I casi più assurdi.
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
venerdì 14 aprile 2023
Vitalizi, li incassano tutti: pure condannati o eletti per 1 giorno - Lorenzo Giarelli e Ilaria Proietti
venerdì 30 dicembre 2022
Pensioni d’oro e vitalizi: sono 30 mila e costano 1,2 miliardi. Chi li percepisce e quali sono le regole. - Enrico Marro (13-2-2020)
Sono almeno 29.829 i pensionati fuori dal sistema Inps perché ex parlamentari, membri o dipendenti degli organi costituzionali e dell’Assemblea regionale della Sicilia. Costano ogni anno quasi 1,2 miliardi di euro.
Quanto costano
Le pensioni medie del personale della Camera (4.700 i pensionati) e del Senato (2.500) oscillano intorno ai 58-59 mila euro lordi all’anno (4.800-4.900 euro al mese). Quelle del personale della presidenza della Repubblica (1.783 pensionati, dice il rapporto, ma il Quirinale precisa che il dato esatto è di 876) sui 53 mila euro mentre gli ex lavoratori della Regione siciliana (17.741) stanno decisamente sotto, prendendo mediamente circa 25.500 euro.
Variano molto invece i vitalizi degli ex parlamentari (851 diretti più 444 di reversibilità al Senato, 1.020 diretti più 520 di reversibilità alla Camera) perché dipendono dal numero di legislature svolte. Tuttavia, in media, l’importo erogato alla Camera è di 70 mila euro per i vitalizi diretti e di 37 mila per quelli di reversibilità. In tutto, i circa 2.700 vitalizi erogati agli ex parlamentari costano 200 milioni l’anno, in media 74mila euro.
Per i 35 vitalizi (24 diretti e 11 di reversibilità) degli ex giudici della Corte costituzionale la spesa è invece di circa 4,3 milioni, in media 125mila euro lordi.
Fuori dall’Inps
Il censimento delle 30 mila pensioni d’oro che formano un mondo pensionistico a parte è contenuto in un capitolo del Rapporto sul welfare di Itinerari previdenziali che presentato il 12 febbraio alla Camera. I dati, si legge, «sono a volte non completi poiché queste istituzioni spesso non comunicano le posizioni all’anagrafe generale gestita dal Ministero del Lavoro tramite l’INPS in base alla legge n. 243/04».
L’altra previdenza
Non rientrano nel sistema generale Camera e Senato, che, in virtù dell’«autodichia» garantita dalla Costituzione, hanno proprie regole previdenziali approvate dagli stessi parlamentari sia per i propri dipendenti sia per deputati e senatori; la Regione Sicilia, «che gestisce un fondo di previdenza sostitutivo per i propri dipendenti», quindi fuori dal regime Inps; la Corte costituzionale per i giudici e i propri dipendenti (anche qui vige un regolamento interno); la Presidenza della Repubblica per il proprio personale; le Regioni a statuto ordinario e quelle a statuto speciale per le cariche elettive. Infine c’è, chissà perché, il Fama, il Fondo agenti marittimi ed aerei, con sede a Genova, che gestisce la previdenza per gli agenti marittimi.
I vitalizi
Dal primo gennaio 2019 è entrato in vigore il taglio dei vitalizi per gli ex deputati ed ex senatori, fortemente voluto dai 5 Stelle. I vitalizi, si chiamano così le pensioni dei parlamentari, sono stati tagliati, «nella maggioranza dei casi tra il 40 e il 60%», prevedendo un risparmio tra Camera e Senato di «circa 56 milioni all’anno, 280 milioni a legislatura». Il Rapporto ricorda che «pendono ancora molti ricorsi». E proprio in questi giorni è scoppiato il caso della commissione del Senato sul contenzioso orientata ad accoglierli. Per i nuovi parlamentari eletti dal primo gennaio 2012, c’era invece già stata una riforma che aboliva i vitalizi sostituendoli con un sistema pensionistico con regole che tendono a quelle generali. «La prestazione sarà calcolata con il metodo contributivo. Per i parlamentari che possono vantare legislature precedenti è previsto un regime transitorio pro-rata, che tiene conto della quota di assegno vitalizio maturato fino al 31 dicembre 2011 e di quella soggetta al nuovo regime contributivo». Fino al 1997 bastava aver fatto una legislatura (anche se le Camere erano state sciolte anticipatamente) per andare in pensione a 60 anni e per ogni ulteriore legislatura il limite per ottenere il vitalizio si abbassava di 5 anni. Con la riforma, dal 2012 l’età di pensionamento è stata portata a 65 anni e servono 5 anni effettivi di legislatura. Ma per ogni anno in più di presenza in Parlamento l’età pensionabile scende di un anno fino al limite dei 60 anni.
