Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
martedì 26 settembre 2023
e stavolta chi lo ha sottoscritto il patto? - Cetty Pillitteri
giovedì 10 marzo 2022
Armando Siri, lo scudo del Senato al leghista: negato anche l’uso di intercettazioni casuali. “La procura non ha provato la loro necessità”. - Ilaria Proietti
I magistrati di Roma che indagano il senatore per corruzione attendono il verdetto da settembre scorso. L'Aula ha approvato a larga maggioranza la parte della relazione che ha chiesto di respingere la richiesta di autorizzazione all'uso per le intercettazioni con l'imprenditore Paolo Arata successive al 15 maggio 2018, in quanto non occasionali. Ma è passata anche la parte della relazione che nega l'autorizzazione alle due intercettazioni precedenti a quella data.
Il Senato dice no ai magistrati di Roma: non potranno utilizzare nessuna delle intercettazioni allegate agli atti dell’inchiesta per cui il leghista Armando Siri è a processo per corruzione con l’accusa di essersi dato da fare, a colpi di provvedimenti ed emendamenti vari (in cambio della promessa di una mazzetta da 30mila euro), per favorire Paolo Arata, l’imprenditore in affari con il re dell’eolico Vito Nicastri considerato uno dei finanziatori di Matteo Messina Denaro. L’ex sottosegretario avrebbe asservito i suoi poteri a “interessi privati, proponendo e concordando con gli organi apicali dei ministeri competenti per materia” provvedimenti e emendamenti volti a incentivare il minieolico. Gli inquirenti di Roma, che avevano sviluppato un’indagine partita dalla Procura di Palermo, gli contestano il reato di corruzione anche per un altro episodio, in concorso con Arata, l’intermediario Valerio Del Duca e i funzionari di Leonardo Spa Simone Rosati e Paolo Iaboni: in questo caso Siri – allora uno delle personalità più in vista della Lega di Matteo Salvini – si sarebbe attivato, dietro promessa di lauti guadagni, per ottenere un provvedimento normativo ad hoc che finanziasse il progetto di completamento dell’aeroporto di Viterbo, di interesse per future commesse della Leonardo. E anche per far rimuovere un contrammiraglio della Guardia Costiera critico su alcuni aspetti della fornitura di sistemi radar affidata alla stessa azienda.
Ma palazzo Madama ha detto niet, le intercettazioni sono state ritenute tutte inutilizzabili. Perchè? La gran parte sono state ritenute non fortuite perchè gli inquirenti avrebbero proseguito con le captazioni nonostante potessero già aver consapevolezza che riguardassero un parlamentare: in questo caso hanno votato a favore di Siri in 158 tra Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Italia Viva ma anche il Pd. Contro in 64, senatori del M5S e Leu. Ma il semaforo rosso è arrivato anche per quelle chiaramente casuali, ossia le prime due conversazioni captate tra l’imprenditore Arata (la cui utenza era intercettata) e il senatore leghista all’epoca ancora non iscritto sul registro degli indagati: per Palazzo Madama anche in questo caso l’operato dei magistrati andava bocciato perchè non avrebbero motivato a sufficienza le ragioni del loro utilizzo. Hanno votato in questo senso in 120 ossia Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Italia Viva, contro in 104 (Pd, M5S e LeU).
