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martedì 1 febbraio 2022

Spende, spande, ma chiede gli aiuti di Stato: lo spudorato “chiagni e fotti” della Serie A offende chi è stato rovinato dal Covid (e ha continuato a pagare le tasse). - Lorenzo Vendemiale

 

FATTO FOOTBALL CLUB - Sia chiaro: nessuno critica le operazioni di calciomercato, quasi tutte molto intelligenti. Ma è inconcepibile che gli stessi club che spendono centinaia di milioni per acquistare nuovi calciatori poi chiedano al governo ristori e favori fiscali, in barba ai sacrifici di chi è stato davvero devastato economicamente dalla pandemia.

Spendono, spandono, ma poi i presidenti piangono miseria. Dopo Vlahovic e Gosens, ma anche Sergio Oliveira, Zakaria, Boga, Ricci, un calciomercato faraonico, le richieste di ristori da parte della Serie A sono semplicemente indecenti. Non siamo più neppure alla favola della cicala che passa l’estate a cantare e poi si ritrova in inverno senza cibo, perché l’inverno è arrivato da un pezzo e i club lo sanno perfettamente. Qui siamo al “chiagni e fotti” più spudorato.

Oggi si conclude un calciomercato ricco, a livelli pre-Covid. Dalla grande Juventus che è tornata a fare la Juventus, alla piccola Salernitana che ha cambiato mezza squadra, si sono mossi tutti senza badare troppo al portafoglio. Ma in questo non c’è nulla di male. Chi crede che certe cifre siano immorali sbaglia, la retorica del pauperismo fine a se stesso lascia il tempo che trova. È giusto che una società di calcio (che è un’azienda con un fatturato milionario) investa in quelli che sono i suoi asset, se ritiene di poterlo fare. Tanto più che parliamo di operazioni intelligentia partire da Vlahovic, un affare indiscutibile da ogni punto di vista; ma in generale tutte le squadre si sono mosse con lungimiranza, guardando alla prossima stagione, investendo sul futuro. Il problema non è il calciomercato. Il problema è come un comparto che nell’ultimo mese ha speso complessivamente 150 milioni di euro (impegnandone almeno un’altra cinquantina in obblighi di riscatto) possa poi pretendere di non pagare le tasse, oppure ricevere aiuti dallo Stato. Con che faccia si presentino al governo con certe richieste.

Bisognerebbe chiederlo al presidente della Serie A, Paolo Dal Pino, che ha inviato una lettera a Palazzo Chigi per invocare il sostegno del governo (forse nemmeno lui mentre la firmava si è reso conto del clamoroso autogol). Oppure al n.1 della Figc, Gabriele Gravina, che ha appena dichiarato una cosa sacrosanta: “Tra quello che chiediamo e i comportamenti del calcio a volte non c’è coerenza”. Però intanto si è fatto promotore di un tavolo “per la definizione di ristori al mondo del calcio”, che non ha motivo di esistere. E in fondo una risposta chiara dovrebbe darla anche la sottosegretaria allo Sport, Valentina Vezzali, che in un’intervista al Sole 24 Ore ha parlato di “riforme in cambio di aiuti”, ma non si capiva bene se fosse più carota o bastone, un’apertura ai possibile ristori o un richiamo alle colpe del pallone.

Il calcio è ovviamente stato colpito dal Covid, nessuno lo nega, ma non come sostiene (parliamo di un sistema squilibrato che viveva ben oltre le sue possibilità già da anni) e comunque non più di altri settori. A differenza di attività che sono state davvero stroncate dalla pandemia, il pallone non si è praticamente mai fermato se non per quei primi due mesi di lockdown. Ha potuto salvare buona parte dei suoi ricavi (diritti tv, sponsor, ecc.), rinunciando di fatto solo agli incassi da stadio che in media valgono solo il 10% del bilancio di un club. Ha appena ricevuto una sospensione fiscale di quattro mesi, privilegio che ad altri comparti non è stato concesso. C’è in ballo la cancellazione del divieto di pubblicità dalle scommesse, che è un tema politico. Tutto il resto sono pretese irricevibili.

Non perché il calcio non meriti considerazione dallo Stato, ma perché il problema è appunto la coerenza. Se un’attività è in crisi, tira la cinghia e non si imbarca in impegnativi progetti di ristrutturazione. Se la Serie A è “un sistema sull’orlo del baratro, con margini di resistenza assottigliati al minimo” (parole di Beppe Marotta, amministratore delegato dell’Inter), dovrebbe pensare più alle riforme che al calciomercato. Invece di format ridotto del campionatosalary cap, norme contro le commissioni degli agenti non c’è traccia, mentre si vedono colpi da 90 milioni di euro. Tanto poi arrivano i ristori pubblici. Da settimane è in corso un battage mediatico sempre più esasperato per convincere Palazzo Chigi. “Il governo – ha detto minaccioso il patron del Napoli, Aurelio De Laurentiis – deve capire che 25 milioni di tifosi sono 25 milioni di elettori”. Sono anche 25 milioni di persone che pagano regolarmente le tasse.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/01/31/spende-spande-ma-chiede-gli-aiuti-di-stato-lo-spudorato-chiagni-e-fotti-della-serie-a-offende-chi-e-stato-rovinato-dal-covid-e-ha-continuato-a-pagare-le-tasse/6474564/

venerdì 12 marzo 2021

“Fate presto!”, ma ora non più I Ristori spariti pure dai media. - Giacomo Salvini

 

Adesso si può - Gli aiuti slittano di nuovo, ma gli allarmi svaniscono. Appelli, ristoratori disperati e rivolte su stampa e tv sono solo un ricordo.

