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venerdì 31 marzo 2023

VIVA I REATI NEGLI APPALTI! - Viviana Vivarelli.

 

Salvini, nuovo Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ha lanciato il nuovo CODICE DEGLI APPALTI.

Se le misure prese in vari campi da questo Governo hanno scontentato la plebe gratificando comunque qualche lobbye di privilegiati, si deve riconoscere che qui il neo Ministro è riuscito a scontentare tutti: lavoratori, padroni, sindacati e frattaglie.
Avanti i lavori illimitatamente e liberatutti! Tutto all'insegna del PRESTO E BENE. Avete mai visto qualcosa che nella pubblica amministrazione vada presto e bene? La parola d'ordine in Italia nella PA è sempre stata: col massimo della lentezza, col massimo del costo finale, col minimo del risultato totale e con la corruzione dall'A alla Z.
Insomma 200 miliardi in balia del peggio!
Come se in 75 anni di Repubblica questo peggio non l'avessimo mai visto, tra appalti truccati, subappalti in anarchia, nepotismi, spartizioni tra compagni di merenda, aste e concorsi di cui si sa prima il vincitore, assegnazioni ad personam, controlli mancanti, precariato a go go, mafia ovunque, salari fasulli, costi gonfiati e chi più ne ha più ne metta.
Si deve dire che Salvini è riuscito ad affrancare anche i pochi angolini rimasti di legittimità nei lavori pubblici.
Se l’irresponsabilità e la corruzione l'hanno sempre fatta da padrone, ora sarà anche peggio!
"Nessun bando, nessuna competizione, nessuno trasparenza nel 98% dei futuri contratti pubblici per forniture, servizi, lavori pubblici... una sorta di “emergenza permanente”, una notte in cui tutte le vacche sono nere. Ma di questo Salvini se ne bea.
Sotto una soglia tra i 150 e i 500mila euro il funzionario pubblico potrà dare i lavori "a chi gli pare". Fino a due anni fa quella soglia era di 40mila euro, tanto che le commissioni più grosse venivano parcellizzate per passare con le assegnazioni ad minchiam. Ma ora: allegria! E' arrivato il citofonista col mojito che dà il liberi tutti!
"Il nuovo codice introduce procedure negoziate senza bando e senza concorrenza – saranno consultate discrezionalmente 5 o 10 imprese – per tutti gli appalti fino a 5,3 milioni di euro; autorizza senza più vincoli il subappalto a cascata (la mafia esulta), estende l’appalto integrato, in cui l’impresa progetta ed esegue l’opera, mentre l’ente pubblico in concreto ostaggio dei privati si limita a staccare l’assegno; reintroduce la revisione prezzi".
In pratica getta in una giugla di illiceità i più elementari principi di concorrenza, trasparenza, efficienza, danneggiando le impre stesse.
Nel 2001 Prodi fu molto criticato per la famigerata 'legge obiettivo' che, per sveltire le pratiche, abolì i controlli, aprendo la strada alla peggior corruzione, mentre l'Italia si riempiva di cattedrali nel deserto, opere inutili, costosissime e rimaste incompiute.
Insomma ora i contratti saranno assegnati per citofono. Altro che la Meloni che dà un Ministero al cognato! E, ovviamente, a fare i lavori non saranno i migliori ma i più apparentati o quelli che pagano la mazzetta più alta al funzionario pubblico.
Va beh, direte, lo facevano anche prima! Sì, però, ora lo si potrà fare per legge!!

Viviana Vivarelli fb 31/3/2023

domenica 12 luglio 2015

Il ‘Patto scellerato’: Renzi taglia i soldi al Comune di Palermo e Orlando aumenta le tasse ai palermitani. - Giulio Ambrosetti



Questo ed altro emerge dalla lettura della relazione dei revisori dei conti di accompagnamento al Bilancio consuntivo 2014. Il documento viene illustrato dalla vice presidente del Consiglio comunale, Nadia Spallitta. Le società partecipate che nascondono i ‘buchi’ di bilancio.

