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venerdì 26 aprile 2024

Socrate. - Guendalina Middei

 

Lo sapevate che… Socrate aveva una tecnica per gestire gli scocciatori. Vi è mai capitato durante una discussione che l’altro vi urli addosso per dimostrare di avere ragione? Non c’è niente di più insopportabile, vero?

Ecco, un giorno Socrate venne aggredito da un uomo. Era un uomo rozzo, incivile che, avuta la peggio nella discussione, arrivò perfino a schiaffeggiarlo. Ancora oggi ci sono tante persone così, persone quando non sanno come argomentare le loro idee, diventano aggressive. Ma come reagì Socrate? Non fece nulla! Non gridò, non ricambiò la violenza, nulla. Uno dei suoi discepoli si meravigliò dell’atteggiamento di Socrate, ma il grande filosofo gli rispose: «se mi avesse preso a calci un asino, l'avrei forse condotto in giudizio?»

Cosa vi sta dicendo Socrate? Che una persona intelligente non può abbassarsi al livello di un idiota. Alle volte il silenzio è la risposta più elegante. Non a caso la parola eleganza deriva dal latino eligere, da ex (tra) e ligere(scegliere). Che significa? Che una persona elegante non è chi indossa abiti firmati o chi possiede oggetti costosi, ma chi sa scegliere. Come comportarsi, quando parlare, quando tacere.

Gli ignoranti, i maleducati, gli incivili sono sempre esistiti. Oggi a differenza dei tempi di Socrate sembrano essersi moltiplicati. I social hanno legittimato l’aggressività verbale. O pensate alla televisione, una babele moderna dove chi parla deve manifestare la propria superiorità gridando e insultando il proprio interlocutore. Ogni giorno vanno in scena tali deprimenti siparietti: adulti che non fanno che gridare perché non hanno la capacità di confutare con pacatezza il loro avversario.

Ecco, a me è capitato di ricevere insulti davvero pesanti qui sui social. E allora incominci a perdere la pazienza, ti viene quasi voglia di ribattere a questi «leoni da tastiera» che ti sputano addosso il loro veleno. Ma sapete una cosa? In quei momenti faccio un lungo respiro e ripenso alle parole di Socrate. O per dirla come Shaw: «Ho imparato tanto tempo fa a non fare lotta con i maiali. Ti sporchi tutto e, soprattutto, ai maiali piace».
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Guendalina Middei, anche voi mi conoscete come Professor X ➡️ Se vi piace ciò che pubblico, potete trovarmi anche su Instagram, dove vi parlerò dei grandi classici, mi trovate a questo link: https://www.instagram.com/ilprofessorx

#letteratura #cultura #social #filosofia 

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mercoledì 9 marzo 2022

La questione Zelensky, eroe molesto. - Antonio Padellaro

 

Noi sgomenti e impotenti spettatori abbiamo come l’impressione che, ultimamente, il premier ucraino Zelensky, più ancora del “criminale di guerra Putin”, abbia come bersaglio costante i governi cosiddetti alleati a cui non risparmia critiche e reprimende per la tiepidezza (e forse anche viltà) che dimostrano nei confronti del nemico comune. Fino a profetizzare che “questo conflitto non finirà così, ma scatenerà una guerra mondiale poiché questa bestia più mangia e più vorrà mangiare”. Cosicché i vari Biden, Macron, Scholz, Johnson, Draghi, si trovano nella scomoda situazione di chi non può replicare a tono. Che una terza guerra mondiale, per esempio, potrebbe divampare forse già un minuto dopo la creazione di quella no fly zone sollecitata dall’uomo di Kiev. Non appena un aereo russo fosse abbattuto da un caccia Nato (o viceversa). Imbarazzante, infatti, per chi se ne sta al sicuro e al calduccio (chissà ancora per quanto) polemizzare con un eroe asserragliato a difesa del proprio popolo, e a rischio continuo della propria vita. Parliamo dello stesso eroe che la “bestia” di Mosca aveva ampiamente sottovalutato nel progettare un’invasione che, secondo i calcoli, avrebbe comportato, in due o tre giorni, la resa dell’Ucraina con la fuga del comico-presidente. Eh sì, questo personaggio spuntato dal nulla che da due settimane, barba lunga e canottiera militare, arringa l’universo mondo in diretta tv potrebbe avere rotto le classiche uova nel paniere a nemici e amici. Come simbolo di una resistenza senza se e senza ma, ha colpito in contropiede pure quella strategia terzista convinta che con l’immediata cessione al Cremlino di Donbass e Crimea, più una esplicita dichiarazione di neutralità, il mondo avrebbe tirato un sospiro di sollievo e questa brutta storia sarebbe stata archiviata per poi procedere tutti festosamente verso le vacanze pasquali. Vero che Zelensky ha aperto uno spiraglio sulle possibili concessioni alla Russia, ma con gli eroi non si può mai sapere (“Beati quei popoli che non ne hanno bisogno”: Bertolt Brecht aveva capito tutto in anticipo).

