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martedì 28 dicembre 2021

Caos FFP2: le mascherine più protettive diventano obbligatorie, ma senza prezzo calmierato. Costi moltiplicati per le famiglie e rischio speculazione. - Thomas Mackinson

 

L'ex commissario Arcuri riconobbe l'errore sulle chirurgiche: "Avrei dovuto fissare il prezzo calmierato prima". Ma a distanza di un anno, nel tempo dei "migliori", ci risiamo: il nuovo decreto rende obbligatori al chiuso i dispositivi che costano anche sei volte tanto le chirurgiche ma non fissa un prezzo scaricando il costo sulle famiglie e prestando il fianco a chi ne approfitta. Ecco dove costano meno e come verificare l'autenticità.

Alla farmacia di viale Brianza costano 3 euro l’una. Appena novecento metri più in là, alla Sansovino, vengono 2.50 mentre alla Stazione Centrale di Milano le trovi a due euro. In San Lorenzo a Roma costano la metà: 1.50 se bianche, 2 euro se colorate. L’unica certezza? Ora che sono obbligatorie per legge, le FFP2 te le paghi tu. Perché, per ragioni poco comprensibili, l’obbligo è arrivato senza un prezzo calmierato, che vale fino a fine emergenza (31 marzo 2022) solo per le vecchie mascherine chirurgiche e per i tamponi. Il regalo di Natale per gli italiani alle prese con la variante Omicron è un nuovo “rebus mascherine” di quattro lettere: FFP2, quelle a forma triangolare che garantiscono più protezione grazie alla maggiore capacità filtrante in entrata. Con l’ultimo decreto il governo le ha rese obbligatorie per accedere agli “spettacoli aperti al pubblico, sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche, locali di intrattenimento e musica dal vivo e in altri locali assimilati, nonché per gli eventi e le competizioni sportivi che si svolgono al chiuso o all’aperto”. L’obbligo scatta anche sui mezzi pubblici, ma con un piccolo “giallo”, perché le norme appena varate escludono il trasporto regionale, dove il dettato della legge consentirebbe ancora di sfoderare la vecchia chirurgica. Il tema è spinoso e delicato perché anziché 0.50 centesimi le FFP2 costano anche sei volte tanto ma – a differenza delle prime – non sono stati varati tetti al prezzo che viene praticato. Da qui, accorati appelli a non commettere l’errore di scaricare il costo della sicurezza sulle sole spalle dei cittadini e delle famiglie lasciate sole davanti a un vero e proprio salasso, agli speculatori o ai truffatori. Ma facciamo il punto.

IL (COSTOSO) ADDIO ALLE CHIRURGICHE NEI LUOGHI PUBBLICI.
Il nuovo decreto del governo, pubblicato la vigilia di Natale, ha prorogato lo stato di emergenza fino al 31 marzo e ha introdotto una stretta alle restrizioni anti Covid in vigore. Tra le misure a maggior impatto, quelle che segnano un cambio di rotta nelle abitudini quotidiane: le mascherine con cui tutti hanno dovuto imparare a convivere. L’orientamento del governo è di pensionare dai luoghi chiusi quelle chirurgiche che l’hanno fatta da padrone per quasi due anni ma che lo stesso Cts, alla fine, ritiene inidonee come strumento di protezione. Disco verde in favore delle FFP2 che hanno una capacità filtrante in ingresso pari al 90% contro il 20% delle prime. Il ragionamento è che le prime, in microfibra, proteggono prevalentemente verso l’esterno, per cui sono utili solo se indossate da tutti, le altre garantiscono una barriera doppia. Entrambe, va ribadito, sono monouso: dopo 8 ore andrebbero gettate. Ma qualcosa tra le une e le altre, fatalmente, si è perso: sulle prime lo Stato ha investito per garantire un prezzo d’acquisto bloccato. Non da subito, va detto. Fu proprio uno dei crucci dell’ex commissario Domenico Arcuri non fissare prima il calmiere a 50 centesimi: “Dovevo farlo prima per abbattere la vergognosa speculazione”, disse a luglio del 2020, dopo sei mesi di emergenza. Ma l’errore pare si stia ripetendo, e su dispositivi che costano anche sei volte tanto. Una dimenticanza o una scelta? In vero il 23 dicembre, prima che il consiglio dei ministri approvasse il decreto n. 305, un’agenzia (AdnKronos) batteva la notizia secondo cui il governo stava valutando di introdurre prezzi calmierati. Il fatto che non sia poi successo depone non a favore della dimenticanza ma per scelta, magari provvisoria in attesa misure specifiche e approvvigionamenti, ma comunque problematica.

