Visualizzazione post con etichetta Expo 2015. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Expo 2015. Mostra tutti i post

venerdì 23 giugno 2017

Expo, il sindaco Sala indagato anche per turbativa d’asta per la maxi-gara sugli alberi strapagati alla Mantovani. - Luigi Franco

Expo, il sindaco Sala indagato anche per turbativa d’asta per la maxi-gara sugli alberi strapagati alla Mantovani

Non più solo il falso. Ma anche la turbativa d’asta. La situazione giudiziaria di Giuseppe Sala si complica, visto che la procura generale ha aggiunto un’ipotesi di reato nelle indagini su Expo a carico dell’attuale sindaco di Milano, che proprio in questi giorni si avviano verso la chiusura con la probabile richiesta di rinvio a giudizio. Al centro delle verifiche dei magistrati – come scrive il Corriere della Sera – è finita una fornitura di 6mila alberi compresa nel principale appalto dell’esposizione, quello da 272 milioni di prezzo base per la realizzazione della piastra.
La fornitura delle piante fu affidata nel luglio del 2013 senza gara alla Manotovani, il costruttore che si era aggiudicato il maxi-appalto, per ben 4,3 milioni di euro, 716 euro a pianta. Quattro mesi dopo l’impresa stipulò un contratto di subfornitura con un vivaista per 1,6 milioni, 266 euro a pianta. La società guidata da Sala, come altre volte, aveva giustificato la scelta di un affidamento diretto con motivi di urgenza. Ma gli alberi, alla fine, erano stati piantati solo nell’autunno del 2014. Tutti aspetti che erano noti da tempo, ma la procura di Milano aveva deciso di non contestarli, così come non aveva contestato la retrodatazione di un documento che il 30 maggio 2012 consentì di cambiare in corsa due dei membri della commissione di valutazione delle offerte per non far saltare la gara e doverla riavviare daccapo. Di qui la richiesta di archiviazione dei pm – a cui il gip si era opposto – e la successiva presa in carico delle indagini da parte della procura generale, che aveva deciso di andare avanti ritenendo inerte la procura di Milano.
Così il nome di Sala era stato iscritto nel registro degli indagati, in quel momento solo per la retrodatazione del documento, “un falso materiale e ideologico” secondo i magistrati. A tale notizia, lo scorso dicembre, l’ex commissario unico aveva reagito auto sospendendosi per alcuni giorni dalle sue funzioni di sindaco. Ilfattoquotidiano.it aveva provato a chiedergli come mai gli alberi fossero stati comprati da un costruttore anziché da un vivaista: “Stiamo parlando di una cosa che è pari circa a un millesimo di tutti i soldi che ha speso Expo”, aveva tagliato corto Sala.
Secondo quanto riporta il quotidiano di via Solferino, in seguito a interessamenti politici regionali finalizzati a non escludere dalla gara i vivaisti lombardi, a un certo punto l’appalto per gli alberi avrebbe dovuto essere scorporato dal bando principale. In quel momento – ritiene l’accusa – la gara avrebbe dovuto essere riformulata in modo da consentire di correre anche ad aziende che non avessero partecipato al bando sulla piastra perché non in grado di garantire la fornitura di piante. In ogni caso lo scorporo del verde dal bando principale non andò a buon fine, visto che il vivaista incaricato non riuscì a garantire la fornitura, che a quel punto Expo decise di affidare direttamente alla Mantovani.
Oltre a Sala, sono indagati dalla procura generale altre sei persone, tra imprenditori e dirigenti di Expo, per ipotesi di reato diverse. La nuova inchiesta si è inserita nel solco dello scontro avvenuto tre anni fa a Palazzo di Giustizia tra il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati e il pm Alfredo Robledo. E di quella “sensibilità istituzionale”, per cui l’ex premier Matteo Renzi in passato ringraziò la procura di Milano per la gestione della vicenda Expo.

lunedì 22 giugno 2015

L’Italia che sa vivere solo in emergenza. - Bruno Manfellotto

L’Italia che sa vivere solo in emergenza

Nelle situazioni estreme diamo il meglio di noi. Finita la corsa per aprire decentemente l’Expo, 
si riapre un fronte antico: quello dei conti pubblici.


Dunque le lacrime della prof Elsa Fornero ci costeranno quattro anni dopo una decina di miliardi (16 secondo Vincenzo Visco). Il groppo in gola, mentre la ministra pro tempore spiegava la riforma pensionistica, arrivò in diretta tv, la sera di domenica 4 dicembre 2011, alla parola «sacrificio», cioè l’azzeramento dell’indicizzazione al costo della vita delle pensioni superiori ai 1443 euro. Già allora molti temevano che la norma fosse incostituzionale, alcuni ne erano convinti, ma davvero la ministra pro tempore non poteva fare altrimenti, e meno male che lo fece: l’Italia rischiava il default, la fine della Grecia, già si immaginavano i cavalli della Troika abbeverarsi alle fontane di piazza Navona, a un passo dal Senato. E il governo Monti tagliò, tecnicamente, per evitare il commissariamento. Si era in emergenza. Come sempre.

Sì, il bel paese vive in perenne emergenza e solo quando questa incombe, esso si agita si industria si muove risolve. E talvolta riesce pure a dare il meglio di sé. Solo che emergenza chiama altra emergenza. La bocciatura della Corte costituzionale, per esempio, ha cancellato d’un colpo il sogno di attingere al tesoretto di 1,6 miliardi, nascosto nelle pieghe del bilancio pubblico, che Matteo Renzi avrebbe voluto destinare ai redditi più bassi e agli ammortizzatori sociali, riedizione corretta degli 80 euro in busta paga di un anno fa. Ma dieci (o 16?) miliardi sono tanti, due volte il gettito Imu sulla prima casa e più, assai difficili da trovare, e il buco costringerà il governo a una dura legge finanziaria - d’emergenza - e a riaprire le trattative con l’Ue sul contenimento del debito. Altro che avviare un piano Obama.

