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mercoledì 20 settembre 2023

Vivere in Italia... - Lo spid. - Alessandro Salerno

 

Per una pratica INPS di mia figlia Nicoletta devo accedere al suo portale. Una volta vi accedevo con PIN, ma ora ci vuole lo SPID, di Nicoletta. Andiamo alle poste, padre, madre e figlia per fare lo SPID minorenni, ma trovano diversi cavilli, in due diversi appuntamenti. Nel primo, un solerte impiegato si accorge che la tessera sanitaria di mia figlia è scaduta. Contattiamo allora un'impiegata all'ASP, che ci fornisce gentilmente una copia digitale del futuro documento plastificato, il quale sarà poi recapitato, chissà quando, al domicilio.
L'indomani ci rechiamo nuovamente alle poste, padre, madre e figlia, ma a un altro impiegato non va bene il documento digitale dell'ASP, lo vuole stampato; lo stampiamo, ma non va bene, perché deve essere stampato in verticale e non in orizzontale. Gli chiedo se mi sta prendendo in giro; abbandona lo sportello, si reca in ufficio, ritorna con un manuale enorme, dove a pagina tipo 746 c'è una foto dove si dice che la stampa deve essere verticale per non omettere la dicitura che sta in alto, scritta a caratteri maiuscoli: "STAMPA PRODOTTA DALLA TRANSAZIONE ESEGUITA SUL SISTEMA TESSERA SANITARIA". Obietto che nel digitale originale inviatoci dall'ASP tale dicitura è tagliata e incompleta. L'impiegato risponde che si intravede e questo basta. Stampiamo in verticale.
E fu sera e fu mattina terzo giorno. Ci rechiamo alle poste, padre, madre e figlia, ma un altro impiegato si accorge che nella carta di identità elettronica di nostra figlia non figurano i nomi dei genitori. Chiedo dove avrebbero dovuto scrivere i nostri nomi in quel minuscolo pezzetto di plastica già tutto pieno di dati e a che diamine serva il chip elettronico. Provo ad autocertificare, ma secondo il fiscalissimo sportellista non posso autocertificare che Salerno Nicoletta è figlia di Salerno Alessandro, ci vuole lo stato di famiglia.
E fu sera e fu mattina. Quarto giorno. Richiedo lo stato di famiglia on line, ma Nicoletta non risulta, perché sono separato, ci vuole lo stato di famiglia storico, ma costa 28€, oppure potrebbe rifare tutta la procedura la madre.
E fu sera e fu mattina. Quinto giorno. Prenoto appuntamento in un altro ufficio postale, sperando siano più clementi e duttili. Poco prima dell'appuntamento, incredibile dictu, mi telefona uno dell'Inps di Catania, presso la cui sede avevo prenotato un appuntamento per la pratica di cui al primo giorno e il tizio, parlando parlando, mi dice che è del tutto inutile fare lo SPID minorenni, perché per l'INPS ci vuole lo SPID-INPS e mi dice che devo chiamare il call center generale per fissare un appuntamento con l'INPS di Catania - lui non lo può fare - per avere lo SPID-INPS. Telefono al call center generale, dove una romanaccia mi dice che non esiste nessuno SPID-INPS; dopo avermi preso per cretino per cinque minuti, la telefonista mi spiega che forse alcuni impiegati lo chiamano SPID-INPS, ma in realtà è la DID, 'delega di identità digitale' e si può fare comodamente da casa. Che fortuna! Potevano dirmelo prima. Vado a casa. Digito tutto sul mio portale INPS, accedendo col mio SPID, ma arrivato al dunque il sistema mi dice che non posso avere la DID per mia figlia, perché da un controllo incrociato con l'ANPR, l'anagrafe nazionale on line, non risulta nel mio stato di famiglia. Tra parentesi è la stessa INPS che mi ha dato neanche un mese fa un generoso contributo per far partire mia figlia per un viaggio studio all’estero, in quanto è MIA FIGLIA e io sono un dipendente pubblico.
E fu sera e fu mattina. Sesto giorno. Faccio fare la pratica alla madre dal suo portale INPS. Fila tutto liscio, ma al momento di ricevere la DID, o SPID-INPS che dir si voglia, poiché avevo fatto io la registrazione di mia figlia ai tempi del PIN, il sistema manda a me un codice sul cellulare e uno sull'email per procedere e bisogna inserirli entrambi! Quindi, SPID con OTP su cellulare della madre e doppio OTP su cellulare e su email del padre. Così finalmente abbiamo accesso al portale INPS di nostra figlia. Penso che i parenti di Matteo Messina Denaro subiscano meno controlli e meno scocciature. Ora, per andare avanti con la pratica c'è solo un manuale di trentasette pagine che mi devo studiare. Il tutto per ottenere un diritto per una minorenne e non voler alimentare la “mafia” dei CAF (mi perdonino gli onesti, ma ce ne sono stati di quelli che mi mandavano teste di gallo mozzate ai tempi della mia candidatura a sindaco). Tutti i protagonisti di questa vicenda kafkiana hanno svolto pseudolavoro burocratico del tutto improduttivo. A me, a mia figlia, alla madre di mia figlia sono state rubate ore di vita e di possibile lavoro creativo e produttivo, arrecandoci fastidi, noie e stress. La questione non è ancora risolta. Continua…
(Il racconto con ulteriori dettagli e specifiche sarà inviato al Presidente dell’INPS, all’Amministratore delegato di Poste Italiane, al Direttore Generale dell’ASP di Catania).
Se vi è piaciuto quello che ho scritto e come l'ho scritto, date un'occhiata al mio romanzo sulla scuola:
𝑃𝑙𝑎𝑡𝑜𝑛𝑒 𝑒̀ 𝑝𝑒𝑟 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑖? 𝐶𝑟𝑜𝑛𝑎𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑐𝑜𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐ℎ𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑋𝑋𝐼 𝑠𝑒𝑐𝑜𝑙𝑜, ci troverete quello che sta accadendo davvero all'interno delle aule negli ultimi anni, descritto con comicità, ironia, disincanto, sincerità e... filosofia.

giovedì 18 ottobre 2018

Decreto Fisco, l’articolo fantasma pro Croce rossa: 84 milioni all’insaputa di Conte e ministri. Poi il premier lo stralcia. - Thomas Mackinson

Decreto Fisco, l’articolo fantasma pro Croce rossa: 84 milioni all’insaputa di Conte e ministri. Poi il premier lo stralcia

Il governo approva il decreto ma alla vigilia era spuntato uno stanziamento in favore della gestione commissariale della Croce Rossa. Il premier chiede ai ministri, nessuno sa nulla. Imbarazzo generale, poi le ammissioni del capo di Gabinetto di Tria. La tensione tecnici-politici torna così massimi livelli, e alla fine Conte stralcia: "Troppi dubbi". Mef: "Norma per superare ambiguità e lacune".

Domenica sera, preconsiglio dei ministri, vigilia di approvazione del Decreto Fiscale. Attorno al tavolo ci sono Giuseppe Conte, i suoi ministri e sottosegretari, vari tecnici. Arrivano le bozze aggiornate del decreto e, racconta chi c’era, il capo del governo in persona alza il sopracciglio: “Scusate, che roba è?”. Tra le mani tiene il testo dell’articolo 23: due commi che muovono 84milioni di euro in tre anni intitolati a “Disposizioni urgenti relative alla gestione liquidatoria dell’Ente strumentale alla Croce rossa Italiana”. Righe così urgenti, che nessuno sa chi le abbia scritte: si materializza, insomma, la solita “manina”, l’eterna burocrazia senza nome che sa erigere muri sulle virgole e abbattere montagne in una riga. E così facendo, fatalmente, comanda.
La norma, in soldoni, stabilisce che i 117 milioni di euro l’anno appena stanziati dal Mef a favore della Croce Rossa siano da rimodulare almeno in parte, conferendo annualmente una quota significativamente maggiore alla struttura commissariale retta da Patrizia Ravaioli, già direttore generale della Cri e liquidatore, nonché moglie di Antonio Polito, notista politico e vice direttore del Corriere della Sera. Il commissario, evidentemente, ha bisogno di soldi per il personale e per le “spese correnti di gestione”. E prontamente qualcuno li trova.
Nel decreto che ha sbloccato i fondi, quelli per l’ente liquidatore si fermavano a 15.190.765 l’anno per tre anni. La rimodulazione spuntata nel ddl ne assegna alla struttura oltre dieci di più, sempre a valere sul Fondo sanitario nazionale, arrivando così a 28,1 l’anno. Magari è un bene, magari no. Il punto è che nessuno,  a quanto pare, ne sapeva nulla. Un “dettaglio” che fa correre nuova bile tra tecnici e politici ormai ai ferri cortissimi, come ha rivelato il famoso trovino i soldi o li cacciamo tutti”, lanciato come un guanto di sfida dal portavoce di Conte, Rocco Casalino, ai cronisti. E rilanciato dallo stesso Luigi Di Maio che a stretto giro ha attaccato i dirigenti del Mef e il Ragioniere generale dello Stato, Daniele Franco (“C’è chi rema contro, faccio controllare ogni norma dai miei collaboratori perché non mi fido).
