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venerdì 9 maggio 2014

Expo 2015, l’intercettazione: “Formigoni vita da miliardario. La stessa di Lupi”. - Giovanna Trinchella

Roberto Formigoni

Anche i presunti corrotti contro la bella vita dei politici. Sergio Cattozzo, ex segretario regionale Udc della Liguria e Gianstefano Frigerio, ex deputato forzista, entrambi arrestati nell'inchiesta sugli appalti Expo sono protagonisti di una conversazione che ha quasi del surreale.
Anche i presunti corrotti contro la bella vita dei politici. Sergio Cattozzo, ex segretario regionale Udc della Liguria e Gianstefano Frigerio, ex deputato forzista, entrambi arrestati nell’inchiesta sugli appalti Expo, sono protagonisti di una conversazione che ha quasi del surreale e che vedono nel mirino l’ex presidente lombardo Formigoni e l’attuale ministro dei Trasporti, Lupi. 
I due, è il 4 marzo scorso, parlano di tante cose e Cattozzo, considerato uno degli intermediari degli affari illeciti, dice di aver visto “Mimmo Zambetti“, l’ex assessore regionale lombardo, finito a processo perché accusato di aver ricevuto voti dalla ‘ndrangheta, e di averlo trovato sereno.
Gli interlocutori ci mettono poco a passare da Zambetti a un altro imputato eccellente Roberto Formigoni, ex governatore lombardo e ora senatore Udc, finito nei guai in più inchieste per i benefit, le vacanze e i viaggi, avuti, secondo i pm di Milano, per aver favorito con le delibere di giunta la Fondazione Maugeri e l’ospedale San Raffaele. 
Dell’ex presidente della giunta lombarda i due dicono: “Quando era in ferie era una vita da miliardario proprio… “. Cattozzo è molto critico: “Ma guarda lui a Montecarlo va sempre all’Hermitage, Hotel de Paris, siamo ai cinque stelle lusso e va al Luigi XV… è la stessa vita che fa Lupi … arriva con uno yacht di trenta metri e va a mangiare tutte le sere da Alghero e da quello famoso… Andreucci. Champagne e aragoste“.
Frigerio lancia un’altra stilettata: “Che parvenu provinciali… ma vadano a dare via …”. La critica di Cattozzo continua impietosa: “Ma propria una ricchezza sfrenata… proprio vistosa… arriva questo yatch che sembra una nave… poi attorniato di belle donne… omissis … vanno lì da Andre (….) lì da … che è lui che ha la stella d’oro ad Alghero… cioè io ci posso andare … lui noi… io sono un libero cittadino”. Frigerio concorda e aggiunge: “Non sono a carico dello Stato … punto” e Cattozzo: “Non ho incarichi… e invece loro fanno una vita anche a Chiavari, Roberto, Lord Nelson.. i ricchi quelli veri…. guadagnando anche 10mila euro al mese non ti puoi permettere quella vita lì con 10mila euro al mese… eh… quindi.. ha esagerato troppo”.

giovedì 24 ottobre 2013

Cosa nostra, nelle intercettazioni tutti i voti per l’assessore: “Basta dire Zambetti Pdl”. - Davide Milosa

Domenico Zambetti

Nella richiesta di custodia cautelare sugli eredi milanesi di Vittorio Mangano tutte le telefonate che dimostrano l'apoggio elettorale dei boss siciliani per i candidati del centrodestra.

Cosa nostra a Milano: affari, estorsioni e voti. Un bel pacchetto di preferenze a disposizione del miglior offerente. Dice il mediatore: “Va bene caro, va be’ ma basta dire Zambetti e basta, Zambetti Pdl”. Risponde il boss: “Va be’ , porta un po’ di cose (…) Appena esci, mi chiami che forse io sono all’orto e me li porti là”. E’ il 27 marzo 2010 e da lì a poche settimane Mimmo Zambetti sarà eletto in Regione e subito nominato assessore alla Casa da Roberto Formigoni. Oggi Zambetti non ha più cariche. Nell’ottobre 2012, infatti, finisce in carcere per concorso esterno, corruzione e per aver pagato i voti della ‘ndrangheta (ascolta le intercettazioni). E’ l’indagine Grillo parlante che ha portato allo scioglimento del comune di Sedriano per infiltrazioni mafiose. Il nome del politico Pdl, però, viene citato anche nell’indagine della antimafia milanese sugli eredi di Vittorio ManganoIl 24 settembre 2013 la figlia e il genero dell’ex fattore di Arcore, l’eroe di Marcello Dell’Utri, finiscono in carcere. Le manette scattano anche per Giuseppe Porto detto Pino il cinese, autentico proconsole milanese di Cosa nostra. Dall’ordinanza d’arresto emergono gli affari nel settore delle cooperative. Fatture false, fondi neri e sfruttamento di operai clandestini è il mix che regala a Cinzia Mangano un bel tesoretto. Denaro che in parte viene utilizzato per favorire la latitanza di Gianni Nicchi, l’erede della famiglia palermitana di Pagliarelli. Poi ci sono i rapporti con la politica e i pacchetti di voti, gestiti, in questo caso, da Pino Porto. E’ lui il boss che riceve l’indicazione su Zambetti. L’intercettazione inedita è contenuta nelle 621 pagine di richiesta di custodia cautelare firmata dal pubblico ministero Marcello Tatangelo.
I rapporti tra Porto e il mediatore iniziano già nel gennaio 2009, quando il manager di Cosa nostra viene contattato per la candidatura alle comunali di Milano del 2011 di Gianni Lastella. Casacca Pdl, appartenente alla Guardia di finanza, Lastella (non indagato), nel suo sito ufficiale alla voce lavoro scriveva: “Utilizzare in tutte le sue potenzialità la grande opportunità dell’Expo”. Nella telefonata il mediatore annuncia al boss che Lastella “scende in politica”. E subito Pino Porto dice: “Se hai bisogno di me sono qua”. L’altro conferma: “Mi serve gente a posto Pino”. Di nuovo il cinese: “Si un po’ di gente ce l’ho io”. L’interessamento del boss viene subito ripagato dal politico, il quale, grazie ai suoi rapporti istituzionali con la sanità lombarda, può favorire Porto in una visita medica alla casa di cura San Camillo di Milano. Lastella ne parla al telefono con lo stesso uomo di Cosa nostra. E’ il 2 dicembre 2009. “Domani alle dieci al San Camillo – dice Lastella – , è una clinica vicino alla Stazione centrale (…) io adesso ti scrivo tutto l’indirizzo e via, ti scrivo il riferimento e così domani avrà tutto molto fluido, va lì a mio nome, va bene?”. Pino Porto: “Va benissimo Gianni ti ringrazio”. Alla fine però Gianni Lastella nel 2011 non riuscirà a entrare in consiglio comunale.
