Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 29 giugno 2023
CHI È VERAMENTE FLAVIO BRIATORE? - Andrea Scanzi
giovedì 14 aprile 2022
“Perché inviamo le armi in Ucraina e non in Yemen o ai palestinesi?”. - Andrea Scanzi
È una domanda che rimbalza spesso. Giustamente. Al di là del fatto che sia giusto o meno inviarle, e considerando pure che una tale decisione possa essere addirittura ritenuta incostituzionale, questa domanda è tanto lecita quanto ingenua.
L’Italia, e l’Europa (non tutta), sta inviando armi agli ucraini e non altrove per il semplice fatto che l’Ucraina è vicina. Vicina ed europea (anche la Libia è vicina, ma non è europea). La guerra viene da noi percepita come qualcosa di prossimo e, quindi, pericoloso. Non è che ci interessi la popolazione ucraina: ci interessa che la guerra non arrivi a noi.
Il comportamento dell’Europa, e dell’Occidente in generale, è meramente egoistico e autoreferenziale. Non discuto che a molti interessi davvero il popolo ucraino. Certo. Ma se ne parliamo tutti così tanto, è perché abbiamo paura che Putin ci bombardi. O che addirittura usi il nucleare
In Siria non muoiono di meno. Nello Yemen non muoiono di meno. I palestinesi non resistono di meno. Ma sono “lontani”. E quindi ce ne frega di meno: “non ci riguarda”, è questo il retropensiero.
L’Europa e l’Occidente, in questo, sono proprio come l’essere umano: ipocriti ed egoisti. Se la stessa guerra fosse stata lanciata da Putin nel Botswana, non ce ne sarebbe fregato un cazxo. Non avremmo avuto nessuna maratona televisiva permanente. Vacchi avrebbe molti più post dedicati di Orsini. E non solo nessuno avrebbe inviato armi, ma neanche si sarebbe posto il problema.
Facciamo un regalo intellettuale a noi stessi: ammettiamolo serenamente, che la si pensi come Letta o Di Battista, De Luca (Erri) o Montanari eccetera. Siamo egoisti, siamo ipocriti, siamo umani. E parliamo (così tanto!) di questa guerra perché abbiamo una paura fottuta di morirci dentro. Proprio come sta accadendo ai poveri ucraini.
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sabato 16 ottobre 2021
Andrea Scanzi su Travaglio
sabato 18 settembre 2021
Andrea Scanzi - Intervento Montevarchi
venerdì 9 luglio 2021
Andrea Scanzi su FB
venerdì 30 aprile 2021
Andrea Scanzi
mercoledì 14 aprile 2021
La “pace terrificante” dei partiti, da Salvini al “poro” Calenda. - Andrea Scanzi
È difficile immaginare un periodo storico più spaventosamente spento e, al tempo stesso, pericolosamente violento, come questo. Da una parte un crescendo di violenza, fisica e verbale, dettata da ignoranza, invidia e frustrazione. Dall’altra, una calma piatta insopportabile e non poco ipocrita, piombata su questo Paese come una mannaia anestetica con l’avvento (del nostro scontento) del governo Draghi. Una tale stasi generale si ripercuote su tutto, anche sul dibattito politico. Ne sono prova i social, dove la politica tira meno di un post di Renzi, e pure i talk-show, dove per creare una polemica occorre sganciare una bomba in studio. Anche questa rubrica ne risente: chi merita, oggi, un identikit? Draghi? Abbiamo già dato. Figliuolo? Nel dubbio tra averne paura (Murgia) o esserne divertito (Travaglio), scelgo una garbata incredulità nel vederlo addirittura sopra quello scranno. Ne consegue che, oggi, l’identikit non riguarderà una persona, ma i partiti sulla scena politica. Ecco una rapida ricognizione al tempo della peste. E della “pace terrificante”, come la chiamava De André.
Lega. È ancora in testa ai sondaggi, ma in un anno Salvini ha perso dieci punti. Un disastro acuito da questa sua fase politicamente surreale in cui è al governo, ma finge di non esserci. Baristi e ristoratori sono incazzati neri, e non solo loro, perché aveva promesso la Luna e alla fine non ha dato loro neanche un Sallusti. La fronda giorgettiana è insidiosa. E Zaia vale trecento volte Salvini. Oltre a ciò, la Meloni lo sta sabotando. La crisi che pervade Salvini è dimostrata pure dal fatto che, sui social, ogni tanto è costretto a rilanciare qualche frase di De Angelis o Briatore per raccattare tre like in croce. Poveretto.
Pd. Boh. Letta ci sta provando. Pare aver scelto Conte e non Renzi, e ci mancherebbe altro: il primo ha molti più voti (ci vuol poco) e il secondo è Renzi. Letta ha però ancora molto da fare per derenzizzare il partito, e questa sua guerra santa alla Raggi – benché lecita – fa un po’ ridere.
FdI. È in crescita, dunque ha ragione Meloni. La quale, se non altro, è stata coerente nel non entrare nel carrozzone ora al governo. Ovviamente la sua opposizione è ora assai meno urlata di prima, perché se sbraita troppo Salvini e Berlusconi le tirano le orecchie. I problemi di Donna Giorgia sono i soliti: una classe dirigente non di rado inquietante, i legami col fascismo tutt’altro che tranciati, una comunicazione populisto-becero-sovranista e alleati così gradevoli che in confronto viene quasi voglia di rivalutare Luis Miguel.
M5S. Boh (bis). È in perdurante fase di stallo, è entrato nel governo da maggiorente ma non sta toccando palla, non va più in tivù (e fa bene) ma nel frattempo sta scomparendo pure dai social (a giudicare dalle interazioni). Conte dovrà rivoltare il movimento (anzi “partito”) come un calzino.
Forza Italia. Gli zombie sono più vivi.
Italia Viva. Chi?
Mdp/SI. Ovvero Speranza, Bersani e Fratoianni, per citare le figure più emblematiche. I primi due appoggiano il governo (anzi uno c’è proprio dentro), il terzo no. I sondaggi piagnucolano, ma qualche segnale di vita pare arrivare. Di sicuro un’alleanza organica tra M5S e Pd non potrà prescindere da loro.
Bonino. Non scherziamo, dài.
Calenda. Lo adoro, perché è uno dei pochi che ha più ego di me, Severgnini, Carofiglio, Travaglio, Cazzullo e Friedman messi insieme. Quindi stima. Anche se continua ad avere meno voti del Poro Asciugamano.
Quindi, riassumendo: siamo nella merda. Però fingiamo di non saperlo. Daje!
IlFattoQuotidiano
martedì 6 aprile 2021
Enrico “il tiepido” non riesce ancora a derenzizzare il Pd. - Andrea Scanzi
Come si sta comportando Enrico Letta da segretario del Pd? È presto per dare un giudizio definitivo, ma è abbastanza per farsi già un’idea. Così come la sua scelta giustificava applausi e perplessità, anche le sue prime mosse risultano ambivalenti.
Letta ha scelto Provenzano come vicesegretario del Pd, mossa dichiaratamente di sinistra e antirenziana. Bene. Ma ha dovuto subito bilanciare questo azzardo (per lui) con una seconda vicesegretaria ben meno divisiva come Tinagli. Il nuovo (?) segretario del Pd ha poi incontrato in rapida successione Conte, Fratoianni e Di Maio. Ovvero tre figure che puntano dritte verso quel “campo progressista” (cit. Bersani) che significherebbe chiudere per sempre con Renzi e con un’idea di centrosinistra poco sinistra e molto centro (tendente a destra). Tutti e tre si sono detti soddisfatti dell’incontro con Letta. Fin qui le cose buone.
Poi però ci sono le perplessità. Una delle prime è ciò che Michela Murgia ha giustamente chiamato “pink washing”, ovvero imporre due donne come capogruppo a Camera e Senato. Un maquillage imposto dall’alto e risolto alla maniera piddina: ovvero Marcucci che si oppone mestamente, per poi indicare un nome femminile (Malpezzi) che vuol dire ancora renzismo. E dunque nulla sposta in termini politici.
Enrico Letta, prima vittima illustre di quella tendenza allegramente traditrice di Renzi, sta facendo per ora pochissimo per attuare quella derenzizzazione totale di cui il Pd, per essere credibile e dunque votabile, ha bisogno come il pane. Il Partito democratico risulta ancora una forza oltremodo balcanizzata, devastata dalle correnti e atavicamente sorda a un rinnovamento reale. Per meglio dire: incapace di andare oltre quel “conservatorismo” genetico che da ormai dieci anni lo porta ad accettare qualsiasi governo “per senso dello Stato”: Monti, Alfano, Berlusconi, Renzi, Gentiloni, Conte, Salvini, Draghi. Praticamente tutti. Con buona pace di un’identità personale che ai più, infatti, sfugge. Certo il buon Enrico non poteva fare miracoli in poche settimane, ma ha ragione Cacciari quando afferma deluso che non si è ancora minimamente capito quale idea di partito abbia in testa Letta.
Vi è poi un aspetto che risulta forse il più fastidioso, ovvero una sorta di spocchia che non dovrebbe attecchire in una figura seria e sobria come Letta. È naturale, per quanto fastidioso, che Letta come Zingaretti attacchino – con toni davvero eccessivi – Virginia Raggi. Il Pd ha il suo (buon) candidato a Roma, Gualtieri, ed è da sempre convinto che Raggi incarni il Maligno. Bah. Romano Prodi insegna però come le alleanze su scala locale siano totalmente diverse da quelle su scala nazionale, e dunque scannarsi su Roma non vuol certo dire non poter unirsi alle prossime elezioni politiche. Il punto è un altro, e lo ha ben sottolineato due giorni fa su queste pagine Barbara Spinelli: mentre i 5 Stelle provano a “rifondarsi” con Conte, il Pd appare tiepido. Statico. E con un’aria insopportabile di superiorità morale (de che?). Lo stesso Letta ha detto che spetterà a Conte trasformare il M5S in una forza non identica al Pd, ma meritevole di dialogare col Pd. Ecco, qui è bene intendersi: se è innegabile che il M5S debba cambiare e maturare, è altrettanto acclarato che Letta (o chi per lui) dovrà attuare una rifondazione analogamente “brutale”. Detta ancora più dritta: se il M5S dovrà meritare di allearsi col Pd, anche il Pd dovrà meritare di allearsi con il M5S. E il Pd attuale, con troppi Marcucci e Malpezzi in prima fila, non può certo dare lezioni di bellezza e democrazia agli altri.
IlFattoQuotidiano
sabato 6 marzo 2021
Il modello Bertolaso, Renzi d’Arabia. Ma c’è chi rischia la vita e viene lasciato per strada: i post di Scanzi. - Andre Scanzi
Il modello Bertolaso.
La capacità di Salvini di sbagliarle tutte mi commuove.
“Il modello Bertolaso”… fa già ridere anche solo a sentirlo.
Mah.
Il genio di Crozza.
Un Crozza semplicemente geniale racconta, in quattro minuti, tutto quello che non torna nella fase politica dei 5 Stelle.
Genio puro!
(il video)
Rischia la vita e lo lasciano senza lavoro.
Questa storia è allucinante. Riccardo Munda, 39 anni, ha preso il posto dei colleghi ammalati come medico di base. E ha seguito oltre 1.400 positivi.
Ora la sua sostituzione è finita: “Sia a Selvino sia a Nembro sono stati nominati i titolari. Sloggio perché non ho mai fatto il corso per la specializzazione in medicina generale”.
Ha rischiato la vita. E ora lo lasciano senza lavoro. Ma dove vogliamo andare?
Gli irricevibili.
Ah, l’Italia. Ricapitolando: Conte era un dittatore perché faceva i dpcm, chiudeva le scuole, chiudeva i teatri, chiudeva le palestre, chiudeva i bar e i ristoranti. Eccetera.
Ora Draghi fa lo stesso (e neanche ci mette la faccia, perché in tivù manda Gelmini e Speranza).
Però adesso va tutto bene. E quei fenomeni di Renzi, Salvini e Meloni (in ordine decrescente di gravità politica) non parlano più di “dittatura sanitaria” e “vulnus per la democrazia”.
Siete politicamente irricevibili.
L’intervista.
La guerra è un’altra cosa.
Appunto. Cerchiamo di ridare il giusto peso alle cose. È un momento drammatico, ma evitiamo parallelismi con la guerra.
Ci stanno chiedendo di tenere la mascherina, lavarsi le mani e stare a distanza, non di andare al fronte.
Piero Angela ottimo come sempre.
La parabola della Bonino.
Sull’operato di Arcuri ho molti dubbi. Non ne ho invece nessuno sulla parabola politica della Bonino: triste, malinconica, imbarazzante.
E questo post, puerile e patetico, ne è ulteriore prova.
Che brutta fine, “compagni” radicali.
Renzi chieda scusa agli italiani.
Renzi? Chieda scusa agli italiani. Si dimetta dal Board saudita, o se preferisce da senatore. E restituisca i soldi presi per quella “conferenza” in Arabia Saudita.
(a Otto e mezzo)
Il rinascimentale bin Salman.
Riguardatevi questo video. Riascoltate bene le parole di Renzi sull’immacolato rinascimentale Bin Salman. Incredibile.
(il video)
Ironia macraba.
L’ironia macabra dei servizi funebri Taffo, purtroppo, è perfetta.
Non ne usciamo mica mai, se continuiamo così.
Conte, l’unica chance per il Movimento.
Tutto come previsto (almeno da queste parti).
Per i 5 Stelle, che ora devono creargli un ruolo ad hoc e dargli il potere di rivoltare il Movimento come un calzino, era l’unica chance di rilanciarsi.
Per Conte, che non è mai stato un leader di partito, è una sfida molto difficile (ma molto meno difficile rispetto a quella di creare un partito tutto suo).
I prossimi mesi, politicamente parlando, daranno parecchi spunti. Ma proprio parecchi.
martedì 16 febbraio 2021
Conte, il più amato e le quattro vie del suo nuovo futuro. - Andrea Scanzi
I social – per fortuna – non sono tutto, ma qualcosa dicono. E dice molto anche l’umore generale che si respira dopo la lista di ministri (buona per i tecnici, debole quando non vomitevole per i politici) del mitologico esecutivo di San Draghi. Quando tutti ti lodano a prescindere, prima ancora che abbia cominciato il tuo lavoro, le aspettative crescono a dismisura. E se poi dal cilindro non fai uscire Batman ma Brunetta, la disillusione è cocente. La luna di miele di Draghi durerà forse poco e forse niente, di sicuro non tantissimo, e molti già dicono “Era meglio lui”. Laddove il “lui” è Giuseppi. Che ha fatto benissimo a non entrare in questo tragicomico caravanserraglio.
Sabato scorso, Giuseppe Conte ha passato il testimone, anzi la campanella, a Mario Draghi. Il lungo applauso con cui lo ha salutato Palazzo Chigi ha colpito molto gli italiani, rendendo il video virale. Il post di commiato dell’ex presidente del Consiglio, nella sua pagina Facebook, ha registrato tre giorni fa numeri spaventosi: più di un milione di like, più di 130 mila condivisioni e oltre 300mila commenti (in larga parte positivi). Il post di Conte era addirittura primo al mondo (!) su Facebook e nella top ten mondiale c’era anche un mio post sempre sull’ex premier.
Conte ha un serbatoio di stima e affetto che non ha nessun politico. Ma tutto finisce. E gli italiani hanno la memoria dei gasparrini rossi. Quindi Conte deve dire in fretta, anzitutto a se stesso, cosa voglia fare adesso. Le opzioni sono quattro.
1. Torna alla vita di prima, ricomincia a guadagnare molti più soldi e si allontana dal cicaleccio di certa stampa. È una prospettiva che Conte sta valutando attentamente.
2. Cerca di scalare il Partito democratico, magari passando dalla prima “elezione suppletiva” che passa. Tipo quella del collegio di Siena per sostituire Padoan. La sedicente statista Boschi, con quel suo grazioso parlare in stampatello senza dir mai niente, gli ha però chiuso la porta in faccia. E già questo, tenendo conto che Boschi non fa più parte del Pd, dice molto sull’indipendenza del Partito democratico dalle sciagure renziane. Resta comunque una soluzione che fa acqua da tutte le parti. Chi glielo fa fare a Conte di rinunciare a un ministero sicuro nel governo Draghi per riciclarsi come deputato anonimo del Pd? E come farebbe a scalare il Pd, che è fatto da 876 correnti la metà delle quali lo vorrebbe politicamente morto? Dai, su.
3. Crea un partito tutto suo. I sondaggi lo darebbero al 10-12 per cento. Non è poco, ma in larga parte saboterebbe quel che resta del M5S, che allo stato attuale – giova ricordarlo – non è Movimento 5 Stelle ma Movimento 5 Salme. I partiti personalistici, come insegnano Monti e Renzi, nascono poi di per sé putrescenti. E Conte pare troppo sveglio per suicidarsi come un Ferrara, un Fusaro o un Paragone qualsiasi.
4. Diventa il leader dei 5 Salme, riportandoli al livello di 5 Stelle. Il M5S si è coperto di ridicolo greve e nequizia spinta con la trattativa demente, e ancor più masochista, portata avanti con Draghi. Per tornare a vivere hanno solo una chance: Conte. L’ex premier dovrebbe scalare il Movimento, che essendo al momento morto si scala anche solo in ciabatte. In qualità di membro dominante di quella “nuova segreteria” di cui si parla ormai dai tempi di Badoglio, assurgerebbe a conducator di quel “campo progressista” di cui parlano Bersani e (spero) Zingaretti. Del resto è l’unico pontiere possibile tra M5S e centrosinistra.
L’opzione 4 è la più auspicabile. Quindi, essendo nati per soffrire, non andrà così. Condoglianze.
martedì 9 febbraio 2021
Dall’ammucchiata di potere si salvano Calenda e Meloni. - Andrea Scanzi
Ormai è fatta: tutti, o quasi, sono entrati nella retoricissima modalità “governo di unità nazionale”. E quando è così vale tutto. A quel punto è tutto un piovere di “Draghi santo subito” e “Franza o Spagna purché se magna”. Soprattutto: a quel punto, che è poi questo, ciò che fino al minuto prima pareva impossibile – e inaccettabile – diventa auspicabile. Anzi addirittura meraviglioso. E allora vai con Salvini che governa con Fratoianni (bum!), Calderoli con Zingaretti (daje!) e Berlusconi con Di Maio (c’mon).
Detto che Draghi è persona dal profilo inattaccabile e che gli auguriamo ogni fortuna (che sarebbe poi la nostra), il suo governo si presenta a oggi – con rispetto parlando e non per colpa sua – come una delle più grandi schifezze nella storia dell’umanità. Lega col Pd, Forza Italia con Movimento 5 Stelle, centristi e cosiddetti radicali con LeU. Una roba da vomito, ma se osi dirlo ti guardano come il cacadubbi che fa lo schizzinoso dinnanzi a ostriche & champagne. È tutto capovolto, e quando scatta il concetto di “unità nazionale” devi ingoiare tutto. Altrimenti sei un traditore.
Gad Lerner parla di “commissariamento della democrazia parlamentare” ed è vero, perché ricorrendo a Draghi si è implicitamente ammesso che la politica ha fallito. Corradino Mineo ci vede invece qualcosa di positivo, ovvero una sorta di “normalizzazione” della Lega, passata – in un secondo! – da sovranista a europeista. È vero che lo scenario è devastante e come la giri ti fai male. Ed è anche vero che, di fronte a una tragedia, un Paese dovrebbe sapersi unire. Certo. Ma questo varrebbe in un Parlamento fatto da De Gasperi, Parri e Pertini. Lì si che avrebbe senso questa sorta di Grande Partito Unico, in grado di andare oltre ogni divergenza. Ma davvero, oggi, c’è qualcuno che crede al senso dello Stato di Salvini, Berlusconi e Gasparri? Davvero qualcuno crede a Borghi & Bagnai folgorati sulla via dell’europeismo? Davvero qualcuno crede che il povero Draghi, zavorrato da una maggioranza che a oggi andrebbe dall’estrema sinistra (si fa per dire) all’estrema destra (non si fa per dire), potrà fare qualcosa di fortemente politico? A parte i ristori e il piano vaccinale (che sarebbe già tantissimo, certo), dovrà anzitutto altro tirare a campare. Altro che conflitto di interessi, prescrizione e transizione ecologica!
Giornalisticamente sarà pure una gran frattura di palle, perché vivremo in un clima mellifluo da “adesso fingiamo tutti di andare d’accordo”. E l’unico da bastonare resterà Conte, che anche dopo la crisi rimane quello più amato dagli italiani (con Draghi) e che potrebbe uscire più forte dal nuovo governo (che appoggia), essendo ormai ufficialmente il leader del campo progressista, ma che per i baccelli lessi di certi talk show iper-renziani rimarrà Il Gran Puzzone.
In questa cacofonica orgia garrula per la grande ammucchiata, si salvano giusto due leader. Il primo è Calenda, che a questa perversione ha sempre creduto e ora giustamente esulta. La seconda è la Meloni. Durante la pandemia ha dato il peggio di sé (ma i sondaggi la premiano). Ha una classe dirigente non di rado irricevibile (chiedere a Report). E i suoi interventi alla Camera sono foneticamente raggelanti. Ma è forse l’unica coerente. Lo è stata con il Conte-1, accettando il tradimento di Salvini. E lo è adesso, di fronte alle corna del solito Matteo e pure di Silvio. Di fatto farà opposizione da sola (chissà le urla!). Se Draghi farà il miracolo, ne uscirà con le ossa rotte. Ma se l’informe caravanserraglio fallirà, nel 2023 Fratelli d’Italia stravincerà a mani basse. Auguri.
giovedì 4 febbraio 2021
Ho appena sentito il breve discorso di Conte. Ve lo traduco ancora più chiaramente. - Andrea Scanzi
Ho appena sentito il breve discorso di Conte. Ve lo traduco ancora più chiaramente.
1. Una persona così perbene, a Palazzo Chigi, nella nostra Repubblica l’abbiamo vista poche volte. Ma poche.
2. Chi esultava per una sua fine politica, oltre a essere miserevole, è proprio un coglione.
3. Come vi ho detto nel video di un’ora fa, 5 Stelle e Leu sono disposti a entrare nel governo Ursula-Draghi. Persino Raggi ha dato il suo assenso.
4. Conte ha fatto capire che è disposto a entrare personalmente nel nuovo governo (o comunque di appoggiarlo chiaramente).
5. Conte è disposto a divenire il leader del cosiddetto campo progressista composto da M5S, Pd, Leu e società civile.
6. Conte ha chiaramente detto ai tanti sabotatori (anche dentro i 5 Stelle): “Adesso mi avete rotto i coglioni e se volete la guerra io ve la do. Sucate”.
Sta succedendo di tutto e succederà di tutto. Potrà essere tragedia e potrà essere rinascita. Di sicuro chi ha comicamente esultato nei giorni scorsi per il “capolavoro di Renzi”, come sempre non ha capito nulla. Anzi meno.
Ne vedremo delle belle.
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