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sabato 14 dicembre 2024

Don Milei ed i poveri cristi. - Tommaso Merlo

 

Milei non poteva diventare italiano nel giorno migliore, quello dello sciopero generale. Da quando Milei guida l’Argentina il tasso di povertà del suo paese ha superato il 50% per colpa di una macelleria sociale senza precedenti e un costo della vita alle stelle. Le bollette del gas sono talmente care che molti argentini sono tornati alla legna e mangiano pasta sciapa per strada. Milei ha tagliato con la falce diritti e stato sociale col risultato di migliore inflazione e bilancio statale ma ridurre il suo popolo in miseria. E se ne vanta pure. Del resto da fervente neoliberista che è, vede nella giungla del mercato la panacea di tutti i mali. Vede grafici ed indici, non esseri umani e valori. Stava perfino rendendo a pagamento le Università ma ha dovuto fermarsi per paura delle proteste. Da trumpiano di ferro, Milei non poteva scegliere governo migliore per ottenere una cittadinanza lampo mentre gli stranieri che vivono e lavorano in Italia devono affrontare una penosa via crucis. Magie del potere. E mentre il presidente argentino si trastullava allegramente tra i palazzi romani a disquisire sui suoi nonni calabresi, l’Italia scioperava o meglio, litigava da giorni per riuscirci. Anche il diritto di sciopero è a rischio. I politici detestano disagi ai cittadini che possono bucare la propaganda e costargli consensi, i cittadini detestano invece i disagi mentre la stampa riporta solo polemiche e tafferugli invece di spiegare le ragioni della protesta. Che sono le stesse in Italia come in Argentina e in tutto il mondo. Da una parte le esigenze delle persone, dall’altra quelle del mercato con la politica in mezzo che a seconda del governo di turno pende da una parte oppure dall’altra. Da una parte la società, dall’altra l’economia. Da una parte la cooperazione e la sensibilità verso i più deboli, dall’altra la competizione e l’arroganza verso chi resta indietro. Triste realtà quotidiana. In Italia salari e pensioni sono sempre più da fame. Aumenta tutto tranne che quelli. Per i poveri cristi se va bene arrivano tre euro in più, per i politicanti tremila. Magie del potere. Coi diritti che vengono sempre più considerati costi da ridurre in modo da sistemare i bilanci e fare contenti gli sciacalli del casinò finanziario globale. E più sei indebitato, più sei sotto ricatto e pressato a servire gli interessi dell’economia invece che quelli della società. Il risultato è sotto gli occhi di chiunque voglia vederlo. L’ingiustizia sociale ha raggiunto livelli ridicoli con gente che ha più soldi di paesi interi e con la povertà che oltre a dilagare è considerata pure una colpa. Servizi essenziali come la sanità sono sempre più al collasso perché trascurati ed erosi dal privato e quindi dalla logica del profitto che trasforma tutto in merce e quindi in privilegio. Chi è ricco accede alle cure migliori, chi è povero vi rinuncia. Quando però i governanti devono trovare soldi per missili e bombe con cui sparare a qualche altro povero cristo dall’altra parte del mondo perché qualche tecnocrate non la smette di giocare coi soldatini, allora i soldi si trovano. Ma non si trovano sugli alberi, si trovano tagliando lo stato sociale o scaricandoli sulle nuove generazioni indebitandosi. Magie del potere. Guerre frutto di deliri collettivi come la sicurezza ottenuta infarcendo il mondo di armi o come i valori esportati uccidendo. Guerre che però sono un immenso affare e molto apprezzato dai mercati. Armi sempre più devastanti e costose per servire ottimi clienti come sono i governi. Una deriva bellica spaventosa, con guerre sempre più frequenti e distruttive e vicine. Una deriva sociale vergognosa, con un disagio sociale sempre più profondo e talmente cronicizzato che milioni di cittadini si arrendono e si rifugiano nell’ombra. Resa ed indifferenza ma anche illusione di farcela da soli che fanno la fortuna di personaggi come Don Milei e compagnia trumpista e aggravano le storture della nostra era neoliberista. Per invertire la rotta i poveri cristi devono al contrario rimboccarsi le maniche ed unire le forze, devono tornare a lottare democraticamente in modo che la politica rappresenti le loro istanze. Fin che siamo in democrazia, il potere appartiene al popolo e a nessun altro. Quanto allo sviluppo di un paese, si misura in diritti e giustizia sociale, si misura in qualità dei servizi pubblici e qualità della vita dei cittadini. E se il valore delle persone si vede da come trattano i più fragili, lo stesso vale per i paesi.

Tommaso Merlo

martedì 28 giugno 2022

L'Argentina ha fatto richiesta di ingresso nei BRICS. - Andrea Zhok

 

L'insieme dei BRICS viene così a rappresentare in termini territoriali circa un terzo delle terre emerse del pianeta (42.557.166 kmq su 148 milioni di kmq - cui vanno sottratti i 14 milioni di kmq dell'Antartide, neutrale), in termini economici rappresenta il 25% del PIL mondiale, in termini demografici il 43% della popolazione mondiale.

Quella che trattiamo usualmente come "comunità internazionale", e che corrisponde all'impero americano (USA, Canada, UE + UK, Australia, Nuova Zelanda e Israele) corrisponde a:
quasi il 50% del PIL mondiale;
in termini demografici corrisponde a 856 milioni di abitanti, pari a circa l'11% della popolazione mondiale,
e a circa 31.754.000 kmq, pari a un po' meno di un quarto della superficie delle terre emerse.

Come la richiesta argentina segnala, i BRICS sono visti come una speranza di autonomia (e di rivalsa) per il resto del mondo, finora escluso dal club degli armigeri di Washington.

All'interno dell'impero americano solo la Francia si è mossa con qualche parziale autonomia, ottenendo una certa autosufficienza (energetica e alimentare) e coltivando, sia pure in modo autoritario, rapporti col continente africano.
Tutti gli altri hanno accettato con gaia imbecillità le regole del gioco americano, che fino a ieri predicava l'iperspecializzazione produttiva e la globalizzazione infinita (con sfruttamento di risorse a basso costo dai paesi più ricattabili).
E così facendo si sono condannati ad una condizione di dipendenza illimitata da scambi internazionali il cui unico garante erano gli USA. Ora che gli USA non sono più nelle condizioni di garantire la prosecuzione di quel gioco, le province dell'impero americano si avviano ad un progressivo declino, e questo tanto più quanto più sono state prone alla voce del padrone.

L'attuale scenario sta mostrando ciò che i più attenti avevano rilevato da tempo, ovvero l'illusorietà del sogno capitalista di una crescita esponenziale infinita. In questo nuovo contesto la terra (risorse naturali) e le popolazioni incrementano di importanza rispetto al PIL (che è un indice della quantità di scambi monetari, e solo indirettamente - ed eventualmente - della "ricchezza".)

Certo, i BRICS avranno la difficoltà consistente di muoversi armonicamente, in quanto hanno alle spalle una pluralità di tradizioni e culture differenti, ma finché esisterà l'impero americano con il suo bullismo internazionale, essi avranno sia un forte incentivo a farlo, sia una guida chiara a cosa fare.

Dunque, nonostante battute d'arresto, questo sarà lo scenario emergente, che travolgerà e capovolgerà il mondo che abbiamo conosciuto. Ci vorranno alcuni decenni per vedere pienamente tutti gli effetti economici e demografici, ma un effetto si vedrà subito: le province dell'impero americano faranno i conti con il crollo della propria struttura ideologica, quella struttura che li ha condotti a innalzare una teoria economica neoliberale e una teoria etica liberale a unica visione del mondo.   

https://www.facebook.com/photo?fbid=2153095211538533&set=a.144967689017972

sabato 11 marzo 2017

Due storie, una sola morale. - Carlo Bertani




Quando mio fratello mi racconta una storia, sto sempre ad ascoltarlo attentamente perché raramente non ha un senso profondo: ha la capacità di vedere oltre gli eventi, come se una vicenda apparentemente banale – nella sua mente – andasse ad incasellarsi in un disegno universale. 
Per questa ragione lui non scrive, ma fa delle vignette che sono più taglienti di una lama di Damasco, e spesso qualche politico si è lamentato della sua “troppa” bravura.
Così, una sera come un’altra, mi racconta che è andato a comprare le sigarette, nella stessa tabaccheria dove vado io. 
Il negozio in oggetto ha vicino un piccolo slargo, che dovrebbe servire come fermata dell’autobus, ma è sempre occupato da automobili dei clienti che vanno a comprare le sigarette: un continuo via vai.
Proprio di fronte, ci sono due posteggi riservati: uno per i disabili e l’altro per la sosta carico/scarico di merci. Mentre il secondo, talvolta, è “invaso” (per breve tempo) da comuni automobili, quello per i disabili è “sacro” e sempre sgombro. Anche perché i vigili non scherzano.

Arriva, dunque, al negozio e posteggia l’auto nel solito slargo che i vigili tollerano che sia invaso, a patto di non lasciarci la macchina per più dei minuti che servono per andare alla rivendita. Mentre arriva, nota che un’auto dei Carabinieri s’è piazzata nel posteggio dei disabili: magari un’urgenza, roba importante, avranno i loro motivi…
Subito dopo, giunge l’auto di un disabile che, costernato, vede che il posteggio è occupato: scende e, claudicando vistosamente, chiede al Carabiniere sull’auto se può spostarsi. Apriti cielo! Il militare scende e lo investe con un diluvio d’improperi: ma cosa vuole? Se ne vada! Noi stiamo facendo il nostro dovere! Forza, via! Circolare!

