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sabato 6 dicembre 2025

Cosa prevede la proposta della Commissione sui beni russi? - Luciana Grosso

 

L'Unione ha urgenza di trovare i fondi per continuare a finanziare la difesa ucraina, e per farlo vuole utilizzare i beni congelati a Mosca dopo l'invasione. Ma la proposta presenta una serie di criticità che devono essere superate. Ecco come potrebbe accadere.

L’Ue si trova da alcuni mesi di fronte a un dilemma: come finanziare la difesa ucraina senza che questo leda la sua stessa liquidità. Il problema non è da poco, perché l’Unione, di fatto, dispone di risorse molto limitate: circa 2 mila miliardi di euro ogni sette anni, pari alla somma dell’1% del reddito nazionale lordo dei Paesi che la compongono, con i quali l’Ue deve fare fronte a tutte le sue spese. Spese che per la stragrande maggioranza non riguardano né la guerra né il sostegno a Paesi terzi, ma sono dedicati per lo più a coesione, sviluppo e agricoltura.

Così, da mesi, e soprattutto da quando la presidenza Trump ha deciso di smettere di fornire armi all’Ucraina, per iniziare a venderle all’Ue affinché sia quest’ultima poi la girarle all’Ucraina, le istituzioni europee si stanno interrogando su dove e come trovare i soldi per finanziare la difesa di Kiev. Il tutto è accompagnato dall’urgenza del fatto che, dati alla mano, al più tardi in primavera le casse ucraine non avranno più abbastanza fondi per fare fronte alle normali spese di gestione, come stipendi pubblici, apparecchiature sanitari e manutenzione.

I beni russi congelati in Europa ammontano a circa 200 miliardi.

La soluzione potrebbe arrivare dall’uso di circa 200 miliardi di beni russi congelati in Europa al momento dell’invasione che l’Ue, con un sardonico contrappasso, potrebbe usare per finanziare la difesa di Kiev. L’uso di questi asset però è reso problematico dal fatto che, in teoria, il loro congelamento equivale a una requisizione solo temporanea e che vale fin tanto che valgono le sanzioni nei confronti di Mosca. A guerra finita e sanzioni tolte, i beni russi che l’Ue ha congelato, in via teorica, dovrebbero essere restituiti tal quali ai loro proprietari. Una cosa che, evidentemente, non potrebbe succedere se, nel frattempo, fossero stati usati e consumati. 

Così, da mesi, l’Ue è ferma a un bivio: da un lato c’è l’uso di beni russi dei quali non è certa di poter disporre, dall’altro la necessità urgente di usarli. 

Sulla questione, come era prevedibile, ci sono molte discussioni, e se la Commissione insiste affinché l’uso di questi beni venga sbloccato, il Consiglio, che dovrebbe autorizzarne l’uso, appare più diviso del solito. Questo perché a essere contrari a finanziare in questo modo la difesa dalla Russia non sono solo i ‘soliti sospetti’ Ungheria e Slovacchia, ma anche il Belgio, Paese nel quale è fisicamente custodita la stragrande maggioranza (140 miliardi) di questi beni e che, non senza motivo, teme che un domani la Russia possa rifarsi sulle casse belghe di eventuali ammanchi. Per questo, da mesi, il Paese dice di non essere contrario in toto all’operazione, purché la responsabilità e il complessivo rischio finanziario siano condivisi da tutta l’Unione.

passo indietro della Bce.

Una prima soluzione al tema era parsa quella di una garanzia della Bce, ipotesi che però è sfumata pochi giorni fa, quando la Banca comunitaria ha detto che questo tipo di garanzia violerebbe il suo mandato. 

Così, si è cercata un’altra strada. Quest’altra strada, nello specifico, è stata presentata ieri dalla Commissione. “In base alla proposta - scrive Politico- l'Ue presterà 165 miliardi di euro all'Ucraina. Il prestito include 25 miliardi di euro di beni statali russi immobilizzati, detenuti in conti bancari privati ​​in Francia, Germania, Belgio, Svezia e Cipro, oltre a 140 miliardi di euro detenuti presso la banca Euroclear con sede a Bruxelles”. Si trattarebbe appunto di un prestito che l’Ucraina dovrebbe restituire solo quando la Russia dovesse porre fine alla guerra e pagare i danni di riparazione, un’ipotesi che ad oggi suona se non impossibile, piuttosto improbabile.

Certo rimane il problema delle garanzie condivise che il Belgio chiede a gran voce. La soluzione, in questo senso potrebbe arrivare dal fatto che, secondo Politico, “i governi dell'Ue forniranno garanzie finanziarie bilaterali fino a 105 miliardi di euro fino al 2028 per garantire che il Belgio non sia l'unico a gestire i rischi associati all'iniziativa”. Il principio di base è che le capitali dell'Ue versino collettivamente l'intero importo del prestito qualora il Cremlino riesca a recuperare i suoi fondi, cosa che la Commissione ritiene improbabile. Per rassicurare ulteriormente il Belgio, inoltre, la Commissione istituirà un "meccanismo di liquidità" che consentirà di erogare prestiti ai governi per garantire che le garanzie possano essere erogate in qualsiasi momento.

I nodi ancora da sciogliere.

Soluzione trovata? Non del tutto, perché rimangono ancora alcuni nodi da sciogliere.

Per esempio non sappiamo se queste garanzie saranno considerate sufficienti dal Belgio. Se così non fosse, l’Ue potrebbe ricorrere all’extrema ratio di sottoscrivere un nuovo debito comune, ipotesi piuttosto remota, dal momento che per questo sarebbe richiesta l’unanimità del Consiglio e non solo la maggioranza qualificata necessaria per avere accesso agli asset russi.

Poi, sempre nella colonna dei nodi da sciogliere, c’è il fatto che gli asset sono congelati fin tanto che sono in vigore le sanzioni. Ma le sanzioni non sono in vigore a tempo indeterminato fino alla fine della guerra. Al contrario devono essere rinnovate dall’unanimità ogni sei mesi. In questo quadro è del tutto evidente che sarebbe sufficiente un solo voto contrario al rinnovo per mettere a repentaglio l’intero sistema. Per questo l’esecutivo comunitario sta valutando una manovra possibile ma ardita, ossia l’attivazione di una clausola dell'articolo 122 del trattato Ue,  che consente ai governi di decidere "in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, le misure appropriate alla situazione economica". In altre parole, il rinnovo delle sanzioni potrebbe avvenire a maggioranza qualificata e non all’unanimità. Secondo Politico, “la Commissione intende interpretare questa affermazione nel senso che, alla luce dell'enorme posta in gioco finanziaria in questo caso, una maggioranza qualificata di nazioni sarà sufficiente per approvare il rinnovo delle sanzioni, privando l'Ungheria - o altri - di un potenziale diritto di veto. I giuristi dell'Ue concordano sul fatto che la fluidità del testo dell'articolo 122 giustifichi una revisione dell'unanimità, poiché un'inversione delle sanzioni avrebbe ripercussioni devastanti sull'economia europea”.

https://tg24.sky.it/mondo/2025/12/04/asset-russi-commissione-ue-proposta?intcmp=nl_editorial_insider_null.