Le Regioni
Per il 2018, si legge nel Rapporto, si può stimare che il numero di assegni corrisposti a titolo di vitalizio per le cariche elettive delle Regioni sono stati 3.300, compresi quelli di reversibilità per una spesa complessiva di 150 milioni di euro, circa 45mila euro medi a testa. La legge di Bilancio per il 2019 ha previsto l’obbligo per le Regioni di procedere al taglio dei vitalizi degli ex consiglieri e, in caso di inadempienza, un taglio del 20% dei trasferimenti erariali a loro favore. Il 3 aprile 2019 è stato poi siglato l’accordo fra Stato e Regioni che ha previsto l’utilizzo del metodo contributivo per il ricalcolo dei vitalizi, sul modello dei parlamentari. «In base ai dati forniti dai consigli regionali (al netto di quello della Sicilia), il risparmio complessivo dovrebbe ammontare ad almeno 22 milioni annui».
mercoledì 7 luglio 2021
I “contiani” fanno saltare il blitz del Clan dei Vitalizi. - Ilaria Proietti
Il blitz, o colpo gobbo, che dir si voglia, è fallito. Per il momento. Perché dopo le polemiche deflagrate per la convocazione dell’organismo del Senato chiamato a decidere sulla legittimità del taglio dei vitalizi proprio la sera della semifinale Italia-Spagna, è stato tutto rinviato al prossimo 13 luglio. “I lavori d’aula si sono protratti oltre il previsto”, minimizza il presidente del collegio dei “giudici” interni di Palazzo Madama, il forzista Luigi Vitali. A cui per tutto il giorno sono fischiate le orecchie data la gragnuola di critiche che gli è piovuta addosso. “La verità è che è scoppiato un casino, altro che aula” spiega un papavero del Pd che sceglie di non esporsi.
Ma l’attesa decisione ha fatto scoppiare una grana soprattutto in casa 5 Stelle dove per tutta la mattinata di ieri si è litigato eccome sul che fare in attesa della sentenza, poi slittata all’ultimo momento.
Perché i senatori che si iscrivono tra i contiani sono arrivati a minacciare l’arma di fine mondo: per loro il Movimento 5 Stelle deve esser pronto a uscire dalla maggioranza nel caso in cui al Senato venga confermato il ripristino dei vitalizi e per questo in giornata hanno spinto per dare alle stampe una nota ufficiale in cui si mettessero in chiaro le cose, già prima della sentenza. Per tutta risposta i grillisti hanno accolto la proposta degli emissari dell’ex premier con sospetto per usare un eufemismo: l’accusa è più o meno quella di voler usare la battaglia contro il privilegio della casta, come grimaldello per lasciar intendere che nel Movimento già comanda Giuseppe Conte e che le sue truppe sono pronte a mettere in discussione anche l’appoggio a Mario Draghi. Benvenuti al Senato, un martedì da leoni.
La guerra in corso tra Giuseppe Conte e l’Elevato fondatore manda in fibrillazione gli eletti pentastellati spaccati giusto a metà e non solo sulla faccenda dei vitalizi, ma pure sulla Rai. Una dramma familiare dove ci si guarda in cagnesco che neppure in Kramer contro Kramer, ma non è un film. Un grande macello che inizia di buon mattino a suon di messaggi whatsapp sulla chat del gruppo dove spirano venti di divorzio e intanto volano i calci negli stinchi tra veleni e sospetti reciproci. Sicché anche il che fare rispetto alla imminente sentenza sui vitalizi attesa a Palazzo Madama diventa una questione più grande.
S’ode a destra uno squillo di tromba, con i contiani che la mettono più o meno così: “Mandiamo un avviso ai naviganti forte e chiaro: non si può stare in una maggioranza che spazza via il taglio degli assegni”. A sinistra risponde uno squillo dei beppegrillisti: “Ma che c’entra la maggioranza e Draghi? Questa è una decisione che verrà assunta da un organismo giurisdizionale del Senato. Se usiamo questa minaccia preventiva finiamo per regalare ai giudici della Lega un’arma micidiale: cancelleranno il taglio invocando qualche codicillo e potranno ben dire di non essersi fatti condizionare neppure dalle nostre minacce. E così Salvini ne esce pulito pulito, al massimo tirerà le orecchie ai suoi che gli hanno disobbedito”.
Ma non è tutto perché poi affondano pure il fendente, bersaglio principale Paola Taverna. “Invece di minacciare di far saltare il governo, perché invece non si dimette chi tra noi ha poltrone nell’organo politico di Palazzo Madama ossia il Consiglio di presidenza?”. Un messaggio in bottiglia nemmeno tanto oscuro all’indirizzo della vicepresidente del Senato accusata dai fedelissimi di Beppe Mao di intelligenza con il nemico che poi sarebbe Conte.
La mattinata scivola così: dopo essersela data di santa ragione, i due fronti si sterilizzano a vicenda. Alla fine, intorno all’ora di pranzo, esce una nota comune che non scioglie il vero nodo politico. Chi decide cosa farà il Movimento nel caso in cui il Senato dovesse cancellare il taglio degli odiati vitalizi?
La questione è rinviata di una settimana. Il big bang è il 13 luglio, la stessa data in cui a Palazzo Madama ci sarà la battaglia sul ddl Zan, la legge sui diritti civili. Una giornata campale.
ILFQ
martedì 6 luglio 2021
Gioca la Nazionale? E il Senato decide se deve cancellare il taglio dei vitalizi per 700 ex. L’organo di Palazzo Madama convocato alle 19. - Ilaria Proietti
Casta - Durante la semifinale dell’Italia.
Quella volta lì, con gli italiani incollati ai destini della Nazionale, il governo Berlusconi pensò bene di varare il decreto salva-ladri per liberare dalle patrie galere i poverelli di Tangentopoli, altro che magie alla Roberto Baggio. E così, quel lontano 13 luglio 1994, pare oggi un ricorso della storia, ché stasera – mentre l’Italia di Roberto Mancini si gioca un biglietto per la finale agli Europei – in 700 ex senatori si giocano la partita della vita: la restituzione dei vitalizi tagliati appena due anni fa e oggetto di una valanga di ricorsi accolti già in primo grado dai “giudici” interni guidati dal più berlusconiano di tutti, Giacomo Caliendo.
Ora si disputa il finale di partita di fronte all’altro forzista Luigi Vitali, che presiede la commissione di appello: ore 19, il fischio di inizio a Palazzo Madama, salvo sorprese dell’ultima ora. Perché c’è già stato un rinvio, ma l’occasione è ghiotta causa ridotta attenzione da tifo pallonaro. E pure per il pressing dell’Associazione degli ex parlamentari, che in settimana ha tirato addirittura in ballo il capo dello Stato Sergio Mattarella lamentando che al Senato e soprattutto alla Camera si fa melina sulla loro pelle e soprattutto sul loro portafogli.
“Al Senato la sentenza di primo grado della Commissione contenziosa è stata impugnata – le parole del presidente Antonello Falomi durante l’assemblea annuale dell’associazione – Non ripeto, in questa sede, il giudizio che abbiamo dato su quell’impugnativa, e sulla connessa decisione del Consiglio di garanzia (ossia l’organismo di appello, ndr), di sospendere, in attesa della conclusione del giudizio, gli effetti della sentenza di primo grado. Il dibattimento tra le parti è terminato ormai da tre mesi, ma la sentenza non è ancora intervenuta, nonostante le nostre continue sollecitazioni”. Durante l’assemblea degli ex parlamentari, Falomi ha denunciato anche “la campagna di odio e denigrazione” perpetrata ai danni dei vitaliziati. Per poi ricapitolare lo stato dei ricorsi: nonostante il piccolo dispiacere di non aver riavuto il malloppo subito all’esito della sentenza Caliendo di primo grado, al Senato la faccenda sembrava in verità mettersi benissimo. Ma poi è deflagrato il caso Formigoni con polemiche annesse: la restituzione del vitalizio ai condannati come il Celeste da parte dell’organismo presieduto da Vitali – grazie ai voti decisivi dei due giudici leghisti, che hanno fatto finire nel tritacarne Matteo Salvini – è, a suo dire, la probabile ragione dello slittamento della decisione sul taglio degli assegni, che dovrà esser decisa nella stessa sede.
“Per l’Associazione degli ex parlamentari, la sentenza che ha eliminato la revoca del vitalizio a Formigoni è ineccepibile”, ha spiegato Falomi auspicando che quei “giudici”, a dispetto delle polemiche che ne sono seguite, siano coerenti. Ossia che non pensino alle ricadute elettorali e restituiscano loro l’agognato malloppo: fatto 30, si faccia anche 31 in quel Senato dove regna Maria Elisabetta Alberti Casellati.
E alla Camera? Roberto Fico pare un osso più duro talché bisogna usare la clava. Perché, stando a Falomi, è accusato di “assistere impassibile, se non complice, a comportamenti che dovrebbe censurare e a violazioni delle regole che dovrebbe far rispettare”. Il presidente della Camera dei deputati avrebbe “lasciato correre, senza battere ciglio, dichiarazioni pubbliche di autorevolissimi esponenti parlamentari che tentavano apertamente di condizionare l’operato dei componenti degli organi di autodichia. Altrettanta inerzia vi è stata, da parte del presidente della Camera, nell’assicurare il rispetto del Regolamento di tutela giurisdizionale di fronte a un Consiglio di giurisdizione chiaramente inadempiente: a due anni e mezzo dal deposito di circa 1400 ricorsi contro il ricalcolo retroattivo con metodo contributivo dei vitalizi e degli assegni di reversibilità il Consiglio di giurisdizione non ha ancora pronunciato la sentenza di primo grado”. Ed ecco allora l’appello a Mattarella perché faccia sentire la sua voce o anche meno, basta che intervenga in favore di Lorsignori. Per i quali, quella sui vitalizi è la linea del Piave: altro che difesa di un privilegio, qui è in ballo l’onore del Parlamento. Patrioti.
ILFQ
giovedì 27 maggio 2021
Farsa in Senato: sì unanime contro i vitalizi. - Tommaso Rodano
Palazzo Madama - Dopo aver abolito i tagli e restituito l’assegno ai corrotti come Formigoni, la destra di Salvini e B. vota con le altre forze le mozioni anti-privilegi.
Una burla, una recita gattopardesca: tanto fiato per nulla. Il Senato – che con Mario Draghi non tocca palla sulle questioni di sostanza – si riunisce per la prima volta sui vitalizi ai condannati, dopo che gli organi di giustizia interna hanno restituito l’assegno a Roberto Formigoni e a diversi colleghi che si sono macchiati di reati contro lo Stato.
Una seduta perfettamente inutile. In aula si fa solo fuffa, l’intervento sui vitalizi, in caso, dovrà spettare al consiglio di presidenza di Palazzo Madama. Al termine di una discussione a tratti surreale, il Senato approva, sullo stesso argomento, tre mozioni diverse. Firmate da gruppi che in teoria hanno posizioni molto differenti. I senatori – con maggioranze variabili e astensioni incrociate – dicono sì a tutto: al testo dei “giallorosa” (M5S, Pd e LeU), a quello di Italia Viva e pure al centrodestra. E quindi agli stessi partiti (Lega e Forza Italia) che hanno fatto restituire il vitalizio ai condannati col voto dei propri rappresentanti nella Commissione contenziosa e nel Consiglio di garanzia del Senato.
Cosa dicono le tre mozioni? Più o meno la stessa cosa, con qualche sfumatura. Quella di centrosinistra chiede che gli uffici del Senato trovino una soluzione per applicare la Legge Severino e revocare il vitalizio ai condannati; quella delle destre vuole “rivalutare” la direttiva del Senato del 2015 (firmata da Piero Grasso, toglieva i vitalizi agli ex senatori condannati). Infine c’è il testo bizantino dei renziani, che impegna il Senato “ad adottare tutte le opportune determinazioni, volte a disciplinare i casi di revisione o revoca del vitalizio dei senatori, cessati dal mandato, che siano stati condannati in via definitiva per delitti di particolare gravità”.
Fuffa, fuffa e ancora fuffa. Come denuncia il 5Stelle Primo Di Nicola, votando in dissenso dal suo gruppo: le mozioni sono inutili, un atto d’ipocrisia istituzionale. L’iniziativa appartiene al Consiglio di presidenza del Senato, scavalcato in modo illegittimo dalla sentenza dell’organo di giustizia interna (“Come se un tribunale avesse cancellato una legge ordinaria”). “Il Consiglio di presidenza – secondo Di Nicola – ha il dovere di sollevare un conflitto di attribuzione di fronte alla Corte costituzionale. Altrimenti è meglio uscirne”.
Il resto del dibattito è un lungo palleggio retorico. Le mozioni sono di facciata: i partiti di centrodestra – da Italia Viva fino alla Lega – votano per risolvere il problema dei vitalizi ai condannati, ma parlano esplicitamente in difesa delle prerogative parlamentari. Di tutti i parlamentari, compresi i Formigoni. I senatori di Salvini – che un tempo metteva il faccione sui proclami “anti Casta” – hanno cambiato versione da un pezzo. Persino nel Pd (come si vedrà nelle parole di Anna Rossomando) la difesa delle prerogative “repubblicane” è al di sopra di ogni cosa.
La maggioranza degli eletti ha intenzioni evidenti, nonostante provi ad annacquarle nel bicchiere di una retorica parlamentare terribile. L’argomento magico di chi difende l’assegno per chi ha disonorato la sua funzione pubblica, paradossalmente, è la Costituzione.
Luigi Vitali (Forza italia) – I diritti umani e la dignità della persona – “Secondo due sentenze della Corte costituzionale, la n. 3 del 1966 e la n. 78 del 1967, non è sufficiente la semplice condanna o la semplice interdizione dai pubblici uffici per perdere un vitalizio, una pensione, un assegno, uno stipendio, ma si deve guardare alla gravità del fatto, alla tutela della dignità e al rispetto dei diritti umani e della dignità della persona”.
Giuseppe Cucca (italia Viva) – E allora il reddito di cittadinanza? – “Ho difficoltà oggettivamente a pensare che possiamo privare del sostentamento una persona che vive in condizioni di indigenza totale in un sistema nel quale un condannato per reati gravissimi, come può essere l’omicidio o qualsiasi altro reato, continua serenamente a godere della propria pensione, dei propri emolumenti per sopravvivere. Ciò maggiormente in un sistema che ha introdotto degli istituti che sono quantomeno strani, se è vero come è vero (la cronaca è piena di esempi), che talvolta dei condannati per fatti gravissimi hanno goduto del reddito di cittadinanza”.
Anna Rossomando (Pd) – I tribunali speciali e il patriottismo repubblicano – “Vogliamo dire che siamo qui in una democrazia rappresentativa a rappresentare un’altissima funzione? È soltanto per questo motivo che abbiamo delle prerogative, a difesa della libertà del Parlamento, perché non è un caso che la Costituzione sia nata all’uscita dal fascismo, quando c’erano i tribunali speciali e chi dissentiva veniva messo in carcere. La prerogativa è nata esattamente con quel tipo di funzione e in quel senso (…). Ho visto sottolineare molto i termini ‘onore’ e ‘tradimento’. Ne vorrei aggiungere uno, con il quale ci troviamo anche molto bene, ‘il patriottismo repubblicano’. Ed è in questo che ci richiamiamo alla Costituzione, alle sue libertà e al suo inquadramento”.
Stefania Craxi (Forza Italia) – L’orda giacobina – “Una premessa: non cogliere la differente natura della pensione e del vitalizio dei parlamentari – spiegata anche in una sentenza della Corte costituzionale – dice già tutto di coloro che urlano e strepitano (…). Questo, a mio avviso, è anche frutto dell’orda giacobina e del moralismo imperante che da oltre vent’anni si sono abbattuti sulla vita civile e democratica del Paese (…). È il risultato di una lunga stagione di demonizzazione della democrazia rappresentativa, nella quale abbiamo sostituito coloro che vivevano per la politica con l’improvvisazione e il dilettantismo e con alcuni che, sì, senza arte né parte, vivono oggi solo di politica e la usano per carriere e destini personali.
Massimiliano Romeo (Lega) – Sullo stesso piano – “A un cittadino condannato in via definitiva per terrorismo o per mafia non si può toccare o sospendere la pensione o il reddito di cittadinanza; ma se c’è un politico condannato, a lui bisogna per forza toglierla. C’è qualcosa che stona (…). Si tratta semplicemente di mettere tutti sullo stesso piano”.
Giacomo Caliendo (Forza Italia) – Robespierre dove sei? – “Mi limito, in conclusione, ad osservare che si tenta di fare come nel peggior periodo della Repubblica francese, quello della rivoluzione, quando si pretendeva di imporre, attraverso la piazza, le regole del processo e di imporre ai giudici di rispettare la volontà del popolo”.
IlFQ
martedì 20 aprile 2021
Una firma contro il vitalizio ai corrotti. - Ilaria Proietti
Il Fatto Quotidiano lancia una petizione in modo che i cittadini possano farsi sentire da Maria Elisabetta Alberti Casellati. Fino a convincere il Senato a sollevare un conflitto di attribuzione di fronte alla Corte costituzionale ora che la Commissione contenziosa presieduta dal suo collega di Forza Italia Giacomo Caliendo ha ripristinato il vitalizio per Roberto Formigoni e per tutti gli ex senatori, anche se condannati per reati gravissimi come mafia e terrorismo. Anche a costo di cancellare le regole che lo stesso Senato si era dato dal 2015 e attraverso le quali era stato possibile sospendere l’erogazione dell’assegno agli ex di lusso, ma con la fedina penale sporca, come ad esempio Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri.
Ora invece si rischia di tornare all’antico, grazie a una decisione che fa arrossire e a cui si vorrebbe mettere la sordina.
I partiti In silenzio.
L’appello dell’ex presidente del Senato Pietro Grasso, che ha indicato la strada del conflitto di attribuzione di fronte alla Consulta oltre che quello del ricorso all’organo di appello interno, finora ha avuto un’accoglienza tiepida. Chi ci sta? Quelli di Forza Italia sicuramente no: dicono che Caliendo è stato impeccabile e che la Commissione che presiede “è più di un tribunale. È come la Consulta. Quindi è impensabile il conflitto di attribuzione: il Senato è giudice di se stesso”.
Su Grasso fa melina Fratelli d’Italia. E la Lega? Non pervenuta: il vitalizio pure ai condannati non è un tabù.
È invece possibilista la neo capogruppo del Pd, Simona Malpezzi, ma c’è un ma: “Gli elementi per sollevare il conflitto di attribuzione ci sono ed è buona norma che il Senato tuteli le proprie decisioni”. Anche se poi lascia intravvedere anche un altro scenario: “Il Consiglio di presidenza ha la possibilità di riscrivere bene una delibera, inattaccabile dai ricorsi e coerente con la giurisprudenza di legittimità”.
Ma intanto la delibera sui condannati è diventata carta straccia dopo la sentenza di Caliendo, resa esecutiva con il sigillo di Sua Presidenza Casellati. Che si fa? “Attendiamo di leggere le carte, poi decideremo che fare. Anche se par di capire che i 5Stelle sono vittime di se stessi: se avessero approvato i paletti che avevamo proposto per il reddito di cittadinanza non sarebbe stato possibile ridare il vitalizio ai condannati”, dice il capogruppo di FdI Luca Ciriani facendo eco alle motivazioni adottate dalla Commissione Caliendo. Che intanto però fa festeggiare gli ex senatori con una condanna sul groppone.
L’ineffabile Caliendo.
Del resto Caliendo aveva già tanti fan pure tra quelli a posto con il casellario giudiziale. Già l’anno scorso gli aveva dato di piccone azzoppando il taglio dei vitalizi deciso nel 2018 per ragioni di equità sociale: ora che il vitalizio l’hanno ridato pure ai condannati, attendono più sereni il giudizio di appello affidato alla commissione presieduta dall’altro forzista Luigi Vitali.
Insomma, l’austerità durata una paio d’anni, per Lorsignori condannati e non, pare alle spalle. Ci crede l’avvocato e già deputato azzurro Maurizio Paniz, che dopo la nuova autostrada che si è aperta al Senato già si frega le mani in attesa dell’effetto domino: “Spero che l’annullamento della delibera Grasso venga recepito dagli organi giurisdizionali della Camera per eliminare l’omologa delibera Boldrini, impugnata dal alcuni ex parlamentari, tra cui l’ex ministro Francesco De Lorenzo che io assisto e che ha impugnato oltre quattro anni fa”.
Insomma, l’auspicio è che si torni ai fasti di un tempo e che venga restaurato anche quello che era davvero impensabile, ossia la riapertura dei rubinetti persino a mafiosi e corrotti, con Formigoni che, dimentico di essere ai domiciliari non certo per meriti, ora se la gode ad attaccare quei “manettari rosiconi” dei 5Stelle e pure a dileggiare l’ex “supermagistrato di tutte le Sicilie”, Pietro Grasso. Su cui è partita la controffensiva, dopo l’intervista sui vitalizi che ha rilasciato al Fatto Quotidiano: è stata tirata in ballo persino la sua famiglia e attacchi forsennati si sono registrati da parte di Forza Italia dopo che l’ex procuratore Antimafia ha denunciato l’operato della Commissione Caliendo.
La lega Volta faccia.
“La Contenziosa si è attribuita il potere di annullare erga omnes una delibera del Consiglio di Presidenza. Poteva farlo? A nostro avviso no”, dice il capogruppo del M5S, Ettore Licheri. Affonda la lama Paola Taverna: “La verità è che si vogliono riprendere i vitalizi, e questo è un problema politico prima che giuridico”, ha detto ieri la pentastellata al Fatto, che ha chiesto a Casellati di sollecitare il Segretario generale di Palazzo Madama perché presenti ricorso in Appello rispetto alla decisione della Commissione contenziosa che “ha un presidente di Forza Italia e altri due membri che appartengono alla Lega. Eppure il Carroccio aveva accompagnato e appoggiato i nostri provvedimenti sui vitalizi. Il problema lo abbiamo posto a tutti pubblicamente, ma rimaniamo gli unici a protestare. Evidentemente una certa classe politica vuole ridarsi i vitalizi”.
Già, la Lega. Matteo Salvini a luglio aveva lanciato una raccolta di firme contro i vitalizi dopo che a Palazzo Madama sempre la Commissione Caliendo aveva bocciato il taglio dei vitalizi: di quella raccolta di firme però non si è saputo più niente.
E ora sul ripristino degli assegni ai condannati, il leghista non ha proferito parola, anzi. Due dei suoi, Simone Pillon e Alessandra Riccardi , come ha ricordato Taverna, hanno vergato assieme a Caliendo e ai due laici, nominati a inizio legislatura dalla Casellati, la sentenza della Commissione contenziosa che fa brindare Formigoni, ma pure tutti gli ex inquilini di Palazzo con la fedina penale sporca. E Salvini muto.
IlFQ
mercoledì 14 ottobre 2020
Vitalizi: la Casta vuole tenersi il malloppo, ma nessuno vuole decidere sul ricorso. - Ilaria Proietti
L’imbarazzo è palpabile perché il rischio è quello di fare la parte del tacchino nel Giorno del Ringraziamento. Ma di aria di festa, a Palazzo Madama, ce n’è ben poca tra i membri del Consiglio di Garanzia presieduto da Luigi Vitali (forzista tra i fondatori della creatura totiana “Cambiamo”) e composto da Ugo Grassi e Pasquale Pepe della Lega, Valeria Valente del Pd e Alberto Balboni di Fratelli d’Italia. Tutti in una posizione assai scomoda: Balboni medita di astenersi, qualcun altro non scarta l’opzione ammutinamento, ma va trovata una scusa che stia in piedi. Perché altrimenti l’alternativa è da Thanksgiving: disobbedire ai loro capi politici, Salvini in testa, ma pure a Zingaretti e a Giorgia Meloni che hanno promesso di fare coriandoli della sentenza del collegio presieduto da Giacomo Caliendo che in giugno ha cassato il taglio dei vitalizi degli ex senatori. O assumersi la responsabilità di far scucire sull’unghia al Senato, con la crisi che morde e milioni d’italiani in ginocchio causa Covid, oltre 33 milioni di euro per ripristinare i vecchi assegni, sforbiciati dal 1º gennaio 2019 per ragioni di equità sociale. Di cui i 776 ex che hanno fatto ricorso non vogliono sentir parlare benché non se la passino affatto male, come Francesco Rutelli, Alessandra Mussolini o Denis Verdini in compagnia di molti altri che ne fanno una questione di principio e di quattrini.
L’Amministrazione del Senato guidata dal segretario generale Elisabetta Serafin, si è precipitata a fare ricorso per difendere il taglio deciso dopo una lunga istruttoria condotta con il conforto del Consiglio di Stato e la consulenza dell’Inps e pure dell’Istat, che è servita ad adottare “la metodologia migliore possibile” per rendere il trattamento degli ex parlamentari il più possibile omogeneo alle regole contributive introdotte nel nostro ordinamento pensionistico a metà degli anni Novanta per tutti gli altri contribuenti italiani”. E per segnalare la gravosità dell’esborso di circa 33 milioni di euro, anche rispetto alla quota di competenza della Camera (per quei senatori che sono stati anche deputati) che saranno difficilmente recuperabili dato che l’altro ramo del Parlamento non ha rimesso in discussione, almeno per ora, il taglio dei vitalizi. Senza contare che pagare subito e poi, nel caso di una sentenza favorevole all’Amministrazione in appello dover inseguire gli ex parlamentari o i loro eredi col “gravoso compito di recuperare” il malloppo, potrebbe rivelarsi una missione impossibile.
sabato 10 ottobre 2020
Vitalizi, la sentenza impugnata congela il malloppo della Casta. - Ilaria Proietti
Bloccata la restituzione dei soldi agli ex onorevoli.
