Il presidente dell'Antimafia, intervistato a SkyTg24, chiede che prevalga la "ragionevolezza". In caso contrario, invoca una votazione degli iscritti su Rousseau per l'ultima parola sulle espulsioni. Di Battista è d'accordo, ma in diretta Instagram ribadisce che non ha più alcun ruolo nel Movimento e non vuole averlo: "Non sto capitanando correnti, scissioni, formando partiti". Né si candiderà alla nuova "guida collegiale". Intanto arriva la nota ufficiale del collegio dei probiviri.
Giornata ad alta tensione nel Movimento 5 stelle dopo che nei giorni scorsi i deputati e i senatori che non hanno votato la fiducia al governo Draghi sono stati espulsi dai rispettivi gruppi parlamentari. Il dossier è arrivato sul tavolo del collegio dei probiviri e, ha fatto sapere Raffaella Andreola (una dei tre membri), la maggioranza ha deciso per “l’apertura dei provvedimenti disciplinari” nonostante il suo parere contrario. Poi in serata la conferma con una nota ufficiale del collegio. A Montecitorio i dissidenti sono in 21, 15 a Palazzo Madama. Tra loro c’è il presidente della Commissione antimafia Nicola Morra. “Spero che prevalga la ragionevolezza in tutte le parti”, ha detto il senatore nel corso della trasmissione ‘L’Ospite’ di SkyTg24. “Faccio questa domanda: a chi conviene cacciarci? Forse al sistema? Se il Movimento è nato per cambiarlo, ora gli stiamo rendendo un servizio“. Morra si è detto molto “scosso” dalla decisione del capo politico reggente Vito Crimi, accusato da tanti dissidenti di non avere più alcun potere dopo che gli iscritti su Rousseau hanno dato il via libera alla nascita del nuovo direttorio a 5. A suo parere, quindi, la cacciata dai gruppi, “per diventare un’espulsione a tutti gli effetti dal Movimento”, deve essere “istruita e accolta dai probiviri ed essere ratificata con un voto online“. Solo se l’iter arriverà a compimento, “sarò un espulso, ma se non dovesse essere continuerò ad essere un iscritto e un attivista“.
Di Battista: “Non faccio scissioni o partiti” – A chiedere di ricorrere alla piattaforma Rousseau è anche Alessandro Di Battista. “Sarebbe una soluzione far votare gli iscritti, come ha detto Morra. Sono convinto che la grande maggioranza degli iscritti voterebbe contro” le espulsioni, ha spiegato in diretta su Instagram. L’ex parlamentare ha quindi ribadito di non avere più alcun ruolo oggi nel Movimento: “Non sto capitanando correnti, scissioni, formando partiti. Sto provando da fuori a portare avanti determinate battaglie. Se fossi stato un parlamentare anche io avrei votato no” a Draghi. A chi gli chiede cosa devono fare ora i dissidenti, risponde così: “Il consiglio che ho dato ad alcuni di loro è di fare ricorso per essere riammessi e credo che molti ci stiano pensando“. Di Battista ha poi annunciato che, essendo fuori dal Movimento, non si candiderà “alla guida collegiale“. Né ha avuto alcun ruolo, come già chiarito ieri, con le presunte trattative per la nascita di un nuovo gruppo parlamentare a Palazzo Madama formato dai senatori espulsi.
L’ipotesi Italia dei valori – Tra i dissidenti c’è infatti chi si starebbe mobilitando. Lo conferma il segretario dell’Italia dei Valori Ignazio Messina a Repubblica: “Le interlocuzioni ci sono state, sì, se c’è un progetto politico da costruire allora massima disponibilità. Se è prestare il simbolo tanto per, allora non è il caso, non ci interessa. Questa è la situazione”. Il suo partito è stato tirato in ballo perché il regolamento di Palazzo Madama permette la nascita di nuovi schieramenti solo se rappresentati da un simbolo presente alle ultime elezioni politiche. E Idv ha partecipato con la lista Civica popolare. Di Battista non c’entra nulla, ma tanti guardano a lui come un punto di riferimento per la sua ostilità al governo Draghi. Non Nicola Morra, che a SkyTg24 spiega: “Ho un buon rapporto con Di Battista, di lealtà ma non di fedeltà. Io non voglio un capo che indichi per me, voglio poter decidere da me assumendomi le mie responsabilità“. Nel corso dell’intervista il presidente dell’Antimafia si smarca anche dall’ipotesi di affrancarsi all’ex partito di Antonio Di Pietro: “Io mi sento M5S“, ribadisce. Però “non posso mettermi nei panni degli altri colleghi”.
Il ruolo dei probiviri – Nel frattempo l’iter disciplinare previsto dai regolamenti M5s sta facendo il suo corso. L’organo autonomo preposto a queste pratiche, il collegio dei probiviri, è formato dalla ministra Fabiana Dadone, dal consigliere regionale del Veneto Jacopo Berti e da Raffaella Andreola. Proprio lei ieri aveva ventilato l’ipotesi di sospendere le espulsioni “in attesa che vengano ricostituiti tutti gli organi del M5S”. Ma ora fa sapere che il collegio ha deciso “a maggioranza l’apertura dei provvedimenti disciplinari”. Lei però ha votato No, perché “gli atti posti in essere dall’onorevole Crippa e dal senatore Licheri (i due capigruppo, ndr), potrebbero avere dei possibili rilievi di illegittimità“, perché richiesti “dall’ex capo politico senatore Crimi, attualmente a mio avviso non titolato a tali indicazioni“. Poi l’appello: “Esorto vivamente i miei colleghi – aggiunge Andreola – a desistere da azioni che potrebbero essere oggetto di ricorsi. Rimetto agli iscritti la decisione chiedendo l’apertura immediata della votazione” su Rousseau. Nella nota ufficiale rilasciata in serata dal collegio, si legge che è stato deciso “di applicare quanto automaticamente previsto dallo Statuto in caso di espulsione dal gruppo parlamentare e procederà già da oggi con l’apertura dei procedimenti nei confronti dei parlamentari a cui è stata comunicata l’espulsione, da parte dei capigruppo di Camera e Senato, in seguito al voto di fiducia sul governo degli scorsi giorni”. In parallelo, spiegano, “inizierà una fase di attenta verifica su tutti i portavoce non in regola con le rendicontazioni, procedendo fin da oggi con le prime aperture di procedimento per i più ritardatari”.