"La Meloni non vede bavagli nel divieto di pubblicare i contenuti dell’ordinanza di arresto..."
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
lunedì 8 gennaio 2024
La Meloni e il bavaglio sull'ordinanza di arresto.
martedì 26 settembre 2023
e stavolta chi lo ha sottoscritto il patto? - Cetty Pillitteri
lunedì 17 aprile 2023
Conferenza relativa alla restrizione sulla libertà di parola. - Giuseppe Salamone
Questa storia è veramente da scrivere a caratteri cubitali, da incorniciare e da appendere dentro ogni parlamento occidentale super democratico per mostrare a tutto il mondo l'idea della "buona democrazia".
Ad un certo punto, alcune persone presenti del pubblico hanno sollevato delle "piccolissime" contraddizioni: hanno chiesto come sia possibile accusare la Russia quando le stelle e strisce perseguitano Julian Assange? Come sia possibile accusare la Russia quando le stelle e strisce hanno mandato all'altro mondo milioni di iracheni? Come sia possibile accusare la Russia quando, probabilmente, le stelle e strisce sono responsabili dell'attentato terroristico ai gasdotti Nord Stream?
Voi penserete che a fronte di queste interrogazioni i relatori abbiano risposto democraticamente. Ahahahahahahahaha!
Invece no, i relatori, sempre molto democratici e questo bisogna sottolinearlo, hanno deciso in "modo democratico" di buttarli fuori.
Per la cronaca, l'evento è stato organizzato da PEN America, una ONG che afferma di promuovere la libertà di espressione. E dal "buono e democratico occidente" oggi è tutto. A voi la linea...
Arrestato Jack Teixeira: è lui la presunta talpa che ha diffuso i documenti riservati Usa. “Atto criminale e deliberato”
Lo hanno trascinato fuori dalla sua abitazione in calzoncini corti e t-shirt, mani incrociate dietro la testa e agenti armati che gli puntavano le armi contro. Come rivela un video diffuso dalla Cnn, è stato arrestato Jack Teixeira, il 21enne aviatore della Guardia Nazionale del Massachusetts identificato come la presunta talpa dei documenti top secret Usa. Il suo nome era stato diffuso dal New York Times nelle scorse ore, ma adesso arriva la conferma che è lui il principale sospettato di essere la talpa dei Pentagon leaks. La diffusione dei documenti classificati è stata definita dal portavoce della Difesa Usa come “un atto criminale deliberato” e le forze di sicurezza hanno perquisito l’abitazione del giovane in cerca di ulteriori elementi o informazioni sensibili.
Jack Teixeira è un 21enne appassionato di armi che lavorava per l’ala dell’intelligence della Massachusetts Air National Guard e che stava cercando di impressionare, con le sue rivelazioni, un gruppo di una chat su Internet. Su Internet si presentava come “OG”. È con quel nickname che ha diffuso corrispondenza online, fotografie e video riservati. Il Washington Post ha anche avuto accesso a un video del giovane in un poligono di tiro con un grosso fucile che “urla una serie di insulti razzisti e antisemiti alla telecamera, poi spara diversi colpi contro un bersaglio”. Il New York Times ha identificato la presunta talpa dei file segreti Usa attraverso il suo profilo sulla piattaforma Discord individuando altri dettagli, come l’interno della sua casa d’infanzia – postata sui social in foto di famiglia – che coincidono con quelli ai margini delle foto dei documenti classificati fatti trapelare.
I documenti trapelati hanno messo a nudo informazioni di altissimo livello, come i segreti sui preparativi di Kiev per una controffensiva primaverile, lo spionaggio degli Stati Uniti su alleati come Ucraina, Corea del Sud e Israele e le tensioni tra Washington e le capitali alleate sull’armamento ucraino. Ci sono prove crescenti che la fuga di notizie non sia stata un’operazione di intelligence finalizzata a screditare gli Stati Uniti, ma più probabilmente una bravata generata dalla politica del Pentagono di concedere autorizzazioni di sicurezza top secret a un numero enorme di membri del servizio, civili e appaltatori. Il numero di persone nell’intero governo degli Stati Uniti con autorizzazione top secret è infatti di circa 1,25 milioni.