Anche l’EXPO, si sa, è stato realizzato in emergenza. E a caro prezzo. La corsa finale e un bel po’ di lavori aggiuntivi hanno fatto lievitare i costi: per il Padiglione Italia erano stati messi in conto 63 milioni, ne sono stati spesi 92; per la Piastra, la spina dorsale dell’Expo, il preventivo diceva 165 milioni, non ne basteranno 200; per rispettare l’investimento pubblico di 1,3 miliardi, infine, è stato necessario un robusto taglio ai progetti iniziali. Emergenza, ma legale, sarà anche il dopo Expo in un intreccio di controversie, tagli, ribassi di prezzi, contratti siglati con imprese sotto osservazione e ora all’esame di Raffaele Cantone.

Continuiamo? Sono emergenza continua gli sbarchi dei migranti; la corruzione; la spesa pubblica; la sanità; l’ambiente dissestato. E naturalmente anche il maltempo, i rifiuti, i dopo terremoto che durano per generazioni senza che nessuno vi ponga definitivamente rimedio. Non si programma né si previene. Di conseguenza l’esecutivo si adegua sparando decreti legge, d’urgenza e di emergenza: Berlusconi e Monti ne produssero insieme un centinaio; Enrico Letta più di venti, cifra appena superata dal gabinetto Renzi. In tutto, più o meno 165 decreti presentati in sei anni. In emergenza è stata approvata anche la nuova legge elettorale: a colpi di fiducia. E c’è la drammatica emergenza lavoro per la quale evidentemente non basta il Jobs Act: l’acqua c’è, avrebbe detto lord Keynes, ma il cavallo non beve. Insomma, la madre di tutte le emergenze è ancora la crisi economica. Che ci ricorda, dopo l’ubriacatura muscolare dell’Italicum, che ora bisogna cominciare a governare sul serio.

P.s. Se permettete, vorrei spezzare una lancia a favore dei “gufi”, come li chiama Renzi, quelli seri e intellettualmente onesti, per i quali il mio apprezzamento è pari alla gioia che ho provato per il brillante esordio dell’expo di Beppe Sala & c. Ecco perché: forse, se non ci fossero state le copertine dell’“Espresso” sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nelle imprese appaltatrici, non si sarebbe arrivati alla nomina di Raffaele Cantone a commissario anticorruzione e al suo prezioso lavoro di ripulitura; forse, senza le inchieste dell’“Espresso” sul ritardo nei lavori, non ci sarebbe stato quello scatto d’orgoglio che ha poi consentito di ultimare quasi tutti i padiglioni; forse, se non ci fossero state le domande che “l’Espresso” si è posto sull’uso di quelle immense aree a esposizione ultimata, sarebbe stato rimosso il tema centrale del dopo Expo. Insomma, per farla breve, evviva l’Expo, ma anche i gufi.

giovedì 9 aprile 2015

Expo 2015, l’offerta del Pd Milano: “Biglietto con la tessera del partito”. - Alessandro madron



A Milano il Partito Democratico si inventa una promozione per gli under 30: con la tessera del Pd e riceveranno anche un ingresso all'Expo.

“Hai meno di 30 anni? Iscriviti al Pd di Milano e acquista da noi il tuo biglietto Expo, ti costerà 25 euro al posto di 50″. A Milano, per gli under 30 che si iscrivono al Partito Democratico l’ingresso all’Expo è incluso nel prezzo della tessera. Sta scritto nero su bianco sul portale ufficiale del Pd milanese (www.pdmilano.net) e: no, non è affatto uno scherzo. Insomma, prendi due e paghi uno, proprio come al supermercato. Solo che parliamo di un partito. Del partito che esprime la maggioranza di governo di questo paese.
Forse si tratta solo del tentativo estremo di scacciare i gufi che se ne stanno appollaiati sul recinto del costruendo polo espositivo milanese. Forse l’iniziativa nasce dalla volontà di ingraziarsi il premier-segretario, propiziando nel contempo il successo di un’iniziativa che, ad oggi, ha offerto occasioni di discussione quasi esclusivamente in tema di scandali e di ritardi. Certo è che l’iniziativa del Pd meneghino, avallata e promossa dal segretario Pietro Bussolati, è di quelle destinate a far discutere ben oltre i confini della città e, certo, non solo per la sua carica di originalità.
Sul sito dem i toni sono squillanti: “Il Pd è l’unico partito a Milano ad essere rivenditore ufficiale dei biglietti per Expo 2015”. Un annuncio orgoglioso quello di Bussolati, che poi continua spiegando: “Crediamo fortemente nel successo della manifestazione e vogliamo, come è nel nostro dna, metterci a disposizione della città anche in questa importante occasione. Vogliamo che tanti milanesi visitino Expo”. Mai come in questo caso volere è potere e il colpo di genio è dietro l’angolo: “Per questo abbiamo deciso di acquistare e rivendere i tagliandi ai nostri iscritti con una promozione dedicata. E per i giovani under 30, che si iscriveranno al Partito Democratico di Milano, un’opportunità in più: con 25 euro riceveranno tessera 2015 e un biglietto per visitare Expo”.
Che all’ombra della Madonnina l’expo-entusiasmo dovesse diventare maggioritario lo si sospettava da tempo ma che, addirittura, il partito del presidente del consiglio si prendesse la briga di comprare e rivendere gli ingressi alla manifestazione, questo non se lo aspettava nessuno.
Dal canto loro i democratici milanesi, con il passare delle ore si sono accorti di aver innescato la macchina mediatica e in serata hanno affidato una nota di precisazione al profilo facebook del partito: “Siamo onorati di tutta l’attenzione che si sta dando all’affaire il Pd vende i biglietti di expo” e con una punta di sarcasmo aggiungono: “State sereni! Il Pd di Milano è in regola con le procedure di rivendita dei biglietti di Expo essendo un rivenditore ufficiale autorizzato come molti altri in città e fuori” e, travisando forse il motivo reale dello sbigottimento seguito alla proposta, continuano nella precisazione: “Possiamo far avere ai nostri iscritti ad un prezzo vantaggioso i biglietti aperti e, a nostra discrezione (non ricevendo alcun finanziamento pubblico ma basandoci solamente, da ormai 1 anno, su libere sottoscrizioni volontarie), abbiamo scelto di far avere ai giovani la possibilità di visitare l’esposizione universale ad un prezzo ridotto e per loro accessibile”. Il partito si mette sul piano di qualunque altro organo, ente o istituzione: “Le università stanno agevolando la visita ad expo per i loro studenti, noi abbiamo pensato di contribuire ad allargare quest’offerta anche ai giovani che universitari non sono, offrendo loro sia la possibilità di partecipare alla vita del nostro partito che quella di vedere l’esposizione”. Poi specificano che a brevissimo pubblicheranno il regolamento finanziario che darà i dettagli di tutta l’operazione.
Si attendono possibili contromosse degli avversari politici. Magari un ingresso omaggio per una cena elegante con la tessera di Forza Italia o una felpa personalizzata con l’iscrizione alla Lega.

