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domenica 14 aprile 2019

Pd, non c’è soltanto lo scandalo Umbria: ormai cinque regioni traballano sotto il peso delle inchieste giudiziarie. Eccole. - Thomas Mackinson

Pd, non c’è soltanto lo scandalo Umbria: ormai cinque regioni traballano sotto il peso delle inchieste giudiziarie. Eccole

Salgono a cinque le regioni travolte da inchieste a carico di dirigenti locali e governatori daem. Mentre i sondaggi rianimano il partito e il tempo restituisce all'ex sindaco Marino la sua innocenza, nel Pd tornano la questione morale e il no giustizia. Il nuovo segretario marca la linea della "fiducia nella magistratura", ma sotto le ceneri cova l'anatema berlusconiano.

In Umbria lo scandalo sanità fa saltare la testa del partito, con l’arresto dell’assessore Luca Barberini e del segretario regionale Gianpiero Bocci, ai domiciliari. Indagata la governatrice Catiuscia Marini. Nicola Zingaretti commissaria, Salvini chiama elezioni subito. Nel fianco del Pd ci sono però anche Abruzzo, Basilicata, Puglia, Calabria. Macigni sulla campagna elettorale di un partito uscito un anno fa con le ossa rotte e che ora sta cercando di ricomporsi. Zingaretti tutto poteva aspettarsi, tranne che il banco di prova della sua reggenza delle europee iniziasse a traballare sotto il peso delle inchieste giudiziarie. Proprio ora che i sondaggi sono in ripresa e il tempo ha restituito a Ignazio Marino, l’ex sindaco di Roma, la patente di estraneità al malaffare degli scontrini  cavalcato dalla corrente capitolina e renziana in ascesa. L’ultima tegola travolge l’Umbria, affare di assunzioni pilotate in sanità che riempie ancora i giornali di episodi e ricostruzioni che – oltre al possibile criminale in senso tecnico – illuminano consuetudini clientelari e dinamiche di potere difficilmente compatibili con il passo che il neosegretario vorrebbe imprimere al partito. Il rapporto con la giustizia, al di là del caso locale, è una variabile importante del suo mandato. Nel Pd che ha eredito cova da tempo una spaccatura profonda sul tema, emersa con più evidenza in occasione dell’indagine a carico dei genitori dell’ex segretario Matteo Renzi, quando qualcuno – ricorda oggi Repubblica – ha rispolverato la formula berlusconiana della “giustizia a orologeria. Il segretario-governatore sembra indisponibile a seguire questa linea, avendo limitato il suo commento ai fatti di Perugia alla “piena fiducia nella magistratura”.

Basilicata, la débâcle dopo un quarto di secolo
Appena due settimane fa, il Pd aveva subito un storica sconfitta in Basilicata, regione che governava da 25 anni. Determinante l’inchiesta giudiziaria che a luglio aveva portato all’arresto del governatore Marcello Pittella. Sempre storiaccia di concorsi truccati, raccomandazioni e sanità usata come ascensore per ricchezza e potere dei notabili locali del partito e loro amici e parenti. A fine marzo si è votato per il rinnovo del consiglio regionale, Pittella disarcionato dall’inchiesta sulla sanità lucana è tornato in consiglio  forte di oltre 8mila preferenze e la sua lista “batte” quella del Pd. E i suoi ex assessori, indagati, siedono insieme al lui in consiglio.
Puglia, Emiliano e le primarie.
In Puglia è finito sotto inchiesta Michele Emiliano per una vicenda legata al finanziamento delle primarie del Pd, quando il governatore sfidava Renzi e Orlando. Per la procura di Bari due imprenditori con interessi diretti sugli appalti della Regione pagarono la campagna elettorale dell’ex magistrato. Da qui l’accusa di abuso d’ufficio e traffico illecito di influenze alle quali Emiliano si dichiara estraneo.
Calabria, Oliverio tentato dal ritorno.
Guai per il Pd anche in Calabria dove è indagine anche il presidente della Regione, Mario Oliverio. Per lui era stato disposto l’obbligo di dimora, misura però annullata a marzo dalla Cassazione. L’indagine riguarda presunte irregolarità in due appalti gestiti dalla Regione e per i quali la guardia di finanza, oltre ai presunti reati contestati a Oliverio, per gli altri indagati aveva riscontrato quelli di falso, corruzione e frode in pubbliche forniture. Dopo più di tre mesi, il presidente Oliverio torna libero con un provvedimento della Cassazione che, a questo punto, potrà sfruttare anche in chiave politica: siamo agli sgoccioli della legislatura, presto si tornerà a votare per le regionali e ha intenzione di ricandidarsi nonostante le perplessità di parte del Pd calabrese.
Il terremoto delle inchieste in Abruzzo.
In Abruzzo proprio due giorni fa il tribunale dell’Aquila ha disposto l’archiviazione della posizione dell’ex presidente regionale Luciano D’Alfonso, oggi senatore dem. L’inchiesta era uno dei filoni seguiti dalla procura della Repubblica dell’Aquila sugli appalti della Regione: tra i principali, la gara per l’affidamento dei lavori di ricostruzione di palazzo Centi, sede della giunta regionale all’Aquila. Il primo di ottobre però si terrà l’udienza preliminare per un’altra vicenda in cui rischia il processo, quella della Procura di Pescara su una delibera di giunta del 2016, avente come oggetto la riqualificazione e la realizzazione del parco pubblico Villa delle Rose di Lanciano (Chieti) con le accuse di falso ideologico, per aver falsamente attestato, stando all’accusa, la presenza del governatore in giunta.

Umbria, la pediatra che non si piegò e fu sospesa dagli indagati per rappresaglia: “Una bastonata forte. Così si fa male”. - Thomas Mackinson

Umbria, la pediatra che non si piegò e fu sospesa dagli indagati per rappresaglia: “Una bastonata forte. Così si fa male”

Il piano per allontanare la dottoressa "ribelle" Susanna Maria Esposito: "Ho ricevuto minacce per valutare positivamente un collega". Era responsabile della clinica pediatrica dove i vertici tenevano un genetista pagato "senza far nulla". Lei si rifiutò di produrre falsi giudizi positivi e le furono dati 4 mesi lontano dal lavoro. A ilfatto.it racconta: "Ne sono uscita molto provata".


“Una bastonata di quelle forti, che si fa male”, era la raccomandazione. C’è anche l’abuso d’ufficio tra i reati contestati nell’inchiesta sui concorsi sanitari all’ospedale di Perugia che ha travolto i vertici locali del Pd. I vertici erano riusciti nel capolavoro di infilare un genetista nella clinica pediatrica, determinati a tenerlo lì a far nulla, a tutti i costi. La direttrice della clinica però viene da fuori, da Milano. Punta i piedi e quando si rifiuta di produrre “false attestazioni” a copertura dell’imbroglio, subisce quella bastonata in forma di un disciplinare: quattro mesi di sospensione dal servizio e una multa. Lei non piegherà la testa ma andrà in Procura, fornendo così un contributo essenziale all’indagine.
E’ la storia nella storia che non si vorrebbe leggere. A farne le spese è il primario del reparto di pediatria Susanna Maria Esposito, 48 anni, presidente dell’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici e del ramo umbro della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica. Professionista molto nota anche a Milano, dove era a capo dell’unità di pediatria ad alta intensità di cura della Fondazione Irccs Policlinico di Milano e assisteva le famiglie alle prese con la sindrome dei “Bambini farfalla”, malattia rara e incurabile. Nel 2016 lascia Milano per Perugia, dove le viene offerta la cattedra da ordinario anziché associato. Cosa è accaduto a Perugia lo racconta l’ordinanza emessa dal Gip Valerio D’Andrea a carico di 35 persone coinvolte nel presunto malaffare attorno ai concorsi ospedalieri.
L’accusa è a carico del direttore generale Emilio Duca, del direttore sanitario Diamante Pacchiarini e del direttore amministrativo Maurizio Valorosi e di una funzionaria competente per i procedimenti disciplinari. Sono loro ad adoperarsi per mantenere al suo posto il professor Antonio Orlacchio, associato di genetica medica inserito nella struttura dal 28 dicembre 2015, prima che la Esposito prendesse servizio come dirigente del reparto. “Veniva inserito nonostante le sue competenze non fossero attinenti a quel reparto”, si legge nel decreto del gip. Un esposto anonimo segnala l’anomalia e parte un’indagine per truffa in riferimento agli emolumenti percepiti dal medico “nonostante in realtà egli non svolgesse all’interno di quel reparto alcuna attività”.
La dirigenza che viene sentita eccepisce che Orlacchio ha valutazioni positive da parte della Esposito, la quale però già da marzo 2017 aveva segnalato il problema e un anno dopo inviato un esposto. Siccome i superiori non gradiscono le sue resistenze le comminano un disciplinare e accusano lei di truffa, eccependo su orari e presenze connessi all’attività libero professionale. E’ in quella sede che gli inquirenti apprendono dalla Esposito del contrasto tra dirigenza amministrativa e medica su quella poltrona, e che era stata costretta a fornire valutazioni positive sul professore “solo perché pressata anche con minacce di conseguenti provvedimenti disciplinari in caso contrario da parte della dirigenza amministrativa”.
L’8 agosto 2018 le minacce si concretizzano un forma di una contestazione disciplinare della sospensione dalle funzioni per quattro mesi e multa da 350 euro. Le intercettazioni però erano in corso. In particolare, in una conversazione del 21 maggio 2018, presso l’ufficio del direttore Valorosi costui suggerisce al suo interlocutore Pacchiarini di verificare la presenza in ufficio della professoressa Esposito in modo tale da darle “una bastonata di quelle forti che si fa male“. Evidente, anche grazie ad altre conversazioni registrate, “la natura ritorsiva” delle contestazioni. La pediatria, raggiunta al telefono dal fattoquotidiano.it, si lascia andare a un commento liberatorio: “E’ finita, sono più serena ora perché questi mesi mi hanno molto provato”.  Il suo avvocato Carlo Tremolada spiega che c’è più del disciplinare-ritorsivo raccontato nell’ordinanza.
“Abbiamo depositato anche altre memorie, una riguarda la procedura di selezione che avevano bandito nella quale la mia assistita risultava l’unico concorrente perché unico medico coi titoli necessari ad assumere la direzione della struttura complessa pediatrica. A un certo punto hanno anche sospeso il concorso, lo hanno interrotto senza regioni. Ecco, non si esulta per gli arresti, ma sono l’epilogo di una serie di azioni di rappresaglia incredibili, spudorate, mai vista. Evidentemente capiamo ora che rientravano in una più ampia strategia con una differenza”. Quale? “Qui non è che l’hanno bastonata perché volevano favorire qualcun altro, ma perché lei si era rifiutata di piegare il capo. E si sono vendicati”.