I collegamenti strappalacrime di Barbara D’Urso con i ristoratori “senza aiuti”, “lasciati soli” e con “solo le mance per pagare le bollette” da Milano a Palermo, da Bari a Trento, sono improvvisamente spariti. La marcetta su Roma dello chef stellato Gianfranco Vissani con ristoratori al seguito per protestare contro il governo Conte che sta “uccidendo i ristoratori” e le sue “mancette” è solo un lontano ricordo. Per non parlare dei giornali che, durante la crisi aperta da Matteo Renzi, prendevano in prestito l’allarme del Mattino del 1980 durante il terremoto dell’Irpinia per chiedere alla politica di “fare presto” e approvare subito il decreto Ristori 5 per aiutare le attività – dai ristoranti ai bar agli impianti sciistici – che avevano dovuto chiudere a gennaio. Adesso però tutti gli allarmi, gli sos e le manifestazioni dei ristoratori (con tanto di assembramenti in piazza Montecitorio con l’hashtag #ioapro sostenuto da Matteo Salvini) sono scomparsi dai giornali e dalle televisioni. Ora non c’è più il governo Conte ma, da quattro settimane, a Palazzo Chigi siedono “i migliori” di Mario Draghi. E quindi l’urgenza per approvare il decreto, ribattezzato “Sostegno”, da 32 miliardi, tutto d’un colpo non c’è più: il provvedimento è slittato di un’altra settimana mentre i tecnici del Tesoro stanno ancora cercando una quadra su fisco, sanità, vaccini e lavoro. I ristori alle attività valgono circa 5 miliardi ma non arriveranno subito: gli imprenditori dovranno aspettare almeno un mese. E allora è utile ricordare tutti coloro che fino a poche settimane fa attaccavano il governo per aver “lasciato soli” i lavoratori e oggi, invece, tacciono.

Il primo a lanciare l’allarme a inizio gennaio era stato proprio Matteo Renzi che dopo aver fatto dimettere le due ministre Teresa Bellanova ed Elena Bonetti dal governo Conte, aveva dichiarato: “Votiamo subito lo scostamento di Bilancio e il decreto Ristori” (17 gennaio). Lo scostamento da 32 miliardi era stato approvato il 20 gennaio dal Senato ma del decreto Ristori non s’è più saputo niente. Stesse parole, a metà gennaio, della ormai ex ministra Teresa Bellanova: “Approviamo subito Ristori e Recovery”. Niente di fatto ancora: un governo dimissionario non poteva certo approvare un decreto politicamente così importante come quello degli aiuti alle attività economiche rimaste chiuse. Per non parlare di Salvini e della Lega che dall’opposizione bombardavano tutti i giorni i giallorosa per il mancato arrivo degli aiuti: “Conte, sui ristori non prendere per i fondelli gli italiani” diceva in un video su Facebook il leader del Carroccio dopo aver ascoltato le comunicazioni dell’ex premier alla Camera in piena crisi di governo. E ancora “rimborsi siano certi” (16 gennaio) e “subito rimborsi proporzionati alle perdite subite” (18 gennaio). Anche Silvio Berlusconi l’11 gennaio sul Giornale chiedeva al governo di “fare presto”: “Mentre ci sono vergognosi giochi di palazzo, il Paese è bloccato”. La prima grana del governo Draghi, sostenuto anche da Lega e Forza Italia, è stata proprio la mancata riapertura degli impianti sciistici prevista per il 15 febbraio e poi rimandata a data da destinarsi. Dopo quella decisione, la Lega era tornata a bomba: “Subito i ristori” chiedevano in coro i ministri del Carroccio, Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia. Il 22 febbraio, poi, Salvini non poteva mancare alla manifestazione #Ioapro dei ristoratori in protesta con la decisione di non riaprire i locali anche la sera e il giorno dopo andava dicendo: “Ristori subito e accelerazione sul piano vaccinale”. Niente da fare.

Anche i giornali per mesi hanno usato fiumi di inchiostro sul blocco dei Ristori mentre oggi che il governo Draghi sta ritardando nell’approvare il decreto, il tema è scomparso. Basta recuperare i giornali di un mese e mezzo fa: “Le chiusure accelerano ma i ristori frenano” (Sole 24 Ore, 9.1), “Ristori e fondi Ue al palo. Mancano i soldi per ripartire e i pochi rimasti li butta Conte” (Libero, 20.1), “Ristori, Recovery, sfratti. Dieci giorni di stallo e il Paese resta al buio” (Il Giornale, 24.1), “Ristori a rischio per la crisi” (Il Messaggero, 25.1), “Fate presto. Dal Recovery Plan ai ristori l’agenda economica è appesa alla crisi” (Linkiesta, 27.1), “L’Italia non ce la fa più. L’urlo delle imprese: ‘fate presto!’ (La Stampa, 28.1). Oggi Aldo Cursano, vicepresidente di Fipe, attacca: “Tra crisi di governo e ritardi sul decreto si sono buttati due mesi – dice al Fatto – è così che si rompe il rapporto di fiducia tra istituzioni e cittadini”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/03/11/fate-presto-ma-ora-non-piu-i-ristori-spariti-pure-dai-media/6129509/

venerdì 5 marzo 2021

I ristori? Nessuna fretta, il governo rimanda ancora: fino a un mese per la piattaforma, dopo le richieste. Per le aziende ferme altre settimane senza soldi.

 

INDENNIZZI A RILENTO - Secondo le bozze del cosiddetto decreto Sostegno, a partire dall'approvazione (che arriverà la prossima settimana ma non si sa quando) ci saranno 30 giorni di tempo per Sogei per elaborare un nuovo sistema informatico per le procedure di rimborso. Dopo altri 10 giorni partiranno i pagamenti. Insomma: il rischio è che i soldi arrivino dopo Pasqua.

