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sabato 2 aprile 2022

Reddito Universale e salute mentale. - Matthew Smith














La povertà, la disuguaglianza e  l’isolamento sociale  possono portare a problemi di salute mentale, ansia e depressione. Il reddito universale può aiutare ad alleviare questi problemi.

Durante gli anni dopo la seconda guerra mondiale negli Stati Uniti sono stati portati avanti quattro progetti di ricerca sulla psichiatria sociale e su come prevenire la malattia mentale. Il primo, Robert Faris e H. Warren Dunham’s  Mental Disorder in Urban Areas è  stato uno studio di Chicago che ha scoperto come le persone con diagnosi di  schizofrenia  tendessero a provenire dalle aree povere e caotiche della città.

Il secondo è stato il Social Class and Mental Illness di Frederick Redlich e August Hollingshead, incentrato su classi e disuguaglianze a New Haven, nel Connecticut. Il terzo studio è stato lo Stirling County Study, che si è concentrato su una contea della Nuova Scozia, in Canada, ed è stato condotto da Alexander Leighton. Questo studio ha scoperto che l’isolamento sociale potrebbe innescare problemi di salute mentale, tra cui  ansia  e  depressione .

Lo studio finale è stato  il Mental Health in the Metropolis di Leo Srole e Marvin Opler, un progetto focalizzato su Manhattan, che ha scoperto che l’isolamento sociale crea problemi e disordini di salute mentale, all’interno di una città frenetica. Lo studio ha anche enfatizzato il ruolo della povertà e stabilito un legame tra cattiva salute fisica e mentale.

Nel complesso, questi studi hanno rilevato che la povertà, la disuguaglianza e l’isolamento sociale sono tutti fattori di una cattiva salute mentale. Sebbene alcuni tentativi siano stati fatti per affrontare questi problemi durante gli anni ’60, negli anni ’70 gran parte dell’interesse per la psichiatria sociale è diminuito.

Oggi ci sono rinnovate preoccupazioni per l’aumento dei tassi di malattia mentale, ma poche persone parlano di ciò che è necessario per prevenirla. Quando penso alle soluzioni che potrebbero affrontare la povertà, la disuguaglianza e l’isolamento sociale e che sono strettamente legate alla salute mentale, penso sempre più che il reddito di base universale possa essere una possibile soluzione. 

Sono anche sempre più convinto che uno dei fattori che dobbiamo considerare per valutare se il reddito universale possa funzionare sia determinare i suoi effetti sulla salute mentale. Quando i test pilota sul reddito universale sono stati condotti in Canada, Finlandia o altrove, le persone coinvolte hanno riferito che la propria salute mentale è migliorata.

Ma perché è così? Ebbene, il reddito universale aiuta ad affrontare i tre fattori sociali implicati nella malattia mentale. In primo luogo, riduce la povertà e, inoltre, elimina l’ansia associata ai cambiamenti del sistema del welfare. Le persone semplicemente ottengono il loro reddito senza fare domande.

In secondo luogo, riduce la disuguaglianza in parte perché è dato a tutti, indipendentemente dal loro reddito, ma anche, e soprattutto, offre alle persone l’opportunità di salire la scala sociale accedendo all’istruzione, avviando un’attività in proprio, impegnandosi in attività creative o artistiche. Fornisce un cuscinetto economico in modo che le persone possano apportare cambiamenti positivi nella loro vita. Erode la disperazione e la depressione associate al vivere sui gradini più bassi della scala sociale.

Infine, fornisce alle persone mezzi economici per impegnarsi di più nelle loro comunità. Se le persone trovano che il volontariato sia significativo o desiderano dedicare del tempo alla cura dei membri della famiglia, il reddito universale consente loro di farlo. Offre un’opportunità di crescita sociale ed emotiva, piuttosto che una semplice crescita economica.

Se il sistema di welfare non fosse così tanto impegnato nel determinare chi merita i benefici e nel vagliare coloro che sono ritenuti spettanti o meno, le persone che lavorano nel sistema sarebbero in grado di dedicare il loro tempo ad aiutare effettivamente chi sta male. Libererebbe un’enorme quantità di risorse umane per affrontare problemi più difficili, come dipendenze, abusi e altri problemi di salute mentale. Il reddito universale sarebbe anche un enorme vantaggio per coloro che attualmente soffrono di malattie mentali e lottano per sbarcare il lunario mentre cercano di stare meglio. Il reddito universale non impedirebbe tutte le malattie mentali o risolverebbe tutti i nostri problemi sociali, ma darebbe un enorme carico al sistema in modo che sia più facile affrontare i problemi più difficili da sradicare.

Proprio come i professionisti della salute mentale, gli attivisti, i pazienti e gli enti di beneficenza devono essere più audaci nello spingere i cambiamenti sociali necessari per prevenire la malattia mentale; i sostenitori del reddito di base universale devono iniziare a includere le valutazioni della salute mentale nei loro progetti pilota. Soprattutto, dobbiamo iniziare a parlare e provare nuove politiche sociali progressiste che possano aiutare a ridurre l’enorme costo della malattia mentale per la società.

Articolo originale apparso su Psychology Today

https://beppegrillo.it/reddito-universale-e-salute-mentale/

domenica 20 febbraio 2022

Cari elettori...- Vincenzo Garofalo

 

...molti politici non si rendono conto cosa significa avere il frigo vuoto. Guardare la propria auto ferma lì, allo stesso posto, allettata perché non puoi fare benzina.
Non sanno cosa significa non riuscire a dare ai propri figli la merenda desiderata a scuola. E comprare loro vestiti e scarpe perché crescono. Molti politici non sanno del tremolio di quel pollice impaurito che espone la mano di una mamma quando tocca la punta delle scarpe, per sentire se c'è ancora dello spazio, per sentire se il piedino può ancora arrangiarsi, prima dell'inevitabile restringimento.

Non sanno cosa significa avere le bollette accumulate sul comodino, e decidere, ogni volta, quella a cui devi dar priorità. Le date di scadenza non le guardi più: servirebbero solo a sentenziare il grado di colpevolezza di un'impotenza ingiusta.

Molti politici non sanno cosa significa scegliere se e come curarsi: il SSN, ormai, lo hanno smantellato. Non sanno che il ricorso agli esosi privati e il prezzo di certi farmaci faranno acquisire solo il coraggio di dire ai propri cari e agli amici intimi che è tutto a posto, quando invece non lo è. Un peso che poi devi scaricare, e lo confessi al primo interlocutore passante dagli occhi buoni che incontri.

Molti politici non sanno cosa significa andare a letto con la paura di essere sfrattati e non sapere dove andare a dormire: la dignità che ti rimbocca ancora una volta le coperte, e che cerca la tua attenzione, una tua rassicurazione. Ma tu ti volti dall'altro lato, per evitare il suo sguardo, perché non sai se sarai più leale con lei, se potrai più mantenerla. E pensi, su un cuscino bagnato, a come ti sentirai quel giorno: quando di nascosto la porterai lontana da te. Sai che non è la stessa cosa, ma in cuor ti sembrerà lo stesso un gesto colpevole, come quello che fanno alcuni codardi che abbandonano i propri animali fedeli lungo le strade.

Di tutte le ingiustizie questa è la più brutta.

Cari elettori, questi non sono più casi isolati, purtroppo. Ci sono moltissime povertà taciute prima che diventino eclatanti. Ma molti nani politici non ci arrivano. Non comprendono più la natura stessa dell' uomo, perché non ne hanno più il rispetto, perché tale condizione di offesa dignità gli è dovuta per proteggere il loro nobile vantaggio. Ormai si sono rinchiusi un'altra volta nella loro Versailles: per loro la povertà è diventata tangibile.
La storia insegna, ma non ha scolari (cit).
E sappiamo come andò.

Adesso aprite gli occhi e guardatevi bene intorno. Non bisogna per forza essere esperti di politica per capire chi si sta battendo davvero per voi. C'è una forza politica in questo Paese che ha già dato prova della sua lealtà e della sua onestà nel proteggere l' Italia dei semplici e degli esclusi. L'unica che ammette anche gli errori, e nella tana dei lupi era impossibile non farli. Ma l’empatia con la quale si rivolge a un Paese sempre più sofferente, generosa al punto d' anteporre gli interessi dei cittadini ai propri, è il primo segnale di riconoscimento di chi mette la propria esperienza e capacità al vostro servizio. Perché il mondo di riferimento del m5s è quello della gente semplice, della gente dimenticata, emarginata. Una forza di denuncia che si cala nelle situazioni per poterle migliorare: è attenta e rispettosa della vostra dignità. Si batterà sempre per farvela ritrovare, poiché è nata per questo motivo ed è nel suo dna aiutare chi è stato costretto ad abbandonarla...
e se gli darete forza, sarà anche in grado di tutelarla nei confronti di chi non la rispetta.

Vincenzo Garofalo 

https://www.facebook.com/photo/?fbid=1566195223753158&set=a.103813709991324

venerdì 4 giugno 2021

CAPITALISMO E DEMOCRAZIA: TASSARE LE RICCHEZZE PER USCIRE DAL NUOVO FEUDALESIMO. - Nadia Urbinati


 
Ci abbiamo mai fatto caso che il discorso sulla crisi ha in questi anni marciato su due binari paralleli? Crisi della democrazia e crisi del capitalismo. Sulla prima si è accumulato materiale che potrebbe riempire alcuni scaffali. Sulla seconda, la produzione è meno abbondante ma non se si include la trattatistica sulla disuguaglianza.

Realismo critico.

Recentemente Carlo Trigilia ha curato un volume per il Mulino, Capitalismi e democrazie, che offre un’analisi comparativa di come le democrazie elettorali hanno risposto alla crisi economica; il bilancio non è necessariamente negativo: i percorsi dei Paesi europei mostrano come la “macchina complessa” della democrazia possa rispondere alla sfida “durissima” che viene dalle relazioni tra lo stato e il mercato.

