Non più solo il falso. Ma anche la turbativa d’asta. La situazione giudiziaria di Giuseppe Sala si complica, visto che la procura generale ha aggiunto un’ipotesi di reato nelle indagini su Expo a carico dell’attuale sindaco di Milano, che proprio in questi giorni si avviano verso la chiusura con la probabile richiesta di rinvio a giudizio. Al centro delle verifiche dei magistrati – come scrive il Corriere della Sera – è finita una fornitura di 6mila alberi compresa nel principale appalto dell’esposizione, quello da 272 milioni di prezzo base per la realizzazione della piastra.
La fornitura delle piante fu affidata nel luglio del 2013 senza gara alla Manotovani, il costruttore che si era aggiudicato il maxi-appalto, per ben 4,3 milioni di euro, 716 euro a pianta. Quattro mesi dopo l’impresa stipulò un contratto di subfornitura con un vivaista per 1,6 milioni, 266 euro a pianta. La società guidata da Sala, come altre volte, aveva giustificato la scelta di un affidamento diretto con motivi di urgenza. Ma gli alberi, alla fine, erano stati piantati solo nell’autunno del 2014. Tutti aspetti che erano noti da tempo, ma la procura di Milano aveva deciso di non contestarli, così come non aveva contestato la retrodatazione di un documento che il 30 maggio 2012 consentì di cambiare in corsa due dei membri della commissione di valutazione delle offerte per non far saltare la gara e doverla riavviare daccapo. Di qui la richiesta di archiviazione dei pm – a cui il gip si era opposto – e la successiva presa in carico delle indagini da parte della procura generale, che aveva deciso di andare avanti ritenendo inerte la procura di Milano.
Così il nome di Sala era stato iscritto nel registro degli indagati, in quel momento solo per la retrodatazione del documento, “un falso materiale e ideologico” secondo i magistrati. A tale notizia, lo scorso dicembre, l’ex commissario unico aveva reagito auto sospendendosi per alcuni giorni dalle sue funzioni di sindaco. Ilfattoquotidiano.it aveva provato a chiedergli come mai gli alberi fossero stati comprati da un costruttore anziché da un vivaista: “Stiamo parlando di una cosa che è pari circa a un millesimo di tutti i soldi che ha speso Expo”, aveva tagliato corto Sala.
Secondo quanto riporta il quotidiano di via Solferino, in seguito a interessamenti politici regionali finalizzati a non escludere dalla gara i vivaisti lombardi, a un certo punto l’appalto per gli alberi avrebbe dovuto essere scorporato dal bando principale. In quel momento – ritiene l’accusa – la gara avrebbe dovuto essere riformulata in modo da consentire di correre anche ad aziende che non avessero partecipato al bando sulla piastra perché non in grado di garantire la fornitura di piante. In ogni caso lo scorporo del verde dal bando principale non andò a buon fine, visto che il vivaista incaricato non riuscì a garantire la fornitura, che a quel punto Expo decise di affidare direttamente alla Mantovani.
Oltre a Sala, sono indagati dalla procura generale altre sei persone, tra imprenditori e dirigenti di Expo, per ipotesi di reato diverse. La nuova inchiesta si è inserita nel solco dello scontro avvenuto tre anni fa a Palazzo di Giustizia tra il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati e il pm Alfredo Robledo. E di quella “sensibilità istituzionale”, per cui l’ex premier Matteo Renzi in passato ringraziò la procura di Milano per la gestione della vicenda Expo.