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venerdì 11 novembre 2022

Ecco chi finanzia i partiti (e l’incredibile caso dell’ex eurodeputata di Forza Italia) - Carmine Gazzanni e Stefano Iannaccone – tpi.it















Imprenditori che finanziano tanto a destra quanto a sinistra, associazioni, società e multinazionali. Addirittura scuole e ovviamente gli stessi parlamentari. Senza dimenticare chi intanto è diventato ministro. Nell’ultimo periodo e a cavallo tra le elezioni politiche e la formazione del governo di Giorgia Meloni, sono continuati a piovere sui principali partiti italiani lauti finanziamenti, che in parte evidentemente sono serviti a coprire le ultime spese di campagna elettorale, in parte serviranno per affrontare i prossimi impegni con le amministrative.

Uno e trino

Tutto lecito, per carità, e tutto trasparente. TPI ha infatti consultato il documento relativo alle «erogazioni ai partiti e ai movimenti politici iscritti nel registro nazionale», da cui ad esempio emerge come Azione, tanto durante la campagna elettorale quanto dopo, ha attratto tante società private. Il 26 settembre, dunque un giorno dopo le politiche, la società immobiliare Ipi spa ha versato ben 30mila euro al partito di Carlo Calenda. Nei giorni precedenti, invece, a staccare un assegno erano state altre grandi imprese attive nel mondo dell’edilizia come la Bononia Holding (10mila euro), la Mst spa e la Stella Holding (entrambi 20mila euro). Qualche giorno prima però, precisamente il 12 settembre, a versare 2mila euro è stata un’altra imprenditrice, Luisa Todini. Il nome è di quelli che contano. Parliamo dell’ex eurodeputata dal 1994 al 1999 (con Forza Italia), oltreché in passato consigliera di amministrazione in Rai (dal 2012 al 2014) e presidente di Poste Italiane (dal 2014 al 2017). La vera curiosità, però, è che la Todini non ha pensato soltanto ad Azione. Risultano, infatti, a suo nome e nello stesso giorno altri due bonifici, sempre di 2mila euro: uno a Fratelli d’Italia e uno a Italia viva. Tanto per non farsi mancare nulla. E a proposito del partito di Matteo Renzi, anche qui sorgono interessanti curiosità. A cominciare dal fatto che, in mezzo a tante elargizioni di privati e società, sempre il 12 settembre a finanziare Iv è stato un imprenditore monegasco di origini italiane: Manfredi Lefebvre d’Ovidio, uomo d’affari miliardario (ad agosto 2022 il suo patrimonio netto era stimato in 1,3 miliardi di dollari), presidente ed ex proprietario della società di crociere di lusso Silversea Cruises, che ha deciso di riprendere in mano le sue origini finanziando il partito di Renzi con un bonifico da 100mila euro.

Cavalieri e giocatori.

Non è stata da meno, spostandoci sul fronte del centrodestra, anche Forza Italia. Negli ultimi giorni di campagna elettorale, tanto per dire, sono arrivati importanti bonifici, come quello da 100mila euro risalente all’8 settembre dell’Ares Safety, società impegnata nel mondo dell’abbigliamento sanitario. Ad esempio? I tanto famigerati dpi, a cominciare dalle mascherine. Dopo 4 giorni altro contributo da 100mila euro, questa volta dalla Eurozona srl, impegnata sempre nel mondo dell’edilizia. Esattamente come la Ipi spa che già abbiamo incontrato parlando di Azione. Tra i beneficiari dei contributi della società per azioni non c’è solo Calenda ma anche Berlusconi: risultano, infatti, due elargizioni, una del 20 settembre (25mila euro) e una subito dopo il risultato elettorale, il 26 settembre (10mila euro). D’altronde i versamenti sono continuati anche dopo la vittoria della coalizione del centrodestra. Un altro esempio? Gli ulteriori 10mila euro che il 27 settembre ha versato l’Associazione nazionale Sapar. Ovvero, l’associazione nazionale dei gestori del gioco di Stato che, nonostante sul sito si professi «assolutamente apolitica», ha deciso di foraggiare il partito di Silvio Berlusconi.

Scuole “leghiste”.

A questo lungo elenco ovviamente non poteva mancare Fratelli d’Italia. Che a quanto pare piace a mondi profondamente diversi l’uno dall’altro. Spiccano, ad esempio, i 30mila euro del gruppo Cremonini, leader nel settore alimentare, o di quelli della Eurologistics, che si occupa di locazione di immobili. Curiosi, a proposito dell’imparzialità politica delle associazioni di categoria, anche i 3mila euro della Federalberghi di Roma. A proposito di ricettività, però, il partito di Giorgia Meloni piace anche alla Bassani srl, società attiva proprio nel mondo del turismo, che ha versato il 22 settembre altri 10mila euro al primo partito d’Italia. E la Lega di Matteo Salvini? Accanto a privati cittadini e società, piace anche agli istituti scolastici. Qualche esempio? Il 26 settembre (dunque un giorno dopo le elezioni politiche) l’Istituto paritario “Del Majo” di Pagani in provincia di Salerno ha versato la bellezza di 25mila euro alla Lega. E non è proprio una novità. Agli inizi di settembre, infatti, a foraggiare Salvini con 50mila euro era stato l’Istituto scolastico “Cesare Brescia”. La particolarità? Parliamo sempre di una scuola campana, essendo l’istituto di Pompei. Su qualche punto, insomma, è riuscito a conquistare i cuori meridionali. Altra coincidenza è quella del 5 settembre: 20mila euro sono arrivati dall’Irsaf, Istituto di Ricerca scientifica e di alta formazione. Una delle sede principali? A Caserta. Ma non è tutto. In mezzo a tutte le altre elargizioni spiccano i 50mila euro versati il 6 settembre dalla Sostenya Green srl che a quanto pare si occupa di green economy. Tema in cui crede fortemente, dato che il giorno prima ha versato altri 30mila euro a Italia viva. Tanto per dimostrarsi bipartisan.

Ministri benefattori.

Le curiosità scorrendo gli elenchi dei “benefattori” dei partiti, però, sembrano non finire mai. E così si scopre un altro dettaglio. Molti dei politici e dei principali personaggi politici della XIX legislatura hanno finanziato i rispettivi partiti proprio in questo periodo, a cavallo delle elezioni e dunque poco prima delle nomine (o delle elezioni) che li hanno toccati. Prendiamo il ministro Gilberto Pichetto Fratin, oggi a capo del dicastero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. Ebbene, dopo aver finanziato Forza Italia con 900 euro, a inizio settembre risulta un assegno di 20mila euro. Il 14 settembre, invece, risulta un bonifico di 10mila euro di Giovanbattista Fazzolari, oggi sottosegretario per l’attuazione del programma, a Fratelli d’Italia; qualche giorno prima (l’8 settembre) 8mila euro del nuovo presidente del Senato, Ignazio La Russa. Il 20 settembre, invece, è toccato a Nello Musumeci, neo-ministro del Mare, che ha versato 5mila euro. Tutti contributi, ovviamente, legittimi e inevitabili per chi è iscritto a un partito. Certo, in altre circostanze più e più volte si sono accumulati ritardi nei pagamenti che invece dovrebbero essere mensili. Restano, insomma, le curiosità della mole dei finanziamenti e, soprattutto, delle tempistiche.

https://infosannio.com/2022/11/11/ecco-chi-finanzia-i-partiti-e-lincredibile-caso-dellex-eurodeputata-di-forza-italia/

giovedì 10 marzo 2022

UCRAINA, L’IMPERO OFFSHORE DI VOLODYMYR ZELENSKYY: L’ANTIOLIGARCHI FINANZIATO DA UN OLIGARCA?. - 7 Marzo 2022Franz Becchi

 

Nel giro di un paio di settimane, il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelenskyy è diventato il volto della resistenza contro l’invasore russo. Questa perlomeno la rappresentazione che viene fatta del personaggio al momento dai media occidentali.
Ma chi è Volodymyr Zelenskyy, e come è entrato nei palazzi del potere ucraini? Il quarantaquattrenne non è un volto nuovo in Ucraina.
In seguito a una lunga carriera come comico e attore, Zelenskyy ha messo in pratica un copione di un suo film, diventando capo di Stato della repubblica semipresidenziale. “Servitore del Popolo”, il partito da lui fondato nel 2017, è infatti il titolo di un omonima serie televisiva ucraina, in cui Zelenskyy interpreta un insegnante di storia del liceo stanco della corruzione in politica, che riesce nell’impresa di diventare proprio presidente dell’Ucraina.

La nascita della società Kvartal 95 Studio.
Insomma, quando la fiction diventa realtà verrebbe da dire.
Ad ogni modo, i passaggi e i protagonisti che hanno portato all’elezione di Zelenskyy lascerebbero intendere che la consacrazione politica dell’ex comico ucraino sia stata tutto fuorché una coincidenza.
Nel 2003, insieme a Serhiy Shefir e Boris Shefir, Zelenskyy è stato il fondatore di Kvartal 95 Studio, società attiva nel settore dell’intrattenimento televisivo sulle emittenti ucraine. I fratelli Boris e Serhiy Shefir sono stati collaboratori di Zelenskyy nella produzione “Servitore del Popolo”, mentre un altro membro della comitiva, Ivan Bakanov è stato direttore generale di Kvartal 95.
Una volta arrivato al potere, Zelenskyy ha presto conferito incarichi governativi alla sua cerchia di amici.
Bakanov è diventato il capo dei Servizi Segreti dell’Ucraina, mentre Serhiy Shefir è stato battezzato primo assistente dell’allora neopresidente.

Il nesso tra Zelenskyy e l’oligarca Kolomoyskyi.
E qui la trama della sitcom afferente alla vita reale si infittisce.
Nel periodo precedente alla sua elezione avvenuta il 20 maggio 2019, la società d’intrattenimento fondata da Zelenskyy ha registrato un anomalo flusso di finanziamenti gestiti attraverso società off-shore. Secondo quanto emerso dai Pandora Papers (PP), la più grande inchiesta giornalistica della storia, pubblicata la prima volta a ottobre 2021 dal Consorzio Internazionale dei Giornalisti Investigativi (ICJI), il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy e la sua cerchia sarebbero coinvolti in transazioni milionarie tramite società stabilite in paradisi fiscali.
Attraverso Kvartal 95, l’ex comico avrebbe ricevuto un conferimento di capitale da oltre 40 milioni di dollari, messo in collegamento con l’oligarca Igor Kolomoyskyi.

Chi è Igor Kolomoyskyi?
Sin dalle sue prime apparizioni politiche, Zelenskyy è stato accusato dall’opposizione politica di legami dubbi con Kolomoyskyi. Il miliardario è stato uno dei maggiori sponsor delle produzioni televisive di Zelenskyy, trasmettendo i contenuti del comico sui suoi canali televisivi (1+1 Media Group).
Durante la campagna elettorale, l’opposizione ha accusato Zelenskyy di aver ricevuto, tra il 2012 e il 2016, 41 milioni di dollari da Kolomoyskyi che sarebbero direttamente confluite attraverso le società off-shore dell’attuale presidente.
Le transazioni sarebbero avvenute quando Igor Kolomoisky era ancora proprietario di PrivatBank, la più importante banca in Ucraina.

Pensare che a marzo del 2021, l’amministrazione Joe Biden ha deciso di imporre sanzioni a Igor Kolomoisky.
Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha accusato il cinquantanovenne di spostare centinaia di milioni di dollari ottenuti da finanziamenti fraudolenti attraverso PrivatBank, di cui era comproprietario, incanalandoli in un sistema di scatole cinesi.
Il segretario di Stato statunintense Antony Blinken aveva dichiarato che Kolomoisky aveva “calpestato lo stato di diritto” e sfruttato la sua posizione per “i suoi interessi personali”.
Oggi Blinken annuncia invece il pieno supporto morale e bellico al pupillo di Kolomoisky, appunto Volodymyr Zelenskyy.

L’origine dei gruppi paramilitari neonazisti in Ucraina.

