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martedì 23 novembre 2021

Criptovalute: così robot e algoritmi ultra veloci manipolano il mercato. - Vittorio Carlini

 

La mancanza di regole agevola gli investitori automatici nell’uso di social network e trading per alterare le contrattazioni. Le tecniche spesso mutuate dai listini tradizionali.

Pump and dump. Una frase che qualcuno già avrà sentito. Ma ci sono altri vocaboli in inglese, come spoofing o wash trading, sconosciuti ai più. Il che è un problema. Si tratta infatti di termini che, nel linguaggio borsistico, definiscono tecniche di manipolazione dei listini. Non da oggi anche dei mercati sulle cryptocurrency. E sì, perché se da un lato le cronache dei giornali, rispetto ai criptoasset, sono piene di riferimenti (e polemiche) rispetto agli interventi via Twitter di Elon Musk&co; dall’altro l’alterazione dei prezzi, a ben vedere, avviene anche, e soprattutto, attraverso altre strade, meno conosciute.

Le strategie.

Strategie, spesso mutuate dalle Borse tradizionali, che non di rado hanno come protagonisti gli algoritmi. Robot trader i quali, secondo il fondatore di EngineeringRobo Cansoy Gurocak, «gestiscono ad oggi circa il 30% dei criptovolumi». Ma che, a detta di altri esperti, dovrebbero arrivare fino al 40-50% del turnover. Ebbene: tra questi «un ruolo rilevante lo recitano gli High frequency trader (Hft) - afferma Carol Alexander, docente di finanza alla Business School dell’Università del Sussex -. Robot ultraveloci presenti nelle piattaforme più importanti e attivi non solo sul bitcoin ma anche su centinaia di altcoin. In particolare, laddove sussistano i loro derivati». Sono i Flash boy i quali non si fanno scrupoli «ad usare, ad esempio, lo spoofing».

Lo spoofing.

Già, lo spoofing. Ma di cosa si tratta? Il meccanismo, che sfrutta algoritmi velocissimi, consiste nei seguenti passaggi: un soggetto punta a comprare una criptocurrency ad un livello inferiore rispetto a quello che vede sul mercato. Ecco che, allora, mitraglia l’order book del token in un exchange con moltissime proposte di negoziazione (Pdn) in vendita, facendo credere ci sia una forte pressione ribassista. A fronte di ciò gli investitori, impauriti dalla dinamica, corrono a disfarsi del criptoasset e immettono i loro ordini “sell”. Sennonché il robot, in un millisecondo e prima che i contratti siano conclusi, ritira le sue Pdn. Risultato? Da una parte il prezzo del criptoasset, sulla scia del flusso di vendita degli altri investitori, cala; dall’altra l’algoritmo può comprare al minore valore desiderato.

Certo: simili strategie, come ricorda Federico Izzi, esperto trader in cryptocurrency «richiedono molta liquidità e, soprattutto, uno sforzo economico importante per creare gli algoritmi ad hoc». Il che «non è giustificato in un mondo dove, al di là di bitcoin ed ether, i prezzi possono essere manipolati in maniera più semplice e meno onerosa». Tale considerazione, però, «non elimina il fatto che – ribatte Felix Eighelshoven, già ricercatore presso l’Università di Posdam ed esperto di blockchain – i robot recitano un ruolo primario nell’alterare la percezione dell’offerta e della domanda sulle piattaforme di scambi» centralizzati.

Il wash trading.

Vale a dire? «Basta pensare al cosiddetto wash trading». Cioè una situazione in cui, tramite algoritmi, vengono buttati sul mercato un grande numero di ordini di “Buy” e “Sell” sullo stesso criptoasset, dando l’illusione dell’esistenza di un importante liquidità su quel token. In realtà non è così e l’obiettivo, oltre ad attirare l’attenzione degli operatori meno esperti, «è fare credere che quella determinata piattaforma, seppure nel breve periodo, è contraddistinta da volumi rilevanti». Nel mondo delle Borse tradizionali simili tecniche spesso sono vietate ma all’interno della criptosfera, dove non esiste una regolamentazione ad hoc, le possibilità di infilarsi nei buchi normativi è piuttosto semplice.

Alterare senza usare robot.

Già, semplice. «A ben vedere – riprende Izzi -uno dei sistemi più diffusi per manipolare il mercato è il Pump and Dump». Qui gruppi organizzati, sfruttando le piattaforme social dove vige l’anonimato, si mettono d’accordo per fare salire il prezzo di un criptoasset. Meglio se poco liquido, in modo che la quotazione sia più facilmente alterabile. «Questi soggetti, sfruttando anche false notizie, inducono la quotazione del token al rialzo». A quel punto i piccoli investitori, presi dalla smania di non perdere l’opportunità della plusvalenza, si accodano agli acquisti, spingendo ancora più su le quotazioni (Pump). Ad un certo momento, però, gli investitori organizzati vendono e il criptoasset crolla (Dump).

Il gruppo incassa la plusvalenza, mentre il retail fai-da-te resta con il cerino acceso in mano. Vero! Questa strategia può essere concretizzata senza grandi sforzi tecnologici. E tuttavia, quando entrano in gioco social generalisti come Twitter, i Bot (cioè account falsi che in realtà sono algoritmi) «assumono, proprio nel Pump and Dump - afferma Eighelshoven - una centralità fondamentale» per aumentare l’efficacia dell’operazione.

La stretta normativa.

Ciò detto: robot o non robot, la manipolazione del mercato coinvolge le stesse cryptocurrency. Al che sorge la domanda: una stretta legislativa, quale la proposta di regolamento Ue MiCa, può limitare il fenomeno? «In generale- risponde Andrea Medri co-fondatore di The Rock Trading - il progetto normativo europeo, seppure da migliorare, va nella giusta direzione. Al di là di ciò, però, è necessario che le nuove regole vengano applicate a tutti, anche agli exchange domiciliati in giurisdizioni esotiche».

Non solo. «Va ricordato- aggiunge Izzi- che, da una parte, la maggiore regolamentazione» porta con sé la eco della centralizzazione; e che, dall’altra, «gli investitori più esperti e professionali, fuggendo tale impostazione, si indirizzeranno maggiormente verso le piattaforme decentralizzate». Come dire, insomma, che non è facile regolare con la legge un habitat ipertecnologico, in continua evoluzione e dove gli scambi avvengono spesso off chain. Il passaggio, tuttavia, è necessario perché, come ricorda Eighelshoven, «le barriere all’ingresso degli exchange, rispetto alle Borse tradizionali, sono inferiori. Chiunque può accedervi, anche soggetti inesperti» con minori capacità di difendersi dalle manipolazioni stesse.

(Illustrazione di Maria Limongelli/Il Sole 24 Ore)

https://24plus.ilsole24ore.com/art/criptovalute-cosi-robot-e-algoritmi-ultra-veloci-manipolano-mercato-AEt5AXy?wt_push=push.web.undefined..24plus.AEt5AXy...

martedì 24 novembre 2020

Mercato dei vaccini, s.o.s. ’ndrangheta. - Nicola Gratteri e Antonio Nicaso

 

Mafie nell’emergenza covid - La criminalità organizzata sfrutta eventi drammatici e crisi per incrementare il proprio giro d’affari: i cosiddetti farmaci generici sono già da tempo bocconi appetitosi.

Hanno fiutato subito l’affare. Le loro voci sono state intercettate in diverse indagini. Tutti a parlare di mascherine (chirurgiche, facciali filtranti Ffp2/Ffp3), guanti in lattice, camici monouso, occhiali protettivi e flaconi disinfettanti. Come se fossero esperti del settore. Sono aumentate in modo esponenziale anche le truffe che promuovono kit di test e trattamenti per il coronavirus, come ha spiegato l’Europol, segnalando pure un aumento degli acquisti di prodotti farmaceutici e sanitari contraffatti quali appunto mascherine, antivirali o gel a base di alcol.

Il 28 marzo 2020, funzionari dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di Gioia Tauro, unitamente ai militari della Guardia di Finanza del comando provinciale di Reggio Calabria, hanno intercettato due importanti carichi di materiale medico e sanitario, contenenti 364.200 paia di guanti sterili per uso chirurgico provenienti dalla Malesia e 9720 dispositivi endotracheali, provenienti dalla Cina, utilizzati per l’intubazione di pazienti con difficoltà respiratorie. Truffe del genere sono state scoperte in diverse località: da Bari a Perugia, da Roma a Lecce. Spesso, a muoversi in situazioni del genere sono le “teste di paglia”, i prestanome. È stata un’imbarcata che ha coinvolto moltissima gente che ha intuito la possibilità di facili guadagni, a scapito della collettività. Una sorta di “tana libera tutti” che ha consentito, ancora una volta, ai furbi di uscire allo scoperto.

Durante il lockdown la richiesta di medicinali e di dispositivi di protezione individuale ha registrato una notevole impennata in tutto il mondo. La domanda è stata in parte soddisfatta rivolgendosi a fonti alternative, spesso non autorizzate e illegali, gestite o finanziate da organizzazioni criminali. Oltre al rischio di trovarsi in mano prodotti contraffatti, ancora una volta è emersa la capacità di adattamento dei faccendieri dell’emergenza, come dimostra l’operazione “Pangea XII”, che ha portato all’arresto in varie parti del mondo di 121 persone e al sequestro di farmaci potenzialmente pericolosi per un valore di oltre 14 milioni di dollari, tra cui più di 34.000 mascherine contraffatte e scadenti, “anticorona spray” e “medicine contro il coronavirus”. Secondo l’Interpol, tra marzo e aprile 2020, le mascherine sono state il prodotto sanitario maggiormente oggetto di truffe. A Istanbul, in Turchia, ne sono state sequestrate circa 1 milione con l’arresto di cinque persone sprovviste di autorizzazione che producevano in condizioni di totale insicurezza. In India, la polizia ha smantellato una fabbrica illegale e sequestrato più di 27.000 mascherine contraffatte nelle aree di Bangalore e nel Kerala. Gli autori della truffa avevano già venduto circa 75.000 unità a diversi ospedali e istituzioni statali. In Thailandia, la polizia ha perquisito una fabbrica che nella provincia di Saraburi vendeva mascherine usate come nuove.

Da tempo le mafie hanno messo le mani anche su importanti risorse della sanità pubblica. Ha fatto il giro del mondo, per esempio, la notizia pubblicata dal Financial Times secondo cui alcuni privati, nell’impossibilità di farsi liquidare da aziende sanitarie pubbliche calabresi, avrebbero venduto i loro crediti a banche e società estere. Secondo il noto quotidiano britannico, i titoli venduti a investitori internazionali tra il 2015 e il 2019 ammonterebbero a circa 1 miliardo di euro. In un caso, i titoli commerciali e le obbligazioni legate ad aziende sospettate di avere legami con la ’ndrangheta sarebbero stati acquistati da una delle banche private più importanti d’Europa. Scrive Gaetano Mazzuca sulla Gazzetta del Sud: “Ancora una volta, è il buco nero della sanità calabrese a trasformarsi in un lucroso affare per la ’ndrangheta”. Della vicenda si è occupato anche l’Ufficio investigativo della Banca d’Italia, che avrebbe individuato un pacchetto finanziario, del valore di 400.000 euro, riconducibile a un’azienda coinvolta nel settore delle apparecchiature acustiche, degli articoli medici e ortopedici. Il nome dell’azienda era già comparso nel voluminoso fascicolo dell’inchiesta “Quinta Bolgia”, con cui la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha scoperto l’infiltrazione dei clan lametini nella sanità pubblica, tanto da far decidere al ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, lo scioglimento dell’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro. L’azienda coinvolta era riuscita a mettere le mani sul servizio delle autoambulanze sostitutive del servizio pubblico, delle onoranze funebri, della fornitura di materiale sanitario, del trasporto del sangue, escludendo dal mercato le altre ditte mediante un’illecita concorrenza e cercando di turbare, tramite atti illeciti, la regolarità delle gare di affidamento.

Quello dei debiti della pubblica amministrazione, soprattutto nel settore della sanità, rischia di diventare terreno fertile per l’infiltrazione della criminalità mafiosa. “La criminalità organizzata, grazie alla complicità di apparati burocratici contigui o compiacenti”, spiega Domenico Guarascio, magistrato della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, “condiziona sempre più le gare d’appalto. Le forniture di beni e servizi verso le Asp sono spesso gonfiate anche grazie all’emissione di fatture false o all’erogazione di prestazioni di valore inferiore rispetto al normale”. C’è anche il rischio concreto che le mafie possano appropriarsi del mercato dei vaccini, come ha avvertito nel giugno 2020 lo stesso capo della polizia, Franco Gabrielli, nel suo intervento in videoconferenza con i vari Paesi che aderiscono al progetto I-Can (Interpol Cooperation against ’ndrangheta). In particolare, Gabrielli ha spiegato come la ’ndrangheta punti alla possibilità di entrare in società che gestiscono la produzione di farmaci e vaccini. Quello dei cosiddetti “equivalenti”, ovvero i farmaci generici, è un mercato in continua crescita. In Nord America organizzazioni criminali riconducibili alla Russia e alla Georgia hanno cominciato a mettere le mani su aziende che riproducono farmaci con la copertura brevettuale scaduta. Negli Stati Uniti, dove non esiste l’assistenza sanitaria garantita dallo Stato, sono proprio le assicurazioni a incentivare il consumo dei farmaci generici, che costano molto meno. Ci sono poi nuovi canali di distribuzione come il dark web, dove è possibile acquistare di tutto e dove i farmaci più richiesti sono l’anticolesterolemico atorvastatina e quelli volti a migliorare le prestazioni fisiche e sessuali.

© 2020 Mondadori Libri Spa, Milano

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/22/mercato-dei-vaccini-s-o-s-ndrangheta/6012184/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=commenti&utm_term=2020-11-22

martedì 14 luglio 2020

“Il mercato non è Dio e la meritocrazia è solo un grande bluff ”. - Antonella Caporale.

“Il mercato non è Dio e la meritocrazia è solo un grande bluff ”

Pietro Modiano - Il banchiere turbo milanese.
“Il mercato non è Dio, come si pensava, e dovrà vedersela con lo Stato. Il Covid ha ammaccato il turbo capitalismo. E per me è una buona notizia”.
lIl banchiere Pietro Modiano, che ha appena ridato da commissario straordinario un po’ di fiato al corpo quasi esanime di Carige, la banca di Genova caduta sotto il ponte dei suoi crediti ammalorati, era – prima del Covid – un turbo milanese.
“Anch’io pensavo che fosse giusto dire ‘Milano non si ferma’. Anch’io pensavo che il virus non potesse intaccare una cultura, una modalità di vita, il rating sociale ed economico della città”.
La capofila del Pil.
L’idea sbagliata ma consacrata nei sacri testi del “turbocapitalismo” di una ascesa senza limiti, senza correzioni, senza condizioni.
Il Covid ha messo in mutande le economie più ricche del mondo.
Ha disvelato la fragilità della convinzione posta a premessa: la certezza che il mercato – grazie anche alla crisi dei titoli sovrani del 2011 – fosse l’unico altare al quale inginocchiarsi. E le sue regole fossero così perfette che niente poteva ingiuriarlo. Mercato uguale Dio.
Voi banchieri ne avete di colpe.
Io ho fatto carriera durante gli anni di tangentopoli. Le privatizzazioni significavano anche (e giustamente) la liberazione dalla manomorta dello Stato e da un po’ di giudici. Era un processo di emancipazione civile contro il clientelismo di Stato, l’etica macchiata dalle mazzette, il risultato operativo dalle convenienze.
Il privato bello e pulito, il pubblico sporco e cattivo.
Ecco la lezione del Covid.
Il Covid ha preso di mira voi ricchi.
Wuhan, Milano, Londra, New York. Ha messo paura anche perché ha colpito gli anziani, e la classe dirigente mondiale è over sessanta. Non so se questo ha contribuito ad attivare una risposta così possente. Ci sarebbe stata la stessa risposta se invece fosse toccato ai giovani? Adesso il virus fa strage nei Paesi poveri e continua la sua rivoluzione.
Negli anni Settanta e oltre per garantire la pace si investiva nell’industria bellica.
Quanti miliardi spesi! Vinceva l’idea che più armi girassero meno voglia di fare guerre ci sarebbe stata. Io mi riarmo, tu anche. L’equilibrio della forza. Ora il Covid ci ingiunge di badare di più alla nostra salute e a evitare la catastrofe ecologica. Mi sembra che il punto di vista stia cambiando di molto.
Voi banchieri ve ne accorgete sempre per ultimi delle rivoluzioni.
Le banche procedono come un gregge, non hanno politiche diversificate, processi autonomi e originali di decisione. L’apertura o la chiusura del rubinetto dei finanziamenti è un procedimento quasi collettivo, una spedizione comunitaria. Non li troverà mai in ordine sparso. Le banche come tanti altri soggetti hanno creduto che non ci fosse altro Dio che il mercato.
E invece ci sono gli ospedali da riparare.
Ecco, per esempio. Noi lombardi vivevamo l’età dell’eccellenza. Increduli, abbiamo notato quante falle avesse il sistema sanitario.
Vi siete stupiti che toccasse a voi e non ai napoletani.
Anche molto stupiti, sì.
C’è stato il tracollo della supremazia, dell’idea della vita verticale, una corsa a gonfiare il conto in banca senza mancare l’aperitivo delle sette di sera.
E infatti ora siamo a dire che la crescita economica dev’essere sostenibile con l’ambiente, e che alcuni compiti non possono essere delegati ai privati ma garantiti dal pubblico. Che dev’essere un competitor e non una macchietta.
Quante cose dovremo cambiare.
Tra le tante cose da cambiare c’è anche la professione di fede assoluta nella meritocrazia.
Ah, il merito!
Le società più ferme, dove l’ascensore sociale è bloccato al pian terreno, sono le britanniche e le statunitensi perché la diseguaglianza tra le classi sociali lì è più evidente. E perciò il merito, tra diseguali, avvantaggia spesso chi ne ha di meno. Dobbiamo spiegarlo una buona volta.
Nell’Italia di oggi lei verrebbe classificato come un pericoloso estremista di sinistra.
Lei dice?
Leggi un articolo e, già alle prime battute, ti rendi conto che tutto ciò che ci circonda, a cominciare dal libero pensiero, e finendo al comportamento umano, è sbagliato.
Che importanza può avere essere miliardario se poi basta un piccolo virus a mettere in discussione tutto il tuo operato?
Forse bisognerebbe fare mente locale e dedicarsi ad altre attività più appaganti, più meritorie.
Che senso ha assistere a gente che specula ed arricchisce a dismisura quando c'è chi non ha nulla e manca dell'indispensabile? Che senso ha fare guerre per appropriarsi di altri territori se la terra, mugnifica, è tanto grande da poterci ospitare e sostenere tutti nel migliore e soddisfacente dei modi?
Siamo stupidi ingrati, potremmo godere ogni attimo della nostra vita vivendo liberi di godere del paradiso che la terra ci offre, ma dedichiamo il nostro tempo a massacrarci in attività improduttive per l'anima e produttive per le tasche di ingordi shiavisti. c.

lunedì 4 luglio 2016

UCCIDEVANO I MIGRANTI E NE VENDEVANO ORGANI: LA VERITÀ DEL PENTITO SULLA TRATTA DEGLI ESSERI UMANI.




L'agghiacciante retroscena emerge dall'operazione 'Glauco 3' che questa mattina ha portato al fermo di 38 persone. A Roma la centrale delle operazioni finanziarie.

Uno scenario raccapricciante, quello che emerge dalle carte dell'ultima inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, che questa mattina ha portato al fermo di 38 persone. 

L'operazione all'alba.
Dalle prime ore del mattino la Polizia di Stato sta eseguendo in diverse citta' italiane 38 fermi, emessi dalla Dda di Palermo, nei confronti di altrettanti indagati ritenuti appartenenti a un network criminale transnazionale dedito al traffico di migranti. 
Individuata a Roma la centrale delle transazioni finanziarie, in un esercizio commerciale dove sono stati sequestrati 526.000 euro e 25.000 dollari in contanti, oltre a un libro mastro riportante nominativi di cittadini stranieri e utenze di riferimento.       

Il pentito: Chi non aveva soldi veniva ucciso, i suoi organi prelevati. 
Chi non aveva i soldi per affrontare il viaggio in barca per l'Italia "veniva ucciso, gli venivano prelevati gli organi che poi venivano venduti ad alcuni mercanti d'organi egiziani". 
E' l'agghiacciante retroscena che emerge dall'operazione 'Glauco 3' della Polizia di Stato, che all'alba di oggi ha portato al fermo di 38 persone, emesso dalla Procura di Palermo. A raccontare i particolari di questo presunto traffico di organi è un collaboratore di giustizia che già nell'operazione 'Glauco 2', che aveva portato all'arresto di 24 persone, aveva aiutato i magistrati di Palermo a fare luce su un traffico di esseri umani. 

Nuredin Wehabrebi Atta, 32 anni, il pentito, è un trafficante eritreo arrestato nel 2015. Subito dopo l'arresto ha deciso di vuotare il sacco e di raccontare il funzionamento del traffico di esseri umani. L'indagine è coordinata dal Procuratore aggiunto Maurizio Scalia e dai pm Gery Ferrara, Claudio Camilleri e Annamaria Picozzi. - 

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Operazione-polizia-Glauco-3-inchiesta-DDA-Palermo-Uccidevano-i-migranti-e-ne-vendevano-organi-pentito-sulla-tratta-degli-esseri-umani-0b0e040e-ee29-44ab-8b3f-abb2c2e7069a.html?refresh_ce

venerdì 18 marzo 2016

Palermo: apre l'ipermercato a km zero, 2800 prodotti made in Sicily.

Palermo: apre l'ipermercato a km zero, 2800 prodotti made in Sicily

Sanlorenzo Mercato apre al pubblico nell'antica fabbrica di agrumi. Nove botteghe, marchi tipici Igp e Dop e una serie di eventi. Fra i partner la facoltà di Agraria dell'Università.

Si chiama Sanlorenzo Mercato e da domani sarà aperto al pubblico. Si trova al civico 288 nell'omonima via a Palermo. Un tempo era una fabbrica di derivati agrumari, dopo 40 anni torna a nuova vita. Gli antichi capannoni - uno spazio di 1.500 metri quadrati con annesso un giardino da 1.200 metri quadrati - ospitano nove botteghe (dalla caffetteria al forno, dalla pescheria alla macelleria, dall'ortofrutta alla salumeria, friggitoria e un'osteria) dove è possibile acquistare una selezione di 2.800 prodotti siciliani (29 Igp e Dop) a chilometro zero per un'offerta gastronomica che consente di passare dalla frittura di pesce, ai centrifugati di frutta e verdura, dal classico 'sfincione' alla mortadella d'asina al tè e ai frutti esotici.

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Sanlorenzo Mercato non è solo uno spazio commerciale, ma vuole diventare un luogo culturale e per quest' anno ha già in calendario 150 eventi: si comincia il 31 marzo con un incontro sui cibi della salute. Tra i partner annovera anche l'università di Palermo: non a caso gli studenti della facoltà di Agraria frequenteranno ad ottobre la prima lezione del corso di Laurea in Scienze tecnologie agroalimentari. Sanlorenzo Mercato, che sarà aperto tutti i giorni dalle 9 alle 22 dalla domenica al giovedì, mentre  da venerdì a sabato fino alle 24, guarda anche al sociale; non a caso ha stretto anche un accordo con il Banco Alimentare di donare il cibo invenduto o prossimo alla scadenza alle famiglie in stato di bisogno del quartiere Sanlorenzo.

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"Mercato San Lorenzo vuole diventare un luogo di incontro - ha detto l'ideatore e imprenditore Dario Mirri - per allestire questo spazio abbiamo investito circa 3 milioni di euro. I prodotti freschi sono il nostro core business, è il primo esperimento in Sicilia. La formula scelta è quella della filiera corta, vogliamo mettere in contato produttori e consumatori". "In Sicilia esistono 5 mila imprese - ha aggiunto- che commercializzano agroalimentari e 220 mila aziende produttive, sono numeri importanti e ho immaginato che c'era la necessità di creare un luogo di intermediazione non solo per commercianti e produttori ma anche tra quest'ultimi e i consumatori finali".

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2016/03/17/news/palermo_apre_l_ipermercato_a_km_zero_2800_prodotti_made_in_sicily-135697844/