L’altra notte, mentre l’uomo più impopolare della nazione (ora iscritto alla Champions della specialità) si dileguava nel buio dopo aver sfasciato il governo, ai suoi parlamentari veniva richiesto di sacrificarsi come scudi umani su tutte le frequenze radiotelevisive. Salvo qualche eccezione, come Luigi Marattin e Luciano Nobili, che si sono limitati a un paio di generici tweet (forse adducendo ragioni familiari), la chiamata al sacrificio supremo ha coinvolto, tra gli altri, gli eroici onorevoli Ettore Rosato e Ivan Scalfarotto.
Il primo, ospite di Radio anch’io, è stato bastonato perfino dal berlusconiano Renato Schifani, che abbiamo sentito particolarmente indignato “per questa crisi inspiegabile aperta da Renzi in un momento tragico per il Paese”. È stato allora che abbiamo provato una sincera solidarietà per Rosato, persona squisita, costretto a subire le rampogne di chi, in un’altra vita, aveva sostenuto essere Ruby la nipote di Mubarak. No, era troppo.
Del valoroso ex sottosegretario Scalfarotto (recordman, fin dal lontano febbraio 2020 delle dimissioni annunciate e congelate, e adesso sbrinatosi) abbiamo colto un certo smarrimento nel motivare il martirio. Devono essere ore terribili per i deputati e i senatori di Italia Viva, tutte persone, presumiamo di buon senso, prese in ostaggio e immolate per ragioni che anche a loro devono apparire incomprensibili, come avvenne nel Tempio del Popolo con la setta del Reverendo Jones. Immaginiamo le scene strazianti nelle dimore di costoro a cui dal Macron di Rignano sull’Arno era stato garantito un futuro di soddisfazioni e di sonanti rivincite sul Pd. E che si ritrovano imballati e senza prospettiva alcuna, se non la probabile trombatura elettorale, in un partitino che non si schioda dal 3%. All’artefice di questo miracolo al contrario, bisogna comunque riconoscere due primati. La gragnuola di accuse della stampa internazionale (dal Financial Times che lo chiama Demolition Man, a Die Zeit che definisce il suo “un atto disperato”) come non si ricordava dai tempi del Caimano di Arcore. Ma soprattutto aver saputo calamitare sulla sua persona tutta l’incazzatura accumulata da un Paese stremato, giungendo finalmente alla rottamazione di se stesso.
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