Inoltre, Igor Kolomoisky è stato uno dei principali finanziatori di alcuni dei gruppi paramilitari di estrema destra che hanno rovesciato il governo di Janukovich in seguito alle movimentazioni violente filoccidentali conosciute come Euromaidan.
In molti casi si tratta appunto di battaglioni privati che ottengono finanziamenti da oligarchi.
Ovvero, unità militari accusate di crimini di guerra da parte di Amnesty International, ma anche dalle Nazioni Unite.
Secondo quanto riportato da Reuters, i Battaglioni Azov e Aidar, sono stati fondati in parte anche grazie all’aiuto dell’oligarca di origine ebraica.
Un ebreo che sponsorizza gruppi militari neonazisti sembrerebbe un’assurdità, se non si trattasse della vita reale.

Le società offshore connesse a Zelenskyy.
Secondo quanto emerso dai PP, due società offshore appartenenti ai soci di Zelenskyy sarebbero state utilizzate per acquistare tre proprietà di lusso nel pieno centro di Londra. Prima di diventare presidente, Zelenskyy ha dichiarato pubblicamente alcune delle sue proprietà, scordandosi tuttavia alcuni tasselli di non poca importanza.
Oltre a case e macchine, Zelenskyy detiene quote azionarie di tre società off-shore.
Una di queste, Film Heritage, è registrata in Belize.
Dalla documentazione spicca che Film Heritage detiene il 25% delle quote societarie di Davegra, azienda con sede a Cipro.

A sua volta, Davegra possiede Maltex Multicapital Corp, società registrata nel paradiso fiscale delle Isole Vergini Britanniche.
Zelenskyy e i fratelli Shefir detenevano ciascuno il 25% delle quote societarie.
In un documento diffuso da ICIJ, emerge che il 13 marzo 2019, a sole due settimane dalla prima tornata elettorale, Volodymyr Zelenskyy ha ceduto il suo quarto di azioni al suo braccio destro Serhiy Shefir.

Circa sei settimane dopo la vittoria di Zelenskyy, l’avvocato di Kvartal 95 ha siglato un ulteriore documento. Si legge che Maltex avrebbe continuato a pagare i dividendi alla società di Zelenskyy, la Film Heritage, nonostante quest’ultima non possedesse più alcuna azione della società. Dal 2019, unica proprietaria di Film Heritage è Olena, moglie di Zelenskyy. Alla luce di questi fatti resta da chiedersi se il presidente ucraino sia davvero l’eroe che i mass media occidentali stanno rappresentando.

https://www.facebook.com/photo/?fbid=10216893674492419&set=a.10202875064195923

giovedì 19 novembre 2020

Open, l’amico di Bisignani e la donazione saltata di Pirelli. - Antonio Massari e Valeria Pacelli

 

Firenze - L’inchiesta dei pm.

Oggi è il capo delle relazioni istituzionali della società pubblica Leonardo, quotata in borsa e controllata dal ministero dell’economia nell’era del Governo giallorosa. Nel 2014 invece Filippo Maria Grasso cercava di portare contatti e contributi alla Fondazione Open legata al neo-premier Matteo Renzi. Quattro anni prima metteva in contatto l’allora ministro del Governo Berlusconi Stefania Prestigiacomo con Luigi Bisignani che aveva già patteggiato 2 anni e sei mesi per la tangente Enimont del 1992. Insomma Grasso è davvero un uomo per tutte le stagioni perfetto per andare d’accordo con i renziani, al governo allora come ora.

Nel 2014, quando dialoga con Alberto Bianchi, allora presidente della Fondazione Open, Grasso era direttore degli affari istituzionali del gruppo Pirelli. Lo scambio di mail tra i due è finito agli atti dell’inchiesta della procura di Firenze sulla Fondazione nella quale sono iscritti per concorso in finanziamento illecito, oltre che Bianchi, l’ex premier Matteo Renzi e gli ex ministri Luca Lotti e Maria Elena Boschi. Mentre in un altro filone l’imprenditore Patrizio Donnini è indagato per autoriciclaggio e appropriazione indebita e lo stesso Bianchi per traffico di influenze. Grasso è completamente estraneo all’indagine fiorentina ma è interessante leggere quelle mail perché raccontano bene come i lobbisti si adattino al mutare della scena politica.

Grasso si impegna per fare ottenere alla Open un contributo (non effettuato) dalla Pirelli. Inoltre si muove per far inserire nell’albo dei fornitori della Pirelli la società Dot Media, di cui è socio al 20 per cento Alessandro Conticini, fratello di Andrea Conticini, cognato di Matteo Renzi.

La prima mail segnalata dalla Guardia di Finanza è del 27 febbraio 2014, 5 giorni dopo il giuramento del Governo Renzi. Bianchi invia a Grasso “una veloce presentazione della Dotmedia, in caso Pirelli fosse interessata ad inserirla tra i suoi fornitori.” Lo stesso giorno Grasso “in merito alla ‘presentazione Dotmedia’, comunica a Bianchi che può ‘anticipare a questo signore’ che sarebbe stato chiamato a breve dai suoi collaboratori per approfondire l’opportunità di essere inserito nel loro albo fornitori”.

Il 3 marzo 2014 Bianchi scrive a Grasso: “Caro Filippo, facendo seguito ai colloqui intercorsi, ti confermo l’interesse della Fondazione Open a ricevere un contributo da Pirelli s.p.a., per le proprie finalità statutarie, in modalità riconducibili alla sponsorizzazione di eventi, o mediante versamento sul c/c della Fondazione, secondo quanto potremo concordare”. Alla fine però non si concretizza nulla. Al Fatto, che ha chiesto se abbia mai finanziato Open o pagato Dot Media o altre società legate a Donnini, Pirelli risponde che dalle verifiche effettuate emerge solo “un rapporto intercorso con la società Dot Media nel 2016 per la realizzazione di un progetto di digital marketing, affidato a esito di processo di gara, per un importo complessivo al netto di Iva pari a 29.500 euro”.

