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mercoledì 22 settembre 2021

Covid: Dia, cresce il tentativo delle mafie di infiltrarsi nell'economia.

 

'Le organizzazioni puntano a rilevare imprese e fondi pubblici. Meno violenza e più sinergia con i colletti bianchi'.

Con il prolungamento dell'emergenza dovuta al Covid, "la tendenza ad infiltrare in modo capillare il tessuto economico e sociale sano" da parte delle organizzazioni criminali "si sarebbe ulteriormente evidenziata". E' quanto afferma la Relazione della Dia al Parlamento relativa al II semestre del 2020 sottolineando che si tratta da parte delle mafie di una "strategia criminale che, in un periodo di grave crisi, offrirebbe alle organizzazioni l'occasione sia di poter rilevare a buon mercato imprese in difficoltà, sia di accaparrarsi le risorse pubbliche stanziate per fronteggiare l'emergenza sanitaria". 

La criminalità organizzata cambia sempre più faccia: Cosa Nostra, Camorra, 'Ndrangheta lavorano costantemente per ampliare le proprie capacità di relazione e sempre più in sinergia con i colletti bianchi, "sostituendo l'uso della violenza, sempre più residuale, con linee d'azione di silente infiltrazione".

L'analisi di come si stanno evolvendo le organizzazioni criminali è contenuta nella Relazione della Direzione investigativa antimafia.

I clan di Cosa Nostra, non riuscendo a ricostruire la Cupola cui spettava il compito di definire le questioni più delicate, hanno adottato "un coordinamento basato sulla condivisione delle linee di indirizzo e dalla ripartizione delle sfere di influenza tra esponenti di rilievo dei vari mandamenti, anche di province diverse".  Nelle province di Palermo, Trapani e Agrigento Cosa Nostra resta egemone e si registrano ripetuti tentativi di una "significativa rivitalizzazione" dei contatti con le famiglie all'estero: le indagini rivelano come i clan hanno "riaperto le porte ai cosiddetti 'scappati' - dicono gli analisti - o meglio, alle nuove generazioni di coloro i cui padri avevano dovuto trovare rifugio all'estero a seguito della guerra di mafia dei primi anni ottanta".

Nell'area centro-orientale della Sicilia sono invece attive organizzazioni "più fluide e flessibili" che si affiancano ai clan storici. Tra queste, sottolinea la Relazione, "un rilievo particolare è da attribuire alla 'Stidda', un'organizzazione inizialmente nata in contrapposizione a Cosa Nostra ma che oggi tende a ricercare l'accordo con quest'ultima per la spartizione degli affari illeciti".

Le indagini hanno anche evidenziato come alcune di queste organizzazioni hanno fatto "un salto di qualità" passando da gruppi dediti principalmente ai reati predatori a sodalizi "in grado di infiltrare il tessuto economico-imprenditoriale del nord Italia". Sempre gli stessi i settori d'interesse sui quali si concentrano le attenzioni dei clan: estorsioni, usura, narcotraffico, gestione dello spaccio di droga, infiltrazione nel gioco d'azzardo illecito e del controllo di quello illegale. E continua, anche, l'infiltrazione in quelle aree economiche che beneficiano di contributi pubblici, in particolare nei settori della produzione di energia da fonti rinnovabili, dell'agricoltura e dell'allevamento. Infiltrazioni possibili grazie alla "complicità di politici e funzionari infedeli".

La Dia nell'ultimo semestre del 2020 ha eseguito 726 monitoraggi nei confronti di imprese impegnate in appalti per grandi opere e ha svolto 12.057 accertamenti su persone fisiche.

La 'ndrangheta rimane saldamente leader nel narcotraffico internazionale, ma "non appare più così monolitica ed impermeabile alla collaborazione con la giustizia da parte di affiliati nonché di imprenditori e commercianti, sino a ieri costretti all'omertà per il timore di gravi ritorsioni da parte dell'organizzazione mafiosa". La Relazione segnala la consolidata proiezione dei gruppi affiliati in tutte le regioni italiane, in diversi Paesi europei (Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio, Olanda, Germania, Austria, Repubblica Slovacca, Romania e Malta), nonchè in Australia, Stati Uniti e Canada. Sottolineato anche il frequente coinvolgimento negli affari illeciti di donne e di minori.

"La spregiudicata avidità della 'ndrangheta non esita a sfruttare il reddito di cittadinanza nonostante la crisi economica che grava anche sul contesto sociale calabrese e benché l'organizzazione disponga di ingenti risorse finanziarie illecitamente accumulate". Il riferimento è una serie di inchieste che hanno visto diversi personaggi affiliati o contigui ai clan calabresi quali indebiti percettori del reddito di cittadinanza: coinvolti, in particolare, uomini delle famiglie Accorinti, Mannolo, Pesce, Bellocco. Nell'ambito dell'operazione Tantalo, ad esmepio, i Carabinieri hanno deferito all'autorità giudiziaria di Locri 135 percettori irregolari di buoni spesa Covid, alcuni dei quali legati per vincoli di parentela e/o affinità a sodalizi del luogo e, circa la metà, residenti a San Luca.

ANSA

martedì 15 dicembre 2020

La criminalità organizzata è ovunque in Italia, ma cresce la resistenza. Ecco la mappa. De Raho: “Sono le mafie a creare arretratezza”. - Luisiana Gaita

 

Quali sono le province a presentare i valori più elevati dell’Indice di permeabilità alla criminalità organizzata (Ipco), secondo una ricerca Eurispes, realizzata nell’ambito del Protocollo d’intesa con la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e presentata oggi a Roma.

Non ci sono, in Italia, zone di “non permeabilità” alla criminalità organizzata, anche se le province il cui il rischio è maggiore coincidono con quelle con la maggiore arretratezza economica e sociale del Paese. Di fatto, sono le province calabresi e campane a presentare i valori più elevati dell’Indice di permeabilità alla criminalità organizzata (Ipco), secondo una ricerca Eurispes, realizzata nell’ambito del Protocollo d’intesa con la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e presentata oggi a Roma. Secondo il procuratore Federico Cafiero de Raho, a capo della Dna, “non è l’arretratezza socioeconomica che genera le mafie, ma sono le mafie che causano l’arretratezza. Senza le mafie il nostro Paese sarebbe il primo Paese al mondo”. Dati preoccupanti arrivano non solo dal Sud: nella provincia di Roma il livello di permeabilità cresce di 3,28 punti e la fa balzare in graduatoria di 44 posizioni. Non va meglio alla provincia di Milano, il cui livello è cresciuto del 2,57, salendo di 39 posizioni. Questi dati sono dovuti al fatto che sono diverse le cause di permeabilità lungo la Penisola. E, anche se si registra un calo generale delle condizioni che consentono ai clan di penetrare nel tessuto sociale, economico, politico delle varie aree del Paese, le eccezioni (come quelle di Roma e Milano) non mancano. “In generale nelle province del Sud la vulnerabilità è principalmente dovuta a forme di fragilità economico-sociali, che spingono i gruppi criminali a forme più tradizionali di controllo del territorio, che generano a loro volta una maggiore fragilità” spiega il presidente di Eurispes, Gian Maria Fara, sottolineando che “nelle province del Nord la vulnerabilità è più legata al mondo produttivo, dove i gruppi criminali possono infiltrarsi in virtù della forza finanziaria ottenuta attraverso proventi illeciti”.

LA POLARIZZAZIONE TRA NORD E SUD – Lo studio conferma, anche un collegamento fra il fenomeno e il manifestarsi di crisi economico-finanziarie nazionali e internazionali. E questa, visti i tempi che viviamo e la crisi innescata dalla pandemia dovuta al Covid-19, non è certo una buona notizia. Attraverso l’analisi e l’incrocio di 163 indicatori specifici, è stato costruito un indice (ottenuto combinando 19 indicatori compositi) con l’obiettivo di rappresentare per ogni singola provincia il grado di permeabilità (e quindi anche di resistenza) rispetto alle strategie adottate dalla criminalità organizzata e di misurare, sostanzialmente, due fattori: vulnerabilità e appetibilità dei territori. I valori più alti dell’indice sono misurati per le province del Mezzogiorno, mentre nel Nord-Est si trovano i valori più bassi. Le prime due province sono Crotone e Vibo Valencia, rispettivamente con valori di 108,62, e 107,29, la terza è Napoli e la quarta è Reggio di Calabria, con valori simili tra loro (106,89 e 106,88). Per queste quattro province si evidenzia una spiccata permeabilità. L’unica provincia del Nord d’Italia tra le prime 10 è Imperia, ottava nella graduatoria. Le province meno esposte alla criminalità organizzata si trovano in Lombardia e in Friuli-Venezia Giulia: sono Monza e della BrianzaComoUdinePordenone e Lecco. Anche la mappa dei valori aggregati per Regione conferma sostanzialmente l’andamento provinciale.

CRESCE LA RESISTENZA, MA NON A ROMA E MILANO – Ad eccezione delle province di Roma e Milano, l’analisi dinamica (nel tempo) dell’indice ha messo invece in luce una generale crescita della resistenza alla criminalità organizzata, con una minore polarizzazione tra Nord e Sud rispetto all’analisi che si basa solo sulla situazione attuale. Altre province che mostrano valori in crescita sono Chieti (+2,08) e due province siciliane, Siracusa e Messina, che non solo hanno valori in crescita ma anche alti. E che si aggiungono, in Sicilia, a quelli di Palermo e Agrigento, che pure hanno visto aumentare la propria permeabilità. Tra le province più virtuose c’è Bolzano (indice IPCO è calato di 8,38 punti, scendendo in graduatoria di 71 posizioni). Altre province che si sono distinte positivamente sono Matera (-4,86), Terni (-4,74) e Lodi (-4,70).

LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA SI ADATTA AI TERRITORI – Molto polarizzati tra Nord e Sud gli indicatori della povertà, del mercato del lavoro e quello dell’inadeguatezza delle Istituzioni. Al contrario, gli indicatori sulle banche, sui servizi e quello sulle condizioni finanziarie delle famiglie delineano una connotazione geografica più debole. In questo contesto, se la permeabilità del Sud è principalmente dovuta alla vulnerabilità sociale, quella del Nord è legata soprattutto alle possibilità speculative e di profitto. “La criminalità organizzata – spiega Gian Maria Fara – ha dimostrato di saper adattare le proprie strategie di crescita ai bisogni del territorio, riuscendo spesso a presentarsi come alternativa alle risorse legali, soprattutto per le categorie sociali più vulnerabili”. Secondo il presidente di Eurispes “ciò permette a queste organizzazioni di aumentare sia il loro controllo sul territorio, sia il sostegno ricevuto da parte dello stesso”. Inoltre, infiltrandosi nei tessuti produttivi legali, la criminalità organizzata mimetizza le proprie condotte “rendendo più difficile distinguere tra legale e illegale. Ciò avviene – aggiunge – tanto per i processi produttivi, quanto per le risorse usate e per le forme organizzative e di competizione, con grave danno delle realtà imprenditoriali più virtuose, della credibilità di un intero sistema economico, della fiducia nella sua struttura finanziaria”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/15/la-criminalita-organizzata-e-ovunque-in-italia-ma-cresce-la-resistenza-ecco-la-mappa-de-raho-sono-le-mafie-a-creare-arretratezza/6037450/

martedì 24 novembre 2020

Mercato dei vaccini, s.o.s. ’ndrangheta. - Nicola Gratteri e Antonio Nicaso

 

Mafie nell’emergenza covid - La criminalità organizzata sfrutta eventi drammatici e crisi per incrementare il proprio giro d’affari: i cosiddetti farmaci generici sono già da tempo bocconi appetitosi.

Hanno fiutato subito l’affare. Le loro voci sono state intercettate in diverse indagini. Tutti a parlare di mascherine (chirurgiche, facciali filtranti Ffp2/Ffp3), guanti in lattice, camici monouso, occhiali protettivi e flaconi disinfettanti. Come se fossero esperti del settore. Sono aumentate in modo esponenziale anche le truffe che promuovono kit di test e trattamenti per il coronavirus, come ha spiegato l’Europol, segnalando pure un aumento degli acquisti di prodotti farmaceutici e sanitari contraffatti quali appunto mascherine, antivirali o gel a base di alcol.

Il 28 marzo 2020, funzionari dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di Gioia Tauro, unitamente ai militari della Guardia di Finanza del comando provinciale di Reggio Calabria, hanno intercettato due importanti carichi di materiale medico e sanitario, contenenti 364.200 paia di guanti sterili per uso chirurgico provenienti dalla Malesia e 9720 dispositivi endotracheali, provenienti dalla Cina, utilizzati per l’intubazione di pazienti con difficoltà respiratorie. Truffe del genere sono state scoperte in diverse località: da Bari a Perugia, da Roma a Lecce. Spesso, a muoversi in situazioni del genere sono le “teste di paglia”, i prestanome. È stata un’imbarcata che ha coinvolto moltissima gente che ha intuito la possibilità di facili guadagni, a scapito della collettività. Una sorta di “tana libera tutti” che ha consentito, ancora una volta, ai furbi di uscire allo scoperto.

Durante il lockdown la richiesta di medicinali e di dispositivi di protezione individuale ha registrato una notevole impennata in tutto il mondo. La domanda è stata in parte soddisfatta rivolgendosi a fonti alternative, spesso non autorizzate e illegali, gestite o finanziate da organizzazioni criminali. Oltre al rischio di trovarsi in mano prodotti contraffatti, ancora una volta è emersa la capacità di adattamento dei faccendieri dell’emergenza, come dimostra l’operazione “Pangea XII”, che ha portato all’arresto in varie parti del mondo di 121 persone e al sequestro di farmaci potenzialmente pericolosi per un valore di oltre 14 milioni di dollari, tra cui più di 34.000 mascherine contraffatte e scadenti, “anticorona spray” e “medicine contro il coronavirus”. Secondo l’Interpol, tra marzo e aprile 2020, le mascherine sono state il prodotto sanitario maggiormente oggetto di truffe. A Istanbul, in Turchia, ne sono state sequestrate circa 1 milione con l’arresto di cinque persone sprovviste di autorizzazione che producevano in condizioni di totale insicurezza. In India, la polizia ha smantellato una fabbrica illegale e sequestrato più di 27.000 mascherine contraffatte nelle aree di Bangalore e nel Kerala. Gli autori della truffa avevano già venduto circa 75.000 unità a diversi ospedali e istituzioni statali. In Thailandia, la polizia ha perquisito una fabbrica che nella provincia di Saraburi vendeva mascherine usate come nuove.

Da tempo le mafie hanno messo le mani anche su importanti risorse della sanità pubblica. Ha fatto il giro del mondo, per esempio, la notizia pubblicata dal Financial Times secondo cui alcuni privati, nell’impossibilità di farsi liquidare da aziende sanitarie pubbliche calabresi, avrebbero venduto i loro crediti a banche e società estere. Secondo il noto quotidiano britannico, i titoli venduti a investitori internazionali tra il 2015 e il 2019 ammonterebbero a circa 1 miliardo di euro. In un caso, i titoli commerciali e le obbligazioni legate ad aziende sospettate di avere legami con la ’ndrangheta sarebbero stati acquistati da una delle banche private più importanti d’Europa. Scrive Gaetano Mazzuca sulla Gazzetta del Sud: “Ancora una volta, è il buco nero della sanità calabrese a trasformarsi in un lucroso affare per la ’ndrangheta”. Della vicenda si è occupato anche l’Ufficio investigativo della Banca d’Italia, che avrebbe individuato un pacchetto finanziario, del valore di 400.000 euro, riconducibile a un’azienda coinvolta nel settore delle apparecchiature acustiche, degli articoli medici e ortopedici. Il nome dell’azienda era già comparso nel voluminoso fascicolo dell’inchiesta “Quinta Bolgia”, con cui la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha scoperto l’infiltrazione dei clan lametini nella sanità pubblica, tanto da far decidere al ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, lo scioglimento dell’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro. L’azienda coinvolta era riuscita a mettere le mani sul servizio delle autoambulanze sostitutive del servizio pubblico, delle onoranze funebri, della fornitura di materiale sanitario, del trasporto del sangue, escludendo dal mercato le altre ditte mediante un’illecita concorrenza e cercando di turbare, tramite atti illeciti, la regolarità delle gare di affidamento.

Quello dei debiti della pubblica amministrazione, soprattutto nel settore della sanità, rischia di diventare terreno fertile per l’infiltrazione della criminalità mafiosa. “La criminalità organizzata, grazie alla complicità di apparati burocratici contigui o compiacenti”, spiega Domenico Guarascio, magistrato della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, “condiziona sempre più le gare d’appalto. Le forniture di beni e servizi verso le Asp sono spesso gonfiate anche grazie all’emissione di fatture false o all’erogazione di prestazioni di valore inferiore rispetto al normale”. C’è anche il rischio concreto che le mafie possano appropriarsi del mercato dei vaccini, come ha avvertito nel giugno 2020 lo stesso capo della polizia, Franco Gabrielli, nel suo intervento in videoconferenza con i vari Paesi che aderiscono al progetto I-Can (Interpol Cooperation against ’ndrangheta). In particolare, Gabrielli ha spiegato come la ’ndrangheta punti alla possibilità di entrare in società che gestiscono la produzione di farmaci e vaccini. Quello dei cosiddetti “equivalenti”, ovvero i farmaci generici, è un mercato in continua crescita. In Nord America organizzazioni criminali riconducibili alla Russia e alla Georgia hanno cominciato a mettere le mani su aziende che riproducono farmaci con la copertura brevettuale scaduta. Negli Stati Uniti, dove non esiste l’assistenza sanitaria garantita dallo Stato, sono proprio le assicurazioni a incentivare il consumo dei farmaci generici, che costano molto meno. Ci sono poi nuovi canali di distribuzione come il dark web, dove è possibile acquistare di tutto e dove i farmaci più richiesti sono l’anticolesterolemico atorvastatina e quelli volti a migliorare le prestazioni fisiche e sessuali.

© 2020 Mondadori Libri Spa, Milano

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