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/09/la-questione-zelensky-eroe-molesto/6519933/?utm_content=marcotravaglio&utm_medium=social&utm_campaign=Echobox2021&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR0Z3YHuK3rMxF9OA__kgAIjK_SLrr-NAyINmOVuI79qPBRaQFRTSxKyYM0#Echobox=1646816887

domenica 28 febbraio 2021

Il regime, la promessa sposa, i diritti negati: perché deve lasciare. - Marco Lillo

 

L’incarico insostenibile.

Matteo Renzi deve dimettersi dal board del FII Institute. In verità non avrebbe mai dovuto accettare l’incarico da 80 mila dollari all’anno nell’istituto creato per decreto dell’anziano Re Salman di Arabia. Il FII Institute è nato dopo l’uccisione di Jamal Khashoggi. Teoricamente è un think tank che dovrebbe produrre eventi e idee per migliorare il futuro. In realtà serve a migliorare l’immagine del regime, acciaccata dall’omicidio del 2 ottobre 2018. Dopo la pubblicazione del rapporto Usa sull’assassinio di Khashoggi, Renzi dovrebbe scrivere due e-mail.

La prima al FII per dimettersi dal board. La seconda ad Amnesty International per donare i soldi incassati.

Nel rapporto dell’intelligence Usa, svelato dal presidente Joe Biden, si legge che “il principe regnante Mohammed bin Salman ha ordinato l’operazione di Istanbul per rapire o uccidere Jamal Khashoggi”. In realtà quel rapporto di 4 pagine aggiunge poco a quel che sapevamo già. I fatti sono gli stessi ricostruiti con gli audio e i video della Polizia turca nel rapporto dell’ispettrice speciale dell’Onu Agnes Callamard. Bastava guardare il documentarioThe Dissident per capire tutto: Khashoggi è stato attirato in una trappola al Consolato di Istanbul e un’operazione simile era inconcepibile senza un via libera. La novità è che gli Usa mettono nero su bianco le accuse contro il principe MbS un mese dopo il duetto di Renzi con lui al Future Investment Initiative a Riyadh.

Secondo la Polizia turca il corpo di Khashoggi sarebbe stato smembrato con una sega elettrica, trasportato a casa del console saudita e bruciato in un pozzetto riempito con una ventina di chili di carne bovina comprata in un ristorante del centro per confondere gli odori e far sparire il Dna.

Quindi Renzi non deve dimettersi da FII per Biden, ma per Hatice Cengiz. La 39enne turca avrebbe sposato Khashoggi. Mancava solo un documento e, solo per questa ragione d’amore, Khashoggi ha accettato il rischio di entrare in ambasciata il 18 ottobre 2018. Tutto era pronto per il matrimonio e lei attendeva fuori sperando di vedere uscire Jamal sorridente con il foglio. Invece dentro quell’edificio lo stavano facendo letteralmente a pezzi.