Chi, invece, nel 2010, vola in Regione è Angelo Giammario. Dal suo sito ufficiale si legge: “Nel marzo 2010 sono nuovamente eletto consigliere regionale con delega del Presidente Formigoni alle relazioni con l’area metropolitana di Milano. Vengo eletto Vice Presidente della Commissione Ambiente e Protezione Civile e sono l’unico consigliere eletto nel collegio di Milano e Provincia a far parte della commissione Sanità e Assistenza”. Il nome di Giammario, pur non coinvolto penalmente, compare molte volte nell’inchiesta Infinito. Secondo il procuratore aggiunto Ilda Boccassini, il politico Pdl, per le elezioni 2010 ottiene il sostegno di alcuni boss calabresi. Sostegno mediato dall’ex direttore dell’Asl di Pavia Carlo Antonio Chiriaco.
Un nome, quello dell’ex dirigente pubblico (condannato in primo grado per concorso esterno) che ricompare anche nelle carte degli eredi di Vittorio Mangano. Di nuovo si parla di appoggio elettorale e di Pino Porto. Un’alleanza mafiosa, in parte, già emersa durante la requisitoria del pm Alessandra Dolci nel processo Infinito. Nel gennaio 2010, Chiriaco è in auto con Pietro Castellese, siciliano, ritenuto vicino alle famiglie siciliane di Altofonte. Uno nome quello dei Castellese che ritorna in un’annotazione dei Ros di Milano sugli affari dello stesso Chiriaco. A pagina 45 del documento i carabinieri rilevano la parentela con il collaboratore di giustizia Francesco Di Carlo e con il fratello Andrea, il quale ha sposato la sorella diBenedetto Capizzi, arrestato nel 2008 (indagine Perseo), ritenuto a Capo della commissione provinciale di Cosa nostra. Dice Castellese: “Per Milano devo far venire delle persone no!”. Risponde Chiriaco: “Allora Pietro, tu mi dici, deve venire una persona, e garantire per quelli che puoi garantire, ecco le garanzie sono per 10 voti, 15 voti 3 o 5 voti (…) ci vediamo in via Pirelli”. A Milano l’indirizzo, nel 2010, corrispondeva al seggio elettorale di Giammario. Chiriaco prosegue: “C’è il discorso di Corvetto, viale Lodi”. Risposta di Castellese: “Corvetto, c’è il compare Pino (Giuseppe Porto, ndr), un duecento voti sicuri”. Dopodiché lo stesso uomo ritenuto dai pm vicino a Cosa nostra assicura la copertura elettorale a Cormano e a Cesano Maderno dove “possiamo muovere un po’ di famiglie” perché “quando uno fa le cortesie come vanno fatte…”. Ed ecco che il 13 marzo 2010 Pietro Castellese chiama Pino Porto. “Mercoledì prossimo – dice Castellese – verso le 17.30 sono in via Pirelli (presso la sezione elettorale di Angelo Giammario) siccome sto raccogliendo un po’ di amici e famiglie per darci una mano, voi avete già impegni oppure si può disturbare qualche famiglia?”. E anche qui la disponibilità di Porto è massima: “Allora ti vengo a trovare io, non ti preoccupare”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10/24/cosa-nostra-nelle-intercettazioni-voti-per-lassessore-basta-dire-zambetti-zambetti-pdl/754202/

Certa politica è "cosa nostra", non nel senso che dovrebbe: res del popolo sovrano, ma in quello poco edificante di malavita organizzata.

martedì 21 maggio 2013

Mafia, testo Pdl al Senato: “Dimezzare la pena per il concorso esterno”.


Alfano e Caliendo

Tra i casi "celebri" nei quali viene contestato il concorso esterno ci sono tra gli altri quelli di Marcello Dell'Utri e Nicola Cosentino, l'ex assessore regionale della Lombardia Domenico Zambetti, l'ex presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo, l'ex sottosegretario Antonio D'Alì.

Condanna dimezzata per concorso esterno in associazione mafiosa. Niente carcere e intercettazioni per chi svolge attività sotterranea di supporto ai componenti dell’associazione mafiosa. Si dovrà dimostrare che c’è un profitto. Lo prevede il testo Pdl appena assegnato in commissione Giustizia del Senato, relatore Giacomo Caliendo.
Tra i casi “celebri” nei quali viene contestato il concorso esterno ci sono tra gli altri quelli dell’ex senatore Pdl e Marcello Dell’Utri e dell’ex deputato Pdl Nicola Cosentinol’ex assessore regionale della Lombardia Domenico Zambettil’ex presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardol’ex sottosegretario Antonio D’Alì. Come noto per concorso esterno è stato condannato in via definitiva l’ex presidente della Regione Sicilia Totò Cuffaro. Tuttavia in questo caso, a differenza degli altri, la legge non avrebbe effetto.
Mentre nel caso del politico tra i fondatori di Forza Italia e amico di Silvio Berlusconi, che attende il verdetto definitivo della Cassazione, avrebbe l’effetto di evitargli la galera in caso di condanna definitiva. Dell’Utri è stato condannato a 7 anni lo scorso 23 marzo dopo che la Corte di Cassazione, nel marzo 2012, aveva annullato il precedente giudizio d’appello, che si era concluso con la medesima condanna a sette anni. I giudici, però, aveva assolto Dell’Utri dai reati a lui contestati dal ’92 in poi. Nelle motivazioni i supremi giudici aveva sottolineato che il reato di concorso esterno a Cosa nostra era stato commesso certamente “fino al 1977″, mentre non lo aveva ritenuto provato per gli anni successivi.
Attualmente il concorso esterno in associazione mafiosa è punito con il carcere fino a 12 anni. Ma sinora non si trattava di una norma ‘tipizzata’ nell’ ordinamento. Lo diventerebbe con il progetto di legge da oggi all’esame della commissione Giustizia, che porta la firma anche del senatore del Pdl Guido Compagna. Nel testo, infatti, si prevede l’introduzione di due nuovi articoli nel codice penale: il ’379-ter’ e il 379-quater’. Il primo (“Favoreggiamento di associazioni di tipo mafioso”) prevede che chiunque, fuori dei casi di partecipazione alle associazioni di cui all’articolo 416-bis, agevoli deliberatamente la sopravvivenza, il consolidamento o l’espansione di un’associazione di tipo mafioso, anche straniera, è punito con lareclusione da uno a 5 anni. Il secondo (“Assistenza agli associati”) stabilisce che chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato o di favoreggiamento, dia rifugio o fornisca vitto, ospitalità, mezzi di trasporto, strumenti di comunicazione a taluna delle persone che partecipino a un’associazione di tipo mafioso, anche straniera, al fine di trarne profitto, è punito con la reclusione da 3 mesi a 3 anni. La pena è aumentata se l’assistenza è prestata continuativamente. L’articolo 418 del codice penale, che disciplina l’assistenza agli associati, verrebbe abrogato.
Se queste norme venissero introdotte nell’ordinamento le conseguenze sarebbero varie e tutte di una certa rilevanza visto che avrebbero un riflesso anche sui giudizi in corso grazie al principio del ‘favor rei’(se la legge varia in modo favorevole all’imputato o condannato non in via definitiva essa è applicabile anche in via retroattiva, ndr): prima di tutto il concorso esterno verrebbe derubricato alla categoria ‘favoreggiamento’ e questo comporta di per sé una riduzione della pena che passerebbe infatti da un massimo di 12 anni a un massimo di 5 (cioè da 1 ai 5 anni). Il che significa che ci sarebbe uno stop alle intercettazioni visto che gli ascolti vengono consentiti in caso di reati per i quali sono previste condanne superiori ai 5 anni. Poi, per chi ‘supporta’ i componenti dell’associazione mafiosa, la pena fissata nel ddl va dai 3 mesi a 3 anni. E questo comporterà che non scatterà la custodia cautelare in carcere: il tetto perchè scatti, infatti, è di 4 anni. In più, perché si possa condannare il ‘sostenitore’ o l“assistente esterno all’associazione mafiosa, si dovrà dimostrare che dalla sua azione si ricavi un profitto”. 

giovedì 11 ottobre 2012

‘Ndrangheta in Lombardia, in un pizzino il patto dei clan con l’assessore Zambetti. - Davide Milosa e Mario Portanova.



"Hai visto quel pisciaturo come ha pagato...". Dalle carte dell'inchiesta che ha portato in carcere l'assessore alla Casa della giunta Formigoni, i retroscena del voto di scambio alla milanese. Gli appalti dell'Expo2015 in cambio del sostegno elettorale. In campo anche Ambrogio Crespi, fratello del sondaggista di Berlusconi, per i suoi legami con "la criminalità napoletana, siciliana e calabrese".


“Hai visto quel “pisciaturu” (ndr: uomo di poco conto) di Zambettti come ha pagato … eh … lo facevamo saltare in aria … Ciru’ … eh … tu l’avevi letta la lettera che gli hanno mandato?”. Così un presunto ‘ndranghetista, Eugenio Costantino, parla di un assessore regionale della Regione Lombardia, Domenico Zambettti, con delega alla Casa, arrestato oggi con l’accusa di voto di scambio politico-mafioso e altri reati. Costantino si riferisce a un “pizzino”, in pratica un patto pre-elettorale con il politico del Pdl che alle elezioni regionali del 2010 ha poi conquistato 11mila preferenze, risultando tra i più votati in assoluto. E’ uno dei particolari che emerge dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Alessandro Santangelo su richiesta del pm Giuseppe D’Amico, della Direzione distrettuale antimafia di Milano. L’inchiesta è stata condotta dal Nucleo investigativo dei carabinieri, avviata dal comandante Antonino Bolognani e proseguita dal suo successore Alessio Carparelli
Spiega ancora Costantino: “Gli hanno mandato una lettera dopo… tramite me… che quando l’ha letta, figlio mio… le orecchie si sono “incriccate così”… e fino a quando non ha risolto il problema … che lì gli è andato … lu “diabete””.  Una lettera ben fatta, tanto che si vedeva “che avevano gente laureata nel gruppo”, che conteneva la “cronostoria (sic) di come sono iniziate le cose, di come erano i patti e di come andava a finire”. Di fronte al documento compromettente, l’assessore Zambetti si sarebbe “messo a piangere”, sempre nel racconto del presunto uomo delle cosche al nord. “E piangeva per la miseria, si è cagato sotto, cagato completo, totale”. Per gli ‘ndranghetisti questa è una  ”soddisfazione”. Perché “il potere lo hanno i politici e la legge, però ogni tanto vaffanculo, con l’aiuto degli amici, una soddisfazione ogni tanto ce la prendiamo… vaffanculo… lui lo sai quante persone fa piangere? Ecco perché io sarò sempre dalla parte della delinquenza”.
IL BOSS ALL’ASSESSORE: “ATTENTO AL MANGIARE”. In una telefonata intercettata il 15 marzo 2011 Giuseppe D’Agostino, legato al clan Morabito, parla con l’assessore Zambetti  con “toni decisi e autorevoli, nei quali è possibile scorgere una sottintesa quanto velata minaccia”, nota il gip nell’ordinanza di custodia cautelare. D’Agostino si interessa dello stato di salute dell’assessore: “Bisogna fare attenzione”, e dopo una lunga pausa aggiunge “con il mangiare”. E il politico appare “spaventato e rassegnato”. D’Agostino prosegue: “Mi permetto di ricordarle la faccenda della figlia del nostro amico”, riferendosi alla “questione relativa all’assunzione della figlia di Eugenio Costantino”, considerato “rappresentante” della cosca Mancuso. La telefonata, secondo il gip, ottiene “il suo scopo”. Il politico risponde al presunto boss: “Ok, tranquillo che lo farò”. E D’Agostino: “Tante, tante buone cose lei e la famiglia, stia tranquillissimo su tutto, stia bene”.
EXPO 2015, MERCE DI SCAMBIO: “ZAMBETTI CI DARA’ I LAVORI”. C’è l’Expo 2015 tra la nerce di scambio del presunto patto politico-mafioso. Degli appalti per la grande esposizione in programma a Milano parlano Eugenio Costantino e un altro arrestato, Alessandro Gugliotta. Il primo prospetta al suo interlocutore “la possibilità di ottenere agevolazioni nell’assegnazione di lavori e appalti pubblici gestiti dalla Regione Lombardia come reiteratamente promessogli dallo stesso assessore regionale Domenico Zambetti”. Dice Costantino in una conversazione intercettata: “Però, adesso ti faccio un esempio… Se Zambetti ci dà un lavoro, o noi gli diciamo: ‘Mimmo, guarda che c’è quel lavoro, c’è che ce lo devi far dare, adesso tu sai che c’è l’Expo, lui ci può aiutare, e lì guadagniamo tutti noi. E ancora: “Noi dobbiamo dirgli: ‘Mimmo noi sappiamo che c’è il bando di questa cosa, lui me l’ha detto chiaro, noi sappiamo che lì si può prendere… Lui farà di tutto per farcelo avere… Lui ci aiuta non è una persona cattiva, a me risponde sempre al telefono quando lo chiamo…”.
Come rilevato da altre inchieste sulla ‘ndrangheta in Lombardia, il rapporto con la politica è sempre funzionale a far girare il sistema delle aziende mafiose: “Vedi che guadagniamo anche noi anche perché noi le imprese ce le abbiamo, le cooperative ci sono, però lui ha detto anche una cosa, se voi trovate un lavoro segnalatemelo. Quindi noi dobbiamo trovare dei lavori e lui ce li fa fare in qualche modo…”.
“HO ORGANIZZATO 200 CENE ELETTORALI, TANTO PAGANO I CONTRIBUENTI”. ”Ho organizzato forse duecento cene fino adesso (…) io sto facendo parecchie campagne elettorali (…) mi sono scelto i più belli locali di Milano”. Così il presunto boss della ‘ndrangheta, Eugenio Costantino, intercettato, spiega a un’amica il suo attivismo nell’organizzazione di cene per campagne elettorali nel Milanese, comprese quelle per l’assessore regionale Zambetti, arrestato oggi. “Oh, l’assessore che gli abbiamo fatto noi la campagna elettorale, hanno speso più di quattro milioni di euro, mamma mia, quattro milioni di euro”, dice ancora Costantino al telefono nel giugno 2011. E all’amica, che gli chiede chi abbia pagato quegli eventi per le campagne elettorali che lui organizza, il presunto boss risponde: “Gli investitori, allora un po’ il partito diciamo se è la sinistra un po’ la sinistra se è il Pdl… noi chi li paga, siamo noi contribuenti”.
“IL CANDIDATO E’ UN BUSINESS”. Le carte dell’inchiesta raccontano l’avvicinamento a Vincenzo Giudice, esponente del Pdl, per convogliare voti sulla figlia Sara, candidata per il Terzo Polo al consiglio comunale di Milano nel 2011. Vincenzo Giudice è indagato, mentre Sara è estranea all’inchiesta, ma gli inquirenti sottolineano l’inconsapevolezza dei legami criminali degli interlocutori. Ma un’intercettazione del solito Costantino illustra la strategia politica della ‘ndrangheta a Milano. Sara Giudice  ”non è con il Pdl”, realizza a un certo punto Costantino, ma “sta ragazza che si presenta, è con una lista civica, però la cosa è buona, perché, essendo con una lista civica, se loro riescono a fargli fare il primo posto, come preferenza, lei si piglia, fa la consigliera sicuro. Stiamo parlando del Comune di Milano. Una ragazza laureata di 23- 27 anni, fa una carriera, non ci vuoi niente eh. E’ tutto un business”.
IL VOTO DELLE COSCHE. Ma come avviene il controllo dei voti in Lombardia, secondo l’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia? Le 4mila preferenze (su oltre 11mila totali) raccolte in favore di Zambetti alle Regionali del 2010 “mediante la pressione rappresentata dalla forza di intimidazione dell’associazione mafiosa” sarebbero state vendute al politico per la somma, pagata “in più rate” e in contanti,di almeno 200 mila euro. Costo unitario, 50 euro a voto. “Gli esponenti della cosca Barbaro-Papalia procuravano circa 500 voti nella loro area di tradizionale influenza (CorsicoBuccinasco ed hinterland Sud di Milano)”, si legge nell’ordinanza. Eugenio Costantino, quello dell’intercettazione sul pizzino, “aveva procurato circa 700- 800 voti nell’area del Magentino“, tra Milano e Novara. E a Milano città “venivano raccolti complessivamente 2.500 voti di preferenza”, per la maggior parte raccolti da Ambrogio Crespi, fratello di Luigi, ex sondaggista di fiducia di Silvio Berlusconi. Ambrogio, secondo i magistrati della Dda, li raccoglieva soprattutto nei quartieri periferici della città “forte dei suoi legami con ambienti della criminalità napoletana, siciliana e calabrese”. 
A portare acqua al politico del Pdl sarebbero stati, oltre ai Barbaro-Papalia, altri nomi ricorrenti della ‘ndrangheta in Lombardia, come il clan Onorato, protagonista dell’inchiesta Metallica. Ed emergono contatti su questo fronte con Domenico Pio, accusato di essere il capo della ‘ndrangheta a Desio, città brianzola dove l’inchiesta Infinito del 2010 provò un’ampia collusione politico-mafiosa.
LA SORELLA DEL BOSS ALL’AZIENDA DELLE CASE POPOLARI. Non solo gli appalti di una grande opera come l’Expo. L’assessore Domenico Zambetti si sarebbe speso in favore delle cosche anche per favori più “spiccioli”. Per esempio, l’ordinanza riporta “la promessa fatta da Zambetti a Eugenio Costantino di interessarsi per il rinnovo del contratto da parrucchiera in favore di Mara Costantino, sorella dell’indagato; l’attivazione di Zambetti per procurare l’assegnazione di una casa Aler in favore dell’amante di Costantino; l’assunzione – su sollecitazione di Costantino e di Giuseppe D’Agostino – di Teresa Costantino, figlia di Eugenio, presso l’Aler, ente pubblico controllato dall’assessorato di Zambetti, e la successiva assegnazione alla stessa di mansioni più gradite presso la Direzione Generale del predetto ente pubblico”.