Letta la norma, stando a ricostruzioni convergenti, Conte ha fatto un rapido giro di consultazione tra i presenti e nessuno l’ha rivendicata. Non il ministro della Difesa Trenta che, non ha più competenze sul riordino della CRI. Non quello della Salute Grillo, che pure è autorità vigilante (e non nasconderà di nutrire alcune perplessità sulle cifre).
Alla fine sarà Roberto Garofoligrand commis del Mef, a spiegare ai presenti che la norma è stata effettivamente scritta dal Mef, a livello di Ragioneria Generale dello Stato, al seguito di una interlocuzione con l’ente in liquidazione e col ministero. Garofoli è il capo di Gabinetto di Tria, lo era anche di Padoan e prima ancora di Patroni Griffi. Ma è stato anche segretario della presidenza del Consiglio con Enrico Letta, prima ancora capo del legislativo con D’Alema e Prodi. Inutile bussare alla sua porta per dettagli, non risponde. “Di quell’articolo non so nulla”, taglia corto il commissario Ravaioli che, a precisa richiesta, non fa nomi, ma a sua volta chiama in causa il Ragioniere dello Stato e il ministero della Salute. Prevedendo poi la bufera, precisa: “Io sono un tecnico, mi attengo alle opzioni politiche che stanno in capo al ministro”.
Nella serata di ieri il Mef ha poi inviato una nota tecnica per spiegare la genesi della norma e rivendicarne la bontà (scarica). Sarebbe legata alle perplessità sulla possibilità di finanziare (con il decreto di metà settembre) alcune voci di costo della gestione liquidatoria, diverse e aggiuntive rispetto al costo del trattamento del personale funzionale alla liquidazione richieste dall’ente. Perplessità comunicate al Ministero della Salute ma non raccolte, che vengono ripresentate e sciolte ora con un finanziamento che in parte compensa anche il fatto che i 15,2 milioni di euro appena conferiti all’ente commissariale non comprendono l’importo di circa 7 milioni di euro che l’ente valuta di dover pagare nel 2018 a titolo di trattamento di fine rapporto.
Sia come sia la “manina” resterà ufficialmente ignota, e il testo non passerà. Conte in persona, stando a chi c’era, l’avrebbe giudicato  estraneo al decreto per materia e scritto in modo da non diradare del tutto il sospetto che risorse stanziate per servizi finiscano a coprire altre spese. Così, è arrivato l’aut-aut: o mi sapete indicare esattamente a quale urgenza risponde, come e perché o questa cosa non passa. E così è stato, ma per fermarla c’è voluto l’intervento diretto del Presidente del Consiglio. Perché la guerra di potere, ormai, si combatte ai più alti livelli.
Fonte: ilfattoquotidiano del 16/10/2018

sabato 25 ottobre 2014

Tasse, previdenza e burocrazia: per le imprese un conto da 248,8 miliardi di euro l’anno.



La Cgia: oltre 30 miliardi tra timbri, certificati, moduli e pratiche varie. Le aziende italiane contribuiscono al gettito fiscale nazionale per oltre 110 miliardi di euro.

Tra tasse, contributi previdenziali e burocrazia le imprese italiane sopportano un costo annuo di 248,8 miliardi di euro. Un peso eccessivo che, in linea di massima, non ha eguali nel resto d’Europa. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA che ha stimato il contributo fiscale e i costi burocratici che le nostre imprese si fanno carico ogni anno. «In nessun altro Paese d’Europa - segnala Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA - viene richiesto un simile sforzo fiscale. Nonostante la giustizia civile sia lentissima, il credito sia concesso con il contagocce, la burocrazia abbia raggiunto livelli ormai insopportabili, la Pubblica amministrazione rimanga la peggiore pagatrice d’Europa e il sistema logistico-infrastrutturale registri dei ritardi spaventosi, la fedeltà fiscale delle nostre imprese è massima». 

Le aziende italiane contribuiscono al gettito fiscale nazionale per oltre 110 miliardi di euro. Seppur calcolata per difetto, ci troviamo di fronte ad una cifra «spaventosa». La stima è stata determinata secondo le metodologie utilizzate da Eurostat; in questo importo, però, mancano alcune tasse «minori», come il prelievo comunale sugli immobili strumentali e altri «piccoli» tributi locali. Complessivamente questa voce ammonta ad almeno 12,5 miliardi di euro. 
Inoltre, vanno aggiunti anche i contributi a carico delle imprese versati per la copertura previdenziale dei propri dipendenti, una cifra che stimiamo in circa 95 miliardi di euro. Integrando queste ultime informazioni con le statistiche Eurostat, si può affermare che complessivamente le imprese italiane subiscono un peso tributario e contributivo pari a 217,8 miliardi di euro (anno 2012).  

Se allo sforzo fiscale aggiungiamo altri 31 miliardi di euro che, secondo la Presidenza del Consiglio dei Ministri, sono i costi amministrativi che le Pmi italiane patiscono ogni anno per districarsi tra timbri, certificati, formulari, bolli, moduli e pratiche varie, l’ammontare complessivo del carico fiscale e burocratico sale a 248,8 miliardi di euro: una cifra che solo a pensarci fa tremare i polsi. Secondo i calcoli della Cgia, se disaggreghiamo la voce tasse, scopriamo che l’imposta che produce il maggior gettito per le casse dello Stato è l’Ires: l’imposta sui redditi delle società garantisce all’Erario quasi 33 miliardi di euro all’anno. L’Irpef versata dai lavoratori autonomi, invece, pesa ben 26,9 miliardi, mentre l’Irap in capo alle imprese private «garantisce» un gettito di 24,4 miliardi di euro. Infine, gli autonomi versano per i contributi previdenziali altri 23,6 miliardi di euro.  

venerdì 25 ottobre 2013

Lampedusa: ma chi se ne frega dei naufraghi?! - Jacopo Fo

Una scelta incivile da parte dei poteri dello Stato che mi appariva un delirio burocratico senza motivo. Una cattiveria stupida. Ora, grazie a una dichiarazione confidenziale, rilasciata da un funzionario che desidera restare anonimo, sono riuscito a scoprire perché lo Stato sceglie di lasciare questi disperati in condizioni bestiali. Si tratta di una questione di ordine pubblico che discende da un ragionamento che ha dell’incredibile: siccome i rifugiati vivono in condizioni orribili si temono reazioni violente, e siccome le tende sono dotate di paletti tubolari di sostegno, si teme che gli extracomunitari organizzino un contingente di falange macedone grazie all’uso dei suddetti paletti come lance.
Ora soprassediamo sul fatto che le moderne tende non hanno più paletti di sostegno ma sottili asticciole flessibili, vorrei che si meditasse per un nano secondo sull’enormità dell’idiotismo contenuto in questo ragionamento. Sapendo che le condizioni di vita inumane possono scatenare violenze non mi preoccupo di rendere migliori le condizioni di vita dei migranti e scongiurare così il pericolo di reazioni violente (dando tende, quantomeno) ma mi preoccupo invece di diminuire la possibilità dei profughi di formare unità combattenti dotate di armi improprie medioevali…Come se nel centro non ci fossero comunque pietre, pali, gambe di tavoli e molto altro con cui volendo si potrebbe scatenare una battaglia tecnologicamente primitiva.
Detto questo vorrei osservare il fatto che i media sono veramente un’organizzazione per seppellire le notizie essenziali. Dopo le lacrime artificiali in occasione del massacro che si è consumato nel Mediterraneo, se ne sono fottuti di quel che è successo e sta succedendo agli scampati. Irrilevante è apparsa la follia di negare un’ospitalità decente, non interessante l’assurdo del rifiuto di accettare tende persino dal Papa…Dietro a questo comportamento non ci sono solo un cinismo e una mancanza di generosità vomitevoli. C’è anche la non comprensione del fatto che questa logica sado-burocratica è tra le prime ragioni della crisi economica italiana e è alla radice del potere della casta che possiede la bacchetta magica per salvare gli “amici” dalla piovra burocratica ed è il burosadismo l’elemento che più spaventa gli investitori stranieri, che ben sanno che la burocrazia rende la libertà di impresa nel nostro paese condizionata dalla corruzione.
Ma i media italiani sono in buona compagnia: nelle richieste dei sindacati la lotta alla burocrazia sta all’ultimo posto, così come nei programmi di Pd, Sel e M5 Stelle. Nell’incazzatura della gente invece la burocrazia sta ai primi posti. Ma poi nei cortei questa questione scivola in fondo alla hit parade. Comunque un segnale positivo c’è. Per due anni in cima alle rivendicazioni dei progressisti c’era la patrimoniale, mitico provvedimento capace di risolvere tutti i problemi. Obiettivo che condivido, che può rastrellare denaro per interventi urgenti, ma che non va a incidere sulla competitività italiana, gli investimenti stranieri e l’occupazione. Nelle ultime due settimane è esplosa la visibilità di un altro obiettivo: il taglio degli sprechi. E già è un passo avanti perché significa aver compreso che lo spreco e l’inefficienza sono intimamente legati alla corruzione. Una torta che vale 60 miliardi di euro all’anno. Cioè una quantità di denaro enormemente superiore da quella che si potrebbe ottenere con la più violenta delle patrimoniali e il doppio di quel che ci servirebbe per sanare i conti e dare ai disperati un salario d’emergenza.
Vedrete che prima o poi l’idea che la burocrazia sia una mostruosa tassa nascosta e che toglierla farebbe volare l’economia, si farà strada. Forse nel 2017. (In Francia e in Germania, e in molti altri paesi civili, i permessi di tutti i tipi, compresi quelli edilizi, vengono dati in 30 giorni. O ti dicono di sì o ti dicono di no…Poi se vai di un millimetro fuori da quel che hai diritto, ti spianano con la ruspa e ti mettono in galera! E non ci sono indulti, amnistie, cavilli, che tengano. Prova a immaginare una cosa così in Italia. Prova solo a immaginarla.)
Ps. Apprendo ora che un mio conoscente, che aveva costruito con dedizione un’azienda innovativa nel settore delle case ecologiche, è fallito miseramente nonostante l’alta qualità dei suoi manufatti, perché non gli sono stati pagati dallo Stato lavori per 3 milioni di euro realizzati a L’Aquila. Avrebbe potuto ottenere l’anticipo del credito dalle banche ma è caduto in un vortice di cavilli burocratici e controcavilli. Poi è stato investito da un cavallo burocratico che l’ha schiacciato definitivamente. Onore agli imprenditori caduti per mano della Mafia Burocratica.
E adesso una buona notizia. Aria nuova a Messina. Renato Accorinti, nuovo sindaco espresso dalla società civile, racconta in una conferenza stampa i primi 100 giorni della nuova amministrazione. Grandioso quel che dice e il suo spirito. Finalmente si vede che un’altra politica è possibile. La ripresa è un po’ carente ma quel che dice vale la pena. Una pillola di ottimismo. Ricordo che la vittoria elettorale di Messina nasce da un associazionismo anomalo per la sua concretezza. Nel 2007 a Messina capirono le possibilità offerte dal conto energia, organizzarono un consorzio di associazioni e cooperative sociali di Messina e di Reggio Calabria, si fecero affidare tetti pubblici e costruirono un grande impianto fotovoltaico diffuso che oggi dà mensilmente denaro per le attività solidