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sabato 18 maggio 2019

Elezioni europee, sfida su Facebook: Salvini spende più di tutti, M5S (quasi) assente. - Marco Lo Conte

Tanto Salvini, quasi altrettanto il Pd, Movimento 5 Stelle pressoché zero. E poi Berlusconi, con un gran numero di post sponsorizzati ma targettizzati poco. È in sintesi la fotografia delle campagne elettorali in vista delle elezioni europee del prossimo 26 maggio, scattata da Facebook che ha deciso di fornire piena trasparenza sulle sponsorizzazioni dei post pubblicati sulla propria piattaforma. Da cui emerge chi ha speso di più e meglio, per attirare l'attenzione degli elettori in queste ultime settimane cruciali per l'esito elettorale.

Perché, per chi non lo sapesse, ciò che guardiamo magari distrattamente sui social arriva sul nostro profilo perché magari qualcuno ha pagato del denaro affinché quel messaggio politico ci venisse sottoposto, considerandoci un “target” interessante ai fini elettorali (Facebook offre un livello di precisione in questo senso del 90%).

La ragione è nota: gli italiani trascorrono in media 6 ore e 42 minuti connessi a Internet, di cui due ore e un quarto da smartphone. Inevitabile che questo sia diventato il terreno in cui conquistare consenso politico, tralasciando i desueti cartelloni pubblicitari, desolatamente vuoti in questi giorni. 

Complessivamente dal marzo scorso ad oggi, sono stati spesi su Facebook 868.254 euro per promuovere 16.772 post legati alle elezioni europee. Questo è il dato offerto dalla piattaforma fondata da Mark Zuckerberg, che mostra il pubblico di riferimento coinvolto da ciascun post, distinti per classi di età, genere e regione, oltre al denaro stanziato. Una trasparenza che ha fatto seguito allo scandalo Cambridge Analytica, che ha intaccato l'immagine e messo in difficoltà Facebook, dopo che in occasione delle presidenziali Usa e del referendum su Brexit, erano state sponsorizzate dall'estero centinaia di pagine che veicolavano talvolta messaggi contenenti fake news.

Ora le parole d'ordine per il social seguito nel mondo da oltre 2 miliardi di persone – 34,8 milioni solo in Italia, oltre ai 23,4 della controllata Instagram –sono rimuovereridurreinformare: una volta identificate (Pagella Politica collabora in Italia su questo tema con Facebook) le fake news vengono cancellate, le campagne devono essere certificate e se non rispettano le regole indicate nel disclaimer vengono ridotte e le somme investite restituite (all'80%).

Gli investimenti quantitativamente maggiori riguardano Matteo Salvini, per il quale la Lega ha speso poco meno di 78mila euro, di cui 43.500 solo nell'ultima settimana. Da registrare l'effetto prodotto nei differenti target dai differenti messaggi politici: post come “Stavolta voto Lega!” è stato distribuito dall'algoritmo di Facebook in particolare tra le donne over45 con forte prevalenza nelle regioni del Centro-Sud (Sicilia 16%, Lazio 13%, Campania 13%), analogamente a “Salvini ha fermato la mangiatoia dell'immigrazione”.



Molto visto soprattutto tra le donne il post sponsorizzato (con il budget maggiore, fino a 5mila euro) sulla castrazione chimica (“Il 58% degli italiani è favorevole”, recita il post), distribuito in modo più uniforme a livello territoriale; mentre ha incontrato l'interesse prevalentemente giovane e maschile il post l'immagine di un giovane di colore che affronta un vigile urbano (“Se non avessi questa divisa”): la Campania, la regione in cui si è rivelato più popolare, almeno per il periodo in cui è stato visibile, prima di essere bloccato da Facebook. Da registrare come invece sia stato rimosso da Facebook il famoso post sponsorizzato del VinciSalvini, il gioco messo in campo dallo staff del leader della Lega, popolare in larga parte tra gli uomini under44, in base alla normativa di Facebook.

Il Partito Democratico ha stanziato finora 73mila euro (26mila circa nell'ultima settimana) per sponsorizzare i post del suo segretario, Nicola Zingaretti. Da registrare il cartellino giallo di Facebook che ha segnalato il ritardo nell’adeguamento alle policy di pubblicazione (per una somma pari alla metà dello stanziamento circa). Molti i post del Pd, anche se con cifre basse, ad eccezione di “Una nuova Europa per andare #avantitutti”, per cui sono stati stanziati 5mila-10mila euro, coinvolgendo un pubblico soprattutto di uomini over45.



Tra i 500 e i mille euro il post sull'indennità europea di disoccupazione che, come prevedibile, ha raggiunto soprattutto gli uomini giovani, ma in modo rilevante anche uomini e donne over55. Appena presente invece Carlo Calenda, capolista Pd nel nord est: l'ex ministro, particolarmente attivo su Twitter, ha sponsorizzato pochi post sulla piattaforma più seguita, rivolgendosi in particolare agli uomini giovani e, in un caso, unicamente agli abitanti del Trentino Alto Adige. 

Meno efficace la campagna dell'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che ha sponsorizzato quasi 400 post, ciascuno però con budget particolarmente basso: complessivamente sono stati spesi 66mila euro, di cui 16mila nell'ultima settimana, parcellizzati in un pulviscolo di messaggi. Da segnalare la forte targettizzazione di alcuni post di Silvio Berlusconi, che ha puntato in modo netto sugli over45, escludendo nella campagna i più giovani.



Insieme al fondatore, da registrare un post sponsorizzato da Forza Italia riguardante il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, targhettizzato a livello regionale: il 57% degli utenti raggiunti, infatti, risiede in Lazio, gli altri lettori del post sono in Toscana, Marche e Umbria.

Sempre nel centro destra, sono da segnalare i numerosi post di Giorgia Meloni, sponsorizzati complessivamente per 17mila euro (8mila nell'ultima settimana) da Fratelli d'Italia. Numerosi, ma in gran parte uguali tra loro, il che non migliora la comunicazione meno efficace nel raggiungimento dei target di riferimento. Da notare la forte prevalenza di pubblico maschile coinvolto da questi post e la bassissima percentuale di lettrici donne, ad eccezione del post “Casa diritto di tutti”. 

Per un movimento nato sulla rete può apparire un paradosso, ma per questa competizione elettorale le pagine del MoVimento 5 Stelle non hanno messo in campo alcuna sponsorizzazione su Facebook. Effetto anche del cambio di passo comunicativo che il M5S ha messo in campo ormai da tempo, con una sterzata “moderata” (in concomitanza con l'arrivo di Augusto Rubei ai vertici della comunicazione del movimento). Di fatto sui social la comunicazione dei grillini è solo organica e sponsorizzati sono solo alcuni post di singoli candidati. 

Non solo i partiti: Facebook stessa ha stanziato in Italia circa 62mila euro per due post “istituzionali” in vista delle elezioni europee. Ma la parte più consistente degli investimenti pubblicitari di post politici su Facebook è stata realizzata dal Parlamento europeo: 200mila euro, poco meno di un quarto del totale, per una campagna istituzionale che è iniziata molto mesi fa e che in molti casi è stata mirata ai giovanissimi che si recano alle urne per la prima volta.



https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-05-17/elezioni-europee-sfida-facebook-salvini-spende-piu-tutti-m5s-quasi-assente-182704.shtml?uuid=ACuarBE

domenica 14 aprile 2019

Pd, non c’è soltanto lo scandalo Umbria: ormai cinque regioni traballano sotto il peso delle inchieste giudiziarie. Eccole. - Thomas Mackinson

Pd, non c’è soltanto lo scandalo Umbria: ormai cinque regioni traballano sotto il peso delle inchieste giudiziarie. Eccole

Salgono a cinque le regioni travolte da inchieste a carico di dirigenti locali e governatori daem. Mentre i sondaggi rianimano il partito e il tempo restituisce all'ex sindaco Marino la sua innocenza, nel Pd tornano la questione morale e il no giustizia. Il nuovo segretario marca la linea della "fiducia nella magistratura", ma sotto le ceneri cova l'anatema berlusconiano.