lunedì 19 maggio 2014

Expo 2015, l’intercettazione: “Alfano mi ha offerto un ruolo di consigliere”. -

Expo 2015, l’intercettazione: “Alfano mi ha offerto un ruolo di consigliere”


Dagli atti dell'inchiesta su Expo 2015 - che ha portato a una raffica di arresti per le manovre occulte sugli appalti - continuano a venire fuori intercettazioni in cui si evocano o si fa riferimento a ministri del governo Renzi. Dopo Maurizio Lupi, che smentisce di aver avuto mai a che fare con la "squadra", viene fuori il nome del ministro dell'Interno. A parlare è l'ex senatore Grillo.


La cupola e i politici. Dagli atti dell’inchiesta su Expo 2015 – che ha portato a una raffica di arresti per le manovre occulte sugli appalti - continuano a venire fuori intercettazioni in cui si evocano o si fa riferimento a ministri del governo Renzi. Dopo Maurizio Lupi, che smentisce di aver avuto mai a che fare con la “squadra”, viene fuori il nome di Angelino Alfano
Grillo: “Alfano mi ha offerto ruolo di consigliere economico”. In una telefonata intercettata, lo scorso 24 marzo l’ex senatore di FI e del Pdl Luigi Grillo raccontava, parlando con Cesare Previti, che il ministro dell’Interno “gli avrebbe offerto il ruolo di ‘consigliere economico’ personale”, col “fine di ‘seguire anche un po’ le nomine”. Argomento che è molto discusso dagli indagati. In una annotazione della Guardia di Finanza del 31 marzo si spiega che Grillo, che davanti al gip ha negato di aver preso soldi o turbato gare, nella telefonata racconta a Previti dell’incontro con il responsabile del Viminale che a suo dire “gli avrebbe offerto il ruolo di ‘consigliere economico personale, nella qualità di ‘capo delegazione dell’Ncd al Governo’”
Tra l’altro si legge ancora, Grillo “dice che gli avrebbe parlato di ‘Giuseppe’ (Nucci)”, ex manager di Sogin, “e su quest’ultimo, Alfano avrebbe risposto ‘sì sì va bene lo mettiamo in conto di dargli uno … poi te ne parlerà anche Cesare’”. Grillo poi, scrive ancora la Gdf, “aggiunge, sempre parlando di Nucci, che avrebbe sentito anche Giuseppe, gli ho detto guarda ci vediamo domani, con Cesare c’abbiamo sempre a cuore la tua vicenda, non dubitare. Adesso sto andando da Alfano e poi ti dico…”.
”Ah c’è Lusetti (…) Bene! Devo sentire che nomine fanno quelli lì”. 
Ah c’è Lusetti (…) Bene! Devo sentire che nomine fanno quelli lì, di quella banda lì, del Governo”. Così in un’intercettazione del 28 marzo scorso, l’ex parlamantare Dc Gianstefano Frigerio commentava il fatto che la sua segretaria aveva fissato per lui “una cena” con “l’Onorevole Renzo Lusetti”, ex parlamentare del Pd e dell’UdcLa segretaria di Frigerio infatti, come spiega la Gdf in una delle annotazioni, lo “avvisa” che per il “prossimo 2 aprile” ha fissato una cena con Lusetti, “e Frigerio commenta: “Ah c’è Lusetti a cena. Bene!“’. E così, scrive la Finanza, evidenzia “il movente principale dell’incontro con il parlamentare” proprio “nell’argomento delle nomine dei vertici ‘pubblic’, tanto strategico” per i “progetti del sodalizio”.
“La cupola si attivò anche per appalto Termomeccanica”. Secondo gli investigatori la cupola si sarebbe “attivamente” adoperata per favorire una delle società legate ai componenti della a ipotizzata associazione per delinquere anche in “una gara” d’appalto “riguardante Termomeccanica spa”, storica azienda del settore metalmeccanico con sede a La Spezia. Secondo la Gdf, in particolare, Grillo, ora in carcere e che era consigliere nel Cda di Termomeccanica, e Sergio Cattozzo, il presunto ‘corriere’ delle tangenti, si sarebbero mossi per favorire la Prisma Impianti spa di Valerio Alfonso, una delle società che avrebbero avuto “collegamenti” con gli indagati  che puntava a Termomeccanica che stava “procedendo alla selezione/individuazione dei fornitori”. Nel contesto di un lavoro tra “la stazione appaltante”, che era l’azienda spezzina, “e la società Prisma Spa”, si legge nell’annotazione, Grillo “fornisce ad Alfonso il recapito telefonico del responsabile (di Termomeccanica) della commessa”. Il titolare della Prisma, inoltre, intercettato al telefono con Cattozzo il 25 ottobre 2013, diceva: “Abbiamo individuato subito un filone proprio bello chiaro e … ‘io ti do questo, tu mi dai quello, io ti dò”. 
“Una cooperativa mise a disposizione auto per Greganti”. Una delle cooperative, che sarebbero state legate alla cosiddetta ‘cupola degli appalti’, avrebbe noleggiato e messo a disposizione di Primo Greganti, l’ex funzionario del Pci che al gip ha dichiarato di occuparsi di legno, un’auto “in ragione della sua opera ‘mediatoria’ a favore dell’impresa”. Secondo le Fiamme Gialle il 18 febbraio del 2014, infatti, la coop Viridia, società che sarebbe stata molto ‘vicina’ al ‘Compagno G’ e avrebbe lavorato anche nell’appalto per la ‘Piastra’ dell’Expo, mandò, scrive la Gdf, una e-mail a Greganti con la “copia di un’ offerta di noleggio relativa ad un’autovettura Audi A4”, scrivendogli anche: “In attesa di un cortese riscontro per definire il contratto”. L’auto, secondo la Gdf, è stata “trattata dalla cooperativa Viridia per una diretta utilità di Greganti“. 