OG sembra aver agito su un server da lui creato nel 2020 e controllato sulla piattaforma di messaggistica Discord. Il gruppo aveva diversi nomi, ma il più delle volte era conosciuto come Thug Shaker Central ed era composto da 20-30 persone. A partire dallo scorso anno, si dice che OG abbia pubblicato i documenti su un canale sul server che ha chiamato “Bear vs Pig”, un riferimento alla guerra in Ucraina ma anche un video virale che mostra i maiali che combattono contro un orso nero.
martedì 17 gennaio 2023
Mafia: trovato e perquisito il covo di Matteo Messina Denaro. - Lara Sirignano
I carabinieri del Ros e la procura di Palermo hanno individuato il covo del boss Matteo Messina Denaro, arrestato ieri alla clinica Maddalena di Palermo.
E' a Campobello di Mazara, nel trapanese, paese del favoreggiatore Giovanni Luppino, finito in manette insieme al capomafia.
Il nascondiglio, secondo quanto si apprende, è nel centro abitato. Le ricerche sono state coordinate dal procuratore aggiunto Paolo Guido.
La perquisizione del covo è durata tutta la notte. Ha partecipato personalmente il procuratore aggiunto Paolo Guido che da anni indaga sull'ex latitante di Cosa nostra.
Messina Denaro è sbarcato ieri sera con un volo militare all'aeroporto di Pescara. L'ipotesi più accreditata, come anticipato da La Repubblica e il Centro, è che il boss venga detenuto nel carcere dell'Aquila poiché è una struttura di massima sicurezza, ha già ospitato personaggi di spicco ed anche perché nell'ospedale del capoluogo c'è un buon centro oncologico. Non è escluso che il boss sia stato trattenuto altrove per la notte, o in una caserma o nei vari penitenziari della zona. Secondo quanto si è appreso, autorità ed istituzioni sarebbero state allertate.
Matteo Messina Denaro è stato arrestato ieri dai carabinieri del Ros, dopo 30 anni di latitanza. L'inchiesta che ha portato alla cattura del capomafia di Castelvetrano (Tp) è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dal procuratore aggiunto Paolo Guido. "Mi chiamo Matteo Messina Denaro", dice con fare arrogante al carabiniere del Ros che sta per arrestarlo. Finisce così la latitanza trentennale del padrino di Castelvetrano, finito in manette alle 8.20 mentre stava per iniziare la seduta di chemioterapia alla clinica Maddalena di Palermo, una delle più note della città. Quando si è reso conto d'essere braccato, ha accennato ad allontanarsi.
Non una vera e propria fuga visto che decine di uomini del Ros, armati e col volto coperto, avevano circondato la casa di cura. I pazienti, tenuti fuori dalla struttura per ore, si sono resi conto solo dopo di quanto era accaduto e hanno applaudito i militari ringraziandoli. Stessa scena fuori dalla caserma Dalla Chiesa, sede della Legione, dove nel pomeriggio il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, l'aggiunto Paolo Guido, il generale del Ros Pasquale Angelosanto e il comandante palermitano del Raggruppamento Speciale Lucio Arcidiacono hanno tenuto una conferenza stampa.
LA CONFERENZA STAMPA DEI CARABINIERI
Una piccola folla ha atteso i pm e mostrato uno striscione con scritto: "Capaci non dimentica". In mattinata in Procura era arrivata la premier Giorgia Meloni che ha voluto incontrare i magistrati per congratularsi con loro. "Siamo orgogliosi di un risultato costato tanta fatica", dicono i pm che sottolineano come si sia trattato di una indagine tradizionale. Nessun pentito, nessun anonimo. Messina Denaro è stato preso grazie alla stessa strategia che portò all'arresto del boss Bernardo Provenzano. Prosciugare l'acqua attorno al latitante, disarticolando la rete dei favoreggiatori. Favoreggiatori anche eccellenti: "una fetta della borghesia lo ha aiutato", dice il procuratore de Lucia. E' accaduto questo. E i familiari del boss stretti dalla morsa degli investigatori alla fine hanno fatto l'errore fatale.
Parlando tra loro, pur sapendo di essere intercettati, hanno fatto cenno alle malattie del capomafia. L'inchiesta è partita da lì. E indagando sui dati della piattaforma del ministero della Salute che conserva le informazioni sui pazienti oncologici, si è riusciti a stilare una lista di pazienti sospettati. Un nome ha fatto saltare sulla sedia gli inquirenti: Andrea Bonafede, parente di un antico favoreggiatore del boss. Avrebbe un anno fa subito un intervento al fegato alla Maddalena. Ma nel giorno in cui doveva trovarsi sotto ai ferri, hanno scoperto i magistrati, Bonafede era a casa sua a Campobello di Mazara. E allora il sospetto che il latitante usasse l'identità di un altro si è fatto forte. La prenotazione di una seduta di chemioterapia a nome di Bonafede ha fatto scattare il blitz.