Proviamo a fare un esperimento mentale: che cosa succede se invece di tener distinti i due termini – capitalismo e democrazia, mercato e stato – li trattiamo come parti di un sistema integrato? È questo che si propone di fare nel suo ambizioso e, dice Claus Offe, potenzialmente sovversivo, Capitalism on Edge: How Fighting Precarity Can Achieve Radical Change Without Crisis of Utopia (Columbia University Press, 2020).

L’autrice, docente nell’università del Kent, con una biografia di attivista e dissidente negli anni della caduta del regime comunista in Bulgaria, ha studiato alla New School e ad Harvard e ha una formazione francofortese. Il quadro teorico e concettuale nel quale situa la sua ricerca socio-politica è quello del realismo critico, che potremmo sintetizzare con le parole di Paul Valery: «Il modo migliore per far sì che i sogni diventino realtà è svegliarsi».

Realismo critico significa, in questo caso, evitare di guardare il capitalismo da un punto di vista morale o desiderativo. Per questo, parlare di crisi ha poco senso, perché presume che vi sia una condizione stabile o di buona salute (ma buona per chi?) alla quale riportare il capitalismo. Secondo Azmanova non di crisi si dovrebbe parlare ma di cicli di mutamento delle condizioni di generazione del profitto.

Il capitalismo che molti dipingono in agonia o propongono di rendere “buono” sta benissimo come motore di prosperità selettiva. Ed è l’attenzione al problema “sistemico” che consente di vedere i segni delle trasformazioni epocali: nel nostro tempo, il populismo xenofobo o le rivolte dei disperati segnalano una “pena crescente” di molte persone che la retorica del benessere generalizzato e della crescita aveva per qualche decennio alleviato.

Conservatori e progressisti trattano il capitalismo come un fenomeno morale che può essere piegato alle ragioni della giustizia che stanno prima e sopra di esso. Secondo Azmanova questa lettura non aiuta a capire il nostro tempo e neppure la logica di sistema. I discorsi sulla crisi derivano da una teoria della giustizia che si propone di lenire le grandi sofferenze con i mezzi che il capitalismo offre, muovendo cioè le leve o della liberalizzazione o dell’intervento statale.

Dall’uguaglianza all’oligarchia. 

È possibile uscire da questo circolo chiuso? Secondo Azmanova è possibile se si resta marxianamente all’interno del processo immanente del capitalismo, che non è istigato da menti o volontà perverse o esterne ad esso. Si tratta di una pratica di pensiero radicale. Primo passo: trattare le nostre società come ordini istituzionali che combinano la democrazia come sistema politico al capitalismo come sistema sociale.

La democrazia capitalistica comprende due ordini, economico e politico, che si sostengono a vicenda perché azionati dalla stessa logica, come diceva Schumpeter: generazione competitiva del profitto e generazione competitiva della classe politica. Alcuni anni fa, Francesco Galgano tracciò la storia del principio di maggioranza a partire dalla Compagnia delle Indie, della quale John Locke era un azionista.

L’evoluzione delle democrazie come del capitale azionario è, da allora, andata da soluzioni di uguaglianza orizzontale a soluzioni miste di oligarchia e democrazia. O l’elettore è un uguale in senso aritmetico (una testa/un voto) o invece la sua uguaglianza è proporzionale all’interesse o al potere da rappresentare (peso del voto secondo le quote di capitale).

Democrazia e capitalismo hanno seguito un andamento dall’uguaglianza all’oligarchia, pur restando l’uguaglianza degli individui il principio che giustifica la competizione. Azmanova propone una lettura simile: la democrazia elettorale attuale, dice, è generatrice di oligarchia proprio per le pratiche competitive che la muovono. E offre valvole di sfogo, lasciando aperti spazi di contestazione della disuguaglianza, come con Occupy Wall Street o gli Indignados.

Secondo Azmanova queste sono reazioni innocue, anche perché traducono le afflizioni e le condizioni di assoluta precarietà, in una denuncia fuori tiro, sbagliata – la disuguaglianza – senza mai andare alla radice dell’ordine che la genera. Quindi il capitalismo continua a prosperare a dispetto della insoddisfazione pubblica che genera.

Allenarsi a resistere.

Del resto, nonostante le dichiarazioni di crisi del capitalismo c’è generale consenso sulle strategie di intervento (alternanza di deregolamentazione e liberalizzazione e di cicli di intervento pubblico in momenti di instabilità). Fino a ora, tutti i governi democratici, di destra o di sinistra, hanno perseguito l’obiettivo di salvare il capitale finanziario e il “big business” implementando programmi di austerità, con il risultato di generare più povertà e più precarietà.

E le rivolte, a tratti anche violente, come quella dei gilets jaunes francesi o le reazione populiste, non cambiano questa situazione: sono allenamenti alla resistenza al peggio, cioè resilienza. Incanalare la frustrazione contro i poveri non nostri e contro i super-ricchi del mondo: xenofobia e invidia sociale. Due strade che non portano a nulla se non a restare dove si è.

Ha scritto Harry Frankfurt in Inequality (2015) che siamo fuori tiro quando lamentiamo la disuguaglianza. Dovremmo in effetti preoccuparci della povertà: il povero soffre perché non ha abbastanza di che vivere. Dargli di che vivere è l’obiettivo materiale, anche a costo di togliere a chi ha di più. L’obbligo morale sarebbe quindi non quello di conquistare più uguaglianza, ma di eliminare la povertà.

L’oscena accumulazione della ricchezza è offensiva non rispetto all’uguaglianza (di che cosa? In relazione a che cosa? Tra chi?) ma alla povertà, al fatto empirico ed evidente della miseria che non consente sofismi. Eppure tutti parlano della disuguaglianza, dai presidenti delle banche e degli organismi economici internazionali ai riformatori liberal.

Perché la disuguaglianza, che è una caratteristica delle società di mercato da sempre, all’improvviso è tanto discussa da tutti? Perché siamo disturbati più da chi è ricco che da chi è povero? Se insistessimo sulla povertà saremmo meno inconcludenti e daremmo più spazio ai discorsi materiali; se cessassimo di parlare di crisi del capitalismo vedremmo meglio che questo sistema è basato sulla produzione di povertà, di ingiustizie e di dominio.

Nella Favola delle api (1723) di Bernard de Mandeville, si legge che la ricchezza nasce dalla povertà, la prosperità dal lavoro salariato; il benessere delle nazioni è misurato dalla massa dei poveri laboriosi che faticano senza aspirare ad investire in bellezza e cultura, merci di lusso non a buon mercato.

La religione della sopportazione e il mito della condizione umana sempre uguale a sé stessa sono serviti per secoli a lenire il senso disperante di non aver altro che la propria miseria. Nel nostro tempo che sembra aver eternizzato il capitalismo, quale risposta si può dare a Mandeville per il quale la storia è storia di sfruttamento e di ricchezza che si ripete sempre uguale perché l’antropologia non cambia?

Si può in effetti rispondere che questa storia non si ripete mai sempre uguale perché gli esseri umani, dopo tutto, non sanno rinunciare, diceva Jean-Jacques Rousseau, a perfezionarsi e, così facendo, scompaginano la loro stessa antropologia e il corso delle cose, creano senza premeditazione crepe nel sistema. Cambiare le gerarchie Non c’è nessuna regia della storia, sono gli umani a non poter essere addomesticati.

Pertanto, pur senza un disegno che determina il corso delle cose, vale il detto che il diavolo si annida nei dettagli. E la libertà è il dettaglio sovversivo. Qualche scintilla qui è là, manifestazioni di scontento sempre meno sporadiche valgono a mettere in circolo l’idea che si può interrompere la legge ferrea della povertà e della perversa ideologia della precarietà come condizione che meritiamo.

Il movimento del Sessantotto fu un assaggio della possibilità sempre aperta di scompaginare l’ordine della gerarchia. Oggi l’insoddisfazione per la massiccia ed espansa precarietà può aprire una nuova possibilità. Segni ne sono anche le reazioni xenofobe e protezionistiche, risposte alla precarietà e alla povertà inadeguate e capaci di mettere la democrazia a rischio.

Tassare le ricchezze è invece il punto da cui partire, scrive Azmanova, non per invidia di chi ha molto o per rendere tutti ugualmente ricchi, ma perché esse sono disfunzionali in quanto rappresentano un feudalesimo di ritorno e un’oligarchia auto-protetta, condizioni che stridono con le premesse competitive del sistema capitalismo e della democrazia.

Libertàgiustizia

giovedì 29 ottobre 2020

SOLDI SOLDI SOLDI...... - Rino Ingarozza

Il governo ha emanato il decreto ristoro. Tutti gli interessati riceveranno una somma in denaro, a fondo perduto.

Tutti riceveranno qualcosa (una bella somma, direi).
I baristi 3.000 euro, i ristoratori 5.000 e così via, tutte le categorie.
3.000 e 5.000 euro per qualche ora di chiusura. Certamente quelle dei ristoratori sono ore significative, in quanto quelle serali e quindi quelle della cena ed è giusto che prendano qualcosa in più.
Tutto giusto. Giustissimo.
Vedo, però, che ancora ci sono delle lamentele. Mi chiedo e chiederei a loro: sono pochi? Caro barista, sono pochi 3.000 euro netti? Per qualche ora di chiusura? Mio padre aveva un bar e, sinceramente, non me li ricordo dei guadagni così. Saranno cambiati i tempi. Allora se si spende così tanto ad aperitivi e caffè, non è vero che si sta così male. Meglio così. Abbiate un po' di pazienza, lo Stato non può darvi di più, evidentemente. Non ci sono tutti questi soldi. Ve ne può dare una parte. La pandemia finirà (intanto lo Stato vi sta dando le risorse per poterci arrivare, alla fine della crisi) e quando tutto questo finirà, ritornerete a guadagnare i ......quanto? Diecimila, quindicimila euro al giorno? Vi auguro anche di più. Per voi e per lo stato, cosi incasserà bei soldini con le vostre tasse. Perché voi siete delle persone per bene e fatturate tutto, dichiarate tutto. Vero?
La mia non vuole certo essere una critica ai vostri guadagni, ma una domanda ve la voglio fare, a voi e a quei politici che, giustamente, vi difendono, dicendo che vi si deve aiutare.
C'è gente che andava alla caritas per mangiare. Lo faceva perché aveva perso il lavoro, non riusciva a trovarne un altro. Intere famiglie senza reddito, che erano costrette a rovistare nel bidone dell'immondizia. Padri di famiglia accettare lavori degradanti, sottopagati e in nero, per portare qualche euro a casa, magari per comprare delle medicine (e sono sempre di più) che il servizio sanitario non passa più.


Poi, finalmente, una forza politica, si è posta il problema. Si è chiesta come avrebbe potuto aiutare questa gente (in perenne pandemia economica) e, una volta al governo, ha fatto il reddito di cittadinanza.
La domanda è:
Perché voi e i politici, di cui sopra, l'avete selvaggiamente criticata?
Perché avete sempre detto che 400, 500, 600 euro erano dei soldi dati in modo assistenziale a dei parassiti?
Perché, signori?
Non hanno, forse, anche questi una famiglia da sfamare?
Non hanno diritto ad un reddito, che il lavoro non può loro assicurare?
Sono, forse, figli di un Dio minore?
O forse perché chi ha la pancia piena non può credere che ci sia gente digiuna?
O, ancora, forse perché queste persone non sono mai scese in piazza, per protestare?
I poveri vivono con dignità la loro condizione. Vedo gente ai supermercati che danno la tessera del RDC, di nascosto, cercando di non farsi vedere dagli altri. Quasi come se fossero dei ladri.
E questa gente è la prima che vi dà la loro solidarietà. Perché sa cosa vuol dire non avere un euro per comprare il latte al figlio piccolo.
Ravvedetevi, vi prego. Date il giusto peso al denaro. C'è gente che non sa nemmeno com'è fatto.
La pandemia finirà (come ho detto prima) e voi ritornerete più forti di prima. Gli ultimi, invece, resteranno sempre ultimi. Un giorno il RDC finirà di essere erogato. Andrà al governo la destra dei "padroni" e di " chi se ne frega degli ultimi" e allora, mentre voi servirete il millesimo aperitivo, ci sarà gente che riprenderà ad aprire i cassonetti.
Siate bravi, almeno, metteteci qualche cosa di più, dentro.

mercoledì 18 settembre 2019

Nidi comunali gratis, il modello San Lazzaro. La sindaca: “Rette azzerate anche grazie a lotta all’evasione e riduzione degli sprechi”. - Eleonora Bianchini

Nidi comunali gratis, il modello San Lazzaro. La sindaca: “Rette azzerate anche grazie a lotta all’evasione e riduzione degli sprechi”

Il Comune di 30mila abitanti alle porte di Bologna è il primo in Italia a non fare pagare le rette dagli zero ai tre anni, indipendentemente dal reddito familiare. Isabella Conti, sindaca dem "anticemento" riconfermata con l'80% dei voti a maggio: "I nidi gratis incidono su natalità, azzeramento del bullismo e occupazione femminile. Sono scuola, per questo devono essere liberi e gratuiti per tutti". E sul welfare carente per il ceto medio dice: "In tanti rischiano di scivolare nella povertà perché non hanno ammortizzatori".
“A chi dice che i più ricchi dovrebbero pagare rispondo che il nido, come l’asilo, le elementari e le medie, fa parte di un progetto educativo più ampio. Di un percorso pedagogico di lungo respiro, che si traduce in minori tassi di abbandono scolastico e azzeramento statistico di rischi di bullismo“. E permette ai genitori di arrivare a fine mese senza l’acqua alla gola. Dall’inizio di questo anno scolastico Isabella Conti, sindaca dem di San Lazzaro di Savena, ha inaugurato i nidi comunali gratis per tutti, indipendentemente da Isee e reddito. Nota per essere un simbolo della lotta alla cementificazione selvaggia anche in aperto contrasto col suo partito, a maggio è stata riconfermata alla guida del comune di 30mila persone alle porte di Bologna con l’80% dei voti grazie alla sua lista civica. Aveva promesso asili nido gratis da settembre 2020, un obiettivo che è riuscita ad anticipare di un anno. Ora la sua è la prima amministrazione in Italia che ha annullato le rette per i più piccoli. A beneficiarne sono 300 bambini in 6 poli per l’infanzia (da zero a sei anni). Il via libera arriva dopo una prima parziale sperimentazione nel 2018 e consente alle giovani coppie di pensare a un figlio con meno ansie e alle donne che hanno avuto un bambino di potere tornare a lavorare. Con la speranza di sollevare la natalità del comune che, in linea col trend nazionale, ha un tasso di “anzianità del 210%. Vuol dire che per ogni ragazzo under 15 ci sono 2,1 over 65. Senza contare che il 12-13% ha più di 75 anni”.
Dal sostegno alle famiglie all’impatto sociale: tutti i benefici – Gli asili nido gratis sono il punto di approdo di un percorso che parte da lontano e che ha al centro una parola: welfare. “Stiamo lavorando a questo progetto già dal 2015. La priorità è quella di sostenere famiglie e giovani coppie, che oggi tendono a rinviare il momento per formare una famiglia. Ormai, infatti, ci si può permettere di pagare un affitto o un mutuo solo da adulti“. Difficoltà reali che si traducono in un calo della natalità, in un Paese che vive il declino demografico record degli ultimi cent’anni. “Anche San Lazzaro è in linea col trend nazionale. Ma oltre ad aiutare le famiglie, abbiamo voluto analizzare la questione dal punto di vista pedagogico“. Supportati dai dati. “È stato provato, ad esempio, che il tasso di abbandono scolastico è inferiore nelle aree di maggiore frequenza di nido e materna. In più, chi va al nido accede prima al linguaggio e quando i bimbi si abituano a convivere con i più piccoli si sviluppa una socialità che azzera i rischi di bullismo. I nidi non sono luoghi di babysitteraggio, ma di formazione. Sono scuola, e come tali devono essere liberi e gratuiti per tutti”.
La lotta all’evasione che paga le rette – Un passaggio fondamentale del percorso dell’amministrazione è stata la riqualificazione di una scuola dell’infanzia danneggiata dal terremoto del 2012. “Non abbiamo voluto chiudere o vendere la struttura, ma investire e sperimentare“. Dalla Regione arrivano 300mila euro e il Comune ne mette altrettanti, viene riaperta nel 2018 e diventa il primo polo per l’infanzia del Comune. Già quando nel 2017 la Regione stanzia 7 milioni di euro per i comuni da investire in ambito welfare nella fascia 0-6 anni, la sindaca decide di investirli nel taglio delle rette per chi ha un Isee sotto i 15mila euro. E a settembre 2019 l’amministrazione anticipa quello che, sulla carta, sarebbe dovuto diventare realtà soltanto nel prossimo anno scolastico. E cioè i nidi comunali gratis per tutti indipendentemente da reddito. Un proposito che diventa realtà “con l’aiuto imprescindibile dei contributi regionali”, spiega Conti, ma anche con una serie di tagli agli sprechiefficientamento energetico e recupero dell’evasione fiscale. “Il Comune ha pagato di tasca propria un milione di euro per la sostituzione di mille punti luce. L’abbiamo fatto senza ricorrere ai privati, tagliando tutti gli interessi che ne sarebbero derivati e ammortizzando i costi. Per recuperare le tasse invece sono andata nel nostro ufficio tributi, dove lavorano in 5. Troppo pochi per fare un lavoro di recupero su 30mila abitanti. Allora abbiamo esternalizzato a una ditta di engineering l’incrocio dei dati per verificare le entrate dal 2016 al 2018. Da lì abbiamo incassato 4 milioni di euro. Insomma, abbiamo fatto quello che si sente sempre dire”. Un’altra strategia per le casse pubbliche, sostiene la sindaca, è stata il taglio degli sprechi all’interno degli uffici comunali: “Spegniamo le luci e l’aria condizionata che non usiamo, ad esempio. E se penso che dal 1999 al 2004 chi governava questo comune ha speso 82mila euro di auto blu e io non ho mai chiesto un rimborso, posso dire che la mentalità è cambiata”. Tutte misure possibili, ci tiene a sottolineare la sindaca, “perché abbiamo un bilancio solido. Capisco che tutto questo non è fattibile per un paesino del Sud che rischia il default. E, oltre ai servizi alle persone, è importante investire nelle infrastrutture“.
I costi della gratuità – “Ho calcolato che per tenere aperti i nidi tra utenze e personale spendevamo 2,5 milioni di euro l’anno. Quello che incassavo dalle rette era di circa 480mila l’anno. Non coprivano neanche il 20%. Mi sono detta che potevamo farcela coi 4 milioni recuperati dall’evasione e i 250mila all’anno di efficientamento energetico“. Nel traguardo della gratuità è stato fondamentale l’apporto della Regione Emilia Romagna, che oggi dà un contributo di mille euro a bambino alle famiglie che hanno un Isee inferiore ai 26mila euro. “Mi sono resa conto che bastava investissi circa 300mila euro l’anno per avere il nido gratuito per tutti”, aggiunge Conti, che specifica come il Comune debba rendicontare “molto attentamente” il contributo regionale. “Vogliamo che questa misura incentivi sempre più i genitori a mandare i loro bimbi al nido. Al momento non abbiamo liste d’attesa, ma sappiamo che una possibilità, che auspichiamo, è l’aumento dei piccoli nelle nostre scuole. Ci stiamo già attrezzando per accoglierli“. Per l’amministrazione di San Lazzaro è anche un modo per abbattere le disuguaglianze, obiettivo dichiarato dal governo e ragione per cui, dice la sindaca, “mi sono trovata d’accordo col discorso di insediamento del Conte 2“.
“In Italia welfare vecchio di 25 anni” – Quella degli nidi gratis, assicura Conti, non è “una misura spot di buon senso ma è strutturale e fa parte della nostra visione di lungo periodo”. Tant’è che la sua amministrazione guarda al futuro con la creazione degli “alloggi cittadini” – “due parole che mi sono inventata io”, precisa la sindaca – per venire incontro a chi oggi non è nella fascia di reddito più bassa, ma è “penultimo” e generalmente escluso dal welfare. “Penso a una giovane coppia, dove lui e lei lavorano, magari hanno un bambino, e prendono poco più di mille euro al mese ciascuno. Devono pagare l’affitto o il mutuo e rischiano di non farcela. Per loro non ci sono misure di sostegno. Anzi, si vedono ‘sorpassati’ da chi ha ancora meno di loro, magari è immigrato, e ha sussidi e casa popolare“. Il problema, dice, “è che oggi si scarica il costo sociale degli ultimi sui penultimi, ma la differenza tra i due non è più, come un tempo, di 25mila euro l’anno, ma di tremila”. Chi è penultimo, così, rischia di scivolare nella povertà senza ammortizzatori sociali. “Vent’anni fa c’era il 10% di ricchi, il 10% di poveri e l”80% di fascia media. Oggi non è più così, ma il sistema di welfare nazionale è rimasto lo stesso. Per le fasce medie, che sono in evidente difficoltà, non esiste”. Quindi l’obiettivo numero due è la casa: “Tra due anni sarà a regime il piano degli alloggi cittadini, ed entro fine anno ne arriveranno già 10. Funzionano diversamente rispetto alle graduatorie delle case popolari, che sono di competenza regionale, e vengono assegnate in base a principi diversi. Sono destinati a giovani coppie, madri sole o vittime di violenza. Sono di proprietà pubblica e con affitti che vanno dai 100 ai 250 euro, e chi ci abita è anche responsabile della manutenzione“. Case che al piano terra avranno anche un nido condominiale.