Oltre un mese fa, quando la crisi politica che ha portato Mario Draghi a Palazzo Chigi non si era ancora conclusa, l’erogazione degli indennizzi alle attività chiuse causa Covid sembrava la priorità assoluta di tutti i partiti. Tanto che il governo Conte, in carica solo per gli affari correnti, era al lavoro per approvare comunque il decreto Ristori 5 dopo l’ok unanime dell’Aula allo scostamento di bilancio. Ma ora che il nuovo esecutivo è pienamente operativo e sono passati 20 giorni dal giuramento dei ministri, il nuovo provvedimento ancora non si vede. Il lavoro si preannuncia lungo: il testo sarà oggetto di riunioni continue in settimana per arrivare a uno schema condiviso entro 7-10 giorni. Non solo. Stando all’ultima bozza anticipata dall’Ansa, gli esercenti potrebbero vedere i primi soldi solo dopo Pasqua. Il motivo è che, per bonificare gli aiuti, il ministero dell’Economia vuole una nuova piattaforma gestita da Sogei. La tabella di marcia prevede che la società abbia 30 giorni di tempo, a partire dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto, per costruirla. Poi si aprirà una finestra temporale per le richieste. L’Ansa calcola quindi altri 10 giorni per i primi contributi – verosimilmente inizio aprile – e la chiusura di tutta la partita entro il 30. In pratica ci saranno aziende che vedranno i soldi a oltre tre mesi dall’ultimo bonifico.

Il provvedimento, ribattezzato decreto Sostegno, prevede però anche diverse novità. A partire dalla scomparsa, ampiamente annunciata, dei codici Ateco. Il meccanismo, stando a questa bozza, non sarebbe quello del rimborso dei soli costi fissi che si ipotizzava da settimane. Ma rimarrebbe legato al calo di fatturato: non più quello del solo aprile 2020 a cui finora sono stati ancorati i precedenti ristori bensì la media mensile dell’intero anno rispetto al 2019, a patto di aver perso nel complesso almeno il 33% (ma la percentuale è ancora da confermare). Nel decreto sono previsti poi altri due miliardi di euro per il Piano vaccini, compreso il trasporto, la somministrazione e il coinvolgimento dei medici di famiglia, e le terapie anti-Covid. I licenziamenti vengono bloccati fino a fine giugno, mentre la Cassa integrazione Covid potrebbe essere prorogata fino a fine anno. Il governo lavora anche alla sospensione dell’invio di nuove cartelle per altri due mesi, cioè fino a fine aprile.

Per imprese, esercenti e partite Iva cambiano inoltre le fasce di indennizzo. La bozza attuale ne prevede quattro: il 30% per le attività con ricavi fino a 100mila euro, 25% fino a 400mila euro, 20% fino a un milione e 15% per quelle con fatturato più alto, mentre si starebbe ancora valutando come intervenire per sostenere le start up. I decreti ristori del governo Conte riconoscevano invece cifre parametrate al 20% della differenza di fatturato tra aprile 2020 e aprile 2019 per chi avesse avuto ricavi 2019 sotto i 400mila euro15% in caso di ricavi tra 400mila euro e 1 milione e 10% con ricavi tra 1 e 5 milioni. Questi aiuti dovrebbero coinvolgere 2,7 milioni tra imprese e professionisti con fatturato fino a 5 milioni. L’intenzione di prevedere tetti più alti di fatturato è confermata a Radio24 dalla viceministra all’Economia Laura Castelli.

“Gli uffici tecnici preposti sono al lavoro per individuare un pacchetto di misure normative di sostegno ispirato all’equità, alla celerità, alla semplificazione e alla immediatezza”, ha aggiunto il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti durante il question time alla Camera. Il provvedimento, sostiene , “è ispirato ad una radicale semplificazione delle attuali procedure, superando lo schema normativo improntato sulla base del codice Ateco e favorendo l’automatismo dell’erogazione in tutti i casi in cui ciò risulta possibile, ed eventualmente prevedendo anche in modo opzionale la possibilità di compensazione in sede di dichiarazione“. Per quanto riguarda le tempistiche di approvazione, Giorgetti fa sapere che il decreto “vedrà la luce, auspicabilmente, entro la prossima settimana“.

Nel provvedimento sarebbero previsti anche 600 milioni da aggiungere ai contributi a fondo perduto per la filiera della neve, visto lo stop definitivo della stagione per lo sci, da ripartire in Conferenza Stato-Regioni. Per la filiera della montagna, però, si starebbe ragionando su come modulare in modo diverso l’intervento. Così come si valuta se rafforzare ulteriormente il finanziamento per il piano vaccinale e sarebbe ancora in discussione la modalità con cui fare ripartire la riscossione delle cartelle. Al momento si pensa a un nuovo stop generalizzato fino al 30 aprile sia per l’invio di nuovi atti sia per il pagamento delle rate della cosiddetta ‘pace fiscale’ cioè la rottamazione ter e il saldo e stralcio. Il capitolo fiscale, peraltro, potrebbe anche contenere un nuovo stralcio delle cartelle ferme da anni nel magazzino: si ipotizza di cancellare quelle tra il 2000 e il 2015 per importi massimi fino a 5mila euro comprese sanzioni e interessi. L’intervento riguarderebbe 60 milioni di cartelle e avrebbe un costo di due miliardi tra 2021 e 2022.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/03/03/i-ristori-nessuna-fretta-il-governo-rimanda-ancora-fino-a-un-mese-per-la-piattaforma-dopo-le-richieste-per-le-aziende-ferme-altre-settimane-senza-soldi/6120471/

mercoledì 3 febbraio 2021

Ristori congelati, la politica si è scollegata dalla realtà. - Patrizia De Rubertis

 

La crisi innescata da Italia Viva ha bloccato i nuovi aiuti. Dai lavoratori dello spettacolo ai baristi, la richiesta è di fare presto: “Teatrino inaccettabile”.