Tante le notizie che vengono fuori leggendo la relazione dei revisori dei conti di accompagnamento al Bilancio consuntivo 2014. Ne segnaliamo, in particolare, due. 
Prima notizia: il ‘patto scellerato’ tra il governo Renzi e l’amministrazione comunale di Leoluca Orlando. In pratica, Renzi taglia i fondi al Comune e la Giunta Orlando massacra di tasse i palermitani. 
Seconda notizia: le società controllate dal Comune (o partecipate dallo stesso Comune) occultano i ‘buchi’ di bilancio.  
Cominciamo ad esaminare la seconda notizia. Partiamo dal Comune di Palermo, ma il dato riguarda molti Comuni dell’Isola. Per le società controllate dai Comuni siciliani (e forse anche per molti degli stessi Comuni dell’Isola), il prossimo anno, dovrebbe profilarsi qualcosa di molto simile al fallimento. Oggi ci occupiamo del Comune di Palermo, visto che è disponibile la già citata relazione dei revisori dei conti di accompagnamento al Bilancio consuntivo 2014. La relazione è stata consegnata ai 50 Consiglieri comunali di Palazzo delle Aquile, la sede del Comune di Palermo. E per ciò che riguarda i costi delle società partecipate del capoluogo dell’Isola, beh, non c’è da stare allegri. Anzi.
I dati li ha resi noti la vice presidente del Consiglio comunale di Palermo, Nadia Spallitta.  “Aumenta 
palazzo delle aquile
Palermo, Palazzo delle Aquile
considerevolmente il costo delle società partecipate di circa 20 milioni di euro - dice Nadia Spallitta - e permangono consistenti disallineamenti tra i bilanci delle partecipate e quello comunale”. Scendendo nei particolari si nota che, “per alcune di queste società non è stato prodotto alcun bilancio”. Cosa che non sarebbe potuta succedere se fosse stato introdotto il controllo analogo previsto dalla riforma della contabilità pubblica: ovvero l’inserimento dei bilanci delle società controllate o comunque partecipate dai Comuni nei bilanci degli stessi Comuni. Di fatto, al di là delle giustificazioni di rito, la sensazione è che la mancata applicazione della riforma sia servita a nascondere la vera situazione contabile delle società collegate.
I Comuni sono in parte giustificati, alla luce della riduzione dei trasferimenti dello Stato e della Regione siciliana. E, in molti casi, dei mancati trasferimenti di fondi da parte della Regione siciliana. Da qui il gioco delle parti: la Regione che non eroga il dovuto ai Comuni dell’Isola (visto che subisce silenziosamente i tagli di Roma, in buona parte illegittimi, ma avallati, per ragioni di partito, dal presidente della Regione, Rosario Crocetta) e, in cambio, dà la possibilità agli stessi Comuni di continuare a nascondere, per un altro anno, i ‘buchi’ delle società controllate dai Comuni o collegate agli stessi Comuni.    
Palermo, sotto questo punto di vista, fa scuola. A giudicare da quello che scrive la vice presidente del
Nadia Spallitta
Nadia Spallitta
Consiglio comunale, Nadia Spallitta, i bilanci delle società collegate non sarebbero “trasparenti”. E’ il caso dell’Amia, la società che si occupava della raccolta dei rifiuti e che è fallita. O della Gesip, società i cui dipendenti sono confluiti in altre società. O della Rap, la società che ha preso il posto dell’Amia, che costa oltre 120 milioni di euro all’anno e che, però, non riesce a tenere pulita la città.
Palermo panoramica
Panoramica di Palermo
L’elenco continua con la Gesap, la società che gestisce i servizi a terra presso l’aeroporto di Palermo Falcone-Borsellino (già Punta Raisi). Di tale società aeroportuale il Comune detiene il 30 per cento circa delle azioni. La partita sulla Gesap è importante. In questo momento è in corso una guerra con il Comune che difende la gestione pubblica e alcuni ‘pirati’ che vorrebbero privatizzarla a costi irrisori. E va dato atto all’attuale presidente della società, Fabio Giambrone, di aver rimesso in carreggiata la società.
Il centrodestra - che ha controllato tale società per lunghi anni - aveva aumentato i costi in modo clientelare (leggere consulenze esterne). Con l’obiettivo di vendere la società per pochi ‘spiccioli’. Operazione sventata dall’amministrazione comunale di Leoluca Orlando che, con il 30 per cento circa delle azioni (gli altri soci sono la Provincia di Palermo commissariata dalla Regione con circa il 40 per cento delle azioni; la Camera di Commercio con il 20 per cento circa delle azioni e poi piccole partecipazioni di altri Comuni e di privati), esprime il presidente con il già citato Giambrone.
Tra le altre società del Comune di Palermo delle quali non si conoscono i conti c’è la Reset. Quindi la fondazione Teatro Massimo e l’associazione del Teatro Biondo Stabile.     
Nella relazione dei revisori dei conti del Comune di Palermo si affrontano altri temi. Per esempio la pressione fiscale a carico dei cittadini palermitani. Che nel triennio 2012-2014 è aumentata di 150 milioni di euro. E’ il gioco delle tre carte: a Roma il governo Renzi taglia i soldi ai Comuni per portarli alla Germania della signora Merkel. Il costo di questi mancati trasferimenti dello Stato è a carico dei cittadini con l’aumento di tasse e imposte comunali.
A Palermo il dato è doppiamente negativo. Questo perché, all’aumento della pressione fiscale di 150 milioni di euro, si registra una riduzione degli investimento di circa 100 milioni di euro. Ciò significa che i palermitani pagano più tasse per retribuire personale che, nella stragrande maggioranza dei casi, fornisce alla città servizi pessimi (è il caso della mancata raccolta dell’immondizia).   
Interessante anche la truffa sui debiti fuori bilancio. Che passano da 15 a 32 milioni di euro. Con un’incidenza sulle entrate che, dall’1,8%, passa al 4,4%. Di questi 32 milioni di euro, 29 milioni derivano da sentenze esecutive di condanna dell’amministrazione, 1,5 milioni per procedure espropriative erronee e circa 1 milione per acquisizione di beni e servizi senza impegno di spesa.
L’uso improprio dei debiti fuori bilancio nei Comuni è stato stigmatizzato anche dalla Corte dei Conti. In pratica, con tale metodo, si pagano ‘errori’ e fornitori improbabili (senza impegno di spesa, per l’appunto) con scarsi controlli. Con il dubbio, tutt’altro che campato in aria, che i debiti fuori bilancio servano per finanziare la politica.
Non mancano altri dati preoccupanti segnalati sempre da Nadia Spallitta: l’incidenza delle entrate tributarie sulle entrate comunali pari all’88,38% (in pratica, il Comune di Palermo vie ormai grazie alle tasse e alle imposte dei cittadini); una pressione delle entrate pro capite pari a 813 euro nel 2014 (era pari a 599 euro nel 2012); un aumento della pressione tributaria pro capite che, dai 514 euro del 2012, passa ai 718 euro del 2014 (complessivamente 337 milioni nel 2012 e 487 milioni nel 2014); quindi un aumento dell’indebitamento pro capite, che passa da 421 a 452 euro. Fine dei dati negativi? Nemmeno per sogno. “Si riduce la propensione all’investimento dal 18,33% del 2012 all'8,6% del 2014 - scrive sempre Nadia Spallitta -. Si riducono notevolmente gli investimenti pro capite, da 250 a 95 euro (complessivamente si è passati dai 163 milioni del 2012, cifra peraltro già irrisoria, ai 64 milioni di euro del 2014); si riducono i trasferimenti in conto capitale pro capite arrivando a 7,7 euro (rispetto ai 200 del 2012)”. Questo significa che al Comune di Palermo i soldi che dovrebbero servire per gli investimenti vengono utilizzati per pagare il personale del Comune e delle società partecipate. Per ogni dipendente, il costo per il Comune di Palermo si attesta intorno a 50 mila euro all’anno (in media).
“Allarmante appare il valore del contenzioso - scrive sempre Nadia Spallitta - pari a circa 500 milioni di euro (260 milioni attivo e 247 passivo), in relazione al quale non si ha modo di prevedere la vittoria o la soccombenza. Si tratta comunque di un dato che denota sicuramente dei vizi nei procedimenti amministrativi che determinano azioni legali per un valore complessivo pari a più di un terzo dell’intero bilancio. I revisori rilevano inoltre che è stata accolta l’opposizione del Comune avverso al fallimento Amia con diritto alla restituzione di immobili già trasferiti all’Amia per un valore di 80 milioni di euro”.
