Visualizzazione post con etichetta Crocetta. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Crocetta. Mostra tutti i post

sabato 23 marzo 2019

Formazione, milioni di euro per progetti inutili: condannati Crocetta, Bonafede e Corsello. - Antonio Fraschilla

Formazione, milioni di euro per progetti inutili: condannati Crocetta, Bonafede e Corsello

I giudici della Corte dei conti accolgono in parte le richiesta della procura sul progetto Spartacus: poteva costare un terzo e molte attività non sono state svolte. Condanna all'ex governatore, l'ex assessore al Lavoro e all'ex dirigente del dipartimento per 2,1 milioni di euro.

La Corte dei conti ha condannato a un risarcimento da 2,1 milioni di euro, circa 700 mila euro a testa, l'ex governatore Rosario Crocetta, l'ex assessore al Lavoro Esterina Bonafede e l'ex dirigente del dipartimento Anna Rosa Corsello. Nel mirino della sentenza dei giudici contabili il progetto Spartacus, costato 35 milioni e affidato senza gara al Ciapi di Palermo: un progetto di formazione per gli ex 1.800 sportellisti che, secondo la Corte dei conti, poteva costare appena un terzo. Il danno è confermato come chiesto dalla procura, pari a 35 milioni di euro, ma il risarcimento inflitto è minore per una serie di attenuanti.

La procura regionale della Corte dei conti aveva citato in giudizio per danno all'erario  tutto l'ex giunta regionale guidata da Rosario Crocetta e gli assessori Ester Bonafede, Nino Bartolotta, Luca Bianchi, Lucia Borsellino, Dario Cartabellotta, Mariella Lo Bello, Nicolò Marino, Nelli Scilabra, Michela Stancheris, Patrizia Valenti e Linda Vancheri, l'ex dirigente del Lavoro Anna Rosa Corsello e gli ex dirigenti del Ciapi. Tutti accusati di aver dissipato 35 milioni di euro di fondi europei e statali che avrebbero dovuto essere utilizzati per retribuire l'attività di formazione e di politiche attive del lavoro espletata, per otto mesi, da circa 1.800 ex sportellisti a favore di novemila cassintegrati. Lo scandalo Ciapi per il progetto Spartacus scoppiò nel 2014. In base alle indagini della Guardia di finanza scattate dopo un esposto di alcuni ex sportellisti, si appurò che pressoché nessuna attività lavorativa era stata fatta e che, invece di operare in uffici del dipartimento Lavoro, gli ex sportellisti erano stati assegnati ad alcune scuole e ad altri rami dell'amministrazione ma sempre per restare sostanzialmente inattivi, almeno secondo quanto dichiarato da alcuni capi di istituto.

I giudici alla fine hanno assolto il resto della giunta e ridotto, di molto, la condanna chiesta dalla procura. Si legge nella sentenza: " 
Innegabilmente, infatti, il governo Crocetta ha ereditato le mai risolte problematiche legate alla complessa situazione regionale che ogni amministrazione si è trovata, di volta in volta, ad affrontare, in modo sempre più complesso, ad ogni legislatura. Le pressioni delle parti sociali, soprattutto in un tema così delicato come quello dell’occupazione, relegano, innegabilmente, i politici e gli organi amministrativi, in angusti spazi di azione entro i quali è oggettivamente difficile potersi districare, tali e tante sono le pressioni che gli stessi spesso si trovano a subire. Dette problematiche emergono palesemente nel caso in esame ove i dipendenti degli ex sportelli multifunzionali lamentavano a viva voce la loro precaria situazione da anni; proprio loro che, alla fine, sembrano essere i soggetti che hanno beneficiato delle già censurate scelte poste in essere dall’Amministrazione. Questa serie di circostanze, che il Collegio non può non ignorare, porta il Collegio medesimo a ridurre nei più ampi termini il danno di cui oggi si discute. Del danno, così come rimodulato dal Collegio in euro 31.623.410, deve essere preso in considerazione il 70% (euro 22.136.387), da ripartirsi in parti uguali, come richiesto da parte attrice, tra i convenuti Crocetta, Corsello e Bonafede, per arrivare ad una somma di euro 7.387.795,67 per ciascuno. Il Collegio, però, alla luce delle argomentazioni poc’anzi esposte, ritiene di poter ricondurre alla condotta dei convenuti, ritenuti oggi responsabili, unicamente il 10% dell’intero danno contestato; conseguentemente, i convenuti Crocetta Rosario, Corsello Anna Rosa e Bonafede Esterina devono essere condannati al pagamento della somma di euro 738.780,00 ciascuno, a favore della Regione Sicilia".


https://palermo.repubblica.it/politica/2019/03/22/news/formazione_35_milioni_di_euro_per_progetti_inutili_condannati_croetta_bonafede_e_corsello-222231287/?fbclid=IwAR3rNidsNyzxHWSu3tZMFz1VzseRrLePHkRzv40ZBEG-zhvrDct5EgWgAro

lunedì 11 dicembre 2017

Un debito figlio di tanti governi Come nasce il “buco” della Regione. - Accursio Sabella


crocetta, cuffaro, debito, indebitamento, lombardo, musumeci, mutui, orleans, regione, sicilia, Politica

Tra mutui e anticipazioni l’indebitamento della Sicilia supera gli 8 miliardi. Di chi è la responsabilità?

PALERMO - Un botta e risposta sui conti. Sull’eredità ricevuta e sulla zavorra ai piedi della Sicilia. Nei giorni scorsi ecco tornare lo spettro del default o quantomeno la concreta presenza di un mega indebitamento della Regione. Di chi è la responsabilità di questo peso? "Non voglio polemizzare - ha detto il neo governatore Musumeci - con il governo precedente. Lo dico con la sobrietà che un presidente deve avere. Ma va detto che la condizione delle finanze della Regione, con le partecipate quasi tutte in deficit, si presenta drammatica. Perciò urge un confronto sereno con il governo centrale”. Secondo il neo governatore il deficit di Palazzo d'Orleans "ammonta a cinque miliardi" ed "è fuor di dubbio che la crisi finanziaria condizionerà l'operato del governo almeno per i primi anni”. Da lì, le prime azioni, come la “missione” romana dell’assessore all’Economia Gaetano Armao.

Ma a stretto giro, ecco arrivare le precisazioni del predecessore, cioè Alessandro Baccei: “Mi aspetterei, conoscendo la serietà del presidente, informazioni più precise e puntuali e una maggiore competenza. Cinque miliardi di deficit, o 8 miliardi se consideriamo le anticipazioni di liquidità, comunque ereditati dai governi Lombardo e Cuffaro - afferma Baccei -. Sono tanti? Il numero in assoluto non è rappresentativo di nulla, come ben chiariscono le agenzie di rating”.

Insomma, Musumeci fa riferimento al governo precedente, Baccei ai governi di Cuffaro e Lombardo. Dove sta la verità? Come accade spesso, nel mezzo. E per trovare una rappresentazione imparziale del reale andamento del deficit della Sicilia, si può far riferimento all’atto più “ufficiale” che esista sui conti regionali: il giudizio di parifica, sul rendiconto dell’ultimo esercizio finanziario.

Da quelle pagine, al di là delle parole di Baccei, non viene fuori un bel quadro. Anzi. “Al 31 dicembre 2016 – si legge nella relazione delle Sezioni riunite presiedute da Maurizio Graffeo – il debito di finanziamento residuo della Regione ammonta complessivamente a 8.035 milioni di euro”. Più di otto miliardi, quindi, e un trend preoccupante, visto che la Corte parla di “un incremento rispetto all’inizio del quinquennio del 41,4 per cento”. Con Crocetta, quindi, il debito è cresciuto di quasi la metà rispetto al debito lasciato dai suoi predecessori. “Una notevole anticipazione di liquidità tra il 2014 e 2015 (2 miliardi e 667 milioni di euro, per un residuo al 2016 di 2 miliardi e 567 milioni di euro) – ha ammonito nel corso della sua requisitoria il Procuratore generale d’appello Pino Zingale – influisce pesantemente sul servizio di debito e, quindi, sulla capacità di spesa futura della Regione: tale liquidità – prosegue il Procuratore – pur non essendo tecnicamente considerata come indebitamento, composta comunque l’assunzione di obblighi da parte della Regione”. Gli effetti sulle future generazioni, insomma, di cui parlava anche Graffeo: “La restituzione, - prosegue Zingale – gravata naturalmente da interessi, peserà sulle già esangui casse della Regione Siciliana per un trentennio e cioè sino al 2044-2045”. Le anticipazioni di cassa, insomma, che si aggiungono ai mutui già esistenti, hanno appesantito l’indebitamento della Regione.

Che però, come detto, non nasce certamente con Rosario Crocetta. Ma è il figlio anche dei governi precedenti, in particolare quelli di Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo. Affrontando il tema dei mutui e dei finanziamenti della Regione, i giudici contabili annotano che “la loro consistenza finale era di 5.816 milioni di euro nel 2011 e, poi, di 5.934 milioni nel 2012”. Eccolo il debito lasciato nelle mani di Crocetta: poco meno di sei miliardi di euro. E gli assessori all’Economia di quei governi che contribuirono, ognuno per la propria 'quota' a creare quel debito, non possono certamente essere considerati, in molti casi, estranei ai partiti su cui poggia il governo Musumeci: dal ‘neoleghista’ Alessandro Pagano che fu assessore al Bilancio di Cuffaro a Roberto Di Mauro, nel listino dello stesso Musumeci alle ultime elezioni, che ebbe quella delega da Raffaele Lombardo, prima che questa passasse proprio a Gaetano Armao, che oggi torna sempre nelle vesti di assessore all’Economia nel governo di centrodestra.

E il “peso” di quei governi va cercato anche altrove. Nella vicenda, cioè, relativa ai cosiddetti “derivati” accesi dalla Regione nel 2005, quando a governare era Totò Cuffaro. Contratti che diedero dei risultati positivi per un paio di anni, ma che dal 2008 in poi hanno solo creato dei passivi per le casse pubbliche, quantificati in quasi 160 milioni di euro. Il “debito” miliardario della Regione, insomma, ha tanti padri.

giovedì 21 settembre 2017

Nuovi gruppi per "evitare" le firme Le manovre di Crocetta e Orlando. - Accursio Sabella

arcipelago, ars, crocetta, gruppi, megafono, orlando, palazzo dei normanni, regione, Politica

Rinasce il Megafono, spunta Arcipelago. Più facile la presentazione delle liste per le Regionali.

PALERMO - Per un motivo o per un altro, meglio evitare quel passaggio. Evitare, cioè, la raccolta delle firme necessaria per la presentazione delle liste alle prossime elezioni regionali. E così, Crocetta, Orlando e l’Udc di Cesa si stanno muovendo, in queste ore e “last minute” per dare vita a nuovi gruppi parlamentari all’Ars o per riesumare gruppi che nel frattempo si sono sciolti: la presenza di una forza politica in parlamento, infatti, esonera la lista corrispondente dalla necessità di raccogliere le firme in vista delle prossime elezioni Regionali.

Nelle prossime ore e in occasione dell’ultima seduta utile dell’Assemblea regionale, potrebbero saltare fuori tre nuovi gruppi parlamentari. E con essi, un colorito valzer di deputati, gli ultimi, clamorosi cambiamenti di casacca. Solo un fatto “tecnico” spiegano tutti. Ma ovviamente la manovra potrebbe rivelare una debolezza: il gruppo del Megafono, così come quello di Orlando, non sono forse così certi di poter raccogliere il numero necessario di adesioni degli elettori siciliani. Così, meglio la strada più breve che passa dal Palazzo. A questi "nuovi gruppi" si aggiungeranno quelli che hanno semplicemente modificato la propria denominazione, legando il nuovo nome alla prossima competizione elettorale: si tratta di Ap-centristi per Micari; Centristi per Micari; DiventeràBellissima.

Uno dei nuovi-vecchi gruppi, invece, era stato ampiamente annunciato. Nell’Udc di Cesa infatti nei giorni scorsi sono arrivati diversi deputati regionali, provenienti da altri schieramenti: è il caso di Mimmo Turano, Gaetano Cani, Vincenzo Figuccia, Totò Lentini ai quali, proprio in questi minuti, potrebbe aggiungersi Margherita La Rocca Ruvolo. “Formalizzeremo la richiesta di creazione del gruppo” aveva annunciato Turano già un paio di settimane fa.

Molto più recenti sono le manovre che riguardano Crocetta e Orlando. A Palazzo dei Normanni, infatti, si registrano movimento vorticosi, caotici, di deputati pronti a lasciare il proprio gruppo per confluire nel ricostituito Megafono (gruppo che si era squagliato dopo gli addii in serie dei fedelissimi di Crocetta) e nel gruppo “Arcipelago Sicilia” che fa capo alla lista per le Regionali guidata da Leoluca Orlando.

E in poche ore, nel gruppo di Orlando ecco sei adesioni. Una in più rispetto a quelle necessarie per la formazione del gruppo stesso. Ad “Arcipelago”, salvo sorprese dell’ultima ora, aderiranno Concetta Raia e Antonella Milazzo provenienti dal Pd, Gianluca Micciché dai Centristi, Michele Cimino e Nicola D’Agostino da Sicilia Futura e Antonio Venturino dal Partito socialista.

Quasi definita la composizione del “risorto” gruppo del Megafono. Il gruppo del Pd infatti si riunirà poco prima dell’Aula, prevista per le 16. Si dice pronto al “transito” nel gruppo, il deputato catanese Gianfranco Vullo che si aggiungerà, ovviamente, allo stesso Rosario Crocetta. Una situazione paradossale, visto che fu proprio il Pd a chiedere al governatore di lasciare il gruppo del “Megafono” per aderire a quello dei Dem. Quasi certamente, poi, tra gli altri nomi c’è quello del messinese Filippo Panarello e dell’assessore alla Funzione pubblica Luisa Lantieri: “Si tratta di un transito puramente tecnico – spiega l’assessore – per dare un supporto alle liste della coalizione di centrosinistra. Io – precisa- sarò candidata tra le fila del Pd”. L’ultimo nome è quello del deputato ragusano e presidente della commissione Salute all'Ars, Pippo Digiacomo.

Come detto, poi, ecco l’Udc. Che si chiamerà per l'esattezza Udc-Rete democratica Sicilia Vera. Una presenza già ampiamente annunciata, pochi giorni fa, alla presenza anche del segretario nazionale Lorenzo Cesa. Del nuovo gruppo faranno parte molti ex “Centristi”, ossia eletti con l’Udc che hanno poi seguito Gianpiero D’Alia. Negli ultimi mesi, invece, ecco il passaggio con lo Scudo Crociato a sostegno di Nello Musumeci. A farne parte saranno Mimmo Turano, Gaetano Cani, Vincenzo Figuccia, Pietro Alongi e molto probabilmente e Margherita La Rocca Ruvolo, che sarebbe stata ‘convinta’ dallo stesso Cesa nelle ultime ore. È l’ultimo valzer della legislatura.


http://livesicilia.it/2017/09/19/ars-gruppi-firme-liste-regionali-crocetta-orlando_889479/

domenica 21 maggio 2017

Corruzione Trapani, Crocetta si difende: "Nessun favoritismo a Morace".

ettore morace rosario crocetta e simona vicari
Morace, Crocetta, Vicari. 