Serve a prorogare il blocco dei licenziamenti e la Cassa integrazione Covid, ma anche a stanziare nuovi contributi a fondo perduto per le categorie più danneggiate dalla pandemia. Ma il nuovo decreto Ristori, il quinto, che avrebbe dovuto vedere la luce a inizio gennaio è prima finito bloccato nello scontro tra i giallorosa e poi dalla crisi di governo che Matteo Renzi ha deciso di aprire nonostante ci fosse una serie di importanti provvedimenti in sospeso, tra cui questo provvedimento che vale in tutto 32 miliardi. E che, stando al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, dovrebbe essere anche l’ultimo. La volontà del governo uscente era di varare il decreto, considerandolo un atto urgente e necessario per fronteggiare l’emergenza. Ma poi si è deciso di congelarlo in attesa del nuovo governo. Il testo del decreto va ancora scritto, anche se Camera e Senato hanno già approvato un nuovo scostamento di bilancio per finanziarlo.

Il dl Ristori 5 servirà a estendere lo stop ai licenziamenti fino al 30 aprile per tutti e dopo in maniera selettiva, dovrebbe prevedere altre 26 settimane di cassa integrazione per le imprese in crisi e finanziare altri capitoli di spesa (sanità, trasporti pubblici, forze dell’ordine, etc.). Ma sul fronte dei contributi a fondo perduto va ancora chiarito il nuovo meccanismo per identificare la platea degli aventi diritto e calibrare l’entità delle somme da versare. Dovrebbe essere presa in considerazione la perdita di fatturato dell’intero 2020 (non più aprile 2019 su aprile 2020), ma non è chiaro se ci saranno anche paletti relativi ai codici Ateco o se verranno introdotte soglie minime molto alte per limitare la spesa. Così come potrebbero essere inclusi tra i beneficiari anche i professionisti iscritti agli Ordini. Si tratta, comunque, di risorse che mai come in questo momento sarebbero fondamentali per dare respiro ai lavoratori in crisi e arginare le conseguenze dell’emergenza.

Ad aspettare con ansia il decreto Ristori sono in tanti e senza ancora aver ben capito perché sia stata innescata una crisi di governo che ha di fatto congelato gli aiuti. In prima fila ci sono i lavoratori di spettacolo, cinema e musica. Il loro fermo dura da quasi un anno e ha causato mezzo miliardo di perdite. Oltre 50 sigle sindacali, presidi e associazioni di categoria, alla notizia del blocco del nuovo decreto hanno deciso di compattarsi denunciando la condizione d’indigenza in cui versa chi opera nel settore. “I dati Inps parlano di 327mila lavoratori dello spettacolo in Italia, di cui circa 83mila sono attori. Questa categoria di interpreti è impiegata per una media di 15 giorni all’anno e con una retribuzione media di 2.500 euro annuali! È ora di sfatare il luogo comune che tutti gli attori siano ricchi”, spiega Giorgia Cardaci, vicepresidente dell’associazione Unita. “Il ministero ha recepito alcuni dei problemi più impellenti, ma c’è ancora tanto da fare. Pochissimi i soldi percepiti grazie ai bonus (5.600 euro in un anno) e, adesso, lo stop dovuto a questa incomprensibile crisi – sintomo di uno scollamento della politica dalla vita reale – rischia di essere la pietra tombale dello spettacolo italiano”, aggiunge Francesco Bolo Rossini, delegato Unita.

A chiedere di sbloccare gli aiuti sono anche ristoratori e baristi, costretti a vivere nell’incertezza fatta di coprifuoco, chiusure al pubblico e consegne a domicilio. “Il 2020 segna 40 miliardi di minor fatturato. Di fronte a un danno di questa portata, abbiamo ricevuto ristori per soli 2,5 miliardi”, spiega il vicepresidente vicario di Fipe-Confcommercio, Aldo Cursano. L’appello è a fare presto per evitare che il blocco dei nuovi ristori porti a un’ondata di chiusure. “Il Ristori 5 ha beccato la crisi di governo che fa danni al pari del Covid, ma il putto di Rignano ha da piazzare la Boschi”, commenta Giovanni, ristoratore livornese. Poi ci sono le imprese del turismo invernale, un settore con un giro d’affari da 11 miliardi di euro. “Sono preoccupato per i lavoratori che chiedono risposte e per gli interventi urgenti che devono andare avanti. Anche questa mattina ho ricevuto tante telefonate da parte degli operatori della montagna che non sanno neppure se la data del 15 febbraio per la riapertura degli impianti sarà effettiva o meno. E nel frattempo assistiamo a un teatrino che non è accettabile e che soprattutto distoglie l’attenzione dai problemi reali del Paese”, ha detto l’assessore al turismo della Regione del Veneto, Federico Caner.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/03/ristori-congelati-la-politica-si-e-scollegata-dalla-realta/6088306/

mercoledì 13 gennaio 2021

Liguria, il pasticcio della giunta Toti sui ristori: nell’elenco di beneficiari un centinaio di attività fallite, doppie o chiuse da anni. - Paolo Frosina

 

In ballo ci sono oltre 7 milioni che la Regione vorrebbe dividere tra 6.300 piccole imprese. Ma Pd e M5s denunciano: "La presenza di attività cessate e/o inattive riduce l'aspettativa dell’ammontare destinato alle imprese bisognose". Anche Forza Italia presenta un'interrogazione. La replica dell'assessore: "Fase di puro screening, poi l'elenco verrà scremato". La Camera di Commercio: "Contatteremo le aziende una per una, fondi solo dopo autocertificazione".

C’è il Vanilla, discoteca genovese un tempo assai in voga tra i giovanissimi, chiusa dai primi anni Duemila. Ci sono il teatro Cantero di Chiavari, fuori uso da inizio 2018, e la pizzeria ‘La Capannina’, sul lungomare di Ventimiglia, che non si chiama più così da un decennio. Sono oltre un centinaio i bar, ristoranti, palestre, centri benessere, locali da ballo, cinema e teatri liguri che, pur avendo cessato l’attività, compaiono nell’elenco dei potenziali beneficiari dei fondi del decreto Ristori quater, approvato il 23 dicembre scorso dalla giunta guidata da Giovanni Toti. Una torta da 7 milioni e 750mila euro che la Regione vorrebbe dividere tra 6.300 piccole imprese: quelle di “prima classe”, che nella seconda ondata sono rimaste chiuse, ne porteranno a casa 3mila a testa, quelle di “seconda classe”, che hanno subito “restrizioni parziali”, appena mille. Quest’ultima somma, poi, è riservata a una platea ristretta: bar e ristoranti otterranno il bonus solo se impiegano non più di un addetto, catering, agenzie di viaggio e organizzatori di eventi non devono averne più di nove.

Eppure, scorrendo l’elenco allegato alla delibera di giunta, si trova di tutto. Imprenditori falliti o con licenza ritirata, centri massaggi durati lo spazio d’un mattino, cinema di quartiere che non esistono più. Addirittura, in vari casi, le attività passate di mano compaiono due volte, con la nuova ragione sociale e con la vecchia: per esempio una sala giochi di Rapallo, registrata allo stesso indirizzo come “Kursaal Star Casinò srl” e “New Kursaal Srl”, o una storica sala a luci rosse di Genova, presente sia come “Cinema Eldorado di Baglietto Sabrina” che come “Cinema Eldorado di Vincenzo di Vara”. In teoria, entrambi hanno diritto al ristoro. Ma a chi si deve imputare il pasticcio? La lista approvata dalla Regione è quella fornita dalla Camera di Commercio di Genova, scelta come soggetto attuatore della misura. “Non spetta a noi cancellare le imprese inattive dal registro, devono essere loro a fare domanda”, spiega il segretario generale Maurizio Caviglia, raggiunto da Ilfattoquotidiano.it. “Poiché i tempi sono stretti, la giunta ci ha chiesto gli elenchi delle attività raggruppate per codici Ateco (che identificano il settore economico, ndr), per avere un’idea di quanti sarebbero stati i beneficiari. Ma è un elenco dinamico, non statico: contatteremo le aziende una per una, ed erogheremo i fondi soltanto dopo autocertificazioneDichiarare il falso è un reato che, immagino, nessuno vorrà commettere per mille euro”, chiosa.

Nel frattempo, però, le opposizioni hanno buon gioco a cavalcare il paradosso: Pd e Movimento 5 Stelle hanno presentato sulla questione due diverse interrogazioni in consiglio regionale. Ripulendo gli elenchi dalle imprese-fantasma, è il ragionamento, si potrebbe ampliare la platea dei beneficiari o aumentare l’entità dei rimborsi. “Toti sui giornali chiede ristori certi e immediati per le attività colpite – attacca il capogruppo M5S Fabio Tosi –, ma nel frattempo li vuole destinare a imprese chiuse anche da dieci anni. Le lezioncine al governo, in particolare dopo questa vicenda, suonano inaccettabili”. “La presenza di attività cessate e/o inattive nell’elenco delle imprese beneficiarie dei ristori riduce l’aspettativa dell’ammontare destinato alle imprese realmente bisognose, inducendo a previsioni errate nella programmazione del futuro della propria attività imprenditoriale”, scrivono invece i consiglieri Pd, chiedendo “quali saranno i criteri utilizzati per escludere esplicitamente dal novero dei beneficiari le ditte in posizione inattiva”. I dem suggeriscono, poi, di inserire al loro posto “quelle categorie che sono state ingiustamente escluse, come i circoli ricreativi, che spesso rappresentano gli unici centri di aggregazione in piccoli comuni o quartieri periferici”. Ma per la Camera di Commercio, in ogni caso, non c’è il rischio che avanzino fondi: “Le imprese cessate, non più di 150, saranno sostituite da altre imprese che per i motivi più vari non sono rientrate nel primo elenco, pur avendone diritto, e hanno presentato domanda. La platea rimarrà invariata”, assicura il segretario Caviglia.

Una versione identica la fornisce l’assessore regionale allo Sviluppo economico, Andrea Benveduti: “In una fase successiva alla prima di puro screening, verrà scremato il numero delle imprese da quelle che sono sì iscritte, ma che non sono più in attività, o non come lavoro primario. E compensato da quelle che, pur avendo i requisiti, non figurano erroneamente in elenco”. Ma richieste ufficiali di chiarimenti arrivano persino dalla maggioranza: in un’altra interrogazione, il capogruppo di Forza Italia Claudio Muzio invita la giunta “a una puntuale verifica delle liste di assegnatari”, sollecitando “iniziative urgenti per garantire che i danari pubblici vadano a beneficio di attività non cessate e aventi quindi pieno titolo per il ristoro”. “Solo tra i beneficiari di Ventimiglia ho notato una decina di esercizi chiusi da anni, tra cui un ristorante a cui avevo personalmente dato lo sfratto”, racconta al Fatto.it il consigliere Pd Enrico Ioculano, ex sindaco della città di confine. “È grave che la giunta approvi senza verifiche elenchi non aggiornati, e non si capisce perché il lavoro di scrematura non potesse essere fatto prima”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/13/liguria-il-pasticcio-della-giunta-toti-sui-ristori-nellelenco-di-beneficiari-un-centinaio-di-attivita-fallite-doppie-o-chiuse-da-anni/6063136/

giovedì 29 ottobre 2020

SOLDI SOLDI SOLDI...... - Rino Ingarozza

Il governo ha emanato il decreto ristoro. Tutti gli interessati riceveranno una somma in denaro, a fondo perduto.

Tutti riceveranno qualcosa (una bella somma, direi).
I baristi 3.000 euro, i ristoratori 5.000 e così via, tutte le categorie.
3.000 e 5.000 euro per qualche ora di chiusura. Certamente quelle dei ristoratori sono ore significative, in quanto quelle serali e quindi quelle della cena ed è giusto che prendano qualcosa in più.
Tutto giusto. Giustissimo.
Vedo, però, che ancora ci sono delle lamentele. Mi chiedo e chiederei a loro: sono pochi? Caro barista, sono pochi 3.000 euro netti? Per qualche ora di chiusura? Mio padre aveva un bar e, sinceramente, non me li ricordo dei guadagni così. Saranno cambiati i tempi. Allora se si spende così tanto ad aperitivi e caffè, non è vero che si sta così male. Meglio così. Abbiate un po' di pazienza, lo Stato non può darvi di più, evidentemente. Non ci sono tutti questi soldi. Ve ne può dare una parte. La pandemia finirà (intanto lo Stato vi sta dando le risorse per poterci arrivare, alla fine della crisi) e quando tutto questo finirà, ritornerete a guadagnare i ......quanto? Diecimila, quindicimila euro al giorno? Vi auguro anche di più. Per voi e per lo stato, cosi incasserà bei soldini con le vostre tasse. Perché voi siete delle persone per bene e fatturate tutto, dichiarate tutto. Vero?
La mia non vuole certo essere una critica ai vostri guadagni, ma una domanda ve la voglio fare, a voi e a quei politici che, giustamente, vi difendono, dicendo che vi si deve aiutare.
C'è gente che andava alla caritas per mangiare. Lo faceva perché aveva perso il lavoro, non riusciva a trovarne un altro. Intere famiglie senza reddito, che erano costrette a rovistare nel bidone dell'immondizia. Padri di famiglia accettare lavori degradanti, sottopagati e in nero, per portare qualche euro a casa, magari per comprare delle medicine (e sono sempre di più) che il servizio sanitario non passa più.


Poi, finalmente, una forza politica, si è posta il problema. Si è chiesta come avrebbe potuto aiutare questa gente (in perenne pandemia economica) e, una volta al governo, ha fatto il reddito di cittadinanza.
La domanda è:
Perché voi e i politici, di cui sopra, l'avete selvaggiamente criticata?
Perché avete sempre detto che 400, 500, 600 euro erano dei soldi dati in modo assistenziale a dei parassiti?
Perché, signori?
Non hanno, forse, anche questi una famiglia da sfamare?
Non hanno diritto ad un reddito, che il lavoro non può loro assicurare?
Sono, forse, figli di un Dio minore?
O forse perché chi ha la pancia piena non può credere che ci sia gente digiuna?
O, ancora, forse perché queste persone non sono mai scese in piazza, per protestare?
I poveri vivono con dignità la loro condizione. Vedo gente ai supermercati che danno la tessera del RDC, di nascosto, cercando di non farsi vedere dagli altri. Quasi come se fossero dei ladri.
E questa gente è la prima che vi dà la loro solidarietà. Perché sa cosa vuol dire non avere un euro per comprare il latte al figlio piccolo.
Ravvedetevi, vi prego. Date il giusto peso al denaro. C'è gente che non sa nemmeno com'è fatto.
La pandemia finirà (come ho detto prima) e voi ritornerete più forti di prima. Gli ultimi, invece, resteranno sempre ultimi. Un giorno il RDC finirà di essere erogato. Andrà al governo la destra dei "padroni" e di " chi se ne frega degli ultimi" e allora, mentre voi servirete il millesimo aperitivo, ci sarà gente che riprenderà ad aprire i cassonetti.
Siate bravi, almeno, metteteci qualche cosa di più, dentro.

mercoledì 28 ottobre 2020

Decreto ristori: tempi, scadenze, modalità. Come fare per ricevere gli aiuti. - Andrea Carli

 

Via libera dell’esecutivo al provvedimento da 5,4 miliardi. Gualtieri: indennizzi entro metà novembre.

Una volta che il Governo ha dato il via libera al decreto Ristori da 5,4 miliardi, si tratta di capire come e in quanto tempo gli aiuti arriveranno sul conto corrente delle categorie colpite dalla stretta sulle attività messa in atto nel tentativo di arginare la seconda ondata di contagi Covid-19. Proprietari di ristoranti, bar e pasticcerie, gestori di discoteche e sale giochi, ma anche gli stessi lavoratori colpiti dalla stretta sulle attività in funzione anti Covid prevista dall’esecutivo con l’ultimo Dpcm in vigore fino al 24 novembre (tra gli altri lavoratori dello spettacolo, dello sport, stagionali, prestatori d’opera e intermittenti) chiedono tempi stretti e ristori veloci. Per quanto riguarda le attività che sono state chiuse, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha assicurato: indennizzi entro metà novembre.

Sul piatto contributi a fondo perduto raddoppiati, o anche quadruplicati in alcuni casi, con un tetto massimo a 150mila euro, per sostenere 460mila attività provate dalle nuove restrizioni anti-Covid. Si tratta di risorse recuperate tra i capitoli di spesa inutilizzati, gli “avanzi” di cassa dei finanziamenti monstre, circa 100 miliardi, messi in campo dall'inizio della crisi. A differenza rispetto alla prima edizione del fondo perduto introdotta al decreto Rilancio, in questo caso il ristoro sarà svincolato dalla perdita di fatturato. Il decreto Ristori è atteso per oggi, 28 ottobre, in Gazzetta ufficiale.

Tempi dell’accredito.

Nella fase di stesura del provvedimento Gualtieri ha incontrato le categorie travolte dalla stretta. A queste ha chiarito che per chi ha già ottenuto nei mesi scorsi l'indennizzo (decreto Rilancio), il riconoscimento dei nuovi fondi sarà automatico e arriverà con bonifico sul conto corrente da parte dell'agenzia delle Entrate «entro il 15 novembre». Concetto che il responsabile dell’Economia ha ribadito in occasione della conferenza stampa di presentazione del provvedimento: il Dl Ristori, ha sottolineato Gualtieri, «è contrassegnato da rapidità, semplifica ed efficacia». «Il contributo a fondo perduto - ha poi aggiunto - sarà erogato automaticamente a oltre 300.000 aziende che già lo hanno già avuto, e quindi contiamo per metà novembre di avere tutti bonifici effettuati da parte dell'Agenzia delle entrate».

Fin qui, la tempistica nell’assegnazione degli indennizzi per chi in passato ha già ottenuto sostegni. Per tutti gli altri, ossia quelli che, pur rientrando nella tabella delle attività individuate con i codici Ateco allegati al provvedimento, non hanno fatto domanda per ricevere il contributo a fondo perduto previsto dal decreto Rilancio, o avevano un volume d’affari e corrispettivi sopra i cinque milioni - ha spiegato ancora il ministro - ci sarà una nuova domanda (tramite il canale dedicato dell'Agenzia delle entrate, ndr) che contiamo porterà bonifici entro metà di dicembre».

Tra le novità dell’ultima ora, l’introduzione di un paletto per limitare l’accesso ai ristori a fondo perduto alle sole attività con partita Iva attiva alla data del 25 ottobre 2020. Negli ultimi giorni infatti il Fisco ha registrato una corsa all’apertura di partite Iva o a cambiare codici Ateco così da intercettare gli indennizzi che sarebbero stati approvati dall’esecutivo. Di qui, la “stretta” sulla potenziale platea dei beneficiari.

https://www.ilsole24ore.com/art/tempi-scadenze-modalita-tutto-quello-che-c-e-sapere-ricevere-ristori-ADGdFky

Varato il decreto Ristori: a ristoranti e palestre rimborsi pari al 200% di quelli dati in estate, alle discoteche 400%. Tetto a 150mila euro.

 

Il consiglio dei ministri ha varato il nuovo provvedimento di emergenza. Gli indennizzi raddoppieranno, rispetto a quelli previsti dal decreto Rilancio, per le attività chiuse dal dpcm. I soldi arriveranno entro il 15 novembre a chi aveva già fatto domanda in primavera, gli altri dovranno attendere metà dicembre. Ci sarà poi la proroga di 6 settimane della Cig Covid, un nuovo credito d’imposta sugli affitti e la cancellazione della seconda rata dell’Imu. Indennità una tantum per gli stagionali del turismo, spettacolo e lavoratori dello sport.

Due miliardi e 400 milioni per garantire ristori a fondo perduto a circa 460mila attività dei settori nuovamente costretti a chiudere, o quasi, in seguito al Dpcm con le restrizioni anti contagio. E’ il piatto forte del “decreto Ristori” approvato martedì pomeriggio dal consiglio dei ministri, che comprende anche la proroga di 6 settimane della Cig Covid, un nuovo credito d’imposta sugli affitti, la cancellazione della seconda rata dell’Imu, la sospensione dei versamenti contributivi di novembre per le aziende interessate dal Dpcm e una nuova indennità una tantum per gli stagionali del turismo, spettacolo e lavoratori dello sport. Il blocco dei licenziamenti viene per ora prorogato fino al 31 gennaio, anche se i sindacati auspicavano che durasse fino a fine marzo. Gli indennizzi raddoppiano, rispetto a quanto già ricevuto in estate dopo il lockdown, per le attività chiuse tout court, come piscinepalestre, fiere, enti sportivi, termecentri benessere, impianti sciistici, catering, cinemasale giochi e sale bingo. Ma, stando all’ultima bozza del decreto, anche per i ristoranti, che pure potranno restare aperti a ora di pranzo e fino a ieri sembrava avrebbero ricevuto “solo” una maggiorazione del 50%. Quella che spetterà a bar, pasticcerie, alberghi, affittacamere, villaggi turistici, ostelli e rifugi. Taxi e Ncc avranno indennizzi identici a quelli dell’estate. Per discoteche, sale da ballo e night-club, infine, il contributo quadruplica. Nella bozza di 45 articoli c’è anche un finanziamento da 30 milioni di euro per consentire a medici di base e pediatri di eseguire “tamponi antigenici rapidi“.

“Abbiamo lavorato per far arrivare risorse in tempi record alle categorie penalizzate”, ha detto il premier Giuseppe Conte prima del cdm, durante l’incontro a Palazzo Chigi con le categorie più colpite, da Confcommercio (presenti Carlo Sangalli e Enrico Stoppani di Fipe), ConfesercentiCna e Casartigiani a Confartigianato. “Siamo pienamente consapevoli delle vostre difficoltà. Ho firmato il Dpcm solo quando sono stato sicuro che ci sarebbero state le risorse per il vostro mondo e per le altre categorie coinvolte”, ha assicurato poi durante la videoconferenza con i vertici del Coni, del Comitato Paralimpico e di Federnuoto con le principali associazioni di gestori di impianti sportivi e categorie che rappresentano il mondo delle palestre e delle piscine. Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha partecipato in collegamento video: era in isolamento in attesa dell’esito del tampone, poi risultato negativo. I presidenti dei Consigli nazionali dei Consulenti del Lavoro e dei Commercialisti ed esperti contabili, Marina Calderone e Massimo Miani, hanno scritto a Conte chiedendogli che anche per i liberi professionisti siano previste misure di ristoro.

I nuovi ristori a fondo perduto: quando arrivano e come funzionano – I ristori arriveranno “in tempi record entro il 15 novembre” sul conto corrente delle attività che avevano già chiesto il contributo a fondo perduto alle Entrate la scorsa estate, ha promesso il titolare del Tesoro. Chi invece fa domanda per la prima volta (attraverso la procedura web sul sito delle Entrate) riceverà il bonifico entro metà dicembre. Il nuovo aiuto sarà più generoso rispetto a quello dei mesi scorsi ma i parametri saranno gli stessi del decreto Rilancio, che prevedeva contributi a fondo perduto commisurati alla riduzione del fatturato nel mese di aprile rispetto all’aprile 2019 e stabiliva come requisito la perdita di almeno un terzo di ricavi (o in alternativa aver iniziato l’attività dopo il gennaio 2019). Gli aiuti ammontavano, in base a quel provvedimento, al 20% della differenza di fatturato tra aprile 2020 e aprile 2019 per chi avesse avuto ricavi 2019 sotto i 400mila euro, al 15% in caso di ricavi tra 400mila euro e 1 milione e al 10% con ricavi tra 1 e 5 milioni. Con un minimo, comunque, di 1000 euro per le persone fisiche e 2.000 per le aziende, mentre il contributo massimo sarà di 150mila euro.

Ora salta il tetto dei 5 milioni di fatturato e i contributi per i settori più colpiti saranno maggiorati: i ristoranti avranno diritto per esempio a 2 volte la cifra ricevuta in estate, come chi si è visto chiudere l’attività. Per esempio, un ristoratore che in aprile abbia fatturato 10mila euro contro i 16mila dell’aprile 2019 riceverà 2.400 euro di ristoro (il 40% della perdita), contro i 1.200 che ha potuto ottenere a giugno.

La rata Imu e il credito d’imposta sugli affitti – Per le imprese ci sarà anche un nuovo credito d’imposta sugli affitti per i mesi di ottobre e novembre e la cancellazione della seconda rata dell’Imu del 16 dicembre per le attività chiuse o limitate dal dpcm. Chi paga un affitto avrà invece un credito d’imposta, cioè uno sconto sulle tasse future, pari al 60% dell’affitto pagato per tre mensilità. Il credito potrà essere anche girato al proprietario del locale e quindi scontato dal canone d’affitto.

Proroga della Cig e del blocco dei licenziamenti fino al 31 gennaio – Nel decreto c’è la proroga della Cassa integrazione a carico dello Stato per altre 6 settimane che devono essere collocate nel periodo ricompreso tra il 16 novembre e il 31 gennaio 2021. In alternativa, ulteriori 4 settimane di esonero contributivo. Catalfo ha assicurato che si arriverà a 18 settimane totali di proroga cig con la manovra o un altro provvedimento da approvare nelle prossime settimane. Come avviene a partire da agosto, i datori di lavoro che presentano domanda per ulteriore cig ma non hanno subito una riduzione di fatturato pari almeno al 20% pagheranno un contributo addizionale pari al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate nel caso la riduzione sia stata inferiore al 20% e del 18% della retribuzione globale se non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato. Sono esclusi dal contributo i datori di lavoro attivi nei settori interessati dai provvedimenti che dispongono la chiusura o la limitazione delle attività.

Le indennità per gli autonomi – Nel Decreto “abbiamo previsto un’indennità da mille euro per i lavoratori stagionali del turismo (inclusi quelli con contratto di somministrazione o a tempo determinato) nonché gli stagionali degli altri settori, i lavoratori dello spettacolo, gli intermittenti, i venditori porta a porta e i prestatori d’opera, tra quelle categorie a cui la pandemia finora ha imposto i sacrifici più grandi e che senza il nostro intervento sarebbero rimasti privi di ogni sostegno”, conferma la ministra Catalfo su facebook.

200 milioni per le fiere cancellate – L’articolo 7 del decreto prevede 200 milioni per le fiere internazionali cancellate per la pandemia. Le risorse aggiuntive vanno ad incrementare il cosiddetto “fondo 394 Simest”, dedicato ai finanziamenti agevolati.

400 milioni per gli operatori turistici – Arrivano altri 400 milioni per il sostegno agli operatori turistici, dalle agenzie di viaggio e i tour operator alle guide e gli accompagnatori turistici. Lo prevede la bozza del decreto Ristori, approvato dal Consiglio dei ministri.

100 milioni al fondo per la cultura – Il fondo per la cultura incrementa la sua dotazione di 100 milioni di euro. Le risorse saranno destinate al sostegno delle librerie, dell’intera filiera dell’editoria, compresi le imprese e i lavoratori della filiera di produzione del libro, dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura non statali. Il fondo servirà anche al ristoro delle perdite derivanti dall’annullamento, dal rinvio o dal ridimensionamento di spettacoli, fiere, congressi e mostre.

Due mensilità di Rem – Infine saranno finanziate due ulteriori mensilità del reddito di emergenza per le famiglie già beneficiarie del contributo in base al decreto agosto e per quelle che a settembre hanno registrato un valore del reddito familiare inferiore a quello del Rem, da 400 a 800 euro. Non è stata accolta la richiesta di Forum Disuguaglianze e diversità e Asvis di ridurre i paletti per le domande, in modo da consentire l’accesso a tutti coloro che non hanno altri aiuti.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/27/decreto-ristori-indennizzi-raddoppiati-per-chi-deve-chiudere-del-tutto-tetto-a-150mila-euro-si-discute-sulle-categorie-che-ne-avranno-diritto/5981184/