Messina Denaro, trasferito subito in una località segreta, sarà destinato ad un carcere di massima sicurezza, un istituto che gli possa permettere di seguire le sue cure, come ad esempio Parma, dove già furono reclusi Riina e Provenzano: la premier parla di regime di "carcere duro" e il procuratore de Lucia scandisce che le condizioni del boss "sono compatibili col carcere". Ma le indagini non si sono fermate con l'arresto. Perquisizioni sono in corso da ore nel trapanese: Castelvetrano e Campobello di Mazara vengono setacciate palmo a palmo. Gli inquirenti cercano e sarebbero ad un passo dal covo. Quel nascondiglio che avrebbe ospitato il boss negli ultimi mesi e potrebbe custodire i segreti dell'ex primula rossa di Cosa nostra che, dicono i pentiti, avrebbe conservato il contenuto della cassaforte di Totò Riina portata via dalla casa di via Bernini, mai perquisita. Decine le dichiarazioni di politici di tutti gli schieramenti dopo l'arresto. "Oggi è una giornata storica - ha detto il procuratore de Lucia - che dedichiamo a tutte le vittime della mafia". Parole simili a quelle pronunciate dalla premier che ha aggiunto: "mi piace immaginare che il 16 gennaio possa essere il giorno nel quale viene celebrato il lavoro degli uomini e delle donne che hanno portato avanti la guerra contro la mafia. Ed è una proposta che farò".
COME SI E' ARRIVATI ALL'ARRESTO. "Matteo Messina Denaro è stato catturato grazie al metodo Dalla Chiesa, cioè la raccolta di tantissimi dati informativi dei tanti reparti dei carabinieri, sulla strada, attraverso intercettazioni telefoniche, banche dati dello Stato, delle regioni amministrative", ha detto il comandante dei carabinieri Teo Luzi, arrivato a Palermo. "Una grande soddisfazione perché è un risultato straordinario. Messina Denaro era un personaggio di primissimo piano operativo, ma anche da un punto di vista simbolico perché è stato uno dei grandi protagonisti dell'attacco allo Stato con le stragi. Risultato reso possibile dalla determinazione e dal metodo utilizzato. Determinazione perché per 30 anni abbiamo voluto arrivare alla sua cattura, soprattutto in questi ultimi anni con un grandissimo impiego di personale e di ricorse strumentali". "Un risultato - conclude Luzi - grazie al lavoro fatto anche dalle altre forze di polizia, in particolare dalla polizia di Stato. La lotta a Cosa nostra prosegue. Il cerchio non si chiude. E' un risultato che dà coraggio che ci dà nuovi stimoli ad andare avanti e ci dà metodo di lavoro per il futuro, la lotta alla criminalità organizzata è uno dei temi fondamentali di tutti gli stati".
"E' il risultato di un lavoro corale che si è svolto nel tempo, che si è basato sul sacrificio dei carabinieri in tanti anni. L'ultimo periodo, quelle delle feste natalizie, i nostri lo hanno trascorso negli uffici a lavorare e a mettere insieme gli elementi che ogni giorno si arricchivano sempre di più e venivano comunicati", ha detto Pasquale Angelosanto, comandante del Ros.
LE FASI DELL'ARRESTO. Il blitz è scattato quando "abbiamo avuto la certezza che fosse all'interno della struttura sanitaria". Quando è stato bloccato, hanno aggiunto, Messina Denaro "non ha opposto alcuna resistenza" e "si è subito dichiarato, senza neanche fingere di essere la persona di cui aveva utilizzato l'identità". Alla domanda se Messina Denaro abbia tentato la fuga, gli investigatori hanno affermato di "non aver visto tentativi di fuga" anche se, hanno aggiunto, "sicuramente ha cercato di adottare delle tutele una volta visto il dispositivo che stava entrando nella struttura". "Fino a ieri era certamente il capo della provincia di Trapani, da domani vedremo", ha spiegato il procuratore aggiunto Paolo Guido sugli assetti dei vertici di Cosa nostra dopo l'arresto di Messina Denaro.