Hatice non parlava una parola di inglese. Ora lo ha imparato perché da due anni porta in giro per il mondo la sua battaglia per convincere i potenti come Renzi a far giustizia per Jamal. Anche Renzi cerca di migliorare il suo inglese ma poi lo usa per i salamelecchi a MbS sul Rinascimento saudita. Quando abbiamo chiesto a Hatice Cengiz un commento, lei ha replicato solo: “La storia giudicherà chi loda il regime”. Se Renzi lascerà il FII, perderà le relazioni, gli 80 mila dollari all’anno e i voli executive pagati. Chissà se migliorerà il giudizio della storia. Certamente quello di Hatice. E non è poco.

Renzi deve dimettersi anche per rispetto agli uomini e alle donne recluse nelle carceri saudite perché hanno osato dire quel che pensavano sul regime. Per i fratelli e gli amici di Omar Abdul Aziz, il 30enne vlogger in esilio, amico di Khashoggi, protagonista con la Cengiz del film The Dissident. Dovrebbe dimettersi per rispetto a Loujain al-Hathloul, l’attivista che ha pagato con 1.001 giorni di prigione la sua battaglia per i diritti delle donne. Rilasciata il 18 febbraio scorso, sostiene di avere subito torture. Renzi dovrebbe donare poi gli 80 mila dollari a Amnesty perché lui è libero di dire quel che pensa e loro no.

Il problema è che Renzi usa la sua libertà di parola per lodare il mercato del lavoro saudita. Proprio quello che per Amnesty è la prima ragione di violazione dei diritti umani in Arabia da parte delle imprese internazionali. Renzi poi dovrebbe dimettersi per tutelare l’onore degli italiani. L’ex sindaco di Firenze non può dire a davanti a MbS e al mondo che in Arabia intravede il neo-rinascimento.

Infine Renzi dovrebbe lasciare FII anche per rispetto di sé stesso. L’ex premier fa vanto della sua cultura cattolica e scout. Quante volte avrà spiegato ai suoi figli che non si sta dalla parte dei forti ma si sostengono le ragioni dei deboli? Quante volte avrà predicato che si aiuta la vittima anche se il carnefice è ricco, munifico e potente?

Se poi tutto questo non basta, almeno Renzi lasci per un suo interesse personale. Se vuole correre per il ruolo di Segretario Generale della Nato deve smarcarsi dal ruolo di paggio di MbS. A Biden non farà piacere la nomina dell’amico del mandante di un rapimento o di un omicidio.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/28/il-regime-la-promessa-sposa-i-diritti-negati-perche-deve-lasciare/6116309/

lunedì 9 marzo 2020

Gli italiani e il Coronavirus: io speriamo che me la cavo. - Roberta Labonia



Mentre scrivo penso a come questa grossa rogna dell’epidemia da coronavirus stia impietosamente riportando alla luce i nostri peccati, le nostre mancanze, i nostri storici punti deboli. Ogni attore in commedia sta sbagliato qualche battuta. Molti cercano di nascondere la polvere sotto al tappeto. L’individualismo italico, lo scarso senso civico che, ahimè ci distingue, gli egoismi personali, stanno avendo la meglio sulla tutela del bene comune. E che in ballo ci sia la tutela del bene comune più prezioso, la nostra salute, sembra che, alla prova dei fatti, interessi a pochi.
Guardo la TV. Sta andando in onda un servizio girato l’altra notte nella stazione centrale di Milano. C’è un giornalista che, mascherina a mascherina (e meno male!), intervista una ragazza che sta andando a Roma. Dice che lei a Milano ci studia ma sta tornando a casa perché teme che domani (ndr ieri), non lo possa più fare. Insieme a lei decine e decine di persone, trolley alla mano, corrono verso i treni. Le immagini sono emblematiche di come, proprio nelle ore in cui il Governo stava assumendo drastiche misure di contenimento del “rischio Lombardia”, questo si apprestava a viaggiare in ordine sparso, destinazione il resto del Paese, sui treni di Ferrovie per l’Italia. Era corsa la notizia che tutta la Lombardia sarebbe stata blindata. Da domani (ndr ieri), nessuno ne sarebbe più potuto uscire né entrare. Colpa di un Dpcm (Decreto del Consiglio dei Ministri), che da qualche ora girava in rete. Una bozza, un tarocco, che le principali testate giornalistiche, con dubbio senso di responsabilità e male interpretato diritto all’informazione, avevano ben pensato di rendere pubblico senza attendere quello ufficiale che da lì a poche ore, a notte fonda, Giuseppe Conte avrebbe firmato. Una bella picconata a quel cordone di sicurezza che il Governo, da giorni, sta ricercando in tutti i modi. Bravi, bis!
Ieri, a decreto firmato, mi sono arrivati i commenti a caldo di parecchi: confusione e panico. Invettive verso il Governo. Privati, professionisti, piccoli imprenditori, commercianti, nessuno escluso, ha mosso la sua critica, pensando ai suoi personali interessi. Nessuno di costoro, italiani che dicono di amare il loro Paese, ne sono convinta, ha l’esatta percezione del pericolo che ci si prospetta davanti: quello di un gigantesco disastro sanitario. Roba che può destabilizzare sia socialmente che economicamente un intera nazione per anni, forse decenni. Roba che se non contrasti anche contando sui comportamenti virtuosi e civicamente consapevoli del singolo cittadino, non ne esci. Roba che il bloccarla val bene il sacrificio di uno o due mesi di fermo Paese. Eppure gli italiani o grossa parte di loro, continuano a fare orecchie da mercante. Da nord a sud. In queste ore mi scorrono davanti le immagini di un Italia irresponsabile, a cominciare da Milano, quella che l’epidemia, grossa, ce l’ha in casa. Quella che si fregia di essere la capitale economica d’italia: Navigli comunque frequentati, strade dello shopping tutt’altro che deserte, pic nic domenicali, movida irriducibile. Distanza di sicurezza non pervenuta. Baci e abbracci qua e là. Ma, ca va sans dire, non va meglio a Roma piuttosto che a Firenze, Napoli e Palermo. Tanto per citare alcuni dei principali capoluoghi nostrani. C’è da chiedersi se siamo diventati tutti un Paese di sordi e di ciechi. Del martellante invito al rispetto anzi all’obbligo, del “distanziamento sociale”, che ci arriva dalle principali istituzioni del Paese, noi ce ne freghiamo.
E se è vero che ogni popolo ha il governo che si merita, voci scomposte continuano a levarsi anche da parte degli amministratori locali. Malpancisti per tutti i gusti, ognuno dice la sua. In primis i Presidenti di regione, quelli che hanno la diretta responsabilità della sanità locale. Tutti, dopo aver lamentato ad una voce di non essere stati coinvolti nelle decisioni (salvo far marcia indietro quando ieri Conte li ha interpellati prima di firmare), hanno levato i loro distinguo: c’è chi ritiene il decreto Conte “pasticciato” come l’emiliano Bonaccini. Chi ritiene che le misure adottate siano troppo blande come, tardivamente mascherina esente, Attilio Fontana e chi, al contrario, ne lamenta l’eccessivo rigore come Luca Zaia, quello che è tutta colpa dei cinesi che mangiano i topi vivi.
Sono Presidenti di Regione che stanno passando il più brutto quarto d’ora della loro esperienza politica, ne convengo. I loro Ospedali straripano, stanno rischiando il collasso. Strutture che fino a ieri erano viste come i fiori all’occhiello del sistema sanitario nazionale italiano.
E se a mala pena sta reggendo la sanità del Nord, tremo al pensiero che il contagio esploda anche da Roma in giù. Allora si che saranno dolori, o meglio, altri dolori.
Tanto per citare una, la Regione Lazio, dove vivo, per decenni ostaggio di consigli regionali di destra e sinistra che hanno banchettato sui fondi del servizio sanitario regionale accumulando deficit miliardari. Noi gente del Lazio da circa 8 anni subiamo le alzate d’ingegno di Nicola Zingaretti: ha chiuso 16 Ospedali, tagliato il personale del 14%, e, pensate voi, ben 3.600 posti letto! Oggi, dopo aver dilatato le liste d’attesa all’inverosimile per un esame (che fai in tempo a morire di tumore, se mai ce ne hai uno), si vanta, senza merito, il contagiato Presidente della Regione Lazio nonché segretario del Pd, di aver portato la Sanità laziale fuori dal commissariamento, ma a che prezzo? Forse se non avesse favorito a suon di centinaia di letti convenzionati e contributi regionali la sanità privata, oggi qualche letto in più in terapia intensiva pubblica ce lo avremmo avuto. Ma se Atene piange Sparta non ride. In quel di Lombardia, al Pirellone, abbiamo visto anche di peggio. Formigoni, dai suoi arresti domiciliari, sta lì a ricordarcelo. I lombardi stanno ancora in attesa che rifonda i 60 milioni di fondi pubblici regionali da lui graziosamente elargiti alla Fondazione Maugeri. Per non parlare dei buchi alla Sanità prodotti dalle regioni del sud in terre di mafia.
Insomma lacrime di coccodrillo quelle versate in queste ore da parte dei presidenti delle regioni del nostro Paese, i cui organi consiliari si sono guadagnati con gli anni il triste primato del più alto indice di inefficienza e corruzione. La scelta dissennata di aver favorito il privato a scapito del servizio sanitario regionale, oggi gli sta presentando il conto. Tanto che mi chiedo: e se la gestione della Sanità, con relativi fondi al seguito, la riportassimo a livello centrale? Ci avete mai pensato? Del resto il presidio della salute pubblica è materia di sicurezza nazionale. Certo poi ai Zaia, ai Fontana, rimarrebbero da gestire poche briciole di euro. Quindi perchè no? Togliamole proprio le Regioni, di organi intermedi ne abbiamo a sufficienza. Vedi i Comuni e quel che resta delle Province, oggi soppiantate dalle Città Metropolitane. Meditate gente, meditate.
Ma se la politica regionale in queste ore non brilla per coerenza ed efficienza e per amor di Patria sorvolo sull’indegno spettacolo di sciacallaggio politico che l’opposizione sta dando di sé in queste ore, anche sul Governo nazionale si alternano luci ed ombre. Pur efficace nell’azione di contrasto a questa epidemia, come la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità gli ha riconosciuto, l’Esecutivo ha mancato nella qualità dell’informazione. Il Governo si è autoinflitto un danno di immagine non indifferente. Concitazione? Eccesso di trasparenza? Sia come sia, come spesso accade, il diavolo si cela nei dettagli: l’aver effettuato, l’Italia da sola, più tamponi che in tutto il resto d’Europa, ci ha portato a denunciare nei primi giorni il più alto numero di positivi senza fare un distinguo fra asintomatici, sintomatici e ospedalizzati. Agli occhi del resto del mondo, ancora non alla presa con numero di contagi significativi perché non ricercati, siamo apparsi da subito come gli untori da evitare. Paesi del terzo mondo si sono arrogati il diritto di negare l’accesso ai nostri connazionali.
E poco importa che adesso, di ora in ora, nazioni come Francia, Germania, Spagna e buona parte del resto del mondo, si trovino alle prese con un crescente quanto incontrollato numero di contagi, il danno è stato fatto.
E in tutta questa cacofonia di voci mi torna alla mente il tema di Raffaele, il bimbo che descriveva a modo suo, in una scuola dell’entroterra campano, la parabola della fine del mondo. Chiudeva così:
“Quelli del purgatorio un po’ ridono e un po’ piangono, i bambini del limbo diventeranno farfalle e IO, speriamo che me la cavo”.