Il nome di Filippo Maria Grasso (mai indagato) emerse nel 2010 nell’indagine della procura di Napoli su Luigi Bisinani e la cosiddetta P4. Intercettando Bisignani i pm scoprirono i rapporti confidenziali di Grasso con l’amico Luigi. I due organizzavano pranzi e cene anche con Stefania Prestigiacomo e la sua ex assistente (entrambe estranee all’inchiesta). Proprio Grasso mette in contatto Bisignani (mentre è intercettata la telefonata) nel maggio del 2010 con l’allora ministra dell’ambiente che voleva consigli. In un altro processo celebre, quello sulle presunte intercettazioni abusive in Telecom, Grasso (mai indagato) è stato convocato come persona informata sui fatti. Nell’indagine su Giuliano Tavaroli disse “di avere avuto presentato Marco Mancini (007 ora al Dis, ndr) da Tavaroli (ex responsabile sicurezza di Telecom Italia, ndr), il quale glielo aveva presentato come suo grande amico”.

Manager navigato con esperienze in Cina, Grasso è stato scelto a luglio per tenere i rapporti con le istituzioni e lavora sotto il presidente di Leonardo, Luciano Carta, che era a capo dell’AISE. Nelle mail tra Bianchi e Grasso si parla anche di Enel. Il responsabile relazioni istituzionali della società pubblica allora era Gianluca Comin ma è Grasso a proporsi: “Grasso – è scritto negli atti – fa presente a Bianchi che ‘Comin di Enel’ sarebbe interessato ad avere contatti con la Fondazione e gli chiede se lo vuole incontrare”.

Bianchi declina l’invito di Grasso “precisando che al momento non vuole incontrare ‘Comin’ per ragioni di opportunità”. Forse perché due mesi dopo, ad aprile 2014, l’allora presidente della Open sarà nominato nel cda di Enel.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/19/open-lamico-di-bisignani-e-la-donazione-saltata-di-pirelli/6008662/

venerdì 27 marzo 2020

La Nuova Governance Mondiale del OMS (di Ilaria Bifarini)



Per la prima volta nella storia della globalizzazione, tutti i Paesi, persino la recalcitrante Inghilterra fresca di Brexit e gli Stati Uniti patria della fervente economia di mercato, dove gli affari e i consumi non si fermano mai, sono in lockdown. L’economia mondiale è ferma, in quarantena, crollano i consumi, le produzioni e l’intera popolazione mondiale, fatta eccezione per alcuni Paesi del Terzo Mondo (e la Russia) che sembrano per ora i meno colpiti, ha abdicato al proprio stile di vita e ai diritti democratici, accettando uno stato d’eccezione con massicce restrizioni. Per la prima volta vige una condivisione di regole comuni su scala planetaria: un nuovo ordine si è sostituito al caos del globalismo, basato sulla libera circolazione delle merci e delle persone, a guida OMC, FMI e Banca Mondiale. A garantire questa nuova governance, per ora provvisoria e legata a uno stato di emergenza sanitaria, è un altro attore sovranazionale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Al governo liberista e liberale delle istituzioni economiche internazionali si è sostituito quello per definizione non democratico degli scienziati: “la scienza non è democratica”, ci è stato già detto più volte. Ci sarebbe da eccepire che per scienza si intende conoscenza, saggezza, termini che ci riportano a un concetto socratico del sapere, motivo per il quale anche tra gli stessi virologi esistono diverse correnti, non sempre concordi. Ma per adesso evitiamo polemiche in ambiti dove non è opportuno dubitare e affidiamoci al mainstrem scientifico, in un momento così doloroso per il nostro Paese, che sta registrando il maggior numero di decessi per coronavirus, secondo sola alla Cina.
Gettiamo però un po’ di luce su questo attore sovranazionale, che con le sue raccomandazioni guida le nostre vite e le nostre economie e continuerà a farlo finché questo virus non ci darà tregua.

OMS: Costituzione e finanziamenti.

L’OMS è un’agenzia speciale dell’ONU per la salute con sede a Ginevra, entrata in vigore il 7 aprile 1948, governata da 194 stati membri attraverso l’Assemblea mondiale della sanità, convocata annualmente in sessioni ordinarie e composta da rappresentanti dell’amministrazione sanitaria di ciascun paese.
Nella sua Costituzione quale obiettivo primario è indicato quello della sanità, intesa come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, (che) non consiste solo in un’assenza di malattia o d’infermità”.
“Per raggiungere il più alto grado di sanità è indispensabile rendere accessibili a tutti i popoli le cognizioni acquistate dalle scienze mediche, psicologiche ed affini. Un’opinione pubblica illuminata ed una cooperazione attiva del pubblico sono d’importanza capitale per il miglioramento della sanità dei popoli.”
A fronte di finalità di così vasta portata, il budget dell’organizzazione di Ginevra è piuttosto contenuto (circa 4 miliardi di dollari) e, mentre inizialmente proveniva prevalentemente dagli Stati, negli ultimi decenni la tendenza si è modificata: ben l’87% attualmente deriva da donatori privati. L’80% dei fondi donati sono “earmarked”, cioè vincolati a finanziare programmi specifici, decisi dai donatori stessi, aspetto che ha destato non poche perplessità sulle scelte dell’organizzazione. Il direttore dell’Istituto di Sanità globale di Ginevra, Antonie Flahault, a seguito della donazione di circa 900 milioni da parte della Fondazione dei coniugi Gates nel biennio 2016-2017, lamentava come l’OMS fosse “costretta a tenere conto di quello che Gates ritiene prioritario”, cioè la lotta alla poliomielite, cui furono impegnati più fondi che alla prevenzione dell’HIV, quarta causa di morte nel Terzo Mondo.
La Fondazione dei Gates risulta a oggi il primo donatore privato dell’OMS e nell’ottobre scorso è stata partner del Johns Hopkins Center for Health Security nella simulazione di una pandemia coronavirus, chiamata “nCoV-2019”. Attualmente ha donato 100 milioni di dollari per sconfiggere il Covid_19.
Questo non dimostra assolutamente che esista un complotto ai fini speculativi ordito dal mefistofelico Gates, che probabilmente di aumentare la propria ricchezza non ha un gran bisogno, ma getta sicuramente molte perplessità sul suo ruolo predominante in materia di sanità mondiale.
A proposito, in una sua recente intervista ha invitato tutti a essere tranquilli e ad attenersi al lockdown e all’isolamento sociale ancora “soltanto” per 10 settimane, e ha lanciato frecciate velenose alle intenzioni di Trump di voler impedire la paralisi economica americana.
E’ ragionevole credere che la sua previsione si avvererà. Del resto, si era già rivelato un veggente!

mercoledì 18 marzo 2020

Berlusconi: in 20 anni, 784 milioni di rimborsi e finanziamenti elettorali - Primo Di Nicola, Francesco Giurato e Antonio Pitoni

Berlusconi: in 20 anni, 784 milioni di rimborsi e finanziamenti elettorali

Praticamente 110 mila euro al giorno. Ecco quanto l'ex Cavaliere ha incassato dalla sua discesa in campo. Attraverso Forza Italia e il Popolo della Libertà. Utilizzando le diverse leggi che hanno reintrodotto i contributi pubblici alla politica. Aboliti dagli italiani con il referendum del 1993. (art. di aprile 2015)
Una montagna di soldi. Quasi 800 milioni di euro in vent’anni. E’ la cifra che l’ex premier Silvio Berlusconi, oggi decaduto e ineleggibile in Parlamento dopo una condanna definitiva per frode fiscale, è riuscito ad incassare dallo Stato con finanziamenti e rimborsi elettorali. Dalla sua discesa in campo nel 1994, attraverso Forza Italia (Fi) e il Popolo della libertà (Pdl), nato nel 2007. Per la precisione, come risulta dai bilanci delle forze politiche che ilfattoquotidiano.it ha consultato, 784 milioni 182 mila 330 euro, l’equivalente di 1.518 miliardi 388 milioni 720 mila 109 lire. Una paghetta, per  lui, di circa 110 mila euro al giorno. Nonostante nel 1993, appena un anno prima del debutto azzurro, sulla scia degli scandali di Tangentopoli, gli italiani avessero decretato con un referendum plebiscitario l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti.
FONDO MILIONARIO Con le politiche del 1994, segnate dal successo del Cavaliere contro “la gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto, oltre che di consensi, Fi fa subito incetta anche di miliardi. Grazie ad un blitz parlamentare che, a pochi mesi dal risultato referendario, come per magia, introduce il «contributo per le spese elettorali» ripristinando di fatto il finanziamento pubblico appena abrogato dal 90,3% degli elettori italiani. Lo stratagemma adottato è quello della costituzione del fondo per le spese elettorali: una torta da 90 miliardi 845 milioni di lire (46,9 milioni di euro) da dividere tra i partiti in base ai voti ottenuti. L’equivalente di 1.600 lire per ogni cittadino italiano, che consente a Forza Italia di incassare 33,7 miliardi del vecchio conio (17,4 milioni di euro). Un sistema che resterà in vigore fino al 1997, giusto il tempo di versare nel salvadanaio azzurro altri 12,9 miliardi di lire (6,6 milioni di euro) nel 1995, anno delle amministrative, e consolare il Cavaliere con 20,3 miliardi (10,5 milioni di euro) per la sconfitta rimediata dall’Ulivo di Romano Prodi alle politiche del 1996. Passa un anno e gli italiani sono chiamati ancora al voto per una nuova tornata amministrativa. Mentre gli alchimisti parlamentari si rimettono al lavoro per ritoccare di nuovo il sistema di calcolo dei contributi elettorali. Con una legge in vigore dal 2 gennaio 1997 che introduce «la contribuzione volontaria ai movimenti o partiti politici». In pratica i contribuenti possono destinare il 4 per mille dell’imposta sul reddito al finanziamento di partiti e movimenti politici (ma senza scegliere il partito), per un totale massimo di 110 miliardi di lire (56,8 milioni di euro). Inoltre, per il solo 1997, una norma transitoria ingrossa ancora di più la torta fissando a 160 miliardi di lire (82,6 milioni di euro) il tesoretto del fondo per l’anno in corso. E così, anche l’assegno di Forza Italia diventa più ricco: 30 miliardi di lire (15,5 milioni di euro). Prima che, per effetto del nuovo regime, si riduca a 20,8 miliardi di lire (10,7 milioni di euro) nel 1998.
INCASSI RECORD Per i partiti è un campanello d’allarme: solo una minima parte dei contribuenti ha aderito alla contribuzione volontaria. Così, mentre si marcia al ritmo di un’elezione l’anno, nel 1999, con il voto per il rinnovo del Parlamento europeo in calendario, il Parlamento dispone l’ennesima modifica alla disciplina dei contributi pubblici. E al sistema del 4 per mille subentrano i rimborsi elettorali. Una formula dietro la quale si nasconde il totale ripristino del finanziamento pubblico dal momento che l’entità dei rimborsi è del tutto sganciata dalle spese effettivamente sostenute per la campagna elettorale. Si ritorna, infatti, ad un contributo fisso di 4.000 lire per abitante che fa lievitare a quasi 200 miliardi il fondo per le spese elettorali messo a disposizione dallo Stato. Non solo. La riforma prevede cinque diversi fondi ai quali i partiti potranno attingere: per le elezioni alla Camera, del Senato, del Parlamento Europeo, dei Consigli regionali, e per i referendum. Insomma, piovono soldi per ogni tornata. Con un paletto: i rimborsi vengono pagati in cinque rate annuali in caso di legislatura politica completa, mentre l’erogazione è interrotta in caso di fine anticipata della legislatura. Il nuovo sistema entrerà in vigore a partire dalle politiche del 2001. Intanto, nel 1999, oltre alla vittoria delle Europee con il 25,16% dei voti, Forza Italia festeggia anche il mega assegno da 43,9 miliardi di lire (22,6 milioni di euro) incassato dallo Stato. Cifra leggermente inferiore rispetto ai 44,8 miliardi (23,1 milioni di euro) intascati nel 2000, quando gli italiani sono chiamati di nuovo alle urne per il rinnovo dei consigli regionali. E siamo al 2001. Va in scena l’election day: politiche e amministrative accorpate in un unico scrutinio. Forza Italia torna al governo del Paese e incassa il rimborso record nell’ultimo anno della lira: 124,8 miliardi (64,4 milioni di euro).
PIOGGIA DI DENARO Dal 2002 arriva l’euro. E mentre gli italiani fanno i conti con gli indiscriminati aumenti dei prezzi, trascinati al rialzo dall’innaturale equivalenza “mille lire uguale un euro”, anche in Parlamento si mettono al passo con i tempi. E le vecchie 4.000 lire di contributo vengono arrotondate a 5 euroun euro per ogni voto ottenuto moltiplicato per ogni anno di legislatura, da corrispondere in 5 rate annuali. Insomma, con il passaggio alla moneta unica europea, l’ammontare complessivo da erogare a favore dei partiti nell’arco di una singola legislatura più che raddoppia passando da 193,7 a 468,8 milioni di euro (907,8 miliardi di vecchie lire). E mentre cambia la valuta, non cambia invece la frequenza delle elezioni. Stavolta si vota per le amministrative e per Forza Italia l’ingresso nella moneta unica si dimostra subito un ottimo affare: poco più di 80 milioni di rimborsi elettorali. I contributi dello Stato per il 2003, invece, sono poca cosa: nel conto economico di quell’anno figurano appena 1,2 milioni di euro, rimborsati per le elezioni regionali del Friuli Venezia Giulia. Ma già l’anno successivo, con il rinnovo del Parlamento europeo, Forza Italia torna ad incassare un assegno di oltre 55 milioni di euro. E dopo i 40,7 milioni maturati nel 2005, anno delle elezioni regionali, gli azzurri fanno il botto nel 2006 con il primo assegno a sei cifre dell’era euro da 134,2 milioni. Tutto sommato una consolazione niente male per la seconda sconfitta subita da Berlusconi alle politiche per mano di Prodi dopo quella del 1996. Una pioggia di denaro pubblico frutto dell’ulteriore intervento legislativo sulla disciplina dei rimborsi elettorali, partorito da un decreto voluto proprio dal governo Berlusconi: si stabilisce che l’erogazione dei rimborsi elettorali è dovuta per tutti i 5 anni di legislatura, anche in caso di scioglimento anticipato delle Camere. In pratica, se la legislatura dura un solo anno, i partiti percepiscono i ratei annuali anche per il successivo quadriennio. Il risultato è che, a partire dal 2008, i partiti iniziano a percepire un doppio rimborso, incassando contemporaneamente i ratei annuali della XV e della XVI legislatura. Un meccanismo perverso, noto come «proroga regalo», che inaugura una vera e propria cuccagna per i partiti interrotta solo nel 2010 da un altro decreto emanato sempre dall’esecutivo dell’ex Cavaliere. Nel 2007, intanto, si vota solo nel piccolo Molise e Forza Italia deve accontentarsi di iscrivere a bilancio appena 329 mila euro.
PREDELLINO D’ORO Il 2008, invece, è l’anno dei grandi cambiamenti. E di nuovi record. Il 18 novembre 2007 Berlusconi sale sul predellino a Piazza San Babila, archivia Forza Italia riunendo nel Popolo della libertà (Pdl) anche Alleanza nazionale e torna al governo dopo la caduta di Prodi. L’ultimo bilancio della prima vita del partito azzurro annota il picco massimo mai registrato nei 15 anni di vita di Fi: 154,8 milioni di euro ai quali si aggiungono anche i primi 2,2 milioni incassati proprio dal Pdl nell’anno della transizione dal vecchio al nuovo soggetto politico. Nel 2009 si torna a votare per le Europee: il Popolo della libertà vince le elezioni, spedisce a Bruxelles 29 deputati e incassa 20,5 milioni di euro. Nel 2010, mentre nelle casse del partito del predellino piovono altri 32,7 milioni di euro, inizia la lenta frenata dei contributi statali. L’anno successivo, oltre all’interruzione del meccanismo della «proroga regalo» in caso di fine anticipata della legislatura, arriva anche una prima sforbiciata al fondo statale per le spese elettorali. Ma in attesa degli effetti dei tagli, il Pdl mette all’incasso un altro assegno da 31,5 milioni di euro. La mannaia definitiva si abbatte sui contributi pubblici nel 2012 con il governo guidato da Mario Monti: riduzione del fondo del 50%. A completare l’opera ci penserà poi il suo successore, Enrico Letta, fissando al 2017 l’ultimo anno di erogazione dei rimborsi elettorali prima della definitiva scomparsa. E, aspettando la fine del count down, nel 2012 il Pdl incamera altri 35,9 milioni.
GRANDE RITORNO L’anno successivo, proprio nei mesi del “sofferto” sostegno al governo Letta, Berlusconi rompe ancora una volta il giocattolo, rottama il Pdl e tiene di nuovo a battesimo Forza Italia. Ma è ancora il Popolo della libertà ad intascare i 22,9 milioni di rimborsi elettorali rendicontati nel 2013. Nel triennio successivo, invece, dovrà accontentarsi delle ultime briciole di quella enorme fetta da quasi 800 milioni servita finora al partito di Berlusconi e finanziata dai contribuenti. 
FINANZIAMENTI E RIMBORSI ELETTORALI (1994-2013)
FORZA ITALIA
1994 € 17.428.001 (33.745.315.824 lire)
1995 € 6.666.358 (12.907.870.166 lire)
1996 € 10.509.770 (20.349.753.260 lire)
1997 € 15.534.176 (30.078.359.313 lire)
1998 € 10.775.449 (20.864.179.364 lire)
1999 € 22.694.348 (43.942.386.295 lire)
2000 € 23.149.601 (44.823.878.626 lire)
2001 € 64.453.767 (124.799.896.937 lire)
2002 € 80.098.963
2003 € 1.223.015,00
2004 € 55.457.715
2005 € 40.739.742
2006 € 134.260.442
2007 € 329.341
2008 € 154.889.210
POPOLO DELLA LIBERTA’
2008 € 2.263.097
2009 € 20.504.343
2010 € 32.737.794
2011 € 31.552.146
2012 € 35.980.084
2013 € 22.934.968
TOTALE € 784.182.330

lunedì 2 dicembre 2019

La “belle époque” del renzismo. - Alessandro Da Rold e Simone Di Meo (La Verità)



La belle époque del renzismo, tra il 2014 e il 2016, aveva contagiato davvero un po’ tutti. Capitani d’ industria, professionisti, manager e stakeholder (formula inglese che copre il nostro brutale «portatore d’ interessi») che videro nel sindaco di Firenze il nuovo corso del centrosinistra in Italia. E, con la partecipazione, arrivarono anche i finanziamenti. Proporzionali alla caratura del donante e alla sua fiducia in Matteo. In totale, la fondazione Open – finita sotto inchiesta a Firenze con il suo ex presidente, Alberto Bianchi, accusato di traffico di influenze illecite e finanziamento illecito ai partiti – ha raccolto complessivamente oltre 6,7 milioni di euro.

LA RAI.
Molti sostenitori di Open sono stati poi nominati in aziende pubbliche o hanno ottenuto incarichi in orbita governativa, quando a Palazzo Chigi c’ erano Matteo Renzi o il suo successore. Uno dei più famosi è Antonio Campo Dall’ Orto (contributo di appena 250 euro) che nel 2014 diventa prima consigliere d’ amministrazione di Poste e poi direttore generale della Rai.

 Del 2014 è anche la nomina, nel board di Leonardo Finmeccanica, del manager Fabrizio Landi (10.000 euro). Nella lista dei sostenitori troviamo pure il giornalista Erasmo D’ Angelis (6.400 euro), designato alla direzione generale della struttura di missione contro il dissesto idrogeologico di Palazzo Chigi dal 2014 al 2015 e successivamente (2017, Gentiloni premier) segretario generale dell’ autorità di distretto idrografico dell’ Italia centrale. Fra il 2015 e il 2016 è andato a fare il direttore dell’ Unità.

A Palazzo Chigi ha lavorato anche Vincenzo Manes (62.000 euro). È stato «consigliere del presidente del Consiglio Renzi per il terzo settore e lo sviluppo dell’ economia sociale» («pro bono», specifica).

A quota 30.400 euro (la metà circa di quanto versato da Manes) troviamo un volto noto: quello di Alberto Bianchi, l’ avvocato amministrativista di Firenze che nel 2014 diventa consigliere di amministrazione di Enel, oggi indagato e perquisito due volte dalla Finanza su ordine dei pm che sospettano che la Open abbia operato come «articolazione di partito», nascondendo rapporti opachi tra politica e affari. A pari merito l’ imprenditore calzaturiero Gabriele Beni (25.000 euro a titolo personale più 5.000 euro con la sua società Calzaturificio Gabriele) che, nell’ ottobre 2014, è stato nominato prima consigliere e poi vicepresidente in carica di Ismea, Spa controllata dal ministero dell’ Agricoltura.

La lista del 2014 riserva ancora qualche spunto. Jacopo Mazzei (8.000 euro) è nel cda di Toscana Aeroporti, di cui è presidente un big renziano come Marco Carrai, indagato nell’ inchiesta Open per finanziamento illecito. Il 5% delle azioni della società appartiene alla Regione Toscana. Gabriele De Giorgi (1.050 euro versati nel 2014), figlio dell’ ex capo di Stato maggiore della Marina militare Giuseppe, è stato assistente del sottosegretario Domenico Manzione.

Fuori quota ci imbattiamo, invece, in Marco Seracini: commercialista di Renzi e ideatore della fondazione Noi link (antesignana della Open), diventato nel 2014 sindaco revisore di Eni. Diverso il discorso per Federico Lovadina, fondatore con Francesco Bonifazi dello studio Bl (Bonifazi e Lovadina) di cui è socio anche Emanuele Boschi, fratello di Maria Elena. Risultano finanziamenti di Bonifazi (sotto inchiesta per finanziamento illecito alla fondazione Eyu, di cui era presidente) a Open per 12.800 euro, e di Emanuele Boschi a Eyu nel 2017 per 40.000 euro.

Lovadina entra nel 2014 nel cda di Trenitalia, poi in Prelios, e ora è in Sia, controllata Cdp. Infine ci sono i maxi-finanziamenti dell’ ex Pd (oggi Italia viva) Gianfranco Librandi , che tra il febbraio 2017 e il giugno 2018 ha versato ad Open circa 800.000 euro, e della famiglia Maestrelli (300.000 euro), la stessa che nel 2018 ha prestato a Renzi 700.000 euro per l’ acquisto della supervilla di Firenze.

Ma oltre ai singoli finanziatori ci sono anche diverse aziende private che spesso lavorano o hanno avuto a che fare con il settore pubblico. A parte l’ immobiliarista Luca Parnasi, anche lui sotto inchiesta per il finanziamento a Eyu, c’ è il caso dei fratelli Orsero, tra i leader mondiali nella produzione e distribuzione di frutta.

Nelle casse di Open, prima Big Bang, il marchio di Albenga ha versato 20.000 euro nel 2013, in uscita dalla controllata Blue meer, e poi altri 50.000 nel 2014 dalla cassaforte Gf group. In quegli anni il gruppo è in difficoltà economiche. Proprio nel 2014 l’ autorità portuale di Savona, con Renzi premier e Delrio ministro delle Infrastrutture, rileverà con 24 milioni di fondi pubblici il 64% delle quote dell’ interporto di Vado (Vio), di proprietà degli Orsero.

MOBILI DI LUSSO.
Altro finanziatore è stata la Uno spa, azienda produttrice di mobili di lusso che ha stanziato 50.000 euro nel 2014 per gli esponenti del Giglio magico. Nel 2015 la Uno sarà celebrata sui quotidiani per una commessa a Dubai da 4 milioni di euro e un accordo con Fincantieri per gli arredi delle navi. C’ è poi il caso della Sinelec (25.000 euro nel 2014), azienda tecnologica del gruppo Astm group, secondo gestore al mondo di reti autostradali a pedaggio in concessione.

Nel cda della controllante siede – oltre ai fratelli Gavio, già finanziatori di Renzi – Arabella Caporello, ex direttore generale del Comune di Milano (giunta di Giuseppe Sala) e fondatrice del renzianissimo circolo della Pallacorda nel capoluogo lombardo. A finanziare negli ultimi anni la fondazione Open c’ è stata anche la Intesa aretina scarl (15.000 euro), consorzio che raduna i soci privati di Nuove acque, società a partecipazione pubblica che si occupa del servizio idrico in diversi Comuni toscani: tra i soci privati ci sono Suez Italia, Acea, Mps, Ubi banca e in passato anche Banca Etruria. Anche due aziende che hanno lavorato in Expo 2015 hanno versato soldi.

La Nacost navarra costruzioni del gruppo Navarra (30.000 euro tra il 2016 e il 2017), si occupò del Padiglione Italia e ora è ancora impegnata nel dopo Expo. E la Sicuritalia group service, con altri 30.000 euro sempre tra il 2016 e il 2017: durante l’ esposizione universale vinse con altre aziende il bando per la gestione della sicurezza.

Infine, a lato degli intrecci italiani, una curiosità internazionale. In Fondazione Eyu compare un bonifico da 87.000 euro di The tides foundation, collegata alla Open society di George Soros, tra i finanziatori di Greta Thunberg, la giovane che si batte per l’ ambiente. Forse l’ unica non renziana dell’ articolo.

https://infosannio.wordpress.com/2019/12/01/la-belle-epoque-del-renzismo/?fbclid=IwAR3EsIRQjIQMY6xagh2cXRCUwTzSbXYMEgRz_UxwIJNAQe86mawHI5-2xTw#jp-carousel-352321

giovedì 28 novembre 2019

“Governo Renzi lo nomina in Cassa depositi e prestiti, lui presta a Matteo Renzi 700mila euro usati per comprare la villa a Firenze”.

“Governo Renzi lo nomina in Cassa depositi e prestiti, lui presta a Matteo Renzi 700mila euro usati per comprare la villa a Firenze”

A rivelarlo è l'Espresso che mette in luce alcune anomalie emerse nell'indagine della procura di Firenze sui finanziamenti alla fondazione. Il "prestito", così era la causale del bonifico, è stato fatto a giugno 2018 tramite la madre anziana dell'imprenditore Riccardo Maestrelli.
Un imprenditore nominato dal governo Renzi in Cassa depositi e prestiti Immobiliare Spa e tra i finanziatori della fondazione Open, secondo quanto rivelato da l’Espresso, ha prestato 700mila euro al senatore Matteo Renzi tramite la madre per comprare la villa sulle colline toscane. L’acquisto per un totale di 1,3 milioni di euro risale a giugno 2018, la nomina nella società pubblica di Riccardo Maestrelli al 2015. Poco dopo la pubblicazione dell’articolo, l’ex premier ha fatto una conferenza stampa da Parma durante la quale ha attaccato i pm dicendo che i loro atti sono “un vulnus per la democrazia”. Poi ha annunciato che denuncerà l’Espresso per “rivelazione di segreto bancario” e ha garantito di aver restituito il prestito nel giro di pochi mesi: “Nel 2018 ho ricevuto un importante ritorno economico dalle mie attività: 830mila euro. Nel 2019 saranno più di un milione, sono i miei proventi. Dovendo effettuare un anticipo bancario ho fatto una scrittura privata con un prestito concesso e restituito nel giro di qualche mese, quattro mesi circa”. Interpellato da l’Espresso prima della pubblicazione del pezzo aveva detto “non commento e non smentisco la notizia”.
Della villa in questione si era già parlato al momento dell’acquisto nell’estate 2018: Renzi venne criticato perché poco prima aveva detto di avere solo 15mila euro sul conto. E in quel caso l’ex premier si difese dicendo che aveva semplicemente iniziato un mutuo. E che, concluso l’acquisto, avrebbe rivelato tutte le informazioni. Di quel passaggio però non si era saputo più niente. Oggi l’Espresso scrive che i coniugi Matteo e Agnese, la casa è intestata a entrambi, hanno acquistato la villa con i soldi arrivati dalla famiglia Maestrelli. Come emerge dalle indagini della procura di Firenze sulla fondazione Open, i due coniugi il 12 giugno 2018 hanno fatto un bonifico con la causale “prestito” dal conto corrente di Anna Piccioni, anziana madre dei fratelli Maestrelli per un totale di 700mila euro. I soldi sul conto corrente dell’anziana in Cassa di Risparmio di Firenze arrivano dalla Pida spa, holding fiorentina fondata dal marito e ora gestita dai tre figli e dalla stessa Anna Picchioni. La causa del bonifico è: “Pagamento in conto acquisto 25 partecipazione Mega srl”. Il giorno dopo viene fatto un bonifico di pari importo da quello stesso conto a un altro aperto dal leader di Italia viva presso il Banco di Napoli. Il 13 giugno i coniugi ritirano i fondi chiedendo 4 assegni per 100mila euro ciascuno che sarebbero serviti per pagare la caparra.
Proprio Riccardo Maestrelli era stato nominato dal governo Renzi il 5 maggio 2015 nel cda di Cassa depositi e prestiti Immobiliare Spa. L’imprenditore, come raccontato dal Fatto Quotidiano nel 2016, è proprietario dell’hotel di Forte dei marmi dove l’ex premier fa le vacanze (e ci ha tenuto più volte a specificarlo, sostiene di pagare nonostante l’amicizia). Maestrelli è noto che abbia finanziato la campagna elettorale per le amministrative a Firenze di Matteo Renzi nel 2013. Scrive sempre il settimanale che il marito della Picchioni e padre dell’imprenditore, Egiziano Maestrelli, stando a quanto ricostruito nell’inchiesta su Open, era tra i principali finanziatori della fondazione. Nel marzo 2017 ha donato 150mila euro. A febbraio 2018, dopo la sua morte, dalle srl controllate dai figli partono tre bonifici per un totale di 150mila euro.