Expo, paralisi e tangenti a Milano. Smirne “la sconfitta” realizza il dossier e rinasce. - Thomas Mackinson

Expo, paralisi e tangenti a Milano. Smirne “la sconfitta” realizza il dossier e rinasce


E' la città cui l'Italia ha soffiato l'occasione dell'Esposizione Universale. Ma la perla dell'Egeo, anche senza la pioggia di milioni, in sette anni ha realizzato le opere del dossier di candidatura: aeroporti, porti, autostrade, università. Tanto che il suo rating è superiore a quello di Milano. E perfino in mezzo alla tragedia di Soma, c'è chi dice: "L'Italia non meritava questa figuraccia planetaria".

C’è l’aeroporto nuovo di zecca da sette milioni di passeggeri. Il porto allargato, la nuova autostrada per Ankara, 96 km di metropolitana e ben nove università. Tutto, rigorosamente, no ExpoA duemila chilometri da Milano in questi giorni c’è poco da ridere dopo la strage di Soma, con gli operai intrappolati nella miniera a mezz’ora d’auto da Smirne. Ma ai turchi non è sfuggito quanto accaduto in Italia, l’inchiesta su tangenti e appalti che ha azzerato i vertici Expo e rischia ora di far naufragare l’evento che sette anni fa han perso, per una manciata di voti, a favore di Milano. La notizia li ha riportati al 31 marzo del 2008, quando la città sull’Egeo fu sconfitta dalla superiore attività di lobbying dell’Italia, che non risparmiava nulla per ottenere il voto degli ambasciatori dell’Unesco: ambulanze, trattori e orologi compresi.
Quanto sta accadendo ora, a sette anni di distanza, per molti è una sorta di rivincita. Non tanto sul piano morale, che pure la Turchia ha le sue beghe di corruttela e tanta strada da fare sulla tutela dei diritti. E tuttavia un dato è ineludibile: mentre la Milano che ha vinto è rimasta al palo, tra ritardi e tangenti, Smirne “la sconfitta” è andata avanti, realizzando da sola gran parte degli investimenti che si era prefissata nel 2008, senza i fondi che sarebbero arrivati dal governo centrale di Ankara. E ha avviato una stagione di nuova e sorprendente prosperità. Lo spread tra Smirne e Milano, del resto, era emerso subito. Dopo l’aggiudicazione, di fronte all’impasse milanese segnata da conflitti politici sull’asse Roma-Milano, più volte si è ipotizzato di “cedere” l’evento alla seconda classificata. Il sindaco Azız Kocaoglu, oggi alla miniera per coordinare i soccorsi, già nel 2008 profetizzava: “Perché mai gli Stati dovrebbero scegliere Smirne? Perché è una città che vuole e può crescere, rispetto a chi il proprio cammino verso lo sviluppo lo ha già percorso da un pezzo e faticherà ad andare oltre”. Ecco la nuova Izmir, allora, un punto geografico non banale nella cartografia dei ragionamenti sulla necessità dell’Expo. 
Investimenti e credibilità. Così rinasce una “metropoli AA+”Un colpo d’occhio su cosa sia diventata nel frattempo Smirne lo si può avere con due click. Basta confrontare il video della candidatura ufficiale per il 2015 con quello per il 2020. Perché Smirne ci ha riprovato e perso ancora, a favore di Abu Dhabi. Ma qui se ne fanno una ragione. Perché in sette anni la terza metropoli turca ha fatto passi da gigante, Expo o non Expo, a smentire la teoria per cui solo i grandi eventi internazionali possono trasformare le moderne metropoli. Il presidente della Camera di Commercio Italo-Turca è Rebii Akdurak. Al tempo era in prima linea per conquistare i delegati del BIE. “Quella retata per le tangenti, mi spiace per l’Italia che non si merita tanto scandalo”, dice. Due mesi fa è stato sui cantieri milanesi ed è rimasto di sasso: “Mi aspettavo grandi cose, a un anno dall’evento ho visto solo cumuli di terra, camion, strade per aria. Si fatica perfino a raggiungere il sito dell’esposizione”. 
Mentre Smirne ne ha fatta di strada. Non a caso il rating Fitch inchioda Milano a un modesto BBB+ mentre quello della città turca corre con un AA+, dovuto alla “capacità della municipalità di auto finanziare gli investimenti e diminuire i debiti”. E il perché è presto detto. “A parte la zona a dieci km dal centro, individuata per gli eventi internazionali che non vinciamo mai, la città in sette anni è rinata sotto tutti i punti di vista. Abbiamo allargato il porto: nel 2008 aveva zero passeggeri, oggi ne accoglie 600-700mila l’anno. Attraccano qui, per dire, anche Costa Crociere e Smc dopo aver fatto il giro delle isole greche che stanno a 8 miglia da qui”. Grazie al finanziamento per 110,8 milioni di euro di grandi banche internazionali (la francese French Development Bank, la Banca Europea per la ricostruzione e lo sviluppo (EBRD) e ING Bank sotto la guida del World Bank Finance Board IFC) si sta stanno realizzando tre ferryboat, 15 navi, nuovi porti e aree di manutenzione marittima con cui rafforzare i trasporti nel Golfo. 
Nel frattempo, è stata completata la metropolitana che ormai copre una distanza di 96 km, due in più di quella milanese la cui estensione è stata via via decurtata negli anni, sempre a causa della mancanza di fondi. A regime, quella turca raggiungerà i 302 km con nuove linee sotterranee, metropolitana di superficie, tram e monorotaia. “Tra i progetti più importanti la linea che collegherà la zona di NarlıdereIstihkam con Urla, percorrendo 30 km. Verrà esteso il percorso della metro con una nuova linea di 9,5 km che collegherà la zona di Üçyol con il campus universitario a Buca”, spiega Simone Favaro, che tre anni fa ha fondato un sito per gli italiani a Izimir (Il Nuovo Levantino). Il piano di mobilità urbana ha poi visto l’impiego di 33 milionidi euro per l’acquisto di 300 nuovi autobus. Si sta anche completando l’autostrada Izmir-Cesme, che tra un anno permetterà di raggiungere la capitale Ankara in tre ore anziché in sei. Ma l’elenco non è finito, per la gioia dei milanesi che ancora non sanno come raggiungere l’area espositiva di Rho-Pero con mezzi pubblici e strade di raccordo (Tem, Pedemontana, Brebemi) che non arriveranno in tempo, così come le nuove metropolitane promesse. Lo stesso aeroporto di Malpensa è “congelato” nella trattativa Alitalia-Ethiad, con la “Terza Pista” che non decolla mai. 
La beffa degli aeroporti. Malpensa ferma da anni, Izmir decollaQuello di Izmir, l’aeroporto Adnan Menderes, nel frattempo è diventato uno scalo d’importanza mondiale: con 7 milioni di passeggeri l’anno ha decuplicato i clienti rispetto ai 700mila del 2008. Il progetto di ampliamento e ristrutturazione era un pilastro del dossier di candidatura per il 2015. E nonostante l’evento sia saltato, in soli 21 mesi è stato terminato con un investimento di 250 milioni di euro. Il nuovo terminal può contare su una superficie coperta di 200 mila metri quadri e su due parcheggi, uno coperto da 2.350 veicoli e uno scoperto che può ospitare fino a tremila veicoli. A questi si aggiungono: 64 postazioni per il check-in, 40 ascensori, 30 scale mobili e 666 metri di tapis roulant. Roba grossa, insomma. Anche la nuova Fiera era un progetto targato Expo. Sembrava anzi scimmiottare le scelte del capoluogo lombardo che, nella prima decade del nuovo millennio, ha spostato il polo fieristico dall’area di San Siro a Rho. “Ma la stanno facendo davvero”, racconta Favaro. Costerà 220 milioni di dollari e avrà una collocazione più strategica rispetto all’attuale Külturpark Fuarı, situata nel centro città. Infatti, sebbene spostata dal centro, disterà solo 7 km dall’aeroporto, 10 dal centro città e a 3 dalla metropolitana di superficie che la collega al centro e ai quartieri collocati a nord di Izmir. Non come a Rho, che per essere raggiunta da Milano richiede un viaggio. 
Università, turismo e giovani. A Milano si fugge, qui si viene a vivere 
Ora c’è pure l’università. Anzi sono nove in tutto. Nel 2008 è stata anche creata quella di raccordo, la Izmir Universities Platform, per posizionare la metropoli come “città delle università”, attraverso collaborazioni con altri atenei (tra gli aderenti l’Università Ege, l’Università Dokuz Eylul, L’Istituto di Tecnologia di Izmir, Izmir University of Economics, Yasar University, Gediz University, Izmir Katip Celebi University  e Sifa University. Nei laboratori di Izmir si fa sopratutto ricerca avanzata: si sta progettando la prima auto a energia solare mentre sono già una realtà i guanti digitali in grado di interpretare il linguaggio dei segni e di trasformarlo in voce. 
A Milano siamo ancora fermi al primato della Bocconi, alla gloria novecentesca del grande Politecnico. Per chiudere, mentre l’eredità di Milano che ha vinto è tutta da scrivere, quella di Smirne che ha perso è li da vedere, nei saldi positivi e negativi delle due metropoli. Uno per tutti. Mentre il capoluogo lombardo, sempre meno vivibile, continua a “spalmare” i suoi residenti nell’area vasta della “città metropolitana” e delle periferie dormitorio della sua provincia, la nuova Smirne si sta popolando, soprattutto di giovani attratti da lavoro, commercio e turismo. I residenti erano 3,7 milioni nel 2008, a dossier Expo ancora caldo. Da allora sono aumentati del 17,7% e ora superano i 4 milioni. 
La gente a Smirne ci va a vivere, anche senza Expo. 
Dalla Milano delle banche e delle bustarelle, invece, continua a scappare. 
Anche con Expo. 

venerdì 9 maggio 2014

Expo 2015, l’intercettazione: “Formigoni vita da miliardario. La stessa di Lupi”. - Giovanna Trinchella

Roberto Formigoni

Anche i presunti corrotti contro la bella vita dei politici. Sergio Cattozzo, ex segretario regionale Udc della Liguria e Gianstefano Frigerio, ex deputato forzista, entrambi arrestati nell'inchiesta sugli appalti Expo sono protagonisti di una conversazione che ha quasi del surreale.
Anche i presunti corrotti contro la bella vita dei politici. Sergio Cattozzo, ex segretario regionale Udc della Liguria e Gianstefano Frigerio, ex deputato forzista, entrambi arrestati nell’inchiesta sugli appalti Expo, sono protagonisti di una conversazione che ha quasi del surreale e che vedono nel mirino l’ex presidente lombardo Formigoni e l’attuale ministro dei Trasporti, Lupi. 
I due, è il 4 marzo scorso, parlano di tante cose e Cattozzo, considerato uno degli intermediari degli affari illeciti, dice di aver visto “Mimmo Zambetti“, l’ex assessore regionale lombardo, finito a processo perché accusato di aver ricevuto voti dalla ‘ndrangheta, e di averlo trovato sereno.
Gli interlocutori ci mettono poco a passare da Zambetti a un altro imputato eccellente Roberto Formigoni, ex governatore lombardo e ora senatore Udc, finito nei guai in più inchieste per i benefit, le vacanze e i viaggi, avuti, secondo i pm di Milano, per aver favorito con le delibere di giunta la Fondazione Maugeri e l’ospedale San Raffaele. 
Dell’ex presidente della giunta lombarda i due dicono: “Quando era in ferie era una vita da miliardario proprio… “. Cattozzo è molto critico: “Ma guarda lui a Montecarlo va sempre all’Hermitage, Hotel de Paris, siamo ai cinque stelle lusso e va al Luigi XV… è la stessa vita che fa Lupi … arriva con uno yacht di trenta metri e va a mangiare tutte le sere da Alghero e da quello famoso… Andreucci. Champagne e aragoste“.
Frigerio lancia un’altra stilettata: “Che parvenu provinciali… ma vadano a dare via …”. La critica di Cattozzo continua impietosa: “Ma propria una ricchezza sfrenata… proprio vistosa… arriva questo yatch che sembra una nave… poi attorniato di belle donne… omissis … vanno lì da Andre (….) lì da … che è lui che ha la stella d’oro ad Alghero… cioè io ci posso andare … lui noi… io sono un libero cittadino”. Frigerio concorda e aggiunge: “Non sono a carico dello Stato … punto” e Cattozzo: “Non ho incarichi… e invece loro fanno una vita anche a Chiavari, Roberto, Lord Nelson.. i ricchi quelli veri…. guadagnando anche 10mila euro al mese non ti puoi permettere quella vita lì con 10mila euro al mese… eh… quindi.. ha esagerato troppo”.

Expo 2015, la “cupola” e i politici: da Berlusconi e Bersani passando per Lupi. - Giovanna Trinchella

C'è una sequela impressionante di nomi di politici nazionali chiamati in causa in intercettazioni ed evocati per spartire appalti e decidere nomine di peso. Una su tutte viene così rivendicata dagli indagati: "La nomina del segretario generale dell'Autorità dei Trasporti l'abbiamo fatta noi".
Un caveau in Svizzera per custodire le mazzette, una onlus come ufficio operazioni costantemente “bonificato” per evitare di essere intercettati, funzioni pubbliche “vendute” e “impegnate” anche per il futuro, e l’ultima bustarella consegnata e “fotografata” dagli inquirenti il 24 aprile scorsoC’è questo, ma anche altro nell’inchiesta della Procura di Milano su Expo che fa pensare al ritorno di Tangentopoli: le mazzette, i colletti bianchi e i politici. E tutti che discutono di nomine, di gare e di persone di fiducia da collocare in società come Finmeccanica, Terna, Poste, Eni, Enel. “Avanzamenti di carriera”, grazie a “protezioni politiche”, promessi a manager e pubblici ufficiali disponibili a pilotare le gare a favore degli imprenditori che versavano le tangenti, questo il cuore dell’indagine. 
C’è poi una sequela impressionante di nomi di politici nazionali chiamati in causa in intercettazioni ed evocati per decidere nomine o spartire appalti. Sì perché Gianstefano Frigerio, ex deputato Fi, l’ex senatore Luigi Grillo e il compagno G, Primo Greganti, ancora in buoni rapporti con i vertici del Pd, continuavano a frequentare i palazzi del potere e i loro inquilini. Come sempre, quando si tratta di inchieste di livello, compare il nome del leader di Forza Italia Silvio Berlusconi. Ma questa volta viene citato dagli indagati anche l’ex segretario del Pd Pierlugi Bersani. Che fa sapere con una nota: ”Mai pronunciate le frasi che secondo alcune indiscrezioni di stampa mi vengono attribuite da terzi. Sono tutte illazioni o millanterie prive di qualsiasi fondamento”. 
Da Berlusconi a Bersani, i politici evocati dagli indagati. L’ex premier per esempio è stato sollecitato, secondo quanto emerge dalle intercettazioni, dall’ex parlamentare Gianstefano Frigerio (arrestato) anche con l’invio di bigliettini ad Arcore, per raccomandare a lui e al governatore della Lombardia Roberto Maroni il direttore pianificazione acquisiti di Expo Angelo Paris (arrestato oggi, ndr) come successore di Antonio Rognoni (arrestato il 20 marzo scorso, ndr) al vertice della società Infrastrutture Lombarde. In una intercettazione del 28 marzo 2014 due indagati scrive il gip di Milano “confermano la circostanza per la quale Frigerio ha effettuato, a dire degli stessi sodali, un ulteriore intervento presso Maroni e presso Berlusconi per raccomandare la nomina di Paris presso Infrastrutture Lombarde spa”. Uno dei due interlocutori, Giovanni Rodighiero, ritenuto dagli investigatori “stretto collaboratore di Frigerio”, sostiene di avere visto Frigerio “andare ad Arcore...sai che io non dico tutte le settimane ma il lunedì” e il venerdì c’ho sempre la lettera da portare…solo che adesso bisogna stare molto più abbottonati, ti spiego anche il perché…c’è il cerchio magico da Berlusconi”. Quanto all’invio di messaggi scritti da parte di Frigerio attraverso Rodighiero ad esponenti politici di vertice per perorare la posizione di Paris “si evidenziano alcuni dati oggettivi – spiega il gip – a riscontro del contenuto delle intercettazioni”. In particolare, il giudice evidenzia che i cellulari “in oggetto hanno effettivamente agganciato ripetitori ubicati nel Comune di Arcore”. 
Viene invece tirato in ballo il nome di Bersani per un’altra nomina quella di Giuseppe Nucci, rimasto fuori dalle nomine dello scorso settembre di Sogin (la società di Stato responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi). Sergio Cattozzo, ex segretario regionale Udc della Liguria, dice aver parlato con Primo Greganti: “Anche lui (Greganti, ntd) era convinto che si potesse ancora correre su Nucci presidente perché Pierluigi Bersani ha detto ‘io sono d’accordissimo’”. Una frase de relato, naturalmente. Il nome dell’ex leader democratico emerge anche in un’altra intercettazione del 7 settembre 2012 e cuore della conversazione è la “Città della Salute“, nuovo polo sanitario che dovrà accorpare l’Istituto dei tumori e il Besta, affare da 40 milioni di euro. È Frigerio che parla con Rognoni: “… Ho sentito un po’ a Roma Bersani e poi gli altri, sulla Città della Salute, tu devi cominciare a fare delle riflessioni, poi senza responsabilità tue, mi dici come far partire un colosso macello perché è una cosa grossa quindi…”, la conversazione prosegue con la affermazione che Palladio si tirerà dentro Maltauro (imprenditore arrestato), “perché è piccolo, poi Bersani mi a ha detto ‘a sinistra che fate?’ bisogna che senta se Rognoni mi dice Manutencoop per me va bene…”. I due si accordano poi per “costruire un concorrente valido”. Secondo Frigerio quindi l’ex segretario del Pd avrebbe chiesto se nelle gare c’era spazio anche per le cooperative.  
Tra i tanti nomi della politica viene anche fuori il nome del ministro dei Trasporti e Infrastrutture: in una intercettazione ambientale del 29 aprile 2013 Frigerio, “asserisce anche che deve mandare un biglietto a Maurizio Lupi (dal 27 aprile 2013 responsabile del ministero), con il nome di Antonio (Rognoni ) per suggerirglielo come presidente Anas”. Dall’entourage del ministro però arriva una smentita: “Quel biglietto non è mai arrivato, si tratta di un millantatore“. 
In un altro colloquio del maggio 2013 con Sergio Cattozzo (arrestato), Frigerio “sottolinea ancora – scrive il gip – che anche Maurizio Lupi è ‘amico di quelli di Manutencoop’ e che questi, ‘insieme ai ciellini‘, sarebbero già intervenuti per fargli fare da capocordata nel progetto di Città della Salute”. Frigerio, si legge ancora, “sostiene, inoltre, di conoscere bene i legami che ci sono tra Manutencoop e i ‘ciellini’ tanto che negli ultimi anni con Formigoni, a dire dell’indagato, Manutencoop avrebbe già ottenuto importanti lavori”. 
Sempre Frigerio dice di aver mandato una lettera a Fedele Confalonieri, presidente Mediaset, perché la “cupola” vorrebbe che la commissione nominata per la gara inerente la “Città della Salute”, e nominata dall’arrestato Rognoni, non sia modificata; ma anche che a concorrere al posto di direttore generale di Infrastrutture Lombarde siano alcuni dei suoi uomini fidati: “Sto facendo quella cosa lì…parlare persino con Fedele Confalonieri… perché è una persona autorevole… gli ho spiegato bene la cosa … quindi… stiamo premendo anche su quello”.  
Obiettivo della cupola anche Guerini, vice segretario del Pd. L’ex Dc Frigerio voleva “tirare dentro” anche Lorenzo Guerini, da poche settimane vice segretario del Pd e sindaco di Lodi. In una intercettazione del 24 febbraio scorso Frigerio e Cattozzo parlano dell’appalto per la “Città della Salute” e del rischio che il contratto salti. Per questo immaginano di entrare in contatto con una serie di politici ex democristiani: dall’attuale ministro dell’Ambiente Luigi Galletti all’ex segretario dell’Udc Lorenzo Cesa fino a Guerini. Se poi questi siano andati in porto fine però non è chiaro. Frigerio suggerisce a Cattozzo: “Cesa … prima ne parli a Cesa, poi vedi Galletti e poi al limite portiamo Alberto da Galletti e lo facciamo potenziare da Vito (?) … nel frattempo studiamo .. se c’è un’operazione di commissariamento va bene… io devo parlarne a Guerini a Lorenzo devo parlarne… perché adesso quel matto lì di Renzi vuol fargli fare il segretario del partito… Così lo tiriamo dentro il Guerini… Stiamo parlando di 7 miliardi di lavoro”. 
“La nomina all’Autorità dei Trasporti è nostra”. “La nomina del segretario generale dell’Autorità dei Trasporti l’abbiamo fatta noi”. C’è anche questo passaggio nell’ordinanza di custodia cautelare che svela come le aderenze della cupola in ambito politico potessero condizionare non solo appalti e soldi ma nomine pubbliche di peso. A parlare così è sempre Frigerio, il tramite tra l’associazione, le imprese di riferimento e i pubblici ufficiali per dirottare il sistema degli appalti. “Abbiamo portato Scino (Antonio Mario) a fare il segretario generale, quella nomina l’abbiamo fatta io e Sanese”. All’altro capo del telefono Rognoni. È ottobre del 2013, governo Letta. Fino ad allora il piatto tipico erano gli incarichi ai vertici delle società regionali, come Sogin Spa o A2A ma di lì a pochi mesi l’associazione alza il tiro. “Guarda che i tempi stringono perché già cominciano a lavorare sulla grande ondata di nomine che è a primavera (…) decidono un sacco di cose dalle Poste a Finmeccanica, Eni, Enel, Terna”.