In Umbria lo scandalo sanità fa saltare la testa del partito, con l’arresto dell’assessore Luca Barberini e del segretario regionale Gianpiero Bocci, ai domiciliari. Indagata la governatrice Catiuscia Marini. Nicola Zingaretti commissaria, Salvini chiama elezioni subito. Nel fianco del Pd ci sono però anche Abruzzo, Basilicata, Puglia, Calabria. Macigni sulla campagna elettorale di un partito uscito un anno fa con le ossa rotte e che ora sta cercando di ricomporsi. Zingaretti tutto poteva aspettarsi, tranne che il banco di prova della sua reggenza delle europee iniziasse a traballare sotto il peso delle inchieste giudiziarie. Proprio ora che i sondaggi sono in ripresa e il tempo ha restituito a Ignazio Marino, l’ex sindaco di Roma, la patente di estraneità al malaffare degli scontrini  cavalcato dalla corrente capitolina e renziana in ascesa. L’ultima tegola travolge l’Umbria, affare di assunzioni pilotate in sanità che riempie ancora i giornali di episodi e ricostruzioni che – oltre al possibile criminale in senso tecnico – illuminano consuetudini clientelari e dinamiche di potere difficilmente compatibili con il passo che il neosegretario vorrebbe imprimere al partito. Il rapporto con la giustizia, al di là del caso locale, è una variabile importante del suo mandato. Nel Pd che ha eredito cova da tempo una spaccatura profonda sul tema, emersa con più evidenza in occasione dell’indagine a carico dei genitori dell’ex segretario Matteo Renzi, quando qualcuno – ricorda oggi Repubblica – ha rispolverato la formula berlusconiana della “giustizia a orologeria. Il segretario-governatore sembra indisponibile a seguire questa linea, avendo limitato il suo commento ai fatti di Perugia alla “piena fiducia nella magistratura”.

Basilicata, la débâcle dopo un quarto di secolo
Appena due settimane fa, il Pd aveva subito un storica sconfitta in Basilicata, regione che governava da 25 anni. Determinante l’inchiesta giudiziaria che a luglio aveva portato all’arresto del governatore Marcello Pittella. Sempre storiaccia di concorsi truccati, raccomandazioni e sanità usata come ascensore per ricchezza e potere dei notabili locali del partito e loro amici e parenti. A fine marzo si è votato per il rinnovo del consiglio regionale, Pittella disarcionato dall’inchiesta sulla sanità lucana è tornato in consiglio  forte di oltre 8mila preferenze e la sua lista “batte” quella del Pd. E i suoi ex assessori, indagati, siedono insieme al lui in consiglio.
Puglia, Emiliano e le primarie.
In Puglia è finito sotto inchiesta Michele Emiliano per una vicenda legata al finanziamento delle primarie del Pd, quando il governatore sfidava Renzi e Orlando. Per la procura di Bari due imprenditori con interessi diretti sugli appalti della Regione pagarono la campagna elettorale dell’ex magistrato. Da qui l’accusa di abuso d’ufficio e traffico illecito di influenze alle quali Emiliano si dichiara estraneo.
Calabria, Oliverio tentato dal ritorno.
Guai per il Pd anche in Calabria dove è indagine anche il presidente della Regione, Mario Oliverio. Per lui era stato disposto l’obbligo di dimora, misura però annullata a marzo dalla Cassazione. L’indagine riguarda presunte irregolarità in due appalti gestiti dalla Regione e per i quali la guardia di finanza, oltre ai presunti reati contestati a Oliverio, per gli altri indagati aveva riscontrato quelli di falso, corruzione e frode in pubbliche forniture. Dopo più di tre mesi, il presidente Oliverio torna libero con un provvedimento della Cassazione che, a questo punto, potrà sfruttare anche in chiave politica: siamo agli sgoccioli della legislatura, presto si tornerà a votare per le regionali e ha intenzione di ricandidarsi nonostante le perplessità di parte del Pd calabrese.
Il terremoto delle inchieste in Abruzzo.
In Abruzzo proprio due giorni fa il tribunale dell’Aquila ha disposto l’archiviazione della posizione dell’ex presidente regionale Luciano D’Alfonso, oggi senatore dem. L’inchiesta era uno dei filoni seguiti dalla procura della Repubblica dell’Aquila sugli appalti della Regione: tra i principali, la gara per l’affidamento dei lavori di ricostruzione di palazzo Centi, sede della giunta regionale all’Aquila. Il primo di ottobre però si terrà l’udienza preliminare per un’altra vicenda in cui rischia il processo, quella della Procura di Pescara su una delibera di giunta del 2016, avente come oggetto la riqualificazione e la realizzazione del parco pubblico Villa delle Rose di Lanciano (Chieti) con le accuse di falso ideologico, per aver falsamente attestato, stando all’accusa, la presenza del governatore in giunta.