LA POLEMICA PARTE DALLA SCUOLA.
Il 10 gennaio si tornerà in classe: gli studenti potranno continuare a utilizzare le mascherine chirurgiche, ma la struttura commissariale fornirà al personale scolastico mascherine Ffp2 e Ffp3 nel caso in cui ci siano alunni esentati dall’utilizzo dei Dpi. Il generale Figliuolo ha anche garantito 5 milioni di euro per questo. La scelta ha mandato subito in ebollizione il mondo della scuola. I sindacati e l’associazione dei presidi contestano apertamente la decisione di non garantire i dispositivi di protezione indicati come idonei a tutto il personale scolastico, specie da che diventa presidio obbligatorio in tutti i luoghi chiusi, mezzi pubblici compresi, anche in riguardo al fatto che i numeri dei contagiati indicano che proprio i minori in fase scolare sono la fascia più colpita, mentre le vaccinazioni per quell’età sono ancora poche.

GLI APPELLI: “EVITARE COSTI E SPECULAZIONI.”
Fuori dalla scuola sono amministratori e sindaci i primi ad avvertire il rischio che il mancato intervento pubblico generi il caos, speculazione sui prezzi, garanzie di sicurezza legata al censo dei cittadini. “Mi auguro che il Governo riesca a introdurre un costo calmierato per l’utilizzo delle mascherine Ffp2” ha detto oggi il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. Gli fanno eco vari sindaci come Nario Nardella (Firenze) e associazioni dei consumatori che avvertono il rischio di un’impennata incontrollata dei prezzi con relative speculazioni e di un costo sociale enorme che si abbatte sulle famiglie. Del resto se le FFP2 sono monouso, dopo otto ore si buttano. E una famiglia con figli potrebbe arrivare a spendere cifre considerevoli per ottemperare alle nuove norme. A chiedere “subito il prezzo fisso” è anche Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

OBBLIGATORIO SU TUTTI I MEZZI?
Il nuovo decreto impone l’obbligo di indossare le mascherine anche all’aperto. L’art. 4 estende tale obbligo ai mezzi di trasporto, ma richiamando il decreto sul greenpass, che escludeva i regionali, finisce per creare lo stesso buco. In sostanza l’accesso ai treni, navi, traghetti, treni ad alta velocità, intercity etc non contemplava la categorie del trasporto regionale, e facendo riferimento alle stesse categorie, anche l’obbligo di FFP2 appena introdotto, a regola, sarebbe escluso da tale ambito. Più che la svista però conta di poterle comprare queste mascherine, che fino a ieri venivano scartate perché più care, ma domani potrebbero essere irreperibili e innescare così la corsa al rialzo che da più parti si chiede di scongiurare con intervento pubblico.

DOVE COMPRARE, COME CONTROLLARE.
Se la farmacia sotto casa è un incognita per chi dovrà munirsi di FFP2 fornitori che praticano prezzi accettabili si trovano online, sui vari marketplace come Amazon, che al momento in cui scriviamo propone set da 30 a 50 mascherine con prezzo variabile da 0,70 a 0,93 euro ciascuna. In ogni caso è fondamentale che il dispositivo sia certificato e garantito, diversamente da quanto avvenuto con le mascherine chirurgiche per le quali, per ovviare alla mancanza, si sono accordate varie deroghe. Come controllare? La Commissione Europea ha messo a disposizione uno strumento online di verifica (database Nando) di non proprio agevole consultazione. Bisogna inserire il numero a quattro cifre stampigliato accanto al marchio CE (“Keyword On Notified body number”), cliccare il tasto “research” e appare il nome dell’ente certificatore. Se non accade, si devono consultare gli elenchi dei dispositivi validati in deroga dall’Inail ai sensi del decreto Cura Italia del 17 marzo 2020. Il secondo step è cliccare sul nome dell’ente e assicurarsi che nella scheda “Legislation” compaia la dicitura “Personal protective equipment”. Nel corrispondente file dovrebbe essere riportata la voce “Equipment providing respiratory system protection”: è la garanzia che le mascherine sono state validate da un’agenzia autorizzata dall’Unione Europea.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/12/27/caos-ffp2-le-mascherine-piu-protettive-diventano-obbligatorie-ma-senza-prezzo-calmierato-costi-moltiplicati-per-le-famiglie-e-rischio-speculazione/6438584/

giovedì 18 novembre 2021

Irene Pivetti, chiusa l’inchiesta sul caso delle mascherine per l’ex presidente della Camera. Sequestro da 4 milioni di euro.

 

L'indagine, condotta dal sostituto procuratore Giovanni Tarzia, si concentra su una serie di operazioni commerciali, in particolare la compravendita di tre Ferrari Gran Turismo, che - secondo la ricostruzione della Procura - sono servite per riciclare proventi di un’evasione fiscale.

Il pasticcio – diventato un’inchiesta penale sulle mascherine importate dalla Cina e che ha coinvolto l’ex presidente della Camera Irene Pivetti – ha un primo punto fermo. La Guardia di finanza di Milano ha sequestrato 4 milioni di euro all’ex esponente leghista. Pivetti e un suo consulente sono indagati per riciclaggio e frode fiscale. L’indagine, condotta dal sostituto procuratore Giovanni Tarzia, si concentra su una serie di operazioni commerciali, in particolare la compravendita di tre Ferrari Gran Turismo, che – secondo la ricostruzione della Procura – sono servite per riciclare proventi di un’evasione fiscale. Le stesse accuse sono contestate, tra gli altri, anche al pilota di automobilismo Leonardo Isolani, alla moglie e alla figlia. La somma sequestrata dalle Fiamme gialle coincide con il profitto dei reati ipotizzati.

Nell’inchiesta è contestato anche l’autoriciclaggio, ipotizza il ruolo di intermediazione del gruppo Only Italia, presieduto da Irene Pivetti, in operazioni delle società di Isolani per nascondere appunti al fisco alcuni beni, tra cui le tre Ferrari, una delle quali è stata sequestrata dalle Fiamme Gialle tempo fa. Secondo la ricostruzione emersa dagli accertamenti i fatti risalgono al 2016. Isolani, che ha un suo “team racing”, avrebbe venduto tutti i beni (attrezzature, marchio e sito web) di una sua società indebitata con l’erario per diversi milioni di euro al fine di svuotarla. Beni che sarebbero andati ad un’altra sua società con base a San Marino, la quale avrebbe venduto di nuovo tutti i beni, e in più le tre Ferrari, ad una società di Hong Kong riferibile a Pivetti. Società quest’ultima che, poi, avrebbe rivenduto ancora gli asset al Gruppo Daohe, del magnate cinese Zhou Xi Jian.

La cessione è stata festeggiata con un evento a Palazzo Brancaccio a Roma organizzato proprio dall’ex esponente leghista. Nelle varie fasi dell’operazione di riciclaggio sono coinvolti anche un notaio e due imprenditori (di cui uno cinese). Gli indagati sono in tutto sette. Il 9 giugno dell’anno scorso c’erano state perquisizioni e nell’ottobre successivo un sequestro da 1,2 milioni a carico del pilota. Il sequestro di oggi è stato emesso in via d’urgenza dal pm Tarzia e riguarda 3,5 milioni di euro quale profitto della frode fiscale e 500.000 euro circa quale profitto delle condotte di riciclaggio dei proventi delittuosi dell’evasione fiscale. Oltre al sequestro preventivo da 4 milioni di euro il Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf milanese sta notificando gli avvisi di conclusione dell’indagine e in vista della richiesta di rinvio a giudizio, a carico dell’ex presidente della Camera Irene Pivetti, del pilota di rally Leonardo Leo Isolani e di altre 5 persone. Le indagini sono state estese, negli ultimi mesi, a “decine di giurisdizioni estere” attraverso rogatorie (verso Hong Kong, Cina, Macao, Svizzera, San Marino, Malta, Monaco, Gran Bretagna, Polonia e Spagna), ed è emerso che “parte del profitto della frode fiscale” era stato movimentato “sempre estero su estero”. Nell’inchiesta sono indagati anche la moglie di Isolani, Emanuela Mascoli e la figlia di lei Giorgia Giovannelli.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/11/18/irene-pivetti-chiusa-linchiesta-sul-caso-delle-mascherine-per-lex-presidente-della-camera-sequestro-da-4-milioni-di-euro/6396812/

mercoledì 28 luglio 2021

Ove Mai. - Marco Travaglio


Paolo Mieli vaga ramingo di talk in talk lacrimando non tanto per quel che ho detto su Draghi alla festa di Articolo 1, quanto perché la gente applaudiva. In effetti è bizzarro che il popolo della sinistra non si prostri adorante al culto mariano del governo che prende ordini da Confindustria e persino da Bonucci&Chiellini, sblocca i licenziamenti, blocca il cashback, condona gli evasori, ingaggia la Fornero, fa politiche ambientali da Premio Attila e riforme della giustizia da Trofeo Berlusconi. Io però, appena vedo Mieli, non riesco a non pensare al suo scoop del 17 giugno a Otto e mezzo sul cambio della guardia tra Figliuolo e Arcuri: “Quando è arrivato Draghi, ha trovato che Conte e Arcuri avevano acquistato mascherine per 763 settimane, cioè per 14 anni e mezzo, da qui al 2035!”. Obiettai che era una cifra campata per aria. Ma lui ripeteva a macchinetta: “Segnàtevi questo dato: 763 settimane, 14 anni e mezzo di mascherine comprate… un giorno faremo i conti… opacità, cose strane… 763 settimane, 14 anni e mezzo!”. Ricordai che l’inchiesta romana riguarda l’acquisto di circa 1 miliardo di mascherine dalla Cina nel marzo 2020. Ma Mieli mi incalzò implacabile: “Ammetti che sono troppe, ove mai fosse vero che Draghi e Figliuolo han trovato nei loro magazzini 14 anni e mezzo di mascherine?”.

Arcuri smentì quel dato iperbolico con le cifre ufficiali e ricordò che nel marzo 2020 servivano mascherine per un mesetto, poi partì la produzione nazionale. Mi attendevo una puntuta replica, almeno un “ove mai”, invece Mieli non ne parlò più. Ma siccome ha detto che “un giorno faremo i conti”, appena lo vedo spero sempre che il giorno sia arrivato. Nell’attesa, a parte la scena comica di Arcuri che chiama il fornitore e intima “mi mandi 763 settimane di mascherine”, come se si ordinassero a mesi e non a numero, qualche conto l’ho fatto io. Posto che nel lockdown, per ogni italiano circolante (40 milioni su 60), occorrevano due mascherine al giorno (vanno cambiate ogni 4 ore), il fabbisogno giornaliero era 80 milioni, pari a 427,3 miliardi per 763 settimane. A 1 euro a pezzo, Conte e Arcuri avrebbero speso 427,3 miliardi di euro: metà della spesa pubblica annua, oltre il doppio del Recovery fund, sommetta difficile da occultare nelle pieghe del bilancio. Dove avranno preso tutti quei soldi? E dove saranno i famosi magazzini in cui Draghi e Figliuolo han trovato quel po’ po’ di mascherine? A metterle l’una sull’altra a mucchietti, formerebbero un parallelepipedo alto 4mila km su una base di 7,2 milioni di kmq (vasta poco meno dell’Europa). Non vediamo l’ora di andarci in visita guidata, con Mieli, Draghi e Figliuolo come guide turistiche. Ove mai non fossero tutte cazzate.

ILFQ

sabato 19 giugno 2021

Mascherine, Mieli: “Conte e Arcuri ne avevano acquistate per 14 anni e mezzo”. Ma i numeri ufficiali lo smentiscono.

 

Il giornalista, ospite di Otto e mezzo su La7, durante una discussione con Marco Travaglio ha sostenuto che l'ex commissario all'emergenza avesse comprato troppi dispositivi, tali da soddisfare il fabbisogno nazionale "di qui al 2035". I dati invece dicono che sono state acquistate un totale di 4 miliardi e 796 milioni di mascherine (chirurgiche, Fffp2, Fffp3, ecc) e che finora alle Regioni ne sono state distribuite già 3 miliardi e 248 milioni.

“Quando è arrivato Draghi ha trovato che Conte e Arcuri avevano ordinato e acquistato mascherine per 763 settimane, 14 anni e mezzo”. A dirlo in tv è stato Paolo Mieli, giornalista, storico e conduttore tv che giovedì era ospite di Otto e mezzo su La7, insieme al direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio. Mieli ha sostenuto che il precedente commissario straordinario all’emergenza Covid, Domenico Arcuri, sostituito poi dal generale Figliuolo con il passaggio dal Conte 2 al governo Draghi, avesse acquistato un numero spropositato di mascherine, tale da soddisfare il fabbisogno nazionale “di qui al 2035“. I numeri, però, lo smentiscono: tra il 17 marzo 2020 e il 28 febbraio 2021, Arcuri ha acquistato un totale di 4 miliardi e 796 milioni di mascherine. È difficile stimare quale sia realmente il fabbisogno settimanale nazionale, ma un dato chiarisce inequivocabilmente come ci vorranno molto meno di 14 anni per utilizzarle: da marzo ad oggi, infatti, la Protezione Civile ha distribuito alle Regioni 3 miliardi e 248 milioni di mascherine in 15 mesi e mezzo.

Mascherine, Mieli a Travaglio: “Conte e Arcuri ne avevano acquistate per 14 anni e mezzo”. Ma i numeri ufficiali lo smentiscono
Volume 90%
 

Nel corso della discussione, Mieli ha insistito più volte sul dato delle “763 settimane” (di cui non è chiara la fonte) e ha aggiunto: “Un giorno faremo poi i conti“. I conti ufficiali però si possono fare anche subito, volendo: sono disponibili sul sito del governo, nella sezione dedicata appunto al Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19. Con lo scoppio della pandemia in Italia a cavallo tra fine febbraio e inizio marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, dovette prevedere la presenza di un commissario con funzione di coordinamento, in particolare per l’acquisto di beni indispensabili nella lotta al Covid, tra cui appunto le mascherine. Il decreto del 17 marzo 2020 conferisce chiarisce che gli atti del commissario “sono sottratti al controllo della Corte dei Conti, fatti salvi gli obblighi di rendicontazione“. Tutti gli acquisti effettuati da Arcuri prima e Figliuolo poi, così come dalla Protezione Civile, sono quindi pubblici e disponibili a tutti.

Emerge appunto che nel suo anno da commissario Arcuri ha acquistato in totale 3,3 miliardi di mascherine chirurgiche, 634 milioni di mascherine per bambini, 340mila mascherine filtranti per la collettività, 238 milioni di Ffp3 e 234 milioni di Ffp2. Il totale arriva appunto a 4 miliardi e 796 milioni. La spesa totale? Due miliardi e 116 milioni di euro. Chiaramente il commissario non è l’unico a fare acquisti: ci sono anche le RegioniConsip e la Protezione civile (che però da sola finora ne ha acquistate appena 223mila). Ma i 4,8 miliardi di mascherine acquistate da Arcuri sembrano essere congrue all’emergenza. L’Analisi distribuzione aiuti consultabile sul sito del Dipartimento della Protezione civile infatti riporta che nel corso della pandemia finora sono stati distribuite alle Regioni oltre 3 miliardi di mascherine. Ancora nell’ultima settimana, stando al portale, nonostante un trend in diminuzione sono state distribuite oltre 6,5 milioni di mascherine. Evidentemente quelle comprate da Arcuri non dureranno 14 anni, altrimenti Figliuolo sarebbe un pazzo ad aver già acquistato altri 15 milioni di pezzi.

ILFQ

giovedì 8 aprile 2021

Arresti domiciliari per il sindaco di Opera, Antonino Nucera: mascherine tolte alle Rsa per darle ai parenti e appalti a imprenditori amici. - Cesare Giuzzi

Aprile 2020: Antonino Nucera si fa fotografare mentre distribuisce mascherine

 Agli arresti anche la compagna e capo dell’ufficio tecnico comunale Rosaria Gaeta, coinvolti tre imprenditori. Le indagini dei carabinieri svelano anche illeciti smaltimenti di rifiuti. Nelle intercettazioni chiedeva per sé metà delle forniture date alle residenze per anziani.

Mentre il mondo intero travolto dal Coronavirus cercava disperatamente mascherine chirurgiche, il sindaco Antonino Nucera dirottava le forniture della Protezione civile direttamente ai suoi uffici per poi distribuirle ad amici e parenti. Dispositivi di protezione che in quei giorni — marzo e aprile dello scorso anno — erano stati inviati a Opera, comune di 13 mila abitanti alle porte di Milano, per i nonnini ricoverati nella Rsa «Anni azzurri Mirasole» della frazione di Noverasco, e per la farmacia comunale per poi essere distribuiti alla popolazione. In realtà, secondo le accuse, quelle mascherine venivano utilizzate dal sindaco stesso o messe a disposizione dei suoi familiari, come la ex moglie e i suoceri, a dipendenti comunali o agli agenti della polizia locale (che però le avrebbero dovute ricevere dalla Regione Lombardia). Quegli stessi agenti che, sulla base delle ordinanze molto restrittive emesse dal sindaco dopo il primo caso di Codogno, sorvegliavano strade e piazze con l’uso dei droni per scoprire chi uscisse fuori casa.

In totale oltre 2.800 i dispositivi di protezione finiti al centro dell’inchiesta «Feudum» che ha portato all’arresto del sindaco di Opera, della sua compagna e capo dell’ufficio tecnico e di tre imprenditori. Tutti sono finiti ai domiciliari. Nucera, nei primi mesi della pandemia aveva pubblicato sulla sua pagina Facebook diversi attacchi al governo soprattutto legati alla questione della distribuzione delle mascherine. In particolare a fine aprile quando aveva anche scritto al premier Giuseppe Conte contestando il prezzo «politico» di 50 centesimi a mascherina in quanto, a suo dire, sarebbe stato impossibile per i Comuni ottenere forniture a simili prezzi e le amministrazioni avrebbero così dovuto coprire l’aggravio dei costi. In un’altra occasione, in concomitanza con il periodo delle indagini dei carabinieri, Nucera aveva pubblicato fotografie mentre distribuiva le mascherine agli abitanti.

L’affaire mascherine vale al sindaco Antonino Nucera, 49 anni, originario di Melito Porto Salvo (Reggio Calabria) l’accusa di peculato nell’ordinanza firmata dal gip milanese Fabrizio Filice con la quale sono stati disposti gli arresti domiciliari. Stessa misura per il capo dell’ufficio tecnico di Opera Rosaria Gaeta, legata sentimentalmente a Nucera e per gli imprenditori Giovanni Marino, Giuseppe Corona (Marino costruzioni srl) e Rosario Bonina (Veria srl). Gli arresti sono stati eseguiti dai carabinieri nelle province di Milano, Lodi, Varese e Messina.

Perché l’inchiesta dei carabinieri del Nucleo investigativo di Milano, coordinati dagli aggiunti Alessandra Dolci (Direzione distrettuale antimafia) e Maurizio Romanelli (pool anticorruzione della Procura) e dai pm Silvia Bonardi Stefano Civardi, ruota intorno non solo alla riprovevole sottrazione di mascherine agli anziani e al personale della Rsa, ma anche a giri di appalti pilotati assegnati alle imprese amiche e all’illecito smaltimento di materiali di scarto, da qui il coinvolgimento della Dda competente per il traffico di rifiuti. In cambio il sindaco e la compagna avrebbero ottenuto la ristrutturazione «a titolo gratuito» di una casa a San Donato Milanese, di proprietà della donna, da parte delle due imprese «favorite» negli appalti. L’inchiesta inizia proprio nei giorni dell’esplosione della pandemia e parte da una segnalazione che parla di stretti rapporti tra il sindaco di Opera, la sua compagna e alcuni imprenditori ai quali andrebbero sistematicamente appalti anche con il sistema dell’affidamento diretto.

Tra le opere finite nel mirino dei carabinieri del Nucleo investigativo, guidati dai comandanti Michele Miulli e Antonio Coppola, il rifacimento del campo sportivo di Opera, i lavori nelle scuole Don Milani, la media di via Papa Giovanni e l’elementare «Sacco e Vanzetti» e parte dei lavori di manutenzione del cimitero di Assago (Gaeta è responsabile dell’area edilizia pubblica di quel Comune). Ma anche l’affare dei termoscanner per il Comune, la farmacia e gli uffici della polizia locale (quasi 11 mila euro) con l’impresa dei Marino che fa da procacciatrice di clienti per l’effettivo fornitore delle apparecchiature assicurandosi un guadagno triplo rispetto al costo di mercato, come scrivono i magistrati. Nucera e Gaeta, più un’altra serie di imprenditori, sono indagati anche per lo smaltimento dell’asfalto fresato a seguito dei lavori sulla ex Statale Valtidone. Materiali di scarto e di fatto rifiuti speciali che venivano riutilizzati per compattare il terreno su cui realizzare una tensostruttura, smaltiti nei campi del Parco Sud di due imprenditori agricoli, riutilizzati mescolandoli alla terra nel cantiere della passerella ciclopedonale sulla stessa strada, o smaltendoli abusivamente (1.000 tonnellate) grazie a imprenditori compiacenti. Nei confronti di un architetto bresciano, consulente del Comune di Opera, è stata emessa una misura interdittiva e il gip ha disposto il sequestro preventivo di 40 mila euro (il prezzo della corruzione) e di due camion usati, secondo la procura, per commettere i reati ambientali.

Corriere della Sera

lunedì 15 marzo 2021

Italia divisa. Quelli che “la mascherina no” e i “fessi” che rispettano sempre le regole. - Nando dalla Chiesa

Leggete ed esercitate la memoria, per favore: “Dichiara e diffinisce tutti coloro essere compresi in questo bando, e doversi ritenere bravi e vagabondi… i quali, essendo forestieri o del paese, non hanno esercizio alcuno, od avendolo, non lo fanno… […] A tutti costoro ordina che, nel termine di giorni sei, abbiano a sgomberare il paese, intima la galera a’renitenti, e dà a tutti gli ufiziali della giustizia le più stranamente ampie e indefinite facoltà, per l’esecuzione del- l’ordine”. Ricordate? Sono le celeberrime grida manzoniane. Così inizia infatti il bando dell’otto aprile dell’anno 1583, firmato dall’“Illustrissimo ed Eccellentissimo signor don Carlo d’Aragon, Principe di Castelvetrano, Duca di Terranuova, Marchese d’Avola, ecc. ecc.”. Così inutile nella sua terribilità da dovere essere nuovamente (e altrettanto inutilmente) emesso quattro giorni dopo.

Ecco, mi sono venute in mente codeste grida osservando quel che succede nel quartiere milanese in cui mi è concesso dalle grida contemporanee di camminare e sfiorare con lo sguardo miei simili dalle mascherine alzate fino alle pupille. Già, perché questo lockdown lungo un anno mi sta rendendo un po’ strano. Mi trovo spesso a riflettere sulle disuguaglianze delle famose “opportunità di vita” con cui dobbiamo fare i conti. Che non dipendono più dai nostri talenti e dai nostri meriti (o dai nostri privilegi per nascita) ma dalla nostra braveria Ti farebbe piacere partecipare a un piccolo assembramento, vedere cinque minuti in faccia i tuoi amici, colleghi e allievi? Ti piacerebbe camminare senza museruola, respirando ossigeno nel parco? Ti farebbe piacere una sera al ristorante o prendere un aperitivo stando in piedi fuori dal bar o dall’ostello preferito, o guardando l’amatissimo cortile dell’università in cui insegni? Oh sì, e quanto! Ma ci sono le grida. E io non ho dentro di me la braveria necessaria per fottermene.

Così la mia vita è diversa, ha meno opportunità di altre. Ed è così da un anno perché da un anno ci sono i contagi. E i contagi ci sono, pare, perché si sta senza mascherina, perché ci si accalca, perché si ride e si grida stando a mezzo metro di distanza. Per carità, se non è vero mi rimangio tutto. Ma se è vero, se quelli che ci hanno martellato dalle tivù non sono dei cialtroni, vuol dire che coloro che si assembrano e ridono e brindano tutti i giorni, tutti i tardi pomeriggi, producono contagio. E contagiando – loro che stanno lì fuori – costringeranno me a stare in casa ancora a lungo. Perché arriverà la quarta ondata e poi le mutazioni di questa peste che sempre più (l’ho detto che mi sto facendo strano…) io penso sia nata – come era stato annunciato prima che ci piombasse addosso – in qualche stramaledetto laboratorio orientale.

Ormai vedo i nuovi bravi milanesi come gli evasori che non pagando le tasse mi costringono a pagare di più. La signora che si fa tutto parco Ravizza senza mascherina, non con la mascherina abbassata, dico, ma proprio arrivando e andandosene tracotante a faccia tutta nuda. Le coppie che camminano senza dare mostra di avere una mascherina in tasca. La ragazza che sta al telefono e urla senza museruola né per sé né per il suo cane. I gruppi di cinquanta, sessanta, sbevazzanti davanti ai bar, da via Ripamonti alla Bocconi, senza che nessuno intervenga, per carità, nemmeno a chiamata, le chiamate vere o finte per cui si interviene sono altre.

Poi scopri che la zona in cui vivi è una delle tre a più alto indice di contagio a Milano. E allora te la prendi anche con le grida, con gli araldi e con la gendarmeria. Con chi protegge la braveria e farà recitare nuove grida. Mentre i timorati di Dio e delle leggi attendono i vaccini. Intanto la cerimonia di 40 persone con mascherine per ricordare le vittime innocenti di mafia non si può fare. Logico, siamo al rosso. Ma che senso ha?

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/03/15/italia-divisa-quelli-che-la-mascherina-no-e-i-fessi-che-rispettano-sempre-le-regole/6133300/

mercoledì 3 marzo 2021

Inchiesta mascherine, arresti e perquisizioni.

 


Operazione della Guardia di Finanza nell'ambito dell'inchiesta della procura di Roma sulle mascherine acquistate dalla Cina nella prima fase dell'emergenza coronavirus. I militari del comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma hanno eseguito l’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali con la quale il gip del Tribunale capitolino, su richiesta della procura di Roma, ha disposto gli arresti domiciliari nei confronti di Andelko Aleksic, 41 anni, Vittorio Farina, 66 anni, già attivo nel settore della carta stampata, e Domenico Romeo, 51 anni, indagati, a vario titolo, per frode nelle pubbliche forniture e truffa aggravata nonché, Aleksic e Farina, anche per traffico di influenze illecite.

L’autorità giudiziaria ha, inoltre, disposto il sequestro preventivo del profitto dei reati contestati, per un importo di quasi 22 milioni di euro, a carico dei tre arrestati e della società milanese European network Tlc Srl, nei cui confronti è stata emessa la misura interdittiva del divieto di contrarre con la pubblica amministrazione.

A seguito di una segnalazione dell’agenzia regionale della Protezione Civile del Lazio alla procura di Roma, i finanzieri del Gruppo Tutela Spesa Pubblica del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria hanno ricostruito le vicende relative alla fornitura di 5 milioni di mascherine Ffp2 e 430.000 camici alla Regione Lazio da parte della European Network Tlc nella prima fase dell’emergenza sanitaria (tra marzo e aprile 2020), per un prezzo complessivo di circa 22 milioni di euro.

A fronte dei contratti sottoscritti, che prevedevano la consegna di dispositivi di protezione individuale marcati e certificati Ce, rientranti nella categoria merceologica di prodotti ad uso medicale, l’impresa milanese facente capo ad Aleksic, che fino al mese di marzo 2020 era attiva soltanto nel settore dell’editoria ha, dapprima fornito documenti rilasciati da enti non rientranti tra gli organismi deputati per rilasciare la specifica attestazione e, successivamente, per superare le criticità emerse durante le procedure di sdoganamento della merce proveniente dalla Cina, ha prodotto falsi certificati di conformità forniti da Romeo anche tramite una società inglese a lui riconducibile, ovvero non riferibili ai beni in realtà venduti.

L’attività di oggi testimonia l’efficacia dell’azione svolta dalla Procura della Repubblica e dalla Guardia di Finanza di Roma a tutela dei cittadini e, nel caso specifico, del sistema sanitario, cui era destinata gran parte della merce acquistata, dai danni arrecati da persone che operano sul mercato in modo spregiudicato, con particolare riferimento alle forniture di beni connessi all’attuale emergenza epidemiologica.

Ordinanza.

"Le condotte tenute sono gravi a maggior ragione se contestualizzate nel momento di emergenza sanitaria in cui sono avvenute. Sfruttando le opportunità fornite dalla legislazione emergenziale adottata, approfittando del momento di estrema difficoltà in cui versava il paese che stava affrontando una epidemia incontrollata, gli indagati (Romeo subentrata in un secondo momento) non hanno esitato a cercare di lucrare, acquisire facili guadagni favoriti dalla sostanziale impossibilità di controllo da parte del committente sulla qualità della merce che veniva fornita come dispositivo di protezione". E’ quanto scrive il gip Francesca Ciranna nell’ordinanza con cui ha disposto tre misure cautelari nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Roma per la fornitura di mascherine e camici destinati alla protezione civile del Lazio.

"Gli indagati hanno agito con grande spregiudicatezza - scrive ancora il gip - Romeo ha fornito (e sembrerebbe tuttora fornire) certificati di conformità falsi, Aleksic ha dimostrato di essere consapevole della falsità dei certificati; Farina è il "faccendiere" colui che ha tenuto i contatti con soggetti vicino alla struttura commissariale, al fine di ottenere agevolmente la conclusione di fornitura vantaggiose per la società".

''Sussiste il concreto pericolo di reiterazione del reato. L’emergenza sanitaria è ancora in corso e dalle intercettazioni effettuate emerge che è ancora in atto una intensa attività di procacciamento di nuovi contratti di fornitura', scrive ancora il gip.

''Il 24 giugno la Ent srl ha effettuato un bonifico di 58.784 sul conto corrente intestato ai coniugi Romano Francesco Saverio e (...) segnalato come operazione sospetta dalla Polizia Tributaria in quanto privo di causale'', scrive il gip.

"L’indagine scaturisce dalla segnalazione del 9 aprile 2020 del dirigente della Protezione civile regionale Carmelo Tulumello. La Protezione Civile del Lazio, in ragione dell’emergenza sanitaria, aveva provveduto ad affidare contratti di fornitura per dpi di diversa tipologia; nell’ambito di tale attività affidava alla società European Network tcl srl una fornitura di cinque milioni di mascherine Ffp2 marcate Ce", riporta ancora l'ordinanza. "In esecuzione di tale contratto, la società effettuava la fornitura attraverso plurime consegne a partire dal 31 marzo 2020 al 7 aprile 2020".

In relazione alla fornitura arrivata il 7 aprile 2020 - si legge nell’ordinanza - l’Agenzia delle Dogane comunicava che c’erano difficoltà nell’eseguire la procedura di sdoganamento, stante la presunta irregolarità dei certificati Ce e del marchio presente sulle confezioni. Nella relazione di servizio del 9 aprile 2020, infatti, il capo dell’ufficio Dogane segnalava alla protezione civile che la società European network tcl aveva richiesto lo sdoganamento della merce con marchio Ce, come indicato nella bolla, allegando certificazione rilasciata dalla società Ecm Srl.

Da un successivo controllo, le Dogane avevano accertato che la Ecm non è un organismo accreditato e, quindi le mascherine con marchio Ce non sembravano corrispondere agli standard previsti. Dunque veniva respinta la richiesta di sdoganamento.

Intercettazioni.

“Domenico mi ha promesso che se gli arriva la lettera, autorizza quell'acquisto''. E’ quanto si legge in una intercettazione contenuta nell'ordinanza del gip Ciranna. Secondo quanto si legge nel provvedimento, ''in occasione di un ulteriore viaggio a Roma, Farina Vittorio è riuscito ad incontrare il commissario straordinario Arcuri Domenico, come sembra emergere dai puntuali aggiornamenti effettuati da Farina ad Aleksic''.

In una conversazione intercettata Vittorio Farina ''ha giurato di aver parlato con Domenico Arcuri per inserire la Ent tlc Srl quale fornitore sussidiario" ad altre due imprese "per l’approvvigionamento di mascherine destinate alla riapertura delle scuole sul territorio nazionale'', scrive ancora il gip nell’ordinanza.

''Tu lasciami lavorare, c’ho ampia delega da te, te faccio diventare... mooolto molto benestante, forse potresti anche essere considerato ricco", quanto afferma Vittorio Farina in una conversazione intercettata con Andelko Aleksic, secondo quanto si legge nell'ordinanza.

E ancora: parlando dei camici, Andelko Aleksic riferisce di essere interessato al certificato e aggiunge ''tanto so tutti falsi sti certificati'', si legge nell'intercettazione riportata nell'ordinanza.

''Tu che sei grande amico di Arcuri, lanciati nel business delle scrivanie, hai sentito questa storia delle scrivanie?'', dice una persona rivolgendosi a Vittorio Farina in una conversazione intercettata e contenuta nell’ordinanza. Nella stessa conversazione Farina risponde: ''Sì, ma come faccio, troppo''. E l'altro: ''Tre milioni di scrivanie, a prezzo medio 50 euro''.

Arcuri non è indagato.

Due perquisizioni sono state effettuate dalla Guarda di Finanza nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Roma per la fornitura di mascherine e camici destinati alla protezione civile del Lazio in cui si procede anche per traffico di influenze illecite. L’ indagine è coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, a capo del gruppo di pm che si sta occupando dei procedimenti riguardanti il contrasto ai reati legati all’emergenza coronavirus.

Secondo quanto si apprende l'ex commissario straordinario all'emergenza Domenico Arcuri è oggetto del traffico d'influenze e non indagato nella vicenda.

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