giovedì 8 maggio 2014

Expo 2015, sette nuovi arresti. Tra loro Primo Greganti e Angelo Paris.

Angello Paris e Primo Greganti
Secondo la Procura di Milano l'ex deputato Pci e il manager delle infrastrutture lombarde sarebbero coinvolti in episodi di turbativa d'asta e corruzione. Il loro arresto arriva a distanza di due mesi da quello del dg delle infrastrutture lombarde per presunte irregolarità negli appalti delle opere pubbliche.

Angelo Paris, manager delle infrastrutture lombarde, e Primo Greganti, ex militante del Pci coinvolto nell’ambito dell’inchiesta Mani Pulite, sono stati arrestati con altre quattro persone nell’ambito di un’inchiesta portata avanti della Procura di Milano per corruzione e turbativa d’asta nell’ambito di episodi legati all’Expo 2015. Un nuovo scandalo che si aggiunge all’arresto per presunte irregolarità negli appalti delle opere pubbliche del direttore generale delle infrastrutture lombarde, Antonio Rognoniche risale a poche settimane fa. Nell’ambito di questa inchiesta Rognoni è stato raggiunto da un’ordinanza di arresti domiciliari
Nelle intercettazioni, che arrivano fino alle ultime settimane del 2014, Paris racconta come favorire un loro costruttore di riferimento. 
Primo Greganti, passato alle cronache come il Compagno G durante Mani Pulite, scontò una pena di 3 anni in carcere per finanziamento illecito al suo partito ma lui si professò sempre innocente e rifiutò ogni collaborazione con la magistratura. In manette anche Gianstefano Frigerio, ex segretario generale della Dc, poi passato tra le file di Forza Italia e l’ex senatore Pdl Luigi Grillo
L’inchiesta è una delle indagini citate dal procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo, a capo del pool “Pubblica Amministrazione”, nell’esposto da lui presentato al Csm contro il procuratore Edmondo Bruti Liberati per lamentare una serie di irregolarità nell’assegnazione dei fascicoli. Nell’esposto, infatti, Robledo ha scritto, tra le altre cose, di aver richiesto più volte a Boccassini, che coordina l’inchiesta che oggi ha portato a sette arresti, atti dell’indagine a lei affidata per “costruire un quadro complessivo il più organico e completo possibile” e utile anche per le sue indagini. Atti che invece, a detta di Robledo, non sono mai arrivati sul suo tavolo, se non in minima parte. 
L’inchiesta, che oggi ha portato anche ad una serie di perquisizioni da parte della Gdf e della Dia milanese, vede al centro i reati di associazione per delinquere, corruzione, turbativa d’asta, rivelazione e utilizzazione del segreto d’ufficio. L’indagine è nata da un’altra inchiesta che nei mesi scorsi aveva portato all’arresto dell’ex consigliere lombardo, Massimo Gianluca Guarischi (ora sotto processo), per presunte tangenti nella sanità lombarda, un filone questo che vede indagato in una tranche (distinta dall’inchiesta scaturita nel blitz di stamani) anche l’ex presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni