I magistrati di Roma che indagano il senatore per corruzione attendono il verdetto da settembre scorso. L'Aula ha approvato a larga maggioranza la parte della relazione che ha chiesto di respingere la richiesta di autorizzazione all'uso per le intercettazioni con l'imprenditore Paolo Arata successive al 15 maggio 2018, in quanto non occasionali. Ma è passata anche la parte della relazione che nega l'autorizzazione alle due intercettazioni precedenti a quella data.
Il Senato dice no ai magistrati di Roma: non potranno utilizzare nessuna delle intercettazioni allegate agli atti dell’inchiesta per cui il leghista Armando Siri è a processo per corruzione con l’accusa di essersi dato da fare, a colpi di provvedimenti ed emendamenti vari (in cambio della promessa di una mazzetta da 30mila euro), per favorire Paolo Arata, l’imprenditore in affari con il re dell’eolico Vito Nicastri considerato uno dei finanziatori di Matteo Messina Denaro. L’ex sottosegretario avrebbe asservito i suoi poteri a “interessi privati, proponendo e concordando con gli organi apicali dei ministeri competenti per materia” provvedimenti e emendamenti volti a incentivare il minieolico. Gli inquirenti di Roma, che avevano sviluppato un’indagine partita dalla Procura di Palermo, gli contestano il reato di corruzione anche per un altro episodio, in concorso con Arata, l’intermediario Valerio Del Duca e i funzionari di Leonardo Spa Simone Rosati e Paolo Iaboni: in questo caso Siri – allora uno delle personalità più in vista della Lega di Matteo Salvini – si sarebbe attivato, dietro promessa di lauti guadagni, per ottenere un provvedimento normativo ad hoc che finanziasse il progetto di completamento dell’aeroporto di Viterbo, di interesse per future commesse della Leonardo. E anche per far rimuovere un contrammiraglio della Guardia Costiera critico su alcuni aspetti della fornitura di sistemi radar affidata alla stessa azienda.
Ma palazzo Madama ha detto niet, le intercettazioni sono state ritenute tutte inutilizzabili. Perchè? La gran parte sono state ritenute non fortuite perchè gli inquirenti avrebbero proseguito con le captazioni nonostante potessero già aver consapevolezza che riguardassero un parlamentare: in questo caso hanno votato a favore di Siri in 158 tra Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Italia Viva ma anche il Pd. Contro in 64, senatori del M5S e Leu. Ma il semaforo rosso è arrivato anche per quelle chiaramente casuali, ossia le prime due conversazioni captate tra l’imprenditore Arata (la cui utenza era intercettata) e il senatore leghista all’epoca ancora non iscritto sul registro degli indagati: per Palazzo Madama anche in questo caso l’operato dei magistrati andava bocciato perchè non avrebbero motivato a sufficienza le ragioni del loro utilizzo. Hanno votato in questo senso in 120 ossia Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Italia Viva, contro in 104 (Pd, M5S e LeU).
Sulla questione i magistrati della Capitale attendono il verdetto del Senato da settembre scorso. E l’esito del voto odierno era pressoché scontato dal momento che già a febbraio, in Giunta per le autorizzazioni, l’asse centrodestra-renziani aveva bocciato l’uso di tutte le intercettazioni e pure la richiesta del Pd, LeU e Movimento 5 Stelle di procedere per parti separate al voto, nel tentativo di autorizzare almeno quelle evidentemente fortuite. Stamattina l’Aula ha consentito lo “spacchettamento” dello scrutinio ma l’esito non è cambiato. È stata approvata a larga maggioranza la relazione di Lucio Malan di Fratelli d’Italia che ha chiesto di respingere la richiesta di autorizzazione all’uso per le intercettazioni successive al 15 maggio 2018, in quanto non occasionali. Ma è passata – sebbene con pochi voti di scarto – anche la parte della relazione che nega l’autorizzazione alle due intercettazioni precedenti a quella data. Che Malan ha motivato così: Siri aveva assunto la carica di Sottosegretario per le Infrastrutture e i Trasporti il 13 giugno 2018 e “tale elemento rende implausibile la sussistenza del requisito della necessità con riferimento alle due telefonate intercettate anteriormente all’assunzione della carica governativa in questione. Questa contraddittorietà motivatoria crea un margine rilevante di incertezza rispetto al requisito della necessità delineato dalla Corte costituzionale”. E poco importa che Siri fosse comunque senatore, come ha evidenziato in aula Pietro Grasso di LeU. “L’argomentazione utilizzata dal relatore circa la non titolarità a quella data della carica di sottosegretario appare incongrua in quanto il senatore Siri aveva comunque la qualifica di parlamentare e in virtù di tale status aveva presentato emendamenti che secondo l’accusa erano correlati alla dazione di utilità”.