sabato 4 maggio 2019

Il primo marcio del liberismo.

humantrafficissue

Mi chiedo con quale faccia l’informazione mainstream osi parlare del primo maggio quando ogni giorno si dedica all’umiliazione del lavoro e a creare una narrazione per stroncare ogni tentativo di uguaglianza nel mondo, anche a costo di esaltare mentecatti esecrabili come il golpista Guaidò che adesso fugge per ambasciate conniventi. Con quale faccia osi parlare di diritti e di libertà quando è complice di un sistema che li contempla solo come facciata ricreativa perché al cuore è strutturalmente incapace di concepirli se non sotto forma di diritto di proprietà e di sfruttamento. 
E infatti se solo si raschia la vernice fluorescente con cui viene coperta la realtà, viene fuori il marcio e colano veleni: anzi più la vernice è brillante e spessa, più è vicina alla testa del sistema, più la putrefazione sottostante cresce e comincia a colare nonostante l’opera degli imbianchini dell’informazione.
Prendiamo gli Usa dove il processo neoliberista e neo medioevale fa sentire i suoi effetti con maggiore forza: nonostante tutti i proclami e le statistiche, nonostante la comunicazione insista grottescamente sul sogno americano si verificano fenomeni inspiegabili alla luce del pensiero unico. Per esempio due economisti  hanno pubblicato uno studio sconcertante nel quale evidenziano che dal 1999 al 2013 c’è stato un drastico incremento della mortalità tra i bianchi americani di età compresa tra i 45 anni ai 54 anni che in sostanza ha causata la morte di mezzo milione di persone in più rispetto agli anni precedenti. Sono cifre che non hanno corrispondenza nelle altre etnie e gruppi di età denunciando con chiarezza che è stato l’impoverimento delle classi medie, saccheggiate dai ricchi, a determinare questa sorta di strage silenziosa che avviene nella grandissima maggioranza dei casi per le conseguenze dell’alcolismo. La cosa è particolarmente interessante per l’età della fascia presa in considerazione che comprende la parte di popolazione bianca che dovrebbe essere al vertice della propria carriera e capacità, ma comprende anche gli ex giovani e adolescenti che sono stati esposti per primi all’esplosione nemica e poi soprattutto commerciale della fitness, del “sano”, del benessere, del light mostrandone la natura di facciata sia mentale che sociale visto che essa si è sviluppata proprio mentre una percentuale sempre maggiore di persone cessava di potersela permettere.
E che dire del medesimo Paese dove ogni mese  si inventa un nuovo “genere”, un nuovo ircocervo  da innalzare sugli altari della libertà? Bene sorprendentemente e senza che nessuno ne avesse sentore è diventata la nuova Tailandia: eccolo il piccolo sporco segreto. Il traffico di minorenni in Usa è diventata  l’ attività  in più rapida crescita, la più redditizia dopo droga e armi: ogni due minuti un bambino viene sfruttato dall’industria del sesso e secondo le cifre riportate da Usa today che ovviamente sono molto imprecise per difetto, ogni anno ci sono circa 2,5 milioni di violenze a pagamento su minori. Si stima che circa 100 mila bambini e bambine dagli 8 ai 13 anni vengano venduti ogni anno sul mercato del sesso: alcuni vengono rapiti, altri fuggono di casa e cadono nelle grinfie di questi “imprenditori” del sesso, ma una consistente percentuale viene venduta dai parenti, spesso con la complicità di organi di polizia. E con 800 mila bambini che scompaiono ogni anno, soprattutto fra le fasce di recente immigrazione, non si fa fatica a comprendere le dimensioni del “mercato”. Secondo alcuni questo fenomeno è dovuto alla “pornizzazione di una  generazione”, ma probabilmente di un’intera società privata di centro e di speranze come indicherebbe anche il fatto che  – stando alle testimonianze e ai rapporti che cominciano ad emergere – il sesso con bambini e adolescenti diventa sempre più violento. 
E’ assolutamente chiaro che il traffico di bambini si salda a un continuum che va dalla crescita dei senzatetto, al dilagare di lavori precari e con salari che non consentono di vivere senza aiuto, ai problemi di autostima in un sistema dove le vittime sono costrette a colpevolizzarsi, a un sistema generale di comunicazione che fa dell’ipocrisia la sua cifra. 
Il primo marcio al posto del primo maggio.

martedì 12 marzo 2019

Chi prende il reddito di cittadinanza è un parassita, dice la Cei. Così la Chiesa tocca il fondo. - Angelo Cannatà

Chi prende il reddito di cittadinanza è un parassita, dice la Cei. Così la Chiesa tocca il fondo

A tutto c’è un limite e si fatica a capire davvero dove stia andando Santa Romana Chiesa: si è toccato il fondo.
Sapevamo della corruzione nei sacri palazzi, fa parte della storia della Chiesa e non ci si scandalizza quasi più.
Sapevamo che in essa albergano preti pedofili, è cronaca quotidiana e tocca le diocesi d’Italia e di tutto il mondo.
Sapevamo che la Chiesa ha conosciuto guerre di religione, vendita d’indulgenze e papi atei (Savonarola definiva Alessandro VI: “Papa simoniaco e sacrilego”).
Sapevamo che la Chiesa ha stretto patti coi regimi totalitari.
Sapevamo che lo Ior (Istituto per le Opere di Religione), con Marcinkus e non solo, trafficò col Banco Ambrosiano e Michele Sindona (membro della P2 in stretto contatto con la mafia).
Sapevamo d’affari recenti e per niente trasparenti – Vatileaks, ma non solo – e di congiure di Palazzo all’interno del Vaticano.
Sapevamo di pressioni e ricatti politici della Chiesa (i fedeli votano), e della “sacra” ingerenza sull’Italia per non pagare l’Ici.
Sapevamo dello scandalo maleodorante legato alla scomparsa di Emanuela Orlandi.
Sapevamo di un criminale sepolto (quanto durerà ancora questo scandalo?) dentro una storica chiesa romana.
Sapevamo della “confusione che regna nel cuore della Chiesa”, tesa a gestire – dimentica del Vangelo – beneficenze, potere e affari.
Sapevamo della sete di denaro in Vaticano (dalla lettera di un teologo a Benedetto XVI: “Perché il denaro gioca un ruolo centrale? Dov’è la forza per combattere nella curia la tentazione del potere? Dov’è l’umiltà e la libertà donata dallo spirito?”).
Sapevamo questo e molto altro.
Ma ora sappiamo anche che Santa Romana Chiesa non sta più (nemmeno formalmente) dalla parte degli ultimi perché definisce "parassiti" i poveri che attendono un reddito di cittadinanza. Attenzione: non un parroco schizzato di campagna, ma la Cei parla di “cittadinanza parassitaria”. Non c’è nulla di peggio di questo insulto al Vangelo: i poveri equiparati a parassiti (che ne è di “chiedete e vi sarà dato”?). Anche il valore della Caritas perde senso di fronte alle parole della Cei. Siamo all’indicibile. Peggio dell’ateismo di Alessandro VI, peggio degli intrallazzi di Marcinkus: qui si tocca davvero il fondo, si tradisce il cuore del Vangelo, “gli ultimi saranno i primi”, “ama il prossimo tuo come te stesso”. Se può, se glielo consentono, se non lo mettono a tacere, intervenga Papa Francesco a correggere e mettere fine a quest’obbrobrio.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/03/11/chi-prende-il-reddito-di-cittadinanza-e-un-parassita-dice-la-cei-cosi-la-chiesa-tocca-il-fondo/5024376/

La Chiesa cattolica, che pretende di essere l'unica ancora di salvezza per i poveri, ma solo a parole, con il reddito di cittadinanza si sente defraudata del merito ed attacca chi, per gli indigenti, qualcosa di concreto la fa davvero. 
Invece di blaterare, quelli della CEI potrebbero rivolgere le loro attenzioni a tutti gli indigenti del mondo, compresi i bambini che "usano" invece di "nutrire"...
by cetta.