"Abbiamo catturato l'ultimo stragista responsabile delle stragi del 1992-93", ha detto il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia. "Siamo particolarmente orgogliosi del lavoro portato a termine questa mattina che conclude un lavoro lungo e delicatissimo. E' un debito che la Repubblica aveva con le vittime della mafia che in parte abbiamo saldato". "Catturare un latitante pericoloso senza ricorso alla violenza e senza manette è un segno importante per un paese democratico". "Allo stato non abbiamo elementi per parlare di complicità del personale della clinica anche perchè i documenti che esibiva il latitante erano in apparenza regolari, ma le indagini sono comunque partite ora" ha aggiunto il procuratore.
"Ci è apparso in buona salute e di buon aspetto non ci pare che le sue condizioni siano incompatibili con il carcere", ha spiegato l'aggiunto di Palermo Paolo Guido alla conferenza stampa. "Era di buon aspetto, ben vestito, indossava capi di lusso ciò ci induce a dire che le sue condizioni economiche erano buone", ha aggiunto. "Ovviamente sarà curato come ogni cittadino ha diritto essere curato", ha concluso. Al momento della cattura indossava anche un orologio molto particolare del valore di 30-35mila euro.
CHI E' IL FIANCHEGGIATORE DEL BOSS. E' un commerciante di olive, agricoltore di mestiere, incensurato. È il profilo di Giovanni Luppino, l'uomo arrestato insieme al superlatitante Matteo Messina Denaro. È stato lui a portarlo in macchina presso la clinica privata di Palermo per le cure. Luppino è di Campobello di Mazara, paese vicino a Castelvetrano. Da qualche tempo gestiva, insieme ai figli, un centro per l'ammasso delle olive cultivar Nocellara del Belìce proprio alla periferia di Campobello di Mazara. La sua funzione era quello di intermediario tra i produttori e i grossi acquirenti che, in zona, arrivano dalla Campania.
Chi e' Messina Denaro (e perché la sua cattura è importante)
L'arresto di Matteo Messina Denaro in una clinica oncologica è coerente con risultati investigativi, anche molto datati che lo indicavano affetto da serie patologie. Tracce del boss superlatitante risalenti al gennaio del 1994, lo collocavano infatti in Spagna, a Barcellona, dove si sarebbo sottoposto, presso una nota clinica oftalmica, ad un intervento chirurgico alla retina. Ma non solo: avrebbe accusato - sempre secondo risultanze investigative di alcuni anni fa - una insufficienza renale cronica, per la quale avrebbe dovuto ricorrere a dialisi. Per non rischiare l'arresto durante gli spostamenti per le cure ed i trattamenti clinici, il boss avrebbe installato nel suo rifugio le apparecchiature per la dialisi. Una importante conferma sulle patologie accusate dal superlatitante giunse nel novembre scorso dal pentito Salvatore Baiardo, che all'inizio degli anni '90 gestì la latitanza dei fratelli Graviano a Milano. In un'intervista televisiva, su La7 a Massimo Giletti il pentito rivelo' che Matteo Messina Denaro era gravemente malato e che proprio per questo meditava di costituirsi.
Meloni: 'La mafia si puo' battere ma non e' sconfitta'
Figlio del vecchio capomafia di Castelvetrano Ciccio, storico alleato dei corleonesi di Totò Riina, Matteo Messina Denaro era latitante dall'estate del 1993, quando in una lettera scritta alla fidanzata dell'epoca, Angela, dopo le stragi mafiose di Roma, Milano e Firenze, preannunciò l'inizio della sua vita da Primula Rossa. "Sentirai parlare di me - le scrisse, facendo intendere di essere a conoscenza che di lì a poco il suo nome sarebbe stato associato a gravi fatti di sangue - mi dipingeranno come un diavolo, ma sono tutte falsità". Il capomafia trapanese è stato condannato all'ergastolo per decine di omicidi, tra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito strangolato e sciolto nell'acido dopo quasi due anni di prigionia, per le stragi del '92, costate la vita ai giudici Falcone e Borsellino, e per gli attentati del '93 a Milano, Firenze e Roma. Messina Denaro era l'ultimo boss mafioso di "prima grandezza" ancora ricercato. Per il suo arresto, negli anni, sono stati impegnati centinaia di uomini delle forze dell'ordine. Oggi la cattura, che ha messo fine alla sua fuga decennale. Una latitanza record come quella dei suoi fedeli alleati Totò Riina, sfuggito alle manette per 23 anni, e Bernando Provenzano, riuscito a evitare la galera per 38 anni.
https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2023/01/17/mafia-trovato-e-perquisito-il-covo-di-matteo-messina-denaro_74e6d708-8d40-4406-92bc-d9ea7caa7e27.html
Arrestato Matteo Messina Denaro, l’ultimo superlatitante di Cosa nostra in fuga da 30 anni: era in una clinica di Palermo. 16 gennaio 2023
L'operazione dei carabinieri del Ros ha portato alla cattura del capomafia di Castelvetrano, ricercato dall'estate 1993. Si trovava nella struttura in pieno centro dove era sottoposto a terapie da oltre un anno.
Matteo Messina Denaro, l’ultimo superlatitante di Cosa nostra, è stato arrestato questa mattina, lunedì 16 gennaio, mentre era in day hospital alla clinica Maddalena, in pieno centro a Palermo. Era ricercato dall’estate del 1993. Lo storico arresto è stato compiuto dai carabinieri del Ros dopo 30 anni di latitanza: più di cento uomini questa mattina hanno accerchiato la struttura e assediato la zona di San Lorenzo. Il blitz è scattato intorno alle 9 con tutti i militari a volto coperto: Messina Denaro è stato arrestato mentre era all’ingresso prima di cominciare la terapia. “Come ti chiami?”, gli hanno chiesto i carabinieri. “Sono Matteo Messina Denaro”: sono state queste le prime parole del boss.
Urla di incoraggiamento e applausi nei confronti dei carabinieri da parte di decine di pazienti e loro familiari hanno accompagnato l’arresto. L’inchiesta che ha portato alla cattura del capomafia di Castelvetrano (Trapani) è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dal procuratore aggiunto Paolo Guido. Dopo il blitz, l’ormai ex superlatitante è stato trasferito in una località segreta. Messina Denaro un anno fa era stato operato e da allora stava facendo delle terapie in day hospital nella clinica privata, una delle più note di Palermo. Nel documento falso esibito ai sanitari c’era scritto il nome di Andrea Bonafede. Il boss si era recato nella clinica privata dove è stato arrestato “per sottoporsi a terapie“, spiega il comandante del Ros dei carabinieri Pasquale Angelosanto dopo l’arresto del boss compiuto dagli uomini del raggruppamento speciale assieme a quelli del Gis e dei comandi territoriali. Insieme a Messina Denaro, è stato arrestato anche uno dei suoi fiancheggiatori: Giovanni Luppino, di Campobello di Mazara, accusato di favoreggiamento. Avrebbe accompagnato il boss alla clinica.
I segnali – L’ultima “primula rossa” di Cosa Nostra, 60 anni, si era reso irreperibile subito dopo la cattura di Totò Riina, avvenuta proprio trent’anni fa. E mentre la polizia scientifica si incaricava di aggiornare, invecchiandola, l’immagine giovanile del boss il suo impero miliardario veniva pezzo per pezzo smontato e sequestrato. È così che è stata smantellata la sua catena di protezione e di finanziamento. Pochi mesi fa, a metà novembre, Il Gazzettino aveva riportato le dichiarazioni di Salvatore Baiardo, l’uomo che ha gestito la latitanza dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano in Nord Italia. Baiardo aveva dichiarato che Messina Denaro era gravemente ammalato. È del settembre scorso invece l’arresto di 35 persone, ritenute fiancheggiatori del boss. Tra queste anche Francesco Luppino, considerato uno dei “fedelissimi” di Matteo Messina Denaro. Una settimana fa, invece, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi aveva dichiarato: “Auspico, per giustizia nei confronti delle vittime, che venga preso. Confido nelle forze di polizia e magistratura”.
I segreti delle stragi – Nato a Castelvetrano nell’aprile del 1962, sull’ultimo superlatitante di Cosa nostra sono stati scritti centinaia di articoli, decine di libri, informative d’indagine lunghe migliaia e migliaia di pagine. Per il suo arresto, negli anni, sono stati impegnati centinaia di uomini delle forze dell’ordine. Messina Denaro era l’ultimo boss mafioso di “prima grandezza” ancora ricercato. Una latitanza record come quella dei suoi fedeli alleati Totò Riina, sfuggito alle manette per 23 anni, e Bernando Provenzano, riuscito a evitare la galera per 43 anni. Era soprattutto l’unico boss rimasto in libertà a conoscere i segreti delle stragi. Nei più gravi fatti criminali degli ultimi trent’anni, a cominciare dagli attentati del ’92 in cui furono uccisi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, è stata riconosciuta la sua mano. Da Riina ai fratelli Graviano, passando per Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca e poi anche Bernardo Provenzano, tutti gli uomini della piovra che hanno attraversato quel biennio di terrore erano però già finiti, in un modo o nell’altro, in carcere. Tutti tranne lui, fino ad oggi.
Le condanne – Il padrino di Castelvetrano si è sempre mosso tra ferocia criminale e pragmatismo politico. Per questo è stato considerato l’erede di Bernardo Provenzano ma soprattutto del padre don Ciccio, altro boss della nomenclatura tradizionale morto da latitante nel 1998. Quando il vecchio patriarca scomparve, del giovane Matteo si erano perse le tracce già da cinque anni, nel 1993, prima ancora che fosse coinvolto nelle indagini sulle stragi di quegli anni. Il “fantasma” di Messina Denaro era inseguito da una montagna di mandati di cattura e di condanne all’ergastolo per associazione mafiosa, omicidi, attentati, detenzione e trasporto di esplosivo. Il capomafia trapanese è stato condannato all’ergastolo per decine di omicidi, tra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito strangolato e sciolto nell’acido dopo quasi due anni di prigionia, per le stragi del 1992, costate la vita ai giudici Falcone e Borsellino, e per gli attentati del 1993 a Milano, Firenze e Roma.
giovedì 4 novembre 2021
Cose dell'altro mondo.
Questo signore, tale Stefano Puzzer, autoproclamatosi leader dei portuali triestini non vax e no pass, dopo il flop della manifestazione di Trieste, conclusasi con un dilagare dell'epidemia, decide di recarsi a Roma e, seduto su una panchina di Piazza del Popolo, inizia la sua manifestazione personale, durante la quale pretende di essere ricevuto dal Papa, da Draghi e da chissà quale altro personaggio di spicco.
Naturalmente, con il suo comportamento oltranzista, ha solo suscitato l'interesse della polizia, che lo ha prelevato, portato in caserma con l'accusa di manifestazione non autorizzata e gli ha rilasciato un foglio di via con il divieto di mettere piede in Roma per un anno, pena l'arresto immediato.
Io gli avrei anche addebitato il costo delle spese sanitarie che lo Stato, ahimè noi, dovremo, spendere per curare tutti gli infettati durante la manifestazione triestina, oltre all'obbligo di frequentare un corso di apertura mentale che lo aiuti a comprendere i rudimenti della medicina che tratta gli interventi da adottare nel caso si verificasse un'epidemia virale.
Questa gente va istruita, va seguita, l'ignoranza produce menti bacate, insulse, a volte dannose, il cui unico interesse è mettersi in mostra, rendersi visibile, non importa come e con quale motivazione, ne abbiamo tanti in Italia che adottano questo sballatissimo sistema, per poi approdare in politica e provocare danni, a volte, irreparabili.
cetta
mercoledì 21 luglio 2021
Lite a Voghera, assessore spara e uccide uno straniero in piazza.
Massimo Adriatici, assessore alla sicurezza del Comune di Voghera (Pavia) |
Arrestato Massimo Adriatici, avvocato e assessore alla sicurezza del Comune.
Sul posto sono subito intervenuti gli operatori del 118 che hanno trasportato in ambulanza il ferito al pronto soccorso del locale ospedale.
Inizialmente le condizioni dell'uomo non sembravano gravi, poi si sono aggravate sino al decesso. Sul fatto stanno indagando i carabinieri. Dai primi accertamenti condotti dai carabinieri, sembra che l'assessore Massimo Adriatici abbia esploso un colpo di pistola verso l'uomo di origini marocchine dopo una lite tra i due, avvenuta davanti a un bar. Il ferito è stato trasportato in ambulanza al pronto soccorso dell'ospedale di Voghera (Pavia). Le sue condizioni, che all'inizio non sembravano preoccupanti, si sono aggravate rapidamente sino alla morte avvenuta nella notte. Da quanto si è appreso Adriatici deteneva regolarmente la pistola con cui ha sparato. L'avvocato è assessore alla sicurezza nella giunta di centrodestra guidata dal sindaco Paola Garlaschelli.