venerdì 19 ottobre 2018

Concorsi truccati, generale Luigi Masiello agli arresti domiciliari.



Sono 15 le misure cautelari notificate dagli uomini delle Fiamme Gialle di Napoli, tra queste quella per il generale, oggi in pensione, titolare di una scuola di formazione.

Concorsi truccati per entrare nelle forze di polizia, questa l'ipotesi mossa dalla procura. Tra gli indagati spicca il nome di Luigi Masiello generale dell'esercito, oggi in pensione. Gli uomini del Nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Napoli hanno eseguito 15 misure cautelari, una delle quali in carcere. L'operazione nasce da un'indagine sui concorsi truccati per il Volontario in Ferma Prefissata di 4 anni (VFP4) che consentono di accedere alle forze armate e di polizia. Tra i destinatari delle misure cautelari, ai domiciliari, figura anche Masiello, titolare di una scuola di formazione coinvolta nell'inchiesta.

L'ex generale, nel 2016, decise di scendere in campo per supportare la coalizione di centrosinistra, capeggiata da Valeria Valente, con la lista 'Napoli Popolare'. Prese 323 preferenze senza risultare eletto. 

Il momento della notifica a Masiello.

Quando i finanzieri sono arrivati presso l'abitazione di Masiello, nel quartiere Vomero di Napoli, per notificare all'ex generale dell'esercito la misura cautelare degli arresti domiciliari, l'uomo ha lanciato il proprio cellulare dalla finestra. Per gli inquirenti si sarebbe trattato di un tentativo di nascondere le prove. Masiello risulta coinvolto in una indagine sui concorsi truccati per accedere alle forze armate e dell'ordine. I militari sono comunque riusciti a recuperare il telefono.

Masiello sospeso dall'Ordine dei giornalisti.
È arrivata anche la sospensione dall’Ordine dei giornalisti per Luigi Masiello. Il presidente dell’Ordine della Campania, Ottavio Lucarelli, ha sospeso ad horas dall’Albo il generale dell’Esercito, ora in pensione, che è anche un giornalista pubblicista.

Fonte: tg24.sky del 17/10/2018

giovedì 4 ottobre 2018

Corruzione sui farmaci: arrestato a Parma il professor Aversa, luminare dell'ematologia.

Corruzione sui farmaci: arrestato a Parma il professor Aversa, luminare dell'ematologia

Congressi scientifici organizzati per promuovere determinate medicine e concorsi truccati.

Franco Aversa, direttore della struttura complessa di Ematologia e del centro trapianti midollo osseo dell'azienda ospedaliera di Parma, è stato arrestato nell'ambito dell'operazione Conquibus (denaro) condotta dal Nas di Parma su mandato della locale Procura.

I reati contestati ai 36 indagati sono corruzione, induzione indebita a dare o promettere utilità, comparaggio farmaceutico, abuso d'ufficio, falso ideologico e truffa aggravata.


Oltre al dirigente medico, si trova ai domiciliari anche una imprenditrice perugina, Paola Gagliardini titolare della Centro servizi congressuali.

Applicate misure cautelari interdittive a carico di altri nove indagati tra medici universitari a Parma, fra cui Nicola Giuliani e Antonio Mutti (accusato di abuso d'ufficio e sospeso per un anno dall'insegnamento universitario e dall'esercizio della funzione di commissario nei concorsi pubblici) e rappresentanti del settore farmaceutico. Sequestrati 335mila euro provento delle condotte corruttive e del reato di truffa.

Tutti gli indagati.
Aversa è considerato un luminare italiano dell'ematologia, dipartimento che ha contribuito a fondare all'ospedale di Parma. Pioniere di innovative tecniche di trapianto di cellule staminali fino ad ottenere riconoscimenti internazionali per aver consentito, per la prima volta al mondo, il successo del trapianto anche tra soggetti non compatibili.

L'indagine, durata due anni dal 2015 al 2016 e avviata dopo la denuncia di un medico, ha evidenziato tre episodi di indebita induzione, cinque casi di corruzione e vari episodi di abusi d'ufficio con diramazioni in altre province.

Le reazioni del rettore Andreai e del dg del Maggiore Fabi.
Le case farmaceutiche coinvolte non hanno sede a Parma, alcune sono internazionali. A loro carico il Gip ha avviato le procedure per accertarne le responsabilità.


Al centro del sistema c'erano il professore universitario di fama internazionale e Gagliardini, referente di un ditta organizzatrice di eventi scientifico - formativi. Erano loro, per l'accusa, i vertici di una organizzazione che assicurava favori alle aziende farmaceutiche, report positivi o negativi per questo o quel medicinale, in cambio di sponsorizzazioni per convegni e contributi economici che finivano direttamente nelle tasche degli indagati.

Entrambi, infatti, con la complicità di altri professori e amministrativi universitari, medici, rappresentanti di aziende farmaceutiche, favorivano l'organizzazione di congressi scientifici durante i quali pubblicizzare i prodotti delle ditte che avevano sponsorizzato l'evento.

L'obiettivo - spiega il Nas guidato da Gianfranco Di Sario - era "adattare le prescrizioni di costosi farmaci per terapie salvavita secondo le esigenze e il profitto delle aziende farmaceutiche, promuovendone la divulgazione nei vari eventi congressuali, organizzati in violazione di norme e in contrasto con i principi di trasparenza e indipendenza scientifica".

Corruzione sanità, procuratore di Parma: "Come Tangentopoli, nulla è cambiato".

Un fenomeno non nuovo, già riscontrato ai tempi di Tangentopoli, ha ricordato il procuratore Alfonso D'Avino nel sottolineare come, a distanza di anni, la prassi illecita prosegua.

Per chi non aderiva alle sponsorizzazioni congressuali scattava la minaccia di ritorsioni, come il mancato inserimento dei medicinali nel prontuario dei farmaci o la mancata prescrizione nell'ambito delle attività ospedaliere. Mentre per le ditte generose veniva sostenuta la rimborsabilità dei farmaci presso le autorità regionali, al fine di favorirne le strategie economiche.

"Poco importa il contenuto tecnico del farmaco, conta il 'conquibus' cioè quello che può essere intascato. Per me collaborazione è io do una cosa a te e tu dai una cosa a me" il tenore delle intercettazioni di cui hanno parlato gli inquirenti nel corso della conferenza stampa convocata nel palazzo della Procura.

Così veniva promosso l'inserimento di taluni farmaci oncologici nel prontuario regionale per ampliarne la diffusione sul mercato e ricevere il finanziamento del sistema sanitario nazionale; "un meccanismo ben articolato per promuovere un prodotto invece di un altro".

Corruzione sui farmaci: arrestato a Parma il professor Aversa, luminare dell'ematologia

D'Avino ha tuttavia sottolineato che dall'inchiesta non sono emersi risvolti di pericolo per la salute pubblica. Il comandante dei carabinieri Salvatore Altavilla ha invece voluto scindere le responsabilità personali dei convolti dall'ateneo nel suo complesso.

Un altro filone riguarda i concorsi truccati per il conferimento di assegni di ricerca; le prove erano solo apparenti dato che già erano stati individuati i vincitori, persone vicine ad Aversa. Accertate le nomine pilotate della commissione di gara e redazione di falsi verbali in cui si dava atto di attività concorsuali che non era state effettuate.

A carico di Aversa anche il reato di truffa aggravata: il professore svolgeva attività professionale fuori provincia anche se aveva un rapporto di lavoro in esclusiva con l'ospedale di Parma.

Per l'azienda ospedaliera parmigiana si tratta di un nuovo scandalo dopo quello che ha portato all'arresto, mesi fa, di Guido Fanelli, esperto in cure palliative, al termine dell'operazione Pasimafi. L'allora capo della Procura parlò di "corruzione quasi permanente".


lunedì 25 settembre 2017

Concorsi truccati, arrestati 7 docenti universitari. Indagato anche ex ministro Fantozzi. Il legale: 'Del tutto estraneo'

Un'aula universitaria in una foto di archivio © ANSA

Altri 22 interdetti dalle funzioni, in tutto 59 indagati.


Sette docenti universitari sono stati arrestati per reati corruttivi dalla Guardia di Finanza di Firenze, nell'ambito di un'inchiesta su concorsi truccati. Le misure sono scattate a seguito di un'ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari, disposta dal gip su richiesta dei pm fiorentini Luca Turco e Paolo Barlucchi. Altri 22 sono stati colpiti dalla misura dell'interdizione dalle funzioni di professore universitario e da quelle connesse ad ogni altro incarico accademico per la durata di 12 mesi.
Tra i docenti accusati anche l'ex ministro Augusto Fantozzi che rischia l'interdizione dalla professione di docente, in merito alla quale il gip di è riservato di decidere dopo l'interrogatorio. "Il professor Augusto Fantozzi è completamente e indubitabilmente estraneo ai fatti in contestazione", afferma l'avvocato Antonio D'Avirro, difensore di Fantozzi. "In primo luogo - argomenta il legale - perché era già andato in pensione all'epoca degli avvenimenti oggetto di indagine. La sua integrità è altresì testimoniata da una limpida e unanimemente apprezzata carriera accademica. Il professore - prosegue l'avvocato - sarà lieto di fornire tutti i chiarimenti necessari nell'incontro con i magistrati, che auspica possa avvenire il prima possibile".
Ai domiciliari sono finiti Fabrizio Amatucci, docente alla Federico II di Napoli, Giuseppe Maria Cipolla (Università di Cassino), Adriano di Pietro (Università di Bologna), Alessandro Giovannini (Università di Siena), Valerio Ficari (Università di Roma 2), Giuseppe Zizzo (Università Carlo Cattaneo di Castellanza, Varese), Guglielmo Fransoni (Università di Foggia).
 Nell'inchiesta, che riguarda tutto il territorio nazionale, risultano indagate complessivamente 59 persone. Secondo quanto spiegato, le indagini sono partite dal presunto tentativo da parte di alcuni professori universitari di indurre un ricercatore, candidato al concorso per l'abilitazione scientifica nazionale all'insegnamento nel settore del diritto tributario, a ritirare la propria domanda, allo scopo di favorire un altro ricercatore, in possesso di un curriculum notevolmente inferiore, promettendogli in cambio l'abilitazione nella tornata successiva.
Le indagini, spiega la GdF in una nota, hanno consentito di accertare "sistematici accordi corruttivi tra numerosi professori di diritto tributario", - alcuni dei quali pubblici ufficiali poiché componenti di diverse commissioni nazionali nominate dal Miur -, finalizzati a rilasciare abilitazioni "secondo logiche di spartizione territoriale e di reciproci scambi di favori", per soddisfare "interessi personali, professionali o associativi". Questa mattina i finanzieri hanno eseguito oltre 150 perquisizioni domiciliari in uffici pubblici, abitazioni private e studi professionali. Per 7 docenti che figurano tra gli indagati il gip Antonio Pezzuti si è riservato la valutazione circa la misura interdittiva dalla professione all'esito dell'interrogatorio.
Secondo quanto risulta da una delle intercettazioni, venivano scelti con una "chiamata alle armi" tra i componenti della commissione giudicante, e non in base a criteri di merito, i vincitori del concorso nazionale per l'abilitazione scientifica all'insegnamento nel settore del diritto tributario.  In una intercettazione uno dei docenti, componente della commissione giudicante, affermerebbe di voler favorire il suo candidato, contrapposto a quello di un collega, esercitando la sua influenza con una vera e propria "chiamata alle armi" rivolta agli altri commissari a lui più vicini. 

mercoledì 25 novembre 2015

Scandalo Università, le raccomandazioni dei saggi: Barbera spinge Pizzetti junior. - Antonio Massari

Scandalo Università, le raccomandazioni dei saggi: Barbera spinge Pizzetti junior

Dall'inchiesta della Procura di Bari emerge un sistema di scambi di favori per aggirare il sorteggio dei commissari in base alla riforma Gelmini e assecondare gli interessi dei baroni ai concorsi universitari. Il costituzionalista de Vergottini chiede notizie di due "protette". Pressioni anche per l'ex ministro di Berlusconi Anna Maria Bernini. Barbera si informa sul figlio dell'ex garante della privacy: "Per l'Università Europea c'è il ragazzo che mi interessa?". Ma il concorso salta per rivalità interne.

Poco importa che quel concorso, che vedeva favoriti la senatrice Anna Maria Bernini e Federico Pizzetti, figlio dell’ex garante della privacy, si sia concluso con un nulla di fatto. Vedremo perché. Quel che importa è conoscere le pressioni, gli scambi, il sistema che ha pervaso un concorso universitario nel 2010, con la riforma Gelmini in vigore. Ed è ancora più importante scoprire che, a esercitare queste pressioni, queste “pesanti interferenze”, siano stati anche due autorevoli giuristi: Augusto Barbera e Giuseppe de Vergottini, tre anni dopo assurti al rango di saggi, su nomina del premier Enrico Letta e benedizione del presidente Napolitano. A Barbera e De Vergottini è stato affidato il compito di riformare la nostra Costituzione. Sono gli stessi che tartassavano di telefonate il commissario Silvio Gambino. Il futuro saggio Augusto Barbera, definito negli atti “sponsor” di Pizzetti, chiede a Gambino: “Per (l’università, ndr) Europea c’è il ragazzo che m’interessa?”. “Sì”, gli risponde Gambino, “è un ragazzo molto preparato”. De Vergottini invece contatta Gambino per chiedergli se, sempre all’Europea, il professor Giuseppe Ferrari intenda agevolare due candidate milanesi. Poi chiama lo stesso Ferrari e anch’egli s’informa su Pizzetti.
La “rete criminale” dei professoroni.Il sistema della cooptazione non è certo una novità. Ma lo scenario disegnato dall’inchiesta “do ut des”, condotta dal pm barese Renato Nitti in collaborazione con la Guardia di finanza, supera le peggiori fantasie: tradimenti, scambi, pressioni. La preoccupazione del sistema – secondo gli investigatori – non è garantire un futuro alla ricerca scientifica ma reclutare “burattini” che, nei futuri concorsi, asseconderanno gli interessi dei baroni. Non manca nulla: neanche il “testamento” orale di Giorgio Lombardi, professore di Diritto pubblico comparato all’Università di Torino, scomparso tre anni fa e drammaticamente raccolto nelle intercettazioni. L’inchiesta riguarda gli esami di prima e seconda fascia nei rami di Diritto costituzionale, pubblico comparato, canonico ed ecclesiastico: l’esito finale – è l’accusa – non ha avuto nulla a che vedere con il merito. Gli inquirenti parlano di una “rete criminale”, che coinvolge alcuni tra i docenti più autorevoli, e mira a far prevalere la logica del “favore” su quella del “merito” e della “giustizia”. Barbera e De Vergottini, insieme con altri tre saggi – Beniamino Caravita di Toritto, Carmela Salazar e Lorenza Violini – e 35 professori ordinari sono stati denunciati dalla Guardia di finanza: accuse che, a vario titolo, spaziano dall’associazione per delinquere alla corruzione, dal falso alla truffa aggravata. La riforma Gelmini, con il sorteggio dei commissari, doveva eliminare le “raccomandazioni” ma il “sistema” si attrezza immediatamente per neutralizzarla: orienta la formazione della rosa, affinché siano sorteggiati commissari “arrendevoli”. Quella rosa, secondo l’accusa, non s’è trasformata nella “libera elezione” di “giudici” che devono valutare il candidato “più meritevole”. E per chi non s’adeguava c’erano minacce e intimidazioni. Il sorteggio delle commissioni giudicatrici avviene nel gennaio 2010. E subito parte la sfida tra i due rivali del diritto pubblico comparato: Lombardi e Giuseppe Franco Ferrari.
Il testamento del “capo di tutti”.
“È il decano, è il capo di tutti”: così viene ricordato in un’intercettazione Giorgio Lombardi, morto da pochi giorni, nel maggio 2010. Pochi mesi prima, al telefono, sostiene: la riforma Gelmini ha delle norme complicate che però non daranno troppo fastidio. E con Ferrari–collega alla Bocconi di Milano – ingaggia la corsa per recuperare i voti dei docenti che, di lì a poco, avrebbero formato la rosa dei sorteggiabili. Ferrari si rivolge al collega Pier Giuseppe Monateri, che può agire sugli eleggibili del gruppo di diritto privato comparato. E nell’estate 2009 Monateri gli invia una lista di 20 nomi affidabili. Una seconda mail elenca i probabili vincitori di concorso: 8 su 11 ce la faranno. E quindi: più voti ci si accaparra, nella rosa del sorteggio, più è possibile manipolare le future maggioranze nelle commissioni. Gli altri professori intercettati commentano: Ferrari ha vinto le elezioni ma Lombardi è in maggioranza nei concorsi che gl’interessano e, in fondo, è lui che ha vinto l’estrazione. De Vergottini dopo il sorteggio parla di “tragedia”: hanno vinto i lombardiani. C’è chi sostiene: a Lombardi basta scrivere su un foglietto i suoi nomi e la partita è già vinta a tavolino. Ma l’obiettivo di Lombardi qual è? Eccolo: Anna Maria Bernini e Federico Gustavo Pizzetti devono diventare professori di Diritto pubblico comparato. La prima, professoressa associata di Diritto pubblico comparato a Bologna, in quel periodo era parlamentare del Pdl e ministro del governo Berlusconi. Il secondo è figlio di Francesco Pizzetti, ordinario di Diritto costituzionale a Torino, all’epoca dei fatti presidente dell’Autorità garante per la privacy. Per l’accusa, la Bernini, in passato aveva aiutato il figlio di Lombardi per la sua carriera diplomatica e gli aveva anche promesso un sostegno per l’eventuale elezione a giudice costituzionale. A maggio si consuma il dramma personale di Lombardi che, ammalato, è sul punto di morire: dieci giorni prima di spirare, parla al telefono con il collega Luca Mezzetti, al quale dice parole che suonano come una sorta di testamento.
Le promesse dell’ex garante per la carriera del figlio.
“Ora sei tu il padrone”, gli dice, consapevole che dovrà abbandonare l’impegno per il concorso. E gli affida Bernini e Pizzetti, pregando Mezzetti di non affossare le candidature, spiegandogli che può contare sui commissari Gambino, Ganino e Giovanni Cordini. Lo invita alla prudenza con il rivale Ferrari. Dieci giorni dopo Lombardi muore. E in poche ore si consuma il tradimento: Mezzetti contatta Ferrari parlandogli di “interessi comuni”. Nell’estate 2010 gli investigatori si concentrano sul concorso che riguarda Pizzetti e Bernini, nell’Università cattolica romana dei Legionari di Cristo, e si convincono che il rettore, padre Paolo Scarafoni, al centro delle indagini, è consapevole degli illeciti. Lombardi lascia il ruolo di commissario a Mezzetti, che a sua volta lo cede a Ferrari, anche lui dimissionario. Il concorso finisce nel nulla: ma gli investigatori, dalle intercettazioni, apprendono delle pressioni di Pizzetti senior che, in cambio della nomina di suo figlio, s’impegna a premere sui colleghi torinesi, commissari nell’Università Roma Tre, per favorire un’allieva di Ferrari.

venerdì 24 gennaio 2014

Università, test con il trucco: nomi dei professori già scritti prima della selezione. - Carlo Di Foggia e Francesco Ridolfi

Università, test con il trucco: nomi dei professori già scritti prima della selezione

Diversi candidati alla selezione per docenti universitari hanno inviato - sia al ministero dell'Istruzione che a Il Fatto Quotidiano - una lettera con i nomi che sarebbero stati scelti all'esame in Storia antica. E 15 erano proprio quelli poi abilitati. Rapporti tra commissari e aspiranti, romanzi e un diploma in chitarra presentati come pubblicazioni scientifiche: c'è anche questo nel caos dell'abilitazione scientifica nazionale.

Volevo complimentarmi con voi…”. Sono i primi di maggio quando iniziano a circolare email in cui compaiono i nomi degli abilitati alla prima fascia (professore ordinario) nella materia di Storia antica. È uno dei 180 settori che compongono l’abilitazione scientifica nazionale (Asn): si tratta del nuovo sistema di reclutamento voluto dall’ex ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini per evitare lo scandalo dei concorsi truccati, dove spesso passava chi aveva il cognome giusto. Lo scandalo, invece, si ripete e il copione è sempre lo stesso: i vincitori si conoscono in anticipo, in palese violazione delle regole. Con studiosi di profilo internazionale con decine di pubblicazioni bocciati e modesti concorrenti promossi. I risultati della commissione esaminatrice sono stati infatti pubblicati solo molti mesi dopo, per la precisione, il 14 gennaio scorso. Eppure gli scambi di complimenti sono continuati ben prima della chiusura della selezione, tanto che tutti i nomi degli abilitati sono usciti fuori. A quel punto la rabbia dei candidati è esplosa, anche alla luce di giudizi contraddittori e rapporti tra commissari ed esaminati.
In ottobre, una lista con 15 nominativi viene spedita con raccomandata al ministero dell’Istruzione, all’attenzione del ministro Maria Chiara Carrozza e al direttore generale per l’Università, Daniele Livon. La stessa lista viene spedita anche a Il Fatto Quotidiano, anticipata da una email, datata 18 dicembre, cioè quasi un mese prima che i risultati fossero resi pubblici. L’incertezza è durata fino a martedì 14 gennaio, poi la clamorosa scoperta: i nomi combaciavano tutti. “Si è verificata una situazione deplorevole – si leggeva nella lettera – e, per più ragioni, di grave irregolarità: ancora prima che fosse avviata la procedura di valutazione dei candidati, già circolavano i nomi dei ‘fortunati’ che avrebbero ottenuto l’abilitazione. I sospetti sono divenuti certezza da almeno sei mesi, anche se a tutt’oggi gli esiti del Concorso di abilitazione non sono pubblici, circola la lista degli abilitati”. I firmatari sono pronti a recarsi dai magistrati perché indaghino sulla selezione. Mentre dal ministero prima negano di aver ricevuto la lettera, poi chiedono lumi sulla ricevuta di ritorno. Appurato che sulla lettera c’è il timbro ministeriale, non commentano.
Tra i mittenti della missiva, ci sono diversi nomi di candidati che pur avendo i titoli per ottenere l’abilitazione, sono stati bocciati. Tra questi, un ricercatore con oltre 80 pubblicazioni e esperienze di insegnamento all’estero, tra cui la Sorbona di Parigi . Oltre al profilo penale ipotizzato, infatti, ce n’è anche uno amministrativo. “In questo stesso periodo, è ampiamente noto che intensi sono stati i contatti tra i candidati e i loro commissari ‘sostenitori’ – continua il testo – È facile capire che l’attribuzione dell’abilitazione non è sempre avvenuta su base meritocratica. Alcuni studiosi, con un curriculum ricco e articolato e di profilo internazionale sono stati esclusi, pur rispondendo ai criteri adottati dal Miur e dalla stessa Commissione; mentre altri, di produttività scientifica più modesta, hanno conseguito l’abilitazione”. Le anomalie sono le stesse segnalate in molti altri insegnamenti, come i rapporti pregressi tra commissari (5 nomi sorteggiati in una lista di idonei), e tra questi e gli stessi candidati. Qui il commissario esterno, di norma uno straniero, è italiano, ed è stato allievo del presidente della commissione. Un altro commissario risulta relatore della tesi di laurea di uno degli abilitati, nell’elenco di titoli compare anche un “diploma in Chitarra classica” e nessuna esperienza d’insegnamento.
Ma le segnalazioni di irregolarità, brogli, parentele e favoritismi pesano sull’intero sistema, e si ripetono ormai da settimane, con diverse interrogazioni parlamentari. A Lecce, durante un convegno, sarebbero stati anticipati i risultati del settore “Organizzazione aziendale”, violando il segreto. In “Storia medievale” 38 studiosi hanno accusato i commissari di aver truccato i propri curricula. A “Scienze del libro e Scienze storico-religiose”, nessuno dei commissari aveva competenze in quest’ultima, e in alcuni curricula compaiono pubblicazioni che nulla hanno a che fare con il settore, come libri di poesia e romanzi. A “Sociologia” diversi candidati stanno studiando i risultati con un supporto legale. Qui i commissari avrebbero dedicato solo 50 secondi per valutare ogni singolo candidato. Tutta materia per i giudici. Dubbi sull’intero sistema erano già stati avanzati dal Consiglio di Stato, ma ignorati dalla Gelmini. La scientificità dei parametri (le mediane) era stata contestata dal mondo accademico.
Nel gennaio del 2013 una circolare dell’allora ministro Francesco Profumo ha lasciato ampio margine ai commissari, creando il caos. Il 16 gennaio due commissioni hanno congelato i risultati e riaperto i lavori con la procedura di “autotutela”. In meno di una settimana se ne sono aggiunte altre otto. Ma non quella di “Storia” di cui ci stiamo occupando.
Ma non sono solo questi concorsi truccati, lo sono anche i test per accedere alle facoltà universitarie. Se non si è negli elenchi inviati dai partiti politici non c'è speranza di superarli. I test compilati dai più bravi, infatti, non essendo prevista la firma del concorrente, vengono attribuiti ai "nominati" negli elenchi. E' la solita vergogna dei voti di scambio, un "do ut des" continuo tra la malapolitica e chi si sottopone ad essa per riuscire ad ottenere un qualcosa.