C’è chi già brinda e chi è più cauto. Perché la sentenza che ha ripristinato i vitalizi agli ex senatori – che erano stati tagliati un anno e mezzo fa – sarà impugnata dall’amministrazione di Palazzo Madama. Con l’effetto di congelare la restituzione del malloppo.
Sentite qui Roberto Speroni, uno degli esponenti storici della Lega, anche lui tra gli ex inquilini di Palazzo Madama che punta a riavere l’assegno tutto intero, 6.600 euro al mese contro la miseria di 4 mila di oggi. “La commissione Caliendo (nel senso di Giacomo, presidente del collegio composto anche dai due leghisti Simone Pillon e Alessandra Riccardi e da due supplenti scelti dal presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati) riconosce che c’è stata una violazione di un diritto. È come quando fai causa all’Inps e la vinci. Ora non è che chiunque veda riconosciuto il diritto di avere dei soldi debba poi rinunciarvi, solo perché siamo in un periodo di pandemia o c’è qualcun altro in difficoltà economica”. Giammai, anzi. “Se me li danno questi soldi, li prendo, non è che li butto via” sottolinea con buona pace di Matteo Salvini, che dice di schifare i vitalizi come la peste. Un “odioso privilegio” che la sentenza depositata in questi giorni ordina di restituire tutto intero, arretrati compresi. Quelli che gli ex pretendono a compensazione delle somme falcidiate dal taglio entrato in vigore il 1 gennaio 2019 che in ben 776 hanno contestato minacciando sfaceli. Ottenendo in tempi record la cancellazione del “sacrificio” motivato da ragioni di equità sociale, ma a sentir Lorsignori inflitto con intento persecutorio: altro che poveri pensionati alle prese con le cause di fronte ai tribunali italiani contro l’Inps. Certo, c’è voluta tanta perseveranza da parte dell’organo di giustizia interna del Senato che ha dovuto fare i conti con dimissioni e astensioni dal collegio, nel frattempo sospettato di conflitti di interessi vari. Per tacere delle polemiche su un verdetto preconfezionato che il Fatto Quotidiano era stato in grado di anticipare prima che i “giudici” si riunissero per decidere.
Nulla da fare: Caliendo &C. hanno tirato dritto per vergare la sentenza che boccia il taglio dei vitalizi ritenuto ingiusto e illegittimo: “Risulta esorbitare i limiti fissati in ordine alla ragionevole incisione sui diritti in essere”. Insomma la sforbiciata è stata una mazzata per le tasche degli ex eletti che sono alla fame. Guardate Antonio Razzi che scaccia la disperazione tra comparsate in tv e balli su TikTok, quello stesso Razzi passato agli annali del Senato per la frase sussurrata a un collega: “Andiamo avanti. Manca un anno e entra il vitalizio. Amico mio, fatte li cazzi tua…”. L’Associazione Articolo 32- 97 (che si occupa di diritto alla Salute) si era costituita davanti alla commissione Caliendo per opporsi almeno al ripristino del suo assegno da oltre 3.300 euro al mese a vita. Niente da fare: “Ha vinto lo Stato di diritto”, per dirla con l’avvocato Maurizio Paniz che agli ex ha restituito un sogno chiamato vitalizio.
venerdì 26 giugno 2020
Tornano i ladri del vitalizio. - Tommaso Merlo
Il Senato fa marcia indietro sui vitalizi.
Uno sputo in faccia ai cittadini.
Uno sputo in faccia al 4 marzo.
Davvero impressionante.
A sorprendere non è l’avidità e il cinismo delle vecchie caste politiche. Le conoscevamo già. Hanno saccheggiato lo Stato per decenni fregandosene di tutto e di tutti.
Quello che sorprende è lo sfacciato tempismo.
Hanno addirittura osato farlo mentre milioni di cittadini sono sul lastrico e il paese sta cercando di capire come scongiurare l’ecatombe economica dopo la pandemia. Pazzesco.
Tra tutti gli sciacallaggi degli ultimi mesi, questo è davvero il più rivoltante. Uno sputo in faccia al buonsenso e alla collettività che resterà nella storia.
Ma quella dei vitalizi non è solo una storiaccia di soldi. È una storiaccia politica.
Facendo retromarcia sui vitalizi, il Senato manda un messaggio fortissimo al paese. Quello che in Italia alla fine i potenti vincono sempre, quello che è inutile farsi illusioni di chissà quali cambiamenti perché il marciume italiano è impossibile da debellare.
Facendo retromarcia sui vitalizi, il Senato invita i cittadini a rassegnarsi e ad abbassare la testa.
E se per caso qualcuno ambisse a soldi e potere, allora si deve adeguare all’andazzo, si deve mettere in coda e prima o poi toccherà anche a lui.
Uno spunto in faccia ai cittadini, al cambiamento ma anche alla democrazia e per questo la parte ancora sana della politica e delle istituzioni deve reagire con veemenza. Il 4 marzo i cittadini hanno votato anche affinché la politica adottasse standard di sobrietà degni delle democrazie più moderne.
Tradire il loro voto con questa tempistica vergognosa significa minare la democrazia.
Col Senato della Repubblica che se ne frega delle istanze popolari e umilia platealmente il responso delle urne. Davvero impressionante. Il ritorno dei ladri del vitalizio dimostra come il cambiamento sia una strada lunghissima e piena d’insidie soprattutto in un paese martoriato da decenni di malapolitica come il nostro. Dal 4 marzo in poi è successo di tutto ma il vecchio regime è ancora lì e trama dietro le quinte per tornare. Rivogliono il potere, rivogliono i privilegi e che tutto torni come prima.
Vecchi partiti infarciti di tromboni riciclati.
Lobby fameliche e stampa al guinzaglio. Tutti intenti a logorare i fautori del cambiamento e a guadagnare tempo in attesa del grande ritorno.
Una restaurazione che potrebbe avere successo anche grazie al solito autolesionismo italiano.
Coi cittadini che si sono arresi o si son messi a litigare tra loro e lagnarsi di chissà quale male al pancino. Facendo gli schizzinosi in una porcilaia. Così invece di uscirne insieme ci sprofondano dentro sempre di più. Il vitalizio è una bandiera che il vecchio regime ripianta sul tetto del Senato della Repubblica.
Un messaggio fortissimo al paese. Vogliono dare il colpo di grazia ai rivoltosi. Vogliono che la porcilaia torni normalità. Una mossa davvero azzardata anche per lo spietato tempismo.
Al punto che potrebbe ritorcersi contro di loro. Invece che stroncare la voglia di cambiamento, i ladri del vitalizio potrebbero riaccendere la rabbia popolare e ricompattare le fila dei cittadini che non si vogliono arrendere a costruire un paese migliore.
https://repubblicaeuropea.com/2020/06/26/tornano-i-ladri-del-vitalizio/
Il Senato annulla la delibera sul taglio dei vitalizi. Ira M5s, ma anche di Pd e Lega.
Il legale degli ex senatori: 'Ripristinato lo stato di diritto'.
domenica 16 febbraio 2020
Vitalizi hanno ragione i 5 stelle quel taglio è stato sacrosanto. Franco Bechis (Il Tempo)
Riveder le stelle - Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 16 Febbraio
La piazza strapiena contro i vitalizi di ritorno e la restaurazione strisciante non risolve nessuno dei problemi drammatici in cui si è avvitato il M5S. Ma è un segnale. Anzitutto di vita. E poi del fatto che chi smette di guardarsi l’ombelico parlandosi addosso su questioni interne e sventola bandiere di principio e non di bottega trova sempre migliaia di cittadini pronti a impegnarsi. Il sentimento dominante, in piazza Santi Apostoli, era l’orgoglio per le cose fatte da un movimento vilipeso e combattuto da tutti che ha mantenuto molte promesse, ma non è stato ripagato, anzi paradossalmente è stato punito dagli elettori. I militanti sono cambiati e maturati come i loro eletti. Hanno rinunciato alle battaglie impossibili, sia quelle magari giuste ma irrealizzabili, sia quelle sbagliate e velleitarie del complottismo e dell’antieuropeismo. La sfida del governo ha fatto bene a tutti, dalla base ai vertici, costretti a diventare in fretta uomini di governo e molti – anche se non tutti e fra mille errori – ci sono riusciti. Tant’è che da due anni, altro paradosso, il “movimento del vaffa” è diventato il principale fattore di stabilità, prima contro il cazzaro verde, poi contro il cazzaro rosé. Ha espresso un premier, Conte, che ha imparato più in fretta di tutti. E un capo politico, Di Maio, che ha traghettato nelle istituzioni il più grande movimento di protesta mai nato in Italia, fino al gesto raro e dignitoso delle dimissioni.
Se i 5Stelle si riappropriano delle piazze, accanto a quelle delle Sardine che per prime ne hanno meritoriamente strappato il monopolio a Salvini, è un bene per loro e per tutti: anche perché la nuova piazza non è più contro il governo di turno (sarebbe autofagia), ma per alcune battaglie. A partire da quelle sulla legalità che hanno portato all’anticorruzione, al carcere per gli evasori, alla blocca- prescrizione e all’accorcia- processi, grazie anche alla santa pazienza di Bonafede, accolto ieri come una star. Ora però, anziché crogiolarsi nel primo bagno di folla dopo mesi di cicuta, il M5S dovrebbe far tesoro di quella piazza. La smetta di discutere di regolette interne e dispettucci ombelicali. Faccia alleanze nelle regioni dove può vincere un candidato presentabile. Fissi al più presto questo benedetto congresso degli “stati generali”, lo apra a tutti i contributi esterni possibili, si dia una leadership seria e credibile e un pacchetto di nuovi traguardi da tagliare. La casta gli ha regalato lo sdegno contro i nostalgici dei vitalizi e dell’impunità, oltre al demenziale referendum di marzo contro il taglio dei parlamentari. La casta lavora per i 5Stelle. I 5Stelle la smetteranno di giocare contro se stessi?
https://www.facebook.com/TutticonMarcoTravaglioForever/photos/a.438282739515247/3118225341520960/?type=3&theater