Massimo Adriatici, originario di Voghera, è assessore alla Sicurezza del Comune oltrepadano da ottobre del 2020. Eletto nelle file della Lega, è titolare di uno studio di avvocatura molto noto, ed è salito all'onore delle cronache locali per iniziative contro la cosiddetta 'malamovida' come l'abuso di sostanze alcoliche nelle ore serali. Adriatici, dal suo profilo Facebook, risulta "docente di diritto penale e procedura penale presso Scuola allievi agenti Polizia di Stato Alessandria" ed "ex docente dell'Università del Piemonte Orientale". In un'intervista alla Provincia Pavese del 29 marzo 2018 affermava che "L’uso di un’arma deve essere giustificato da un pericolo reale, per la persona che la usa, per le sue proprietà o quelle altrui. Ma questo non significa farsi giustizia da soli. Ovvero, la legittima difesa si configura se sparo per evitare che qualcuno spari a me, o non ci sono altro mezzi per metterlo in fuga ed evitare che rubi. Sparare deve essere l'extrema ratio, l’ultima possibilità da mettere in atto se non ne esistono altre".
ANSA
venerdì 16 luglio 2021
Rifiuti: illeciti nella gestione, arresti e sequestri.
Operazione di Carabinieri e Guardia di Finanza nel palermitano.
Per un altro amministratore di diritto e socio delle società è scattato l'obbligo di dimora mentre per un dipendente del Comune di Partinico è stata disposta la misura di sospensione dall'esercizio pubblico. Sono tutti accusati a vario titolo di bancarotta fraudolenta, intestazione fittizia di beni e quote societarie, inadempimento di contratti per pubbliche forniture, utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio e autoriciclaggio. L'operazione, denominata Cogenesi e coordinata dalla procura, ha portato al sequestro di beni per 2,5 milioni. Le imprese del settore dei rifiuti, finite nell'inchiesta, erano state già destinatarie di provvedimenti interdittivi antimafia perché avrebbero avuto collegamenti con esponenti mafiosi del mandamento di San Giuseppe Jato. Tutti e tre le amministrazioni comunali sono state sciolte per infiltrazioni mafiose.
Le indagini sono iniziate a settembre del 2018 dopo un attentato incendiario nel quale furono distrutti mezzi e strutture dell'autoparco del Comune di Partinico. Le indagini dei carabinieri di Partinico, anche grazie alle intercettazioni, avrebbero accertato che le fiamme furono appiccate a ridosso di una procedura di affidamento per il nolo dei mezzi destinati al servizio di raccolta dei rifiuti che l'Ente locale aveva aggiudicato alla Cogesi srl. Secondo quanto accertato dai carabinieri esisteva una presunta connivenza tra il dipendente comunale e gli amministratori di diritto e di fatto dell'azienda. L'impiegato comunale avrebbe omesso contestazioni per gravi inadempimenti contrattuali (dovuti al nolo di mezzi in misura inferiore a quella dichiarata, nell'impiego di mezzi privi di revisione e/o non iscritti all'Albo dei Gestori Ambientali), le mancate messa in mora e risoluzione del contratto nei confronti della Cogesi Srl e l'omessa comunicazione all'Anac della prematura interruzione del rapporto contrattuale. Controlli poi eseguiti dagli agenti della polizia municipale disposti dal sindaco Maurizio De Luca che poi si dimise. Inoltre, i finanzieri hanno constatato che gli indagati hanno distratto l'intero patrimonio aziendale della Cogesi Srl, portandola al fallimento, "reinvestendo" i capitali per il soddisfacimento di interessi personali come l'acquisto di immobili e beni di lusso (tra cui imbarcazioni, orologi e supercars) e costituendo la nuova Eco Industry srl con sede in San Giuseppe Jato (Pa). Con lo stesso provvedimento il gip ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei profitti derivanti dalla bancarotta fraudolenta e dall'utilizzo di false fatturazioni, del complesso aziendale della Eco Industry, di un immobile situato a San Cipirello e di due autovetture di lusso tra cui una Ferrari, per un valore complessivo di oltre 2 milioni e mezzo di euro.
foto e articolo ANSA