"Farò chiarezza. Non sono andato sulla barca di Morace, ho pagato la vacanza a Filicudi", dice il governatore indagato nell'inchiesta "Mare Monstrum". "In questi anni – aggiunge – abbiamo risparmiato 87mln di euro". E ancora: "Sarebbe prima tangente fatta con bonifico".
Il giorno dopo il maxi blitz anti-corruzione in Sicilia, che ha portato a tre arresti e diversi indagati, parla il presidente della Regione Rosario Crocetta. “Farò chiarezza con fatti e prove. Non sono andato sulla barca di Morace, ho pagato la vacanza a Filicudi. Non c’è stato nessun favoritismo, anzi in questi anni abbiamo risparmiato sul trasporto marittimo”, si difende in una conferenza stampa. Il governatore è tra gli indagati, per concorso in corruzione, dell’inchiesta “Mare Monstrum” della Procura di Palermo. L’indagine ha portato alla custodia in carcere per l'armatore Ettore Morace e agli arresti domiciliari per il candidato sindaco di Trapani Girolamo Fazio, ex esponente di Forza Italia ora al Gruppo misto all'Ars, e per il funzionario della Regione Giuseppe Montalto. Tra gli indagati a piede libero, oltre a Crocetta, anche la senatrice Ap e sottosegretaria alle Infrastrutture Simona Vicari (che ieri si è dimessa) e la candidata al Consiglio comunale di Palermo Marianna Caronia.

Sono il primo a prendere una tangente con un bonifico”.
“Sono il primo presidente della Regione che prende una tangente con un bonifico. Mi autoproclamo il primo presidente co….ne della Regione Siciliana”, ha detto Crocetta. “Ho ricevuto un invito a comparire. Mi si contesta possibile favoreggiamento alla compagnia di Morace, che ha fatto un bonifico di 5mila euro a favore del mio movimento politico. Sarebbe la prima tangente della storia fatta con un bonifico, bonifico che lunedì sarà restituito. Questa è l'unica cosa che mi si contesta. L'avvenuto bonifico è la prova contraria. Anche Morace scrive in bilancio che ha fatto il bonifico. Un versamento trasparente. Solo questo mi viene contestato. Non c'è una sola conversazione tra me e le persone indagate”, ha aggiunto.

“In questi 4 anni abbiamo risparmiato sul trasporto marittimo”.
La parte del fascicolo relativa a Crocetta ruoterebbe intorno alla richiesta di Morace (a capo della Liberty Lines, società di trasporti marittimi) di estendere oltre il termine del 3 settembre i collegamenti con le Egadi, servizio che avrebbe fruttato all'armatore tre milioni di euro. L'imprenditore, quindi, avrebbe ottenuto l'estensione del servizio dalla Regione. “Nessun favoritismo. Anzi, nel corso di questi quattro anni abbiamo risparmiato 87 milioni di euro nel trasporto marittimo. Non credo che la Liberty Lines possa essere contenta del mio lavoro”, si è difeso Crocetta. “Nel 2013 – ha aggiunto – il trasporto marittimo costava 91mln 497mila euro l'anno, una cifra che a me apparve vistosamente alta e fu oggetto di una revisione. Negli anni successivi, grazie alle mie insistenze, il costo si abbassa a 76 milioni di euro l'anno”.

La vacanza a Filicudi.
Agli atti dell'indagine, oltre al bonifico di 5mila euro, risulterebbe che l'armatore era solito dire di aver pagato al presidente della Regione una vacanza a Filicudi. “A me questo non è stato contestato – ha spiegato Crocetta –, ma mi muovo con la scorta e posso provare che non sono salito sulla barca di Morace, che sono stato in albergo e che ho pagato. Una vacanza a Filicudi a settembre costa 80 euro al giorno”. “Ho massimo rispetto per la magistratura e spero faccia chiarezza”, ha concluso il governatore.



Corruzione a Trapani, Vicari si dimette: è indagata insieme a Crocetta.


Blitz in Sicilia: in manette il candidato sindaco Girolamo Fazio, l'armatore Ettore Morace e il funzionario della Regione Giuseppe Montalto. L'inchiesta ruoterebbe attorno a tangenti su fondi per il trasporto marittimo. Il governatore: "Sono sereno".

Una corruzione sistematica realizzata attraverso una rete di legami con politici, magistrati, funzionari regionali ed esponenti delle forze dell'ordine. E' lo svelamento del "sistema Trapani" che scuote il mondo politico siciliano e provoca le dimissioni del sottosegretario alle Infrastrutture Simona Vicari.

In manette il candidato sindaco di Trapani Girolamo Fazio, ex esponente di Forza Italia ora al Gruppo misto all'Ars, l'armatore Ettore Morace e il funzionario della Regione Siciliana Giuseppe Montalto.

Indagato anche il governatore siciliano Rosario Crocetta: è accusato di concorso in corruzione. "Sono molto sereno e se ci dovesse essere un invito a comparire, che non ho ricevuto perché sono in viaggio, sarò lieto di riferire ai magistrati notizie utili alle indagini", è stato il suo primo commento. La parte del fascicolo relativa a Crocetta ruota attorno alla richiesta di Morace di estendere oltre il termine del 3 settembre i collegamenti con le Egadi, servizio che ha fruttato all'armatore tre milioni di euro. L'imprenditore, quindi, avrebbe ottenuto l'estensione del servizio dalla Regione. Agli atti dell'indagine risulta che l'armatore era solito dire di aver pagato al presidente della Regione una vacanza a Filicudi. Il M5S ha chiesto le dimissioni di Crocetta.

Vicari si dimette.
Sono arrivate, invece, le dimissioni di Simona Vicari (Ap), senatrice e sottosegretaria alle Infrastrutture. Anche lei risulta tra gli indagati per corruzione: in cambio di un Rolex datole dall'imprenditore Morace, avrebbe presentato un emendamento che abbassava dal 10 al 4 per cento l'Iva sui trasporti marittimi, determinando un risparmio di milioni di euro per la società dell'armatore. "Poiché la mia permanenza nell'incarico di sottosegretario al ministero delle Infrastrutture comporterebbe di affrontare quotidianamente una materia per la quale sono oggi sottoposta ad indagine, al fine di garantire a me e al mondo che è maggiormente interessato al trasporto marittimo e a tutto il governo che ho avuto l'onore di rappresentare una maggiore serenità, ritengo opportuno rassegnare le mie dimissioni", ha detto Vicari. "Sono assolutamente tranquilla e certa della liceità della mia azione", ha aggiunto. E ancora: "Farò chiarezza anche del regalo ricevuto da Morace, che nulla ha a che vedere con il ruolo di sottosegretario". Le dimissioni sono "un gesto che non chiede nulla se non grande rispetto, perché sono un gesto libero, autonomo, forte, coraggioso, da parte di una persona seria e leale sempre, che vuole chiarire e chiarirà, ma senza lasciare spazio a strumentalizzazioni a cui purtroppo questi tempi ci hanno abituato", ha detto il ministro Angelino Alfano, leader di Ap, assicurando "pieno sostegno" a Vicari e sottolineando che questa decisione "non le è stata richiesta in alcun modo da alcuno".

Gli altri indagati.
Nell'indagine della Procura di Palermo, che ha portato alla custodia in carcere per Morace e agli arresti domiciliari per Fazio e Montalto, sono indagate in stato di libertà almeno sette persone: oltre a Crocetta e Vicari, sono coinvolti anche il componente dello staff della sottosegretaria Marcello Di Caterina, la candidata al Consiglio comunale di Palermo Marianna Caronia, la dirigente dell'assessorato regionale alle Infrastrutture Salvatrice Severino, il luogotenente dei carabinieri Orazio Gisabella e Sergio La Cava, presidente della società Navigazione generale italiana s.p.a. Per Severino, Gisabella e La Cava la Procura aveva chiesto provvedimenti cautelari che il gip non ha concesso. Non è escluso che possano esserci altri indagati. Caronia, secondo l'accusa, avrebbe ottenuto da Morace, tramite l'intercessione di Montalto, una liquidazione superiore a quello che le spettava dopo la fine del rapporto con "Siremar s.p.a." , società acquistata dall'armatore. 

Chi sono Fazio e Morace.
Ettore Morace, 54 anni, è figlio della prima moglie del patron del Trapani Calcio Vittorio e dalla fine del 2015 - quando il padre ha deciso di trasferirsi per buona parte dell'anno in Spagna - è a capo della Liberty Lines, società di trasporti marittimi che assicura oltre il 90 per cento delle tratte in Sicilia.
Girolamo Fazio è un imprenditore del settore vinicolo ed è stato sindaco di Trapani fino al 2012. La famiglia Morace è da sempre vicina a Fazio. La moglie di Vittorio Morace, padre dell'arrestato, è nella lista degli assessori designati da Fazio. La Liberty Lines, lo scorso 15 maggio, era stata premiata dalla Presidenza della Regione siciliana con una "speciale attestazione di merito" come "azienda di eccellenza". "Ringraziamo Crocetta per questo attestato”, avrebbe detto in quell’occasione Morace, "perché è il segno di una continua attenzione agli sforzi imprenditoriali, economici e sociali del nostro gruppo. Per noi questa menzione è un motivo di orgoglio".

Una candidatura controversa.
La candidatura di Fazio era già arrivata sul filo di lana. La Commissione elettorale l'aveva accettata appena due giorni fa, dopo che il Tar aveva rigettato il ricorso contro le delibere del Consiglio comunale che dichiaravano Fazio decaduto "per incompatibilità" da consigliere e quindi incandidabile. Il Tar aveva rigettato il ricorso per "difetto di giurisdizione", ritenendo competente il giudice ordinario. Il Tribunale di Trapani, sulla vicenda, si era già espresso favorevolmente a Fazio e quindi non c'erano ostacoli alla sua candidatura.  

Un altro candidato sottoposto a soggiorno obbligato
E ieri un altro candidato, il senatore di Fi Antonio D'Alì, ex alleato di Fazio e ora suo concorrente alle prossime amministrative, processato per concorso in associazione mafiosa, ha annunciato la sospensione della campagna elettorale (ma non il ritiro della candidatura) dopo aver saputo che la Dda aveva chiesto per lui il soggiorno obbligato a Trapani. Gli altri candidati in corsa sono Marcello Maltese (Movimento 5 Stelle), Giuseppe Marascia (Città a misura d'uomo) e Piero Savona (Pd, Cittadini per Trapani, Trapani svegliati).


*****
Leggi anche: 

lunedì 17 agosto 2015

Lucia Borsellino nell'inferno sanità. - Lirio Abbate


Quella conversazione ha rotto il silenzio ipocrita

In Sicilia l'assistenza medica vale nove miliardi l'anno. E lì si concentrano gli interessi politici e mafiosi. Ma l'opera di rigore della Borsellino è stata "aggredita" dagli amici del governatore. Fino alle dimissioni.


In Sicilia la Regione spende poco più di 9 miliardi all’anno per l’assistenza sanitaria, e per questo è la principale industria dell’isola. È una miniera d’oro in cui tanti in passato si sono lanciati per grattare, scavare e portare via a palate somme di denaro che finivano spesso nelle casse di società in mano alla mafia. E dove la politica è spesso andata a braccetto con imprenditori collusi e medici compiacenti che hanno devastato la sanità siciliana, mortificandola professionalmente, preferendo le raccomandazioni dei padrini alle tante capacità che ci sono negli ospedali per ricoprire incarichi di responsabilità nelle strutture sanitarie e in particolare nei reparti.

La politica ancora una volta spiana la strada ai raccomandati, preferendoli ai medici - e sono tanti - che invece dimostrano nelle corsie e in sala operatoria quanto sono bravi. Sono purtroppo storie di mafia, politica e sanità intrecciate, descritte in tante sentenze giudiziarie.

Del resto quello dell’assistenza sanitaria è un settore in cui il denaro non manca mai, in cui i controlli sono labili e le possibilità per i mafiosi di esercitare la loro principale vocazione, l’intermediazione privata, sono infinite. A raccontarlo è un bollettino della procura che a partire dal 1980 registra, solo a Palermo, l’apertura di decine di indagini. Uno dopo l’altro finiscono in carcere medici, farmacisti, dirigenti sanitari, politici, mafiosi per appalti pilotati, truffe e forniture mediche. È lo stesso Bernardo Provenzano, come riportano i pentiti, a decidere di investire nelle società che forniscono servizi a nosocomi e ambulatori pubblici. Mazzette a iosa circolano anche nel mondo dello smaltimento dei rifiuti ospedalieri e quasi sempre, quando scattano le perquisizioni, si scopre che molti degli indagati sono legati tra loro da vincoli di fratellanza massonica.

In questo clima la mafia ha prosperato. Tradizionalmente molti medici sono uomini d’onore, spesso capi di mandamenti. Altri sono invece considerati a disposizione dei boss. Anche i due presidenti della Regione che hanno preceduto Rosario Crocetta erano entrambi medici ed entrambi hanno avuto problemi con il mondo della Sanità. Salvatore Cuffaro è in carcere per aver favorito Cosa nostra dopo aver concordato il tariffario regionale nel retrobottega di un negozio a Bagheria con l’imprenditore della sanità privata, Michele Aiello. E Raffaele Lombardo è stato condannato in primo grado a sei anni e otto mesi per concorso esterno in associazione mafiosa.

Quando Lucia Borsellino nel novembre 2012 viene nominata assessore regionale alla Salute, il passo amministrativo e le linee sulla sanità sembrano cambiare in meglio. La figlia di Paolo Borsellino in quel periodo testimoniava la “rivoluzione” politica che aveva propagandato Rosario Crocetta nella sua vincente campagna elettorale. Lei, dipendente della Regione, lavorava proprio all’assessorato alla Salute come dirigente del settore farmaceutico. E di assessori ne aveva conosciuti diversi, fino a quando nel 2010, uno degli allievi del papà, l’ex pm Massimo Russo, passato alla politica con il governo Lombardo, la porta ai vertici dell’assessorato. Poi con Crocetta diventa la responsabile della Salute.

Ha le idee chiare Lucia e punta a «una sanità libera in Sicilia». Ma non tutti sembrano seguirla su questa idea. Tanto che l’organizzazione degli ospedali inizia a zoppicare. Sulla sua strada incrocia due persone che tenteranno di dirigere alle sue spalle nomine e incarichi.

Il primo è Matteo Tutino, il medico personale e amico di Crocetta, arrestato lo scorso giugno per truffa, peculato, abuso d’ufficio e falso che chiamava il governatore siciliano «il mio confessore». Avrebbe dovuto limitarsi a gestire il reparto di Chirurgia plastica a Villa Sofia ma di fatto si comportava come se fosse un manager della sanità. E poi l’ex dirigente dell’ospedale Villa Sofia di Palermo, Giacomo Sampieri, anche lui coinvolto in questa inchiesta giudiziaria.

Sampieri e Tutino al telefono si definiscono «uomini del presidente», che operano per «la legalità» e su «mandato» di Crocetta. Davanti all’opera di sbarramento fatta da queste due persone Lucia Borsellino comincia a comprendere che la sua strada è in salita, ostacolata pure da fuoco amico. Come emerge da intercettazioni depositate dalla procura di Palermo che indaga su Tutino e Sampieri. Entrambi si davano un gran da fare per far nominare manager, tanto da stilare una lista «di fedelissimi» per consegnarla a Crocetta. Alcune delle persone citate nelle intercettazioni sono state poi nominate.

«La Borsellino un elemento di disturbo»

I verbali dell'interrogatorio dell'assessore regionale. In cui i pm le chiedono se sapeva che Tutino la metteva «in cattiva luce» con Crocetta. E le svelano lo scandalo dell'ospedale Villa Sofia. Il giorno in cui comincia il calvario della donna che voleva risanare la sanità siciliana

Sentita dai magistrati, Lucia Borsellino ha spiegato che il comportamento di Tutino era «assolutamente irrituale» e «questa irritualità la riferisco anche agli aspetti comportamentali diciamo... una persona che si relaziona direttamente con l’amministrazione... devo dire con la stessa frequenza con cui lo può fare un direttore generale o un commissario...  sicuramente altri direttori di struttura complessa non fanno altrimenti...».

Un comportamento che Tutino avrebbe avuto che superava le sue competenze di primario. Ma era l’amicizia di Crocetta a spingerlo ad avere questo comportamento tanto che Tutino e Sampieri si definivano nelle intercettazioni «pretoriani del presidente». E così mettevano alle corde Lucia Borsellino, pretendendo di guidare, da dietro le quinte, la sanità siciliana. Lei voleva nominare persone competenti ai vertici delle Asp (aziende sanitarie provinciali) e per questo non voleva alla guida di Villa Sofia Giacomo Sampieri. L’allontanamento di quest’ultimo dall’ospedale ha provocato “pressioni” politiche su Borsellino, da lei denunciate ai pm, che sarebbero state esercitate da due deputati regionali del Megafono, il movimento di Crocetta, affinché Sampieri venisse piazzato a Trapani. Sampieri era su tutte le furie per la sua rimozione: «Faccio immediatamente un esposto alla magistratura e la denuncio...  me ne sto fottendo, pure se si chiama Lucia Borsellino». E Tutino è pronto a rispondergli: «Bravo».

L’assessore ha tenuto duro a questi attacchi frontali e sotterranei per oltre un anno, e come ha detto Manfredi Borsellino, «ha portato la croce». 

«Lucia Borsellino sapeva delle offese»

Il fratello Manfredi interviene alla commemorazione della strage di via D'Amelio: «Ha portato la croce, le hanno fatto vivere lo stesso calvario di mio padre». E ha denunciato il «silenzio delle istituzioni» sulle sue dimissioni. Dichiarando: «Le rivelazioni sull'intercettazione non l'hanno turbata perché ha vissuto il clima di ostilità». L'abbraccio del presidente Mattarella
Un gruppetto di donne, parlando dell’assessore, riunite nella stanza di Tutino il 6 giugno 2014, dicono: «Crocetta se la tiene perché la Borsellino è una cosa inutile e può manovrarla come vuole». Da quando Borsellino ha iniziato a tentare di stravolgere il mondo dei manager e degli assetti dirigenziali della sanità siciliana per lei il clima si è fatto pesante, e il suo isolamento è cresciuto. Gli atti giudiziari ci consegnano uno spaccato inquietante, con Tutino che avrebbe controllato il lavoro che stava svolgendo Lucia Borsellino nei giorni in cui si discuteva della creazione di una banca dei tessuti a Villa Sofia. Ed era stato anche firmato un protocollo di intesa con un partner privato senza informare l’assessorato. E su questo punto l’assessore dice ai pm: «La procedura non è per niente conforme e poi in ogni caso sarebbe stato necessaria quanto meno una informazione preventiva».

I pm chiedono: «Lei ha avuto modo di percepire un particolare interesse da parte di Tutino e Sampieri in relazione al buon fine di questa convenzione?». E Borsellino risponde: «Sì, era evincibile proprio dalla frequenza con la quale gli stessi chiedevano anche lumi all’assessorato circa la possibilità di portare a buon fine questo obiettivo». Come pure quello di introdurre la chirurgia estetica, passione di Tutino, in ospedale. Per l’assessore «la normativa nazionale nonché gli atti assunti dall’amministrazione regionale non hanno mai previsto questa possibilità».

E così Tutino attaccava violentemente Lucia Borsellino con telefonate infuocate dirette al suo “confessore” Rosario Crocetta. Per difendere il suo amico Sampieri il 27 marzo 2014 Tutino chiama il governatore, che alcuni giorni prima aveva subito un intervento chirurgico, e dice: «Presidente, Lucia sta facendo la revoca». Crocetta risponde: «No. No, ho chiarito...» e aggiunge subito dopo: «Più tardi mi devi togliere i punti eh!!». Tutino: «Certo, gli hai parlato? Che sta succedendo un...» e il governatore: «già fatto... per... che è dimissionario (Sampieri ndr)...». E Crocetta insiste: «mi devi togliere i punti eh!!». Il governatore sembra non far caso all’attacco di Tutino all’assessore. A Crocetta interessava in quel momento solo che il suo medico gli togliesse i punti «perché già sono due settimane... ok».

I magistrati ascoltano in procura Lucia Borsellino, la quale «censura in toto il connubio Tutino-Sampieri» e con le sue dichiarazioni «sconfessa il tenore di numerose conversazioni intercorse (ed intercettate) tra i due principali indagati» scrivono i pm, e aggiungono: «Criticava aspramente l’opera del consolidato binomio, col quale non era affatto in sintonia a dispetto di quanto millantato» da Tutino e Sampieri.

Così, dopo l’arresto del medico personale di Crocetta, il 2 luglio scorso Lucia Borsellino consegna al suo presidente una lettera dai contenuti molto critici nei confronti dell’operato del governatore, e con questa si dimette dall’incarico di assessore alla Salute.

Lucia Borsellino, ecco le dimissioni-denuncia

«Aggredita l'istituzione e la mia persona». Il testo della lettera di addio dell'assessore alla Sanità: «Deluse le aspettative dei siciliani, lascio per ragioni di ordine etico e morale». Un j'accuse rimasto nel silenzio fino alle rivelazioni de "l'Espresso"

Ma, come ha detto il fratello di Lucia, Manfredi Borsellino, davanti al Capo dello Stato alla vigilia della commemorazione della strage di via d’Amelio a Palermo: «Quella lettera ha prodotto solo il silenzio sordo delle istituzioni, soprattutto regionali. È una lettera che dice tutto...».

È una lettera di addio al governo regionale, contraddistinta dalla sobrietà di chi la scrive che però fissa nero su bianco alcuni passaggi chiave. L’ex assessore parla di «prevalenti ragioni di ordine etico e morale e quindi personale» alla base della sua decisione. Lucia Borsellino sceglie proprio quelle parole «etica» e «morale» per fare esplicito riferimento alle motivazioni che stanno alla base del suo addio e che hanno reso incompatibile la sua permanenza in giunta.

Intervistata da “Repubblica” ha detto di essere stata «tradita» da Crocetta. L’etica e la morale di Lucia Borsellino non potevano più trovare posto al fianco del governatore. Non solo, in un altro passaggio l’ex assessore fa riferimento al «valore morale e civico» del suo impegno, aspetti fortemente messi in discussione dagli «accadimenti che hanno aggredito la credibilità dell’istituzione sanitaria che sono stata chiamata a rappresentare e quindi, della mia persona». Usa un termine di chiara durezza: «aggredito». Che anche in questo caso è stato esplicitato e amplificato dal fratello Manfredi: «Da oltre un anno mia sorella Lucia era consapevole del clima di ostilità e delle offese che le venivano rivolte».

Nelle sue dimissioni, l’assessore che voleva risanare la sanità siciliana parla di «deluse aspettative» in questa esperienza di governo regionale. Delusa per non aver visto quella rivoluzione tanto urlata in campagna elettorale dal presidente. E in questa lettera prende le distanze dal presidente Crocetta, fino ad affrontare il «caso del primario di chirurgia plastica e maxillo-facciale dell’Azienda ospedaliera Villa Sofia-Cervello», Matteo Tutino. Vicende giudiziarie che secondo l’ex assessore ledono «l’immagine dell’istituzione sanitaria e dell’intera Regione siciliana». E in conclusione indirizza al presidente le sue riflessioni «con l’auspicio che inducano a scelte responsabili».

Ma come ha detto Manfredi Borsellino, questa lettera ha prodotto solo il «silenzio sordo» delle istituzioni regionali. Un silenzio che è stato spezzato dopo due settimane dalle rivelazioni de “l’Espresso” sull’intercettazione tra Crocetta e Tutino (smentita dalla Procura di Palermo), rivelazioni che, come ha dichiarato Manfredi, «non hanno turbato l’interessata, mia sorella Lucia per una semplice ragione: perché da oltre un anno, perché l’ho vissuto da fratello, era consapevole del clima di ostilità in cui operava, delle offese che le venivano rivolte per adempiere nient’altro che il suo dovere, purtroppo sono corsi e ricorsi storici drammatici».

giovedì 23 luglio 2015

Crocetta e la Corte dei Conti: i buchi del 2014. - Aurora Pullara




Le entrate complessive della Regione sono scese di ben il 10% passando da 19,7 miliardi a 17,6 miliardi. 
Ma se le entrate scendono, salgono invece le spese complessive impegnate che sfiorano i 19,9 miliardi contro i 18,4 miliardi del 2013. 
Soprattutto non si arresta il peso della spesa corrente che vale ormai l’82% dell’intero bilancio. Numeri che parlano chiaro, ma che vengono coperti dalla polemica politico- mediatica di cui è protagonista il governatore siciliano. 
“I gossip” di cui si sente vittima Crocetta lo stanno ‘salvando’ dal buco dei conti della Regione. Dati oggettivi che dimostrano la inadeguatezza di Rosario al comando della Sicilia, e che dovrebbero decretare da soli, al di là della vicenda Tutino – Borsellino, le sue dimissioni. 
Dimissioni che non si vedono all’orizzonte, tutt’altro, tant’è che Crocetta chiede ancora un mese di tempo per fare le riforme. 
Ma l’ultimo anno Crocettiano è stata una discesa in caduta libera, l’operato del suo Governo negli ultimi anni non ha intaccato che marginalmente i dati strutturalmente negativi della Regione. 
Nulla o poco è stato fatto sul fronte di quell’enorme stipendificio che è la Regione Sicilia. Solo i dipendenti a tempo indeterminato della Regione ammontano ancora a 14.950. Sommando quelli a tempo determinato si giunge a 17.325 unità. E ci sono anche i lavoratori cosiddetti esternalizzati da mettere nel conto. 
Si arriva a poco meno di 20 mila persone. 
Che pesano sulle casse della Regione e quindi dei contribuenti per quasi un miliardo di euro (938 milioni per l’esattezza). A questi vanno aggiunti i dipendenti pubblici-pensionati, un esercito di 16mila unità che percepiscono trattamenti per 608 milioni. Tra dipendenti ed ex dipendenti in pensione la spesa annua supera il miliardo e mezzo. Dati negati anche per quanto riguarda la mole dei residui attivi, cioè le entrate messe a bilancio, trascinate dagli anni passati e non ancora effettivamente incassate, è tuttora gigantesca totalizzando i 14,3 miliardi di euro. Di fatto l’80% dell’intero gettito delle entrate di un solo esercizio. Ma sono i dati differenziali a essere particolarmente tragici come sottolinea la magistratura contabile. C’è un buco di 980 milioni tra entrate correnti e spesa corrente (nel 2013 era di 248 milioni), mentre l’indebitamento netto è salito a 2,8 miliardi e la Giunta è dovuta ricorrere al mercato per oltre 3 miliardi contro invece una disponibilità positiva per 900 milioni l’anno precedente. 

http://www.ilmoderatore.it/2015/07/23/crocetta-e-la-corte-dei-conti-i-buchi-del-2014/

sabato 18 luglio 2015

Crocetta: telefonate medico e manager, insulti a Borsellino.

Lucia Borsellino, Matteo Tutino, Rosario Crocetta, Sicilia, Cronaca


Il testo di alcune intercettazioni del Nas agli atti inchiesta.


(ANSA) - PALERMO, 18 LUG - Mentre continua ad essere avvolta dal mistero la presunta conversazione shock tra il medico Matteo Tutino e il Governatore Rosario Crocetta, smentita dalla Procura di Palermo e confermata dal settimanale L'Espresso, cominciano a venir fuori alcune intercettazioni depositate agli atti dell'inchiesta che riguarda il chirurgo plastico, arrestato tre settimane fa con l'accusa di truffa. 
Stralci delle telefonate vengono pubblicate oggi dal Giornale di Sicilia. Nel marzo 2014, dopo la notifica di avvisi di garanzia allo stesso Tutino e al commissario straordinario dell'ospedale Villa Sofia di Palermo Giacomo Samperi, alcune intercettazioni telefoniche tra i due rivelano quanto conflittuale fosse il loro rapporto con l'allora assessore regionale alla Salute, Lucia Borsellino. 

  Samperi, il cui mandato era stato revocato da Borsellino, parla con Tutino e dice di voler fare un esposto contro l'assessore: "La denuncio per illecito... Me ne sto fottendo, pure che si chiama Lucia Borsellino". e Tutino risponde: "Bravo". Il quotidiano riporta anche una frase che Crocetta avrebbe riferito a Tutino a proposito della revoca di Samperi dal suo incarico: "Ora ma viru io cu Lucia" (ora ci penso io, ndr).

    Il 27 marzo 2014 Samperi e Tutino parlano al telefono: "Io credo che ci sia qualcosa sotto in tutto questo e Lucia e il presidente sono in disaccordo...". "Sì, totale - dice Tutino - ma mi ha detto (il presidente, ndr) stai tranquillo".
    I due si definiscono "uomini del presidente" che operano "per la legalità. La legalità prima di tutto - osserva Tutino - E Samperi aggiunge: "Ma a noi quello interessa, prima di tutto...
    Siamo troppo seri noi".

    Dopo la revoca di Samperi, un dipendente del pronto soccorso di Villa Sofia va da Tutino e gli dice di aver saputo dal fratello che "tutto viene da quella b... della Borsellino e il presidente non la vuole fare muovere da lì". E parla di un dirigente dell'assessorato alla Salute "messo lì appositamente perché dà fastidio alla Borsellino".

    Il 25 Marzo 2014 è il periodo in cui sono in ballo le nomine nella sanità e Tutino, parlando con il segretario particolare di Crocetta, Giuseppe Comandatore, dice: "Senti, lui (Crocetta, ndr) mi ha detto che domani gli devo portare la lista dei pretoriani del presidente". "Sì - dice Comandatore - la porti, vieni al palazzo... lo visiti, gli guardi cose e via". "Avremo bisogno di mezz'ora - dice Tutino - perché gli parlerò di ognuno con il curriculum in modo molto... Sono fedelissimi". (ANSA).

venerdì 17 luglio 2015

Il dottore di Crocetta intercettato: la Borsellino va fatta fuori come il padre. Bufera sul governatore.



Le frasi choc di Matteo Tutino al telefono con il presidente della Regione Sicilia. Lui prova a difendersi: non ho sentito, sono sconvolto. La figlia del magistrato: mi vergogno per loro.


«Lucia Borsellino va fermata, fatta fuori. Come suo padre». Come Paolo Borsellino, il giudice assassinato il 19 luglio 1992. Sono parole pesantissime, intercettate pochi mesi fa. A pronunciarle non è un boss, ma un medico di successo: Matteo Tutino, primario dell’ospedale palermitano Villa Sofia arrestato nei giorni scorsi e medico personale di Rosario Crocetta. All’altro capo del telefono c’è proprio il governatore della Sicilia, che ascolta e tace. Non si indigna, non replica: nessuna reazione di fronte a quel commento macabro nei confronti dell’assessore alla Salute della sua giunta (dimessasi qualche giorno fa), scelto come simbolo di legalità in un settore da sempre culla di interessi mafiosi. Lo rivela L’Espresso nel numero in edicola domani, anticipato sul sito on line del settimanale. 

«Non ho sentito la frase su Lucia, forse c’era una zona d’ombra, non so spiegarlo. tant’è che io al telefono non replico. Se avessi sentito quella frase, non so... avrei provato a raggiungere Tutino per massacrarlo di botte, forse avrei chiamato subito i magistrati. Non so... sono sconvolto. Provo un orrore profondo», prova a difendersi Crocetta. E replica a chi chiede se ha intenzione di dimettersi: «Dimettermi? Sono accusato di qualcosa? Ho fatto qualcosa? Il destino della Sicilia può essere legato a una frase, che non ho sentito, pronunciata dal mio medico? Non lo so».  

La stessa Lucia Borsellino ha commentato al giornale radio della Rai: «Mi sento intimamente offesa e provo un senso di vergogna per loro». Alla domanda su cosa pensi della giustificazione di Crocetta, Lucia Borsellino ha risposto glaciale: «Non spetta a me fare commenti al riguardo». La Borsellino si era dimessa il giorno dopo l’arresto di Tutino, medico personale di Crocetta. Al suo posto il governatore ha nominato assessore il capogruppo del Pd all’Ars, Baldo Gucciardi. 

domenica 12 luglio 2015

Il ‘Patto scellerato’: Renzi taglia i soldi al Comune di Palermo e Orlando aumenta le tasse ai palermitani. - Giulio Ambrosetti



Questo ed altro emerge dalla lettura della relazione dei revisori dei conti di accompagnamento al Bilancio consuntivo 2014. Il documento viene illustrato dalla vice presidente del Consiglio comunale, Nadia Spallitta. Le società partecipate che nascondono i ‘buchi’ di bilancio.

Tante le notizie che vengono fuori leggendo la relazione dei revisori dei conti di accompagnamento al Bilancio consuntivo 2014. Ne segnaliamo, in particolare, due. 
Prima notizia: il ‘patto scellerato’ tra il governo Renzi e l’amministrazione comunale di Leoluca Orlando. In pratica, Renzi taglia i fondi al Comune e la Giunta Orlando massacra di tasse i palermitani. 
Seconda notizia: le società controllate dal Comune (o partecipate dallo stesso Comune) occultano i ‘buchi’ di bilancio.  
Cominciamo ad esaminare la seconda notizia. Partiamo dal Comune di Palermo, ma il dato riguarda molti Comuni dell’Isola. Per le società controllate dai Comuni siciliani (e forse anche per molti degli stessi Comuni dell’Isola), il prossimo anno, dovrebbe profilarsi qualcosa di molto simile al fallimento. Oggi ci occupiamo del Comune di Palermo, visto che è disponibile la già citata relazione dei revisori dei conti di accompagnamento al Bilancio consuntivo 2014. La relazione è stata consegnata ai 50 Consiglieri comunali di Palazzo delle Aquile, la sede del Comune di Palermo. E per ciò che riguarda i costi delle società partecipate del capoluogo dell’Isola, beh, non c’è da stare allegri. Anzi.
I dati li ha resi noti la vice presidente del Consiglio comunale di Palermo, Nadia Spallitta.  “Aumenta 
palazzo delle aquile
Palermo, Palazzo delle Aquile
considerevolmente il costo delle società partecipate di circa 20 milioni di euro - dice Nadia Spallitta - e permangono consistenti disallineamenti tra i bilanci delle partecipate e quello comunale”. Scendendo nei particolari si nota che, “per alcune di queste società non è stato prodotto alcun bilancio”. Cosa che non sarebbe potuta succedere se fosse stato introdotto il controllo analogo previsto dalla riforma della contabilità pubblica: ovvero l’inserimento dei bilanci delle società controllate o comunque partecipate dai Comuni nei bilanci degli stessi Comuni. Di fatto, al di là delle giustificazioni di rito, la sensazione è che la mancata applicazione della riforma sia servita a nascondere la vera situazione contabile delle società collegate.
I Comuni sono in parte giustificati, alla luce della riduzione dei trasferimenti dello Stato e della Regione siciliana. E, in molti casi, dei mancati trasferimenti di fondi da parte della Regione siciliana. Da qui il gioco delle parti: la Regione che non eroga il dovuto ai Comuni dell’Isola (visto che subisce silenziosamente i tagli di Roma, in buona parte illegittimi, ma avallati, per ragioni di partito, dal presidente della Regione, Rosario Crocetta) e, in cambio, dà la possibilità agli stessi Comuni di continuare a nascondere, per un altro anno, i ‘buchi’ delle società controllate dai Comuni o collegate agli stessi Comuni.    
Palermo, sotto questo punto di vista, fa scuola. A giudicare da quello che scrive la vice presidente del
Nadia Spallitta
Nadia Spallitta
Consiglio comunale, Nadia Spallitta, i bilanci delle società collegate non sarebbero “trasparenti”. E’ il caso dell’Amia, la società che si occupava della raccolta dei rifiuti e che è fallita. O della Gesip, società i cui dipendenti sono confluiti in altre società. O della Rap, la società che ha preso il posto dell’Amia, che costa oltre 120 milioni di euro all’anno e che, però, non riesce a tenere pulita la città.
Palermo panoramica
Panoramica di Palermo
L’elenco continua con la Gesap, la società che gestisce i servizi a terra presso l’aeroporto di Palermo Falcone-Borsellino (già Punta Raisi). Di tale società aeroportuale il Comune detiene il 30 per cento circa delle azioni. La partita sulla Gesap è importante. In questo momento è in corso una guerra con il Comune che difende la gestione pubblica e alcuni ‘pirati’ che vorrebbero privatizzarla a costi irrisori. E va dato atto all’attuale presidente della società, Fabio Giambrone, di aver rimesso in carreggiata la società.
Il centrodestra - che ha controllato tale società per lunghi anni - aveva aumentato i costi in modo clientelare (leggere consulenze esterne). Con l’obiettivo di vendere la società per pochi ‘spiccioli’. Operazione sventata dall’amministrazione comunale di Leoluca Orlando che, con il 30 per cento circa delle azioni (gli altri soci sono la Provincia di Palermo commissariata dalla Regione con circa il 40 per cento delle azioni; la Camera di Commercio con il 20 per cento circa delle azioni e poi piccole partecipazioni di altri Comuni e di privati), esprime il presidente con il già citato Giambrone.
Tra le altre società del Comune di Palermo delle quali non si conoscono i conti c’è la Reset. Quindi la fondazione Teatro Massimo e l’associazione del Teatro Biondo Stabile.     
Nella relazione dei revisori dei conti del Comune di Palermo si affrontano altri temi. Per esempio la pressione fiscale a carico dei cittadini palermitani. Che nel triennio 2012-2014 è aumentata di 150 milioni di euro. E’ il gioco delle tre carte: a Roma il governo Renzi taglia i soldi ai Comuni per portarli alla Germania della signora Merkel. Il costo di questi mancati trasferimenti dello Stato è a carico dei cittadini con l’aumento di tasse e imposte comunali.
A Palermo il dato è doppiamente negativo. Questo perché, all’aumento della pressione fiscale di 150 milioni di euro, si registra una riduzione degli investimento di circa 100 milioni di euro. Ciò significa che i palermitani pagano più tasse per retribuire personale che, nella stragrande maggioranza dei casi, fornisce alla città servizi pessimi (è il caso della mancata raccolta dell’immondizia).   
Interessante anche la truffa sui debiti fuori bilancio. Che passano da 15 a 32 milioni di euro. Con un’incidenza sulle entrate che, dall’1,8%, passa al 4,4%. Di questi 32 milioni di euro, 29 milioni derivano da sentenze esecutive di condanna dell’amministrazione, 1,5 milioni per procedure espropriative erronee e circa 1 milione per acquisizione di beni e servizi senza impegno di spesa.
L’uso improprio dei debiti fuori bilancio nei Comuni è stato stigmatizzato anche dalla Corte dei Conti. In pratica, con tale metodo, si pagano ‘errori’ e fornitori improbabili (senza impegno di spesa, per l’appunto) con scarsi controlli. Con il dubbio, tutt’altro che campato in aria, che i debiti fuori bilancio servano per finanziare la politica.
Non mancano altri dati preoccupanti segnalati sempre da Nadia Spallitta: l’incidenza delle entrate tributarie sulle entrate comunali pari all’88,38% (in pratica, il Comune di Palermo vie ormai grazie alle tasse e alle imposte dei cittadini); una pressione delle entrate pro capite pari a 813 euro nel 2014 (era pari a 599 euro nel 2012); un aumento della pressione tributaria pro capite che, dai 514 euro del 2012, passa ai 718 euro del 2014 (complessivamente 337 milioni nel 2012 e 487 milioni nel 2014); quindi un aumento dell’indebitamento pro capite, che passa da 421 a 452 euro. Fine dei dati negativi? Nemmeno per sogno. “Si riduce la propensione all’investimento dal 18,33% del 2012 all'8,6% del 2014 - scrive sempre Nadia Spallitta -. Si riducono notevolmente gli investimenti pro capite, da 250 a 95 euro (complessivamente si è passati dai 163 milioni del 2012, cifra peraltro già irrisoria, ai 64 milioni di euro del 2014); si riducono i trasferimenti in conto capitale pro capite arrivando a 7,7 euro (rispetto ai 200 del 2012)”. Questo significa che al Comune di Palermo i soldi che dovrebbero servire per gli investimenti vengono utilizzati per pagare il personale del Comune e delle società partecipate. Per ogni dipendente, il costo per il Comune di Palermo si attesta intorno a 50 mila euro all’anno (in media).
“Allarmante appare il valore del contenzioso - scrive sempre Nadia Spallitta - pari a circa 500 milioni di euro (260 milioni attivo e 247 passivo), in relazione al quale non si ha modo di prevedere la vittoria o la soccombenza. Si tratta comunque di un dato che denota sicuramente dei vizi nei procedimenti amministrativi che determinano azioni legali per un valore complessivo pari a più di un terzo dell’intero bilancio. I revisori rilevano inoltre che è stata accolta l’opposizione del Comune avverso al fallimento Amia con diritto alla restituzione di immobili già trasferiti all’Amia per un valore di 80 milioni di euro”.
I revisori sottolineano anche una lentezza nella capacità di riscossione del Comune. “Rispetto ad una previsione di 11 milioni di euro e un accertamento di 9 milioni di euro in materia di recupero per evasione Tarsu, Tia e Tasi - scrive sempre la vice presidente del Consiglio comunale di Palermo - nessun importo è stato poi riscosso nell’esercizio 2014 e in generale è stato effettuato un accertamento di evasione fiscale per 22 milioni di euro, mentre la riscossione ammonta a soli 4 milioni. Questo ha determinato anche una riduzione dell’avanzo di competenza, che da 77 milioni del 2012 passa a 17 milioni del 2014”. Questo dato è importante perché, con molta probabilità, segnala la presenza di un impoverimento complessivo dei palermitani, con famiglie che debbono scegliere: o mangiare, o pagare le tasse al Comune. La dimostrazione che l’idea di far pagare ai cittadini i tagli del governo nazionale - che poi è la politica del governo Renzi - funziona fino a un certo punto: quando si va oltre un certo limite (che a Palermo, in moti casi, è stato superato), molte famiglie e molte imprese non ce la fanno più e non pagano.   
“Con riferimento ai servizi a domanda individuale - scrive sempre Nadia Spallitta - si registra un saldo negativo di 16 milioni di euro (entrate 4 milioni, costi 20 milioni) con una copertura del 20% circa. Nonostante l’incremento turistico dichiarato dagli organismi del settore, per gli spazi espositivi e i musei, a fronte di costi per 3,6 milioni di euro, i proventi sono davvero esigui: 100 mila euro”. Traduzione: il Comune di Palermo è bravo a tartassare di tasse i cittadini, ma è incapace di gestire i propri musei e i propri spazi espositivi.  
Altro giro, altra corsa: le contravvenzioni, che ormai sono diventate un mezzo mediante il quale il Comune di Palermo tartassa i cittadini. “Per le infrazioni al Codice della strada nel 2012 - dice sempre la vice presidente del Consiglio comunale - le entrate erano di 500 mila euro, mentre oggi si è passati a quasi 5 milioni di euro”. La dimostrazione matematica che, a Palermo vigili urbani, ausiliari del traffico e controlli automatici della velocità vanno a ruota libera.
Dalle multe alle sanatorie edilizie. Lì il Comune di Palermo ci va cauto: “Nonostante pendano circa 60 mila istanze di sanatoria edilizia - scrive sempre Nadia Spallitta - i contributi derivanti sono accertati in 1 milione di euro (di fronte a una stima approssimativa di 60 milioni di euro recuperabili). Si riduce il costo dell’utilizzo di beni di terzi da 14 a 9 milioni, così come il costo del personale pro capite che passa da 410 a 357 euro”.
La relazione dei revisori si conclude con numerose osservazioni, soprattutto in relazione agli organismi partecipati e alla già citata mancata produzione dei documenti necessari per fotografare la situazione delle società partecipate alla data del 31 dicembre 2014, “rendendo difficoltoso avere un quadro organico, esaustivo e completo dell’effettiva situazione finanziaria e contabile dello stesso Comune”. I revisori invitano il Comune di Palermo “ad un’azione che in modo radicale muti l’approccio culturale, ancor prima che tecnico, verso il sistema delle partecipate”. E osservano “altresì che non è stato adottato un bilancio consolidato, necessario invece per una visione unitaria della situazione economico-finanziaria dell’ente e per un adeguato controllo di gestione che, per tanto, allo Stato appare inefficace”.
Sulla relazione dei revisori dei conti interviene il capogruppo del PD a palazzo delle Aquile, Rosario Filoramo: "Il Comune - dice - tassa pesantemente i suoi cittadini, paga stipendi, ma non sa o almeno non comunica adeguatamente come eroga i servizi ai cittadini, quanto costano a livello unitario e quali obiettivi vengono raggiunti. Questo il giudizio più tagliente della relazione dei revisori dei conti al rendiconto di gestione 2014. Si tratta di una sonora bocciatura sul piano tecnico e su quello politico. Il rendiconto di gestione - conclude Filoramo - fotografa una situazione che non cambia rispetto a quella del 2013 e una gestione che resta ancorata al modello del secolo scorso. I cittadini pagano profumatamente in cambio di pessimi servizi".  
Concludendo, il prossimo anno, con il controllo analogo, al Comune di Palermo ci sarà da ridere…