consigli giudiziari; la possibilità per i magistrati di candidarsi al Csm anche senza una raccolta di firme. La Corte con un comunicato spiega il via libera: “Le rispettive richieste non rientrano in alcuna delle ipotesi per le quali l’ordinamento costituzionale esclude il ricorso all’istituto referendario”. Sarà, ma se si va a leggere il quesito che chiede la separazione delle carriere, viene il mal di testa, tante sono le leggi cui fanno riferimento i promotori, altro che quesito chiaro, lineare per gli elettori. Inoltre, come la Corte sa, c’è già la riforma Bonafede, sul punto non modificata dalla ministra Marta Cartabia, che propone di diminuire i possibili passaggi da pm a giudice e viceversa, da 4 a 2, ma non di separare le carriere, di fatto, come vorrebbe, invece, Forza Italia. Se vince il sì non sarà permesso alcun cambio di funzione con buona pace del principio costituzionale dell’unicità dell’ordinamento giudiziario e con un possibile destino per il pm di essere dipendente dal governo.
Via libera anche al referendum che chiede l’abolizione della legge Severino, che vieta l’incandidabilità, ineleggibilità e decadenza dei parlamentari, membri del governo, consiglieri regionali, sindaci e amministratori locali in caso di condanna definitiva per reati gravi come mafia, terrorismo e corruzione. Se vince il sì, viene abolito anche l’articolo 11 della stessa legge sulla sospensione per 18 mesi degli amministratori e rappresentanti locali condannati in primo grado per determinati reati. E pensare che la Severino ha retto a tutti i vagli della Consulta.
C’è poi il referendum che si potrebbe ribattezzare “liberi tutti”: si chiede la cancellazione della possibilità di arresto per un reato a “caso”, il finanziamento illecito ai partiti, ma anche per altri reati che prevedono la reclusione “non inferiore nel massimo a cinque anni”, a meno che non ricorra il pericolo di fuga o di inquinamento delle prove. Sparisce quindi il pericolo di reiterazione del reato. “C’è da rimettersi solo alla saggezza dei cittadini”, osserva Nello Rossi, ex avvocato generale della Cassazione, “sperando che, se voteranno sì all’abrogazione, non imprechino poi contro giudici e pm se i truffatori seriali, gli hacker e i bancarottieri resteranno liberi e in azione sino alle condanne definitive”. Infine, dichiarato inammissibile il referendum sulle droghe perché, ha spiegato Amato “non era sulla cannabis, ma sulle sostanze stupefacenti. Si faceva riferimento a sostanze con papavero, coca, le cosiddette droghe pesanti. E questo era sufficiente a farci violare obblighi internazionali”.