Sulla questione i magistrati della Capitale attendono il verdetto del Senato da settembre scorso. E l’esito del voto odierno era pressoché scontato dal momento che già a febbraio, in Giunta per le autorizzazioni, l’asse centrodestra-renziani aveva bocciato l’uso di tutte le intercettazioni e pure la richiesta del Pd, LeU e Movimento 5 Stelle di procedere per parti separate al voto, nel tentativo di autorizzare almeno quelle evidentemente fortuite. Stamattina l’Aula ha consentito lo “spacchettamento” dello scrutinio ma l’esito non è cambiato. È stata approvata a larga maggioranza la relazione di Lucio Malan di Fratelli d’Italia che ha chiesto di respingere la richiesta di autorizzazione all’uso per le intercettazioni successive al 15 maggio 2018, in quanto non occasionali. Ma è passata – sebbene con pochi voti di scarto – anche la parte della relazione che nega l’autorizzazione alle due intercettazioni precedenti a quella data. Che Malan ha motivato così: Siri aveva assunto la carica di Sottosegretario per le Infrastrutture e i Trasporti il 13 giugno 2018 e “tale elemento rende implausibile la sussistenza del requisito della necessità con riferimento alle due telefonate intercettate anteriormente all’assunzione della carica governativa in questione. Questa contraddittorietà motivatoria crea un margine rilevante di incertezza rispetto al requisito della necessità delineato dalla Corte costituzionale”. E poco importa che Siri fosse comunque senatore, come ha evidenziato in aula Pietro Grasso di LeU. “L’argomentazione utilizzata dal relatore circa la non titolarità a quella data della carica di sottosegretario appare incongrua in quanto il senatore Siri aveva comunque la qualifica di parlamentare e in virtù di tale status aveva presentato emendamenti che secondo l’accusa erano correlati alla dazione di utilità”.
venerdì 19 aprile 2019
Siri indagato, la tela dell’ex deputato Arata per arrivare alle istituzioni: assessori, un ex ministro e Micciché. - Giovanna Trinchella
C'è un groviglio di corruzioni che ha portato gli investigatori della Dia fino al cuore del governo. Il "gruppo Arata/Nicastri", così lo definiscono gli inquirenti, quando l'imprenditore dell'eolico è finito nei guai, ha potuto far affidamento "sulla importante rete di rapporti istituzionali" di Arata "per trovare canali privilegiati di interlocuzione con organi politici regionali siciliani.
venerdì 22 febbraio 2019
Trapani, “finanziava famiglia di Messina Denaro”: arrestato re delle scommesse online. Indagato deputato regionale di Fi. - Marco Bova
Mafia ed estorsione: arrestati il re delle scommesse online Luppino e altri due imprenditori. Hanno anche sostenuto la candidatura all'Ars di Stefano Pellegrino, sotto inchiesta per corruzione elettorale.
La mafia è ovunque sussistano potere e denaro, pertanto, poiché gioco d'azzardo e politica li rappresentano entrambi, li ha attaccati e conquistati utilizzando personaggi di dubbio spessore morale, e dotati di intelletto inesistente, per poter espandere i suoi lunghi tentacoli.
venerdì 3 agosto 2018
Mafia, “è il tesoriere di Messina Denaro”. Sequestrati 60 milioni a imprenditore. “Finanziamenti anche da Banca Etruria”.
Giovanni Savalle non era mai stato coinvolto in inchiesta su Cosa Nostra. Oggi sono scattati i sigilli su 22 complessi aziendali, 12 pacchetti di azioni, 28 rapporti bancari, 47 fabbricati, 8 auto e la struttura dell'ex resort Kempisnsky di Mazzara del Vallo. Per i finanzieri, grazie ai rapporti con Alberto Rigotti, membro del Cda fino al 2010, ottenne soldi da Banca Etruria mentre le sue aziende erano prossime al fallimento.
Un signor Nessuno. Mai un’indagine, nemmeno un collegamento, seppur lontano, con gli ambienti mafiosi. Giovanni Savalle era un perfetto sconosciuto agli uomini dell’Antimafia siciliana. Qualche precedente per reati economici e finanziari, niente di più. Adesso il ragionere 53enne, imprenditore alberghiero originario di Castelvetrano come il superboss latitante di Cosa Nostra, viene visto sotto un’altra luce dai finanzieri del Gico di Palermo e dai carabinieri del Ros, che gli hanno sequestrato un patrimonio di oltre 60 milioni di euro.
Aziende, conti, case, auto e villaggi non suoi. “È lui il tesoriere del boss Matteo Messina Denaro“, sostengono il procuratore aggiunto Marzia Sabella e il pm della Dda di Palermo, Piero Padova, che hanno coordinato l’inchiesta sfociata nei sigilli apposti, su ordine del Tribunale di Trapani, a 22 complessi aziendali, 12 pacchetti di partecipazione al capitale di altrettante società, 28 rapporti bancari, 47 fabbricati, 8 autoveicoli e la struttura dell’ex resort Kempisnsky di Mazzara del Vallo, oggi “Giardini di Costanza”, per un valore complessivo di 62.922.867 euro. Savalli, secondo gli investigatori, “risponde all’identikit dell’imprenditore che per anni ha sfruttato le conoscenze con esponenti mafiosi di rilievo (tra cui Filippo Guttadauro, che ha sposato la sorella di Messina Denaro) – ha spiegato Fabio Bottino, comandante del nucleo dei Ros – Questi rapporti hanno consentito di qualificarne la pericolosità sociale e l’ipotesi che i beni sequestrati siano frutto di attività delittuose dell’organizzazione criminale”.
La vicinanza al capomafia di Castelvetrano avrebbe consentito a Savalle, trovato mentre rientrava dalla Svizzera, di accumulare una fortuna e assumere rilevanti dimensioni nel tessuto economico della provincia di Trapani. Altre amicizie e rapporti, sostiene la procura, gli avrebbero fruttato un finanziamento da Banca Etruria in un periodo in cui le aziende del suo gruppo Sicily House erano prossime al fallimento: i soldi sarebbero arrivati grazie ai suoi rapporti privilegiati con un membro del Consiglio di amministrazione dell’istituto di credito, Alberto Rigotti., in passato editore di EPolis e per le vicende legate a quell’azienda arrestato per bancarotta. Savalle “ha ottenuto il finanziamento da Banca Etruria di 1,5 milioni di euro attraverso Alberto Rigotti che, per questa vicenda, verrà incriminato per bancarotta dalla procura di Arezzo”, hanno spiegato gli investigatori della Finanza che hanno effettuato il sequestro”. In sostanza, Rigotti “avrebbe indotto il cda e il collegio sindacale a concedere il prestito nonostante lo stato di decozione della società. Savalle portò in Banca due scatole vuote e ottenne lo stesso il mutuo”.
A parlare dei rapporti di Savalle col capomafia di Castelvetrano è stato il medico affiliato alla ‘ndrangheta Marcello Fondacaro, uomo della cosca Piromalli, che ha reso dichiarazioni anche su un altro imprenditore del settore finito sotto inchiesta, l’ex patron del Valtur, Carmelo Patti, poi deceduto. Per gli inquirenti, nel tempo Savalle avrebbe goduto dell’appoggio di influenti esponenti dell’associazione mafiosa come Filippo Guttadauro, cognato di Messina Denaro, Rosario Cascio, Giovanni Becchina, Girolamo Bellomo e Giuseppe Grigoli. Fondacaro ha raccontato che Savalle aveva rapporti col latitante di Castelvetrano attraverso il fratello della donna con cui Messina Denaro ha avuto una figlia. L’ex cognato del boss e l’imprenditore dovevano partecipare alla realizzazione di un villaggio a Isola Capo Rizzuto che prevedeva la partecipazione al 33% di Cosa nostra e ‘ndrangheta.
Recentemente Savalle è stato rinviato a giudizio per falso in bilancio in concorso con il titolare di un grosso laboratorio di analisi e ambulatorio palermitano, mentre nel 2014 venne coinvolto in un’inchiesta della procura di Torre Annunziata su appalti affidati per il recupero e il restauro dell’area archeologica di Pompei, “pilotati” in direzione sempre delle stesse imprese, tra le quali la Società Mediterranea spa aggiudicataria dei servizi di ristorazione, riconducibile al trapanese.
venerdì 17 aprile 2015
Mafia, pentito: “Alfano portato da Cosa Nostra. Berlusconi pedina di Dell’Utri”. - Giuseppe Pipitone
Sono alcune delle dichiarazioni rilasciate alla Corte d'Assise di Palermo da Carmelo D'Amico, l'ex killer di Barcellona Pozzo di Gotto, oggi diventato l'ultimo super testimone dell'inchiesta sulla Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa Nostra. I magistrati lo considerano un collaboratore altamente credibile. Merito delle confidenze raccolte nei due anni trascorsi in carcere con Nino Rotolo, il boss di Pagliarelli fedelissimo di Bernardo Provenzano.