I revisori sottolineano anche una lentezza nella capacità di riscossione del Comune. “Rispetto ad una previsione di 11 milioni di euro e un accertamento di 9 milioni di euro in materia di recupero per evasione Tarsu, Tia e Tasi - scrive sempre la vice presidente del Consiglio comunale di Palermo - nessun importo è stato poi riscosso nell’esercizio 2014 e in generale è stato effettuato un accertamento di evasione fiscale per 22 milioni di euro, mentre la riscossione ammonta a soli 4 milioni. Questo ha determinato anche una riduzione dell’avanzo di competenza, che da 77 milioni del 2012 passa a 17 milioni del 2014”. Questo dato è importante perché, con molta probabilità, segnala la presenza di un impoverimento complessivo dei palermitani, con famiglie che debbono scegliere: o mangiare, o pagare le tasse al Comune. La dimostrazione che l’idea di far pagare ai cittadini i tagli del governo nazionale - che poi è la politica del governo Renzi - funziona fino a un certo punto: quando si va oltre un certo limite (che a Palermo, in moti casi, è stato superato), molte famiglie e molte imprese non ce la fanno più e non pagano.   
“Con riferimento ai servizi a domanda individuale - scrive sempre Nadia Spallitta - si registra un saldo negativo di 16 milioni di euro (entrate 4 milioni, costi 20 milioni) con una copertura del 20% circa. Nonostante l’incremento turistico dichiarato dagli organismi del settore, per gli spazi espositivi e i musei, a fronte di costi per 3,6 milioni di euro, i proventi sono davvero esigui: 100 mila euro”. Traduzione: il Comune di Palermo è bravo a tartassare di tasse i cittadini, ma è incapace di gestire i propri musei e i propri spazi espositivi.  
Altro giro, altra corsa: le contravvenzioni, che ormai sono diventate un mezzo mediante il quale il Comune di Palermo tartassa i cittadini. “Per le infrazioni al Codice della strada nel 2012 - dice sempre la vice presidente del Consiglio comunale - le entrate erano di 500 mila euro, mentre oggi si è passati a quasi 5 milioni di euro”. La dimostrazione matematica che, a Palermo vigili urbani, ausiliari del traffico e controlli automatici della velocità vanno a ruota libera.
Dalle multe alle sanatorie edilizie. Lì il Comune di Palermo ci va cauto: “Nonostante pendano circa 60 mila istanze di sanatoria edilizia - scrive sempre Nadia Spallitta - i contributi derivanti sono accertati in 1 milione di euro (di fronte a una stima approssimativa di 60 milioni di euro recuperabili). Si riduce il costo dell’utilizzo di beni di terzi da 14 a 9 milioni, così come il costo del personale pro capite che passa da 410 a 357 euro”.
La relazione dei revisori si conclude con numerose osservazioni, soprattutto in relazione agli organismi partecipati e alla già citata mancata produzione dei documenti necessari per fotografare la situazione delle società partecipate alla data del 31 dicembre 2014, “rendendo difficoltoso avere un quadro organico, esaustivo e completo dell’effettiva situazione finanziaria e contabile dello stesso Comune”. I revisori invitano il Comune di Palermo “ad un’azione che in modo radicale muti l’approccio culturale, ancor prima che tecnico, verso il sistema delle partecipate”. E osservano “altresì che non è stato adottato un bilancio consolidato, necessario invece per una visione unitaria della situazione economico-finanziaria dell’ente e per un adeguato controllo di gestione che, per tanto, allo Stato appare inefficace”.
Sulla relazione dei revisori dei conti interviene il capogruppo del PD a palazzo delle Aquile, Rosario Filoramo: "Il Comune - dice - tassa pesantemente i suoi cittadini, paga stipendi, ma non sa o almeno non comunica adeguatamente come eroga i servizi ai cittadini, quanto costano a livello unitario e quali obiettivi vengono raggiunti. Questo il giudizio più tagliente della relazione dei revisori dei conti al rendiconto di gestione 2014. Si tratta di una sonora bocciatura sul piano tecnico e su quello politico. Il rendiconto di gestione - conclude Filoramo - fotografa una situazione che non cambia rispetto a quella del 2013 e una gestione che resta ancorata al modello del secolo scorso. I cittadini pagano profumatamente in cambio di pessimi servizi".  
Concludendo, il prossimo anno, con il controllo analogo, al Comune di Palermo ci sarà da ridere…