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martedì 9 giugno 2020

I kit della Tesei nel mirino della Corte dei Conti. La Finanza sta indagando sui 15mila test sierologici acquistati in Umbria senza gara e risultati inaffidabili. - Francesco Carta

DONATELLA TESEI

Non solo in Lombardia. I test sierologici sono un caso anche in Umbria. Dove la Corte dei Conti – dopo quello sull’ospedale da campo di Bastia – ha aperto un fascicolo, affidato alla Guardia di Finanza, anche sulla gestione della Fase-1 della giunta a trazione leghista guidata da Donatella Tesei (nella foto). Dopo la richiesta di chiarimenti sulla costruzione dell’ospedale da 30 posti di terapia intensiva grazie ai 3 milioni donati da Banca d’Italia, a fine maggio la procuratrice Rosa Francaviglia ha delegato alle Fiamme Gialle pure l’indagine sui test rapidi: nei giorni scorsi i militari hanno chiesto alla giunta la documentazione relativa all’acquisto di 30mila test sierologici, 15mila test rapidi pungidito e 15mila test molecolari.
Nel mirino della Corte dei Conti, in particolare, il lotto riguardante i test pungidito dalla Vim spa di Città di Castello e prodotti dalla Screen Italia srl, assegnato a fine marzo, mediante affidamento diretto in deroga al codice degli appalti giustificata dall’emergenza Covid. La Guardia di Finanza di Perugia ha chiesto alla Regione Umbria la documentazione relativa alla procedura utilizzata per l’acquisto, al prezzo pagato per i test e al loro livello di specificità e sensibilità. La questione, che nei giorni scorsi è stata oggetto anche di una dura polemica politica tra la giunta e le opposizioni in consiglio regionale, è finita anche in Parlamento dove il commissario umbro del Pd Walter Verini ha presentato al ministro della Salute Roberto Speranza un’interrogazione nella quale si parla di vicenda “opaca”.
Una vicenda iniziata con una mail inviata, il 18 marzo scorso, dal capo di gabinetto della Tesei, Federico Ricci, all’area della Protezione Civile regionale per sollecitare l’acquisto dei test “nel più breve tempo possibile”. Ma il giorno successivo la professoressa Antonella Mencacci della Struttura di Microbiologia dell’Ospedale di Perugia prova i pungidito su due pazienti sintomatici da 10 giorni e positivi al tampone, ottenendo come risultato un (falso) negativo e un esito positivo. Conclusione: “In alcun modo il test potrà essere usato per lo screening di contatti asintomatici o sanitari esposti”, scrive la professoressa, consigliando pertanto alla Regione di acquistare 5mila test sierologici pungidito e 15mila test sierologici molecolari, considerati molto più affidabili. Eppure la giunta procede comunque all’acquisto dei 15mila test pungidito a 16 euro più Iva l’uno, scontati rispetto ai 27 euro richiesti inizialmente dalla Vim, per un costo totale di 290mila euro. Ma non è tutto.
I successivi test eseguiti dalla Mencacci, stavolta su ben 1.180 pazienti, rivelano un grado di affidabilità molto più bassa rispetto a quella dichiarata sui test dall’azienda. In Consiglio regionale, intanto, ci si interroga sulle ragioni dell’affidamento diretto alla Vim senza prima verificare le caratteristiche dei kit pungidito. Scelta duramente contestata dal Partito democratico. Fatto sta che l’amministratore delegato dell’azienda infatti è Vincenzo Monetti che il 13 ottobre scorso ha pubblicato una foto scattata ad una cena elettorale della futura governatrice Tesei al Park Hotel di Perugia a pochi giorni dal voto e che lo ritrae mentre abbraccia, oltre alla Tesei, pure il candidato nella sua lista “Umbria civica”, Nilo Arcudi, finito a dicembre (ma non indagato) nelle carte di un’inchiesta di ‘ndrangheta in cui alcuni boss dicevano di averlo “messo” al Comune di Perugia.

lunedì 15 aprile 2019

Umbria, posti per figli amanti e nipoti. “Pure quelli riservati a categorie protette: ecco i beneficiari delle raccomandazioni”. - Thomas Mackinson



Ci sono zia e nipote raccomandate a staffetta, con una che poi raccomanda l’altra. C’è il generale dei Carabinieri in pensione, in realtà attivissimo, che per piazzare la sorella della nuora rivela agli indagati informazioni riservate che mettono a rischio l’indagine. Ci sono nipoti, figli e amanti a non finire raccontati nell’ordinanza che ha disposto l’arresto di 35 persone nell’ambito dell’inchiesta che ha decapitato i vertici dell’ospedale di Perugia e del Pd umbri. Quelle carte sono (anche) una sorta di “manifesto” della pratica arcitaliana della raccomandazione, sport nazionale cui non si sottraggono dirigenti sanitari, primari e politici.
Sono loro i protagonisti assoluti di quella “societas sceleris” – per dirla con gli inquirenti – che taroccando i concorsi in favore di taluni candidati coltivava clientele, rapporti personali e di potere. “Consigli per gli acquisti, li chiama il direttore generale dell’ospedale Emilio Duca in una suggestiva quanto esplicita conversazione. E dunque, in fin dei conti, favori per tutti e per se stessi, in una specie di catena di Sant’Antonio cui tanti contribuivano e pochi si opponevano, come la pediatra Susanna Esposito che fu per questo “bastonata” con la sospensione di 4 mesi. Una catena tanto lunga da arrivare a mettere in palio perfino i posti destinati alle categorie protette.
La carrellata di “figli di” è lunga. A buon diritto si può partire dalla figura di Pasquale Coreno, 72 anni, generale dell’Arma in pensione: è lui ad adoperarsi per assumere informazioni dagli ex colleghi sull’inchiesta in corso, è lui a mobilitarsi per far rimuovere le microspie che loro hanno piazzato negli uffici del direttore generale dell’Ospedale di Perugia, Emilio Duca, messe proprio al fine di incastrare chi si stava spartendo le assunzioni fornendo ai propri “protetti”, congiunti o amici degli amici le domande necessarie ad aggiudicarsi il posto o anche solo piazzarsi in una parte alta della graduatoria.
Il motivo della condotta del generale lo si evince dalle carte: la sorella della nuora era stata inserita nel reparto di chirurgia vascolare ed era uno dei nomi da garantire in occasione del concorso da infermiere che si svolge all’inizio del 2018. Uno dei commissari, captato dalle cimici, assicura i propri superiori – a loro volta pressati dell’assessore alla sanità Luca Barberini – sul fatto che tutti i raccomandati nella lista hanno preso 20 e che incidentalmente: “la sorella della nuora di…di..di… Pasquale Coreno, è entrata, è stata presa sta lì da noi in Reparto e poi probabilmente a settembre, quando ci sarà la risistemazione della sala operatorie…”.
A giugno si svolgono le prove del concorso per contabili. Vengono intercettati Emilio Duca e Mario Pierotti, il quale raccomanda la figlia Silvia chiedendo (e ottenendo) in anticipo le domande che sarebbero state fatte alla prova orale. Altri appetiti scatena il concorso per otto posti da dirigente medico anestesista, le cui prove si svolgono ad aprile. Si muovono una candidata G.P. e la di lei zia Antonella, ex direttore generale del Comune di Perugia. Emilio Duca “si mostra sensibile alle esigenze della Pedini, la quale intenderebbe avvicinarsi a Perugia e dice loro di risentirsi nei giorni a venire”.
Gli inquirenti quasi ironizzano ricostruendo l’incrocio di raccomandazioni delle due candidate. “E’ significativo – scrivono – che l’unica candidata tra i primi 8 vincitori del concorso che non proviene dall’azienda ospedaliera è la G.P., la quale, come visto, accompagnata dalla zia Antonella,  aveva potuto direttamente segnalare la sua posizione nel corso di un colloquio con il Duca. La stessa zia della candidata, inoltre, risulta aver raccomandato la nipote a Duca anche il giorno 13 giugno, giorno precedente alle prove pratiche”. Do ut des, ce n’è per tutti.
Il 5 aprile Duca riceve un’altra raccomandata (Eleonora Capini, indagata), cui chiede di ricontattarlo tra qualche giorno per ricevere, dopo aver parlato con la presidente della commissione Lorenzina Bolli, qualche “consiglio per gli acquisti”, termine che “fin troppo chiaramente sta ad indicare la possibilità di rivelare informazioni riservate sulle prove d’esame”. Il 10 aprile Duca effettivamente si incontra con la presidente della commissione  e il segretario, accusati di abuso d’ufficio, presso una sala riunioni sottoposta ad intercettazioni ambientali e in quell’occasione segnala sia una candidata che l’altra.
“Un’ulteriore raccomandazione viene ricevuta da Maurizio Valorosi il giorno 11 aprile quando costui riceve Paolo Leonardi, il quale segnala la situazione della sua compagna”. E’ finita? No, perché il 16 aprile Emilio Duca, poi, riceve un’altra raccomandazione da G.M “per conto del di lei figlio”. C’è posto anche per gli amanti, con la candidata che ottiene il posto dopo effusioni e rapporti sessuali con un indagato.
Neppure il posto per categorie protette sfugge alla logica. A pagina 11 del decreto si racconta di come tal Rosa Maria Franconi, presidente della Commissione esaminatrice nel concorso pubblico per la copertura a tempo indeterminato di 4 unità per assistenti amministrativi per categoria “c”, comunicava le tracce scritte al dg Duca, che le porta fisicamente al presidente della Regione Catiuscia Marini, solo indagata per addebiti ai quali si dichiara estranea. Lo stesso Duca le consegna a tal Moreno Conti (indagato) “nell’interesse della nipote”.
In questo passaggio gli inquirenti definiscono il ruolo della presidente Marini, dell’assessore alla salute Barberini e del segretario regionale del Pd Giampiero Bocci quali “concorrenti morali ed istigatori” che impartivano le direttive su come utilizzare le informazioni riservate su tracce e domande di colloquio a beneficio dei candidati prescelti e sponsorizzati. In danno, manco a dirlo, della regolarità delle procedure di selezione via via espletate.

domenica 14 aprile 2019

Pd, non c’è soltanto lo scandalo Umbria: ormai cinque regioni traballano sotto il peso delle inchieste giudiziarie. Eccole. - Thomas Mackinson

Pd, non c’è soltanto lo scandalo Umbria: ormai cinque regioni traballano sotto il peso delle inchieste giudiziarie. Eccole

Salgono a cinque le regioni travolte da inchieste a carico di dirigenti locali e governatori daem. Mentre i sondaggi rianimano il partito e il tempo restituisce all'ex sindaco Marino la sua innocenza, nel Pd tornano la questione morale e il no giustizia. Il nuovo segretario marca la linea della "fiducia nella magistratura", ma sotto le ceneri cova l'anatema berlusconiano.

In Umbria lo scandalo sanità fa saltare la testa del partito, con l’arresto dell’assessore Luca Barberini e del segretario regionale Gianpiero Bocci, ai domiciliari. Indagata la governatrice Catiuscia Marini. Nicola Zingaretti commissaria, Salvini chiama elezioni subito. Nel fianco del Pd ci sono però anche Abruzzo, Basilicata, Puglia, Calabria. Macigni sulla campagna elettorale di un partito uscito un anno fa con le ossa rotte e che ora sta cercando di ricomporsi. Zingaretti tutto poteva aspettarsi, tranne che il banco di prova della sua reggenza delle europee iniziasse a traballare sotto il peso delle inchieste giudiziarie. Proprio ora che i sondaggi sono in ripresa e il tempo ha restituito a Ignazio Marino, l’ex sindaco di Roma, la patente di estraneità al malaffare degli scontrini  cavalcato dalla corrente capitolina e renziana in ascesa. L’ultima tegola travolge l’Umbria, affare di assunzioni pilotate in sanità che riempie ancora i giornali di episodi e ricostruzioni che – oltre al possibile criminale in senso tecnico – illuminano consuetudini clientelari e dinamiche di potere difficilmente compatibili con il passo che il neosegretario vorrebbe imprimere al partito. Il rapporto con la giustizia, al di là del caso locale, è una variabile importante del suo mandato. Nel Pd che ha eredito cova da tempo una spaccatura profonda sul tema, emersa con più evidenza in occasione dell’indagine a carico dei genitori dell’ex segretario Matteo Renzi, quando qualcuno – ricorda oggi Repubblica – ha rispolverato la formula berlusconiana della “giustizia a orologeria. Il segretario-governatore sembra indisponibile a seguire questa linea, avendo limitato il suo commento ai fatti di Perugia alla “piena fiducia nella magistratura”.

Basilicata, la débâcle dopo un quarto di secolo
Appena due settimane fa, il Pd aveva subito un storica sconfitta in Basilicata, regione che governava da 25 anni. Determinante l’inchiesta giudiziaria che a luglio aveva portato all’arresto del governatore Marcello Pittella. Sempre storiaccia di concorsi truccati, raccomandazioni e sanità usata come ascensore per ricchezza e potere dei notabili locali del partito e loro amici e parenti. A fine marzo si è votato per il rinnovo del consiglio regionale, Pittella disarcionato dall’inchiesta sulla sanità lucana è tornato in consiglio  forte di oltre 8mila preferenze e la sua lista “batte” quella del Pd. E i suoi ex assessori, indagati, siedono insieme al lui in consiglio.
Puglia, Emiliano e le primarie.
In Puglia è finito sotto inchiesta Michele Emiliano per una vicenda legata al finanziamento delle primarie del Pd, quando il governatore sfidava Renzi e Orlando. Per la procura di Bari due imprenditori con interessi diretti sugli appalti della Regione pagarono la campagna elettorale dell’ex magistrato. Da qui l’accusa di abuso d’ufficio e traffico illecito di influenze alle quali Emiliano si dichiara estraneo.
Calabria, Oliverio tentato dal ritorno.
Guai per il Pd anche in Calabria dove è indagine anche il presidente della Regione, Mario Oliverio. Per lui era stato disposto l’obbligo di dimora, misura però annullata a marzo dalla Cassazione. L’indagine riguarda presunte irregolarità in due appalti gestiti dalla Regione e per i quali la guardia di finanza, oltre ai presunti reati contestati a Oliverio, per gli altri indagati aveva riscontrato quelli di falso, corruzione e frode in pubbliche forniture. Dopo più di tre mesi, il presidente Oliverio torna libero con un provvedimento della Cassazione che, a questo punto, potrà sfruttare anche in chiave politica: siamo agli sgoccioli della legislatura, presto si tornerà a votare per le regionali e ha intenzione di ricandidarsi nonostante le perplessità di parte del Pd calabrese.
Il terremoto delle inchieste in Abruzzo.
In Abruzzo proprio due giorni fa il tribunale dell’Aquila ha disposto l’archiviazione della posizione dell’ex presidente regionale Luciano D’Alfonso, oggi senatore dem. L’inchiesta era uno dei filoni seguiti dalla procura della Repubblica dell’Aquila sugli appalti della Regione: tra i principali, la gara per l’affidamento dei lavori di ricostruzione di palazzo Centi, sede della giunta regionale all’Aquila. Il primo di ottobre però si terrà l’udienza preliminare per un’altra vicenda in cui rischia il processo, quella della Procura di Pescara su una delibera di giunta del 2016, avente come oggetto la riqualificazione e la realizzazione del parco pubblico Villa delle Rose di Lanciano (Chieti) con le accuse di falso ideologico, per aver falsamente attestato, stando all’accusa, la presenza del governatore in giunta.

Umbria, la pediatra che non si piegò e fu sospesa dagli indagati per rappresaglia: “Una bastonata forte. Così si fa male”. - Thomas Mackinson

Umbria, la pediatra che non si piegò e fu sospesa dagli indagati per rappresaglia: “Una bastonata forte. Così si fa male”

Il piano per allontanare la dottoressa "ribelle" Susanna Maria Esposito: "Ho ricevuto minacce per valutare positivamente un collega". Era responsabile della clinica pediatrica dove i vertici tenevano un genetista pagato "senza far nulla". Lei si rifiutò di produrre falsi giudizi positivi e le furono dati 4 mesi lontano dal lavoro. A ilfatto.it racconta: "Ne sono uscita molto provata".


“Una bastonata di quelle forti, che si fa male”, era la raccomandazione. C’è anche l’abuso d’ufficio tra i reati contestati nell’inchiesta sui concorsi sanitari all’ospedale di Perugia che ha travolto i vertici locali del Pd. I vertici erano riusciti nel capolavoro di infilare un genetista nella clinica pediatrica, determinati a tenerlo lì a far nulla, a tutti i costi. La direttrice della clinica però viene da fuori, da Milano. Punta i piedi e quando si rifiuta di produrre “false attestazioni” a copertura dell’imbroglio, subisce quella bastonata in forma di un disciplinare: quattro mesi di sospensione dal servizio e una multa. Lei non piegherà la testa ma andrà in Procura, fornendo così un contributo essenziale all’indagine.
E’ la storia nella storia che non si vorrebbe leggere. A farne le spese è il primario del reparto di pediatria Susanna Maria Esposito, 48 anni, presidente dell’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici e del ramo umbro della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica. Professionista molto nota anche a Milano, dove era a capo dell’unità di pediatria ad alta intensità di cura della Fondazione Irccs Policlinico di Milano e assisteva le famiglie alle prese con la sindrome dei “Bambini farfalla”, malattia rara e incurabile. Nel 2016 lascia Milano per Perugia, dove le viene offerta la cattedra da ordinario anziché associato. Cosa è accaduto a Perugia lo racconta l’ordinanza emessa dal Gip Valerio D’Andrea a carico di 35 persone coinvolte nel presunto malaffare attorno ai concorsi ospedalieri.
L’accusa è a carico del direttore generale Emilio Duca, del direttore sanitario Diamante Pacchiarini e del direttore amministrativo Maurizio Valorosi e di una funzionaria competente per i procedimenti disciplinari. Sono loro ad adoperarsi per mantenere al suo posto il professor Antonio Orlacchio, associato di genetica medica inserito nella struttura dal 28 dicembre 2015, prima che la Esposito prendesse servizio come dirigente del reparto. “Veniva inserito nonostante le sue competenze non fossero attinenti a quel reparto”, si legge nel decreto del gip. Un esposto anonimo segnala l’anomalia e parte un’indagine per truffa in riferimento agli emolumenti percepiti dal medico “nonostante in realtà egli non svolgesse all’interno di quel reparto alcuna attività”.
La dirigenza che viene sentita eccepisce che Orlacchio ha valutazioni positive da parte della Esposito, la quale però già da marzo 2017 aveva segnalato il problema e un anno dopo inviato un esposto. Siccome i superiori non gradiscono le sue resistenze le comminano un disciplinare e accusano lei di truffa, eccependo su orari e presenze connessi all’attività libero professionale. E’ in quella sede che gli inquirenti apprendono dalla Esposito del contrasto tra dirigenza amministrativa e medica su quella poltrona, e che era stata costretta a fornire valutazioni positive sul professore “solo perché pressata anche con minacce di conseguenti provvedimenti disciplinari in caso contrario da parte della dirigenza amministrativa”.
L’8 agosto 2018 le minacce si concretizzano un forma di una contestazione disciplinare della sospensione dalle funzioni per quattro mesi e multa da 350 euro. Le intercettazioni però erano in corso. In particolare, in una conversazione del 21 maggio 2018, presso l’ufficio del direttore Valorosi costui suggerisce al suo interlocutore Pacchiarini di verificare la presenza in ufficio della professoressa Esposito in modo tale da darle “una bastonata di quelle forti che si fa male“. Evidente, anche grazie ad altre conversazioni registrate, “la natura ritorsiva” delle contestazioni. La pediatria, raggiunta al telefono dal fattoquotidiano.it, si lascia andare a un commento liberatorio: “E’ finita, sono più serena ora perché questi mesi mi hanno molto provato”.  Il suo avvocato Carlo Tremolada spiega che c’è più del disciplinare-ritorsivo raccontato nell’ordinanza.
“Abbiamo depositato anche altre memorie, una riguarda la procedura di selezione che avevano bandito nella quale la mia assistita risultava l’unico concorrente perché unico medico coi titoli necessari ad assumere la direzione della struttura complessa pediatrica. A un certo punto hanno anche sospeso il concorso, lo hanno interrotto senza regioni. Ecco, non si esulta per gli arresti, ma sono l’epilogo di una serie di azioni di rappresaglia incredibili, spudorate, mai vista. Evidentemente capiamo ora che rientravano in una più ampia strategia con una differenza”. Quale? “Qui non è che l’hanno bastonata perché volevano favorire qualcun altro, ma perché lei si era rifiutata di piegare il capo. E si sono vendicati”.

sabato 13 aprile 2019

Sanità Umbria, arrestati il segretario del Pd Bocci e l’assessore regionale Barberini. Indagata governatrice Catiuscia Marini.

Sanità Umbria, arrestati il segretario del Pd Bocci e l’assessore regionale Barberini. Indagata governatrice Catiuscia Marini

L'accusa nei confronti di politici e amministratori sanitari è quella di aver commesso irregolarità in almeno 8 concorso per una trentina di assunzioni in ambito sanitario. Abuso d’ufficio, rivelazione del segreto d’ufficio, favoreggiamento e falso sono le ipotesi di reato. Nel corso dell'indagine utilizzati i trojan nei telefonini, intercettazioni ambientali e telefoniche.

La governatrice dem indagata, l’assessore e il segretario regionale del Pd arrestati. L’accusa: irregolarità commesse in un concorso per assunzioni in ambito sanitario. Abuso d’ufficio, rivelazione del segreto d’ufficio, favoreggiamento e falso sono le ipotesi di reato che hanno portato la Procura di Perugia a iscrivere nel registro degli indagati la presidente della Regione Catiuscia Marini (Pd) e contestualmente ad arrestate il responsabile regionale della Sanità Luca Barberini e il segretario umbro del Partito democratico Gianpiero Bocci, ex sottosegretario all’Interno durante i governi renziani. Questi ultimi due si trovano ai domiciliari, al pari del direttore generale dell’Azienda ospedaliera Emilio Duca e del direttore amministrativo della stessa azienda.
La Gdf ha eseguito decreti di perquisizione nei confronti della Marini, di Bocci e dell’assessore alla sanità Barberini. Secondo quanto apprende l’Ansa l’inchiesta della procura di Perugia riguarda un concorso di una delle aziende sanitarie umbre. Nell’indagine sarebbero coinvolti anche altri 6 dirigenti dell’azienda ospedaliera. L’indagine è seguita direttamente dal procuratore Luigi De Ficchy e ipotizza, a vario titolo, i reati di abuso d’ufficio, rivelazione del segreto d’ufficio, favoreggiamento e falso. I finanzieri hanno perquisito oltre che le abitazioni e gli uffici dei destinatari dei decreti, anche la sede dell’assessorato alla Sanità. Nel mirino degli inquirenti ci sono almeno otto concorsi per assunzioni di una trentina tra medici, infermieri e personale ausiliario all’ospedale di Perugia, sui cui la guardia di finanza sta indagando da mesi. Secondo l’accusa, i politici coinvolti hanno segnalato le persone da assumere ai vertici dell’azienda ospedaliera. I candidati individuati sono stati quindi messi nelle condizioni – ritengono gli inquirenti – di vincere i concorsi. In tal senso le procedure di selezione del personale sono state “condizionate illecitamente”, con “l’alterazione dei risultati della selezione – si legge nell’ordinanza del gip di Perugia– avvenuta mediante reiterati reati di rivelazione di segreti d’ufficio, falso ideologico in atto pubblico e abuso d’ufficio compiuti mediante la comunicazione a terzi interessati delle tracce d’esame, e inoltre indirizzando la Commissione in ordine alle valutazioni da assegnare ai candidati“. Non solo. Nelle carte si legge anche di una “alterazione della procedura concorsuale consistita nella manipolazione dell’esito del sorteggio dei componenti della commissione esaminatrice“.
Dall’ordinanza firmata dal gip di Perugia Valerio d’Andra, inoltre, emerge che l’inchiesta si è avvalsa anche di una serie di intercettazioni telefoniche. Nella fattispecie, per captare i colloqui al centro dell’indagine sono stati utilizzati trojan nei telefonini, strumento che “ha consentito di documentare il significativo contenuto di alcuni colloqui tenuti dall’indagato Emilio Duca, direttore generale dell’azienda ospedaliera di Perugia, al di fuori del suo ufficio“. Sia Emilio Duca che Maurizio Valorosi, direttore amministrativo della stessa azienda, entrambi indagati nell’inchiesta, erano anche sottoposti a intercettazione ambientale in ufficio. Nel fascicolo d’inchiesta, inoltre, c’è anche un video che documenta come Emilio Duca “avesse con sé le tracce delle prove scritte del concorso e le dovesse portare in consiglio regionale, per consegnarle all’assessore regionale Luca Barberini, il quale risulterà in effetti dal prosieguo delle conversazioni il soggetto più interessato all’esito della procedura e quello anche più ascoltato“. In particolare, l’ordinanza fa riferimento alla “conversazione intercettata” e alle “immagini captate presso l’ufficio di Maurizio Valorosi il giorno prima delle prove scritte”.
“Quest’oggi mi è stata notificata dalla procura della Repubblica di Perugia una richiesta di acquisizione di atti nell’ambito di una indagine preliminare relativa a procedure concorsuali in capo ad una Azienda sanitaria umbra” ha fatto sapere Catiuscia Marini, che poi ha aggiunto: “Ho offerto la mia massima collaborazione personale e istituzionale all’attività dei rappresentanti dell’autorità giudiziaria. Sono assolutamente tranquilla e fiduciosa nell’operato della magistratura – ha concluso – nella certezza della mia totale estraneità ai fatti e ai reati oggetto di indagine“. Non si è fatta attendere la presa di posizione del vicepremier Matteo Salvini: “Senza entrare nel merito degli ultimi arresti, i cittadini dell’Umbria sono malgovernati da troppo tempo; elezioni regionali subito!” ha detto in una nota. Intanto il segretario dei democratici Nicola Zingaretti è corso ai ripari commissariando i vertici regionali del partito: “Dopo l’autosospensione del segretario regionale dell’Umbria – si legge in una nota –  il segretario del Pd Nicola Zingaretti ha deciso immediatamente di commissariare la Federazione Regionale del Pd dell’Umbria con l’onorevole Walter Verini, Presidente del Pd dell’Umbria”.