Bah, meglio lasciarli ai loro diverbi…entra in tabaccheria (che ha, ovviamente, le infernali macchinette da gioco) e, appena entrato, nota subito l’altro Carabiniere: tranquillamente di fronte ad una slot-machine, che infila soldi e tira la leva. C’è coda, e deve aspettare qualche minuto che lo servano: il Carabiniere – mio fratello nota sempre tutto – è tranquillo come un angelo, non tradisce la minima emozione mentre infila soldi, osserva lo schermo, tira la leva.
Compra le sigarette ed esce: il Carabiniere continua a giocare mentre il disabile è fermo con l’auto nello slargo (è una zona a forte traffico, nemmeno pensare di trovare un posto “normale”), l’altro Carabiniere è risalito in macchina. Se ne va, e la scena che lascia è questa.

La sera, a letto, apro un vecchio libro di Sepulveda: “Il generale e il giudice” che non avevo mai letto. Diciamo subito che non è il meglio che l’ottimo scrittore cileno ha pubblicato, ma c’è una spiegazione: è stato scritto mentre Pinochet era stato fermato a Londra giacché il giudice spagnolo Garzòn lo aveva incriminato per i suoi delitti. Ovvio che, per Sepulveda, la vicenda dell’aguzzino poi tornato libero in Cile – fu, ancora una volta, la Camera dei Lord ad esprimersi contro la sua estradizione in Spagna, con l’apporto decisivo di Margareth Tatcher – scatenò dapprima speranze, poi una rabbia feroce. Si può capire.

Si tratta, ovviamente, di vicende cilene; ci sono, però, alcuni paragrafi che mi hanno colpito, come – ne sono certo – non m’avrebbero toccato profondamente, diciamo…10-15 anni fa. Vi propongo alcuni estratti:

“Il grande pericolo per la stabilità politica e la pace sociale del Cile si chiama “modello economico neoliberista”, si chiama “darwinismo economico”, si chiama “cultura del ‘si salvi chi può’”…proporre una riforma costituzionale che restituisca ai cittadini il diritto d’eleggere liberamente i loro parlamentari, affrancandoli dall’odiosa tutela dei senatori designati a vita…finché non si saprà quando e come è morto, chi è stato il suo assassino…la ferita rimarrà aperta ed è compito degli uomini onesti tenerla aperta e pulita, perché quella ferita è la nostra memoria storica.”

Il Cile, dopo il golpe del 11 Settembre 1973, ebbe una democrazia “sotto tutela” militare, finché Pinochet sedette come senatore a vita: una riforma da lui voluta e fatta approvare dal Parlamento sotto la minaccia delle armi. Dall’epoca, poco è cambiato: le antiche formazioni politiche cilene – una specie di DC e le sinistre – si sono prontamente adattate al “nuovo” che avanzava, ossia un simulacro di democrazia. Rimane l’enorme masso, pesantissimo, di dare un nome ed un volto certo agli assassini, a coloro che fecero la mattanza dell’11 Settembre 1973 e nei mesi seguenti. Il Cile, tanto per capire ciò che afferma Sepulveda sui temi economici, è la nazione al mondo con il più alto indice di Gini, ossia la terra dove c’è più sperequazione nella distribuzione della ricchezza.
Torniamo in Italia.

Marco Biagi è correttamente individuato come colui che stabilì le basi dell’odierna giurisprudenza del lavoro: poco importa se, col trascorrere del tempo, si è andati ben oltre il suo pensiero. La “rottura” dei tradizionali “contrappesi” fra mondo del lavoro e capitale, in giurisprudenza, prese il “La” proprio dal suo pensiero: quando si rompono certi principi – il valore dei contratti nazionali, le tutele del lavoratore, ecc – si è imboccata una china che non ha fine. Per ora siamo giunti alla legalizzazione del lavoro nero – tramite i voucher – domani s’arriverà alla schiavitù (mascherata), che in certi ambienti (caporalato in agricoltura, soprattutto nel Sud) già viene usata, dapprima con gli immigrati, oggi anche con gli italiani.
Il 9 Dicembre 2002 Biagi viene ucciso dalle Brigate Rosse.

Poi, inizia una strana stagione, nella quale i morti ammazzati fioccano dal calendario. Federico Aldrovandi viene ucciso il 25 Settembre del 2005: seguono gli altri.
Riccardo Rasman, Giulio Comuzzi, Manuel Eliantonio, Marcello Lonzi, Stefano Cucchi, Aldo Bianzino, Stefano Consiglio, Gabriele Sandri, Stefano Frapporti, Simone La Penna, Katiuscia Favero, Aldo Scardella, Giuliano Dragutinovic, Riccardo Boccaletti…e, senz’altro, sfuggono alla triste conta altri nomi.

Così, i latino-americani hanno i desaparecidos, noi gli ammazzati: cambiano le proporzioni (e sono molto diverse le società dove i fatti avvengono) ma non si può che constatare un fatto evidente: qualcuno ha conferito alle forze dell’ordine la licenza di uccidere e la conseguente impunità.
Qui, c’è un parallelismo impressionante fra le madri (ora nonne) di Plaça de Mayo ed i parenti delle vittime italiane: la stessa protervia, lo stesso disgusto che si prova di fronte al palleggiamento delle responsabilità, la medesima sordità nell’applicazione di leggi chiare e semplici, i mille tentativi di affossare, insabbiare, deviare verità inconfutabili. Un essere umano viene preso in consegna dalle forze dell’ordine – che hanno il compito di proteggerlo fino al giusto processo (se viene rilevato un reato) ossia il principio stabilito con l’Habeas Corpus inglese del 1679 – e ne esce cadavere.

Le caserme, le prigioni, od altro ancora – allora – ci ricordano la tristemente famosa Escuela de Mecánica de la Armada (ESMA) di Buenos Aires, dove i detenuti venivano torturati, uccisi, o gettati dagli aerei in Atlantico.
E non mancano neppure in Italia i personaggi – veramente squalificati e squalificanti – che proteggono in Parlamento questi assassini: il figlio di Pinochet ebbe a dire, di fronte alle madri degli “scomparsi” “Mio padre uccise solo delle bestie”, che non è molto diverso dai tanti sproloqui di un Giovanardi qualunque in Parlamento.

Torno a ricordare che le modalità sono state molto diverse: oltretutto, gli eccidi in Latino America sono avvenuti in epoca pre-Internet, che consentiva più garanzie di farla franca, di far trascorrere molto tempo fra gli eccidi e le giuste proteste, mentre oggi – cito solo un caso – poche ore dopo l’uccisione di Gabriele Sandri tutta l’Italia ne era a conoscenza.
Ma, nella cultura di Internet, se vuoi far dilagare la paura e chiarire chi ha il potere d’ucciderti senza pagare il fio, non servono migliaia di morti: ne bastano pochi, poiché il concetto si diffonde rapidamente.
Cosa vogliono ottenere con questa strategia?

La paura, soltanto il terrore verso la divisa, che si materializza in uno sparare nel mucchio – di là delle appartenenze politiche – per aumentare il senso di strapotere di chi ci governa. In altre parole, se a qualcuno saltasse in testa di ribellarsi, ecco pronto il trattamento che vi riserveremo, senza sconti. Abbiamo anche chi ci difende in Parlamento.
Così nasce il disprezzo per l’altro, per la popolazione, che si materializza per la banale questione di un disabile che ha diritto a quel parcheggio, mentre dall’altra parte – per formazione – ci si sente autorizzati a spregiare qualsiasi diritto, nel nome di una divisa che rappresenta la collettività. Chiaramente una percezione distorta che è stata inculcata, ma così è: siamo solo “forza lavoro”, “risorse umane”, e poi vai a sostenere che le parole non sono pietre!
Vi chiederete chi sono i mandanti.

Nel 1997 Marco Biagi è nominato Rappresentante del Governo italiano nel Comitato per l'occupazione e il mercato del lavoro dell'Unione europea, dunque si pongono le basi per stravolgere l’impianto di diritti e doveri che regnava dagli anni ’50 e, soprattutto, si mettono in discussione le conquiste dei lavoratori dei decenni seguenti.
Il liberismo, per avviare la fase di globalizzazione – ossia investo dove costa di meno (o ci sono meno diritti) e vendo dove voglio – ha bisogno di un terreno tranquillo, senza scossoni sociali. L’Italia, non dimentichiamo, è la nazione europea che più ha avuto organizzazioni terroristiche: è un sorvegliato speciale.
E poi c’è l’annosa questione della democrazia parlamentare: può convivere con il turbo-capitalismo? No di certo.
Ecco, allora, che – al pari dei cileni – anche noi abbiamo ricevuto il nostro Parlamento di “senatori nominati” e non c’è verso di scalzarli (come si vede nei sondaggi) perché l’uso della giustizia ad orologeria colpisce ora l’uno ora l’altro, secondo la bisogna. Al resto, pensa l’immobilismo dei “senatori” stessi: e chi gliela farà mai fare una legge elettorale dove si scelgano delle persone e non dei vuoti “Logo”?

Il M5S – grande speranza degli italiani – è diventato il primo partito, ma si troverà di fronte gli altri 2/3 dei parlamentari, che si coalizzeranno nel nome dell’Europa: visto quante ammuine stanno già compiendo? D’altro canto, il non voler stringere alleanze, li condanna ad un imperituro isolamento dal quale non riescono ad uscire.
Il compito del M5S è quello d’attrarre lo scontento di larghi strati di popolazione, ma finisce tutta lì: non ho mai sentito nessuno, da quella parte, chiedere con forza l’abolizione delle mille leggi sul lavoro e la previdenza emanate dai vari governi liberisti e fortemente europeizzati.

Scusate, ma qui mi voglio togliere un sassolino che mi fa “calciare” male…ma Roma, non ha due stadi di grandi dimensioni? Uno dei quali versa in stato d’abbandono? Perché il Comune non stipula un contratto con le due società, una all’Olimpico ed una al Flaminio, trovate un accordo fra le due società, metteteci i soldi voi e restaurateli come volete. Non vorrete mica dirmi che l’Olimpico è uno stadio inagibile?!? Al Comune, rimarrebbero i diritti per gli altri sport.
Ma in questa Italia, che non trova i soldi per gli ospedali e le scuole, dovete proprio buttare i soldi (perché ce li mettono, eccome!) per costruire un altro stadio?!?

Nel 2013, interruppi la lunga stagione dell’astensionismo e votai il M5S: perché? Poiché, anche se non ti sembra il modo di far politica, concedere una prova è giusto. Ma dovetti subito ricredermi.
Ancora una volta, chiedo a Beppe Grillo di raccontare perché, poco prima delle consultazioni per formare il governo, si recò a Roma, ma la prima visita fu per l’ambasciatore statunitense.
Io, prima di tornare a votare il M5S, desidero due cose:
-sapere perché decise la visita;
-sapere, a grandi linee, quale fu il tono del colloquio.

In un movimento dove “uno vale uno” la chiarezza deve essere specchiata, altrimenti non servono torrenti di parole e mille rassicurazioni il giorno. La gente, Beppe, deve crederti, altrimenti avremo tanti Renzi o Gentiloni per i secoli a venire, nell’attesa del fatidico 51%.

martedì 9 dicembre 2014

Mafia capitale, «Alemanno in Argentina con borse di soldi»: le ipotesi dei pm. La replica: «E' falso». - Valentina Errante





ROMA - Quattro viaggi, con le valigie piene di soldi. Destinazione Buenos Aires, passando dalla saletta vip. Almeno secondo le intercettazioni agli atti dell’inchiesta sul ”Mondo di mezzo".
Le indagini sulla possibile esportazione di valuta da parte dell’ex sindaco Gianni Alemanno, sono in corso. È sui soldi che si concentra l’attività di controllo del procuratore aggiunto Michele Prestipino, dei pm Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli e sul contante che i colletti bianchi della holding criminale avrebbero portato a Lugano.

L’ARGENTINA
È il 13 gennaio scorso quando Luca Odevaine, componente del tavolo per i rifugiati, parla con il suo collaboratore Mario Schina e Sandro Coltellacci, responsabile di una coop: «Per soldi se sò scannati, ma sai che Alemanno si è portato via...ha fatto quattro viaggi..lui e il figlio con le valigie piene di soldi in Argentina..se sò portati con le valigie piene de contanti, ma te sembra normale che un sindaco..».
Coltellacci risponde: «L’ho saputo». La conversazione continua poco dopo: «Me l’hanno detto questi della Polaria», dice Odevaine e Schina chiede: «Nessuno l’ha controllato?» E Odevaine: «No, è passato al varco riservato..ah un attore per me». Schina aggiunge: «Pensavo che i soldi se li prendesse tutti lui, sembrava che il sindaco non toccasse, invece l’ha toccati però che il sindaco..due..tre Panzironi 10 penso che gli equilibri erano quelli». Finora il Ros ha verificato un solo viaggio di Alemanno in Argentina, avvenuto in occasione di un Capodanno di qualche anno fa. Gli accertamenti, però, sono ancora in corso. La conversazione del 13 gennaio rivela agli inquirenti anche altri elementi: «A un certo punto deve essere successo qualche casino - dice Odevaine - perché ad Alemanno gli hanno fatto uno strano furto in casa, cercavano qualche pezzo di carta..credo che hanno litigato perché Alemanno ha pensato che ce li ha mandati questo».

LA PISTA SVIZZERA
Gli investigatori lo seguono fino a Lugano. Stefano Bravo, indagato per riciclaggio, è considerato lo “spallone” che portava i soldi in Svizzera per l’organizzazione. Non vuole lasciare tracce, preferisce passare da Milano «prendi una macchina, un treno che è pure più comodo...con tua moglie per evitare lo Sdi (servizio informatico interforze ndr)». I soldi finivano in una fiduciaria. Scrive il Ros: «Il 10 aprile, il dottor Bravo si recava a Milano per poi proseguire per la città di Lugano al fine di recarsi presso uno stabile, sede di diverse società e fiduciarie la cui natura e oggetto sociale sono allo stato in fase di accertamento».

Ma c’è anche un affare che, attraverso le società estere, Bravo avrebbe dovuto concludere per conto di Odevaine. Scrive il Ros dopo avere ascoltato le conversazioni intercettate: «La finalità del viaggio in Svizzera era da ricondurre a un’operazione di compravendita immobiliare da perfezionarsi con una società panamense». Odevaine aveva detto: «La società si chiama Rosdolf ed è di Panama, ma non posso vendere direttamente». La causa, aggiunge il Ros, è «la vigente legislazione venezuelana». «C’abbiamo la ”Oliveto” venezuelana, che però la casa madre è Costa Rica, invece lei ha una società anche venezuelana, penso possa essere utile». Responsabile legale della società è Maribel Avila Echenique, collaboratrice di Odevaine nella Fondazione Integrazione/azione, segna il Ros. Intanto Bravo interessava anche un procacciatore d’affari per trovare nuovi investimenti per conto di Odevaine: «Lui sta in Honduras a me interessa invece se lui va in Costa Rica, dove operiamo noi con L’Oliveto..ci apre i mercati in Panama e Nicaragua» dice Bravo.

LA REPLICA
La replica di Alemanno è tempestiva: «Si tratta di una millanteria totalmente infondata. Non ho portato mai soldi all’estero tantomeno in Argentina. Io sono l'unico sindaco di Roma che al termine del suo mandato è più povero di quando ha cominciato perché ho dovuto vendere una casa e aprire un mutuo per pagare i debiti della campagna elettorale. Per quanto riguarda il viaggio in Argentina ci sono stato per pochi giorni con la mia famiglia e un folto gruppo di amici, a Capodanno 2011-2012 per andare a vedere i ghiacciai della Patagonia».


http://www.ilmessaggero.it/ROMA/CRONACA/mafia_capitale_pd_ozzimo_coratti_patane_roma/notizie/1055157.shtml

sabato 13 aprile 2013

Una bella notizia dal Sudamerica che ci riguarda. Finalmente svelata la politica estera del M5s. - Sergio Di Cori Modigliani


vattimo e la Kirchner
Gianni Vattimo e Cristina Kirchner 
La Cultura è servita per farci comprendere l’esistenza dei Diritti degli Esseri Umani e farci capire e incorporare l’idea che la schiavitù è un concetto inconcepibile per il genere umano”.
Mario Vargas Llosas, premio Nobel per la letteratura 2010. Buenos Aires 11 aprile 2013 
E’ una di quelle notizie che fa bene, che dà ottimismo, che rende orgogliosi, che fa pensare alla grandezza reale dell’Europa, all’importanza del suo continuo lascito culturale, che stimola la dignità dell’unità nazionale e fa ben sperare sulla rinascita della nostra nazione. Una di quelle notizie in cui perfino la retorica ci sta bene. E invece niente.
Sulla stampa nazionale e alla tivvù non è in risalto, tantomeno su facebook.
La trovate qui, così come è stata data nell’intero continente americano, dal Canada al Polo sud: “Ieri mattina, 11 aprile, a Buenos Aires, la presidenta argentina Cristina Kirchner ha ricevuto in visita ufficiale il prof. Gianni Vattimo, valente filosofo italiano, professore emerito di filosofia teoretica all’università di Torino, parlamentare europeo nelle liste dell’Idv. Il filosofo italiano ha ricevuto la laurea honoris causa all’Università di Buenos Aires per “meriti di pensiero”. Nel corso dell’incontro, al quale ha partecipato anche Juan Manuel Abal Medina, capo di gabinetto e ministro della cultura argentino, il prof. Vattimo ha espresso un grande apprezzamento per le conquiste nel campo dei diritti civili in tutte le nazioni del Sud America, gettando il seme di una ritrovata possibile intesa tra il continente sudamericano e l’Europa. Così è stata motivata, da parte di Medina, l’assegnazione del premio a Vattimo: “Il filosofo italiano è uno dei più solidi e più interessanti pensatori dei nostri tempi. Soprattutto, in questo momento storico, perché le sue opere e la sua attività ci consentono di essere in grado di fornire nuovi elementi teorici per aiutarci a comprendere e affrontare la gestione della politica in maniera complessa in un mondo sempre più complesso. Sono orgoglioso a nome di tutti i sudamericani per i suoi complimenti a nome del parlamento europeo. Le sue parole mostrano che la nostra Regione Latina è vista con occhi speranzosi da chi ha voglia, in Europa, di vedere”.
A riprova dell’importanza che in Sudamerica hanno attribuito a quest’incontro, c’è un sito nuovo, messo su immediatamente dal governo argentino, che trovate qui vattimoenargentina.com. sotto il titolo  La Presidenta recibió a Gianni Vattimo
Da noi, in Italia, per motivi che esulano dalla mia comprensione, è stato scelto da parte della cupola mediatica e della cultura ufficiale (nel caso esista ancora) di non dare risalto all’evento. C’è da scegliere il sostantivo, per cercare di comprenderne le ragioni:  Distrazione? Masochismo? Indifferenza? Disfattismo? Negligenza? Incompetenza?
Qualunque sia la motivazione, è un segnale dell’altissimo livello di disinformazione che regna in Italia, dove invece si legge oggi nelle pagine culturali ( e ci si discute pure sopra) che una valletta sexy ha scritto al Papa. Non a caso siamo finiti al 57esimo posto come libertà di stampa e l’ufficio statistico dell’ Unione Europea ha rilevato –dieci giorni fa- che l’Italia, tra i 27 paesi membri, è ultimo come investimento nella cultura, nell’istruzione, nella ricerca scientifica, nell’innovazione. Al primo posto c’è la Germania. Penultima è la Grecia. Questi sono i risultati della politica di Draghi e di Mario Monti.
Certo, va detto, che parlare oggi di un incontro tra un parlamentare europeo, che di professione fa il filosofo, stimato e apprezzato in tutto il mondo (alla fine degli anni’80 intuì alla perfezione la tendenza della società di allora, coniando il termine “pensiero debole”) e la presidente di uno Stato che ha detto no alle politiche rigoriste e iper-liberiste del Fondo Monetario Internazionale, causerebbe più di un malumore nelle truppe cammellate al seguito dei partiti e nelle riunioni di redazione della cupola mediatica. Comunque sia, sono contento di poter fornire una notizia che accogliamo come un buon motivo per sentirci orgogliosi di essere italiani.
Subito dopo aver ricevuto Vattimo, il governo argentino ha convocato una conferenza stampa nel corso della quale è stata presentata la nuova regolamentazione argentina per combattere, in maniera molto severa, la pratica dello sfruttamento lavorativo dei minorenni. Presentato come «Acto de CFK en el Salón de las Mujeres del Bicentenario. Promulgación de las leyes de Régimen de contrato de trabajo para el Personal de Casas Particulares y la que castiga a quienes promueven el trabajo de menores de edad» la  nuova legge è stata accolta in tutto il continente sudamericano (e soprattutto dagli osservatori dell’Onu) come una solida tappa nella lotta contro la povertà e contro lo sfruttamento dei ceti più deboli e svantaggiati. Chi è interessato può trovare tutti i particolari nel sito ufficiale argentino http://on.fb.me/wgn0mc.
Verso sera, sempre nella città di Buenos Aires (www.lanacion.com.arg sotto il titolo La cultura y la calidad de la democracia, según Vargas Llosa, a firma Maria Elena Polac) c’è stato un incontro aperto al pubblico con il premio nobel della  letteratura presentato dal sociologo Juan Josè Sebreli e trasmesso in tutto il continente americano, compreso Usa e Canada. Nel corso di tale evento, al quale hanno assistito circa 1000 persone in vivo, e circa 40 milioni di persone in streaming nell’intero continente, il grande romanziere peruviano ha lanciato un poderoso atto d’accusa contro gli intellettuali e gli economisti, rei di aver snaturato il mondo per poter giustificare l’inizio di un processo di de-naturizzazione dell’essere umano. Vargas Llosas ha spiegato come il mondo sia pieno di imperfezioni perché così è la natura umana, ma non bisogna dimenticare che la Cultura e la Scienza ci hanno consentito di uscire dalla caverne e puntare alle stelle, ma la loro pessima interpretazione ci ha portato anche alla barbarie, al nazismo, al comunismo; oggi stiamo correndo il rischio di ritornare alla barbarie perché abbattendo le frontiere della Cultura, si ritornerà nelle caverne; esistono oggi raffinate tecniche di manipolazione delle coscienze che consentono di irretire gli spiriti addormentandoli.
E’ ciò che in Italia, di solito, si chiama disinformazione. Un processo in atto nella nostra repubblica dove le notizie, gli accadimenti, le dinamiche del mondo reale, vengono ormai sottaciute per alimentare di continuo, sia sulla stampa cartacea che alla tivvù e sui social networks una realtà parallela, virtuale quanto immaginaria, per far credere alla popolazione che l’illusione inventata da una classe dirigente asfittica e incompetente corrisponda alla realtà. Non è certo casuale il fatto che dall’informazione italiana sia praticamente scomparsa ogni notizia, dibattito, discussione, confronto, relativo agli esteri e alla politica estera. Non una parola, o poche, nei programmi dei partiti, come se il mondo non esistesse. Non una parola, o poche, su ciò che, intanto, Monti e i suoi ministri seguitano a fare nello scacchiere del pianeta; mentre agli italiani si vuol far credere che non esiste il governo e gli impegni internazionali sono stati cancellati in attesa di un nuovo governo. Non è vero. Non è così.
Non mi stupisce, dunque, che l’intera cupola mediatica e le tivvù al seguito (compatte e in linea) con la complicità delle chiacchiere inutili di facebook, abbiano scelto di non riferire o di mostrare poco interesse, riguardo il comportamento degli eletti del M5s in Parlamento,  in relazione ai due importanti eventi nazionali in materia di politica estera: la presenza dei nostri soldati in Afghanistan e la posizione “ufficiale” italiana nella guerra civile siriana, dove le nostre aziende belliche sono infognate fino al collo senza che i cittadini italiani ne siano informati.
Non si tratta solo di dare risalto all’attività parlamentare, lo si è sempre fatto poco,  anche con gli altri gruppi parlamentari ma, in questo momento, sapere come agisce questa nuova realtà in Parlamento può essere una notizia da dare ai cittadini, che forse sono stufi di ricevere soltanto gossip.
Il M5s ha ufficialmente presentato (firmato da 53 eletti) alla presidente della Camera on. Laura Boldrini, la richiesta di porre fine alla presenza militare italiana in Afghanistan, non essendo stato il governo in carica disponibile a fornire spiegazioni in merito, per informare i cittadini sulle ragioni e sulle motivazioni per cui i nostri militari stanno lì. Con fortissimo aggravio finanziario per i conti dello Stato. Invito (chi è interessato) a collegarsi qui andandosi a vedere ed ascoltare di persona ciò che i deputati del M5s hanno fatto e detto a riguardo..
http://www.youtube.com/watch?v=AjUf-aH563s&list=UUQMR0q4wNM8Rbe7W0UlX1jg&index=1.
A questo va aggiunta anche l’interpellanza “ufficiale” presentata sempre alla Camera dei Deputati in data 10 aprile 2013 e sulla quale è stato steso un velo di omertà e di censura inspiegabile, dato che si tratta di una documentazione istituzionale ufficiale e di materia fondamentale sia per la sicurezza della nazione, che per l’incolumità dei professionisti della stampa e dell’intera cittadinanza. Ecco qui di seguito il testo ufficiale per intero, così come è stato rubricato agli Atti Parlamentari:
Al  Presidente del Consiglio dei Ministri – Ministro pro tempore agli Esteri
Premesso che:
in Siria, da due anni, è in corso una guerra (90.000 morti, secondo l’ONU) determinata dall’irrompere di gruppi armati, provenienti da numerosi stati stranieri e foraggiati dall’Occidente e dalle Petromonarchie, che, impossessandosi delle giuste istanze di democrazia e partecipazione che erano alla base delle mobilitazioni del popolo siriano di qualche anno fa, stanno seminando il terrore con autobombe, assalti ad edifici governativi, uccisioni e rapimenti di inermi cittadini siriani “colpevoli” di non schierarsi con loro contro il governo di Bashar al-Assad;
i suddetti gruppi, tra l’altro di feroce “ideologia” jihadista e facenti parte della cosiddetta “Coalizione nazionale siriana” sono stati riconosciuti dal dimissionario Ministro Terzi come “unici rappresentanti del popolo siriano” per i quali (insieme alla diplomazia francese e inglese) ha recentemente proposto la fine ufficiale dell’embargo di armi decretato dalla Comunità Europea;
il 3 aprile di quest’anno quattro giornalisti di nazionalità italiana (Amedeo Ricucci, inviato Rai,; Elio Colavolpe, Andrea Vignali, e Susan Dabbous) sono stati rapiti nel nord della Siria da uno dei suddetti gruppi e tuttora sequestrati nella verosimile attesa di ricevere dal nostro governo soldi o armi;
il 4 aprile di quest’anno, la RAI e la Farnesina, verosimilmente per  non gettare cattiva luce sui suddetti gruppi armati, dichiarava, i suddetti giornalisti non già “rapiti” ma, bensì, pudicamente “trattenuti” e chiedeva agli organi di informazione un “silenzio stampa” prontamente ottenuto anche dai numerosi organi di informazione sempre pronti a invocare crociate; che sono passati almeno sei giorni dal rapimento senza che il Governo si sia sentito in dovere di riferire al Parlamento su questo gravissimo episodio
si chiede di riferire con urgenza:
se il Governo italiano sta conducendo trattative con i suddetti gruppi armati per ottenere la pronta liberazione degli ostaggi;
se queste trattative prevedono l’invio di denaro o di armamenti.
Non pensate che, come cittadini, qualunque sia la vostra collocazione politica, sia un diritto inalienabile di ogni italiano essere informato sul perché i nostri soldati vanno a morire in Afghanistan, che cosa ci stanno a fare lì, che cosa sta accdendo in Siria e qual è l’esatta posizione dell’Italia rispetto alla guerra civile?
Così vanno le cose in questa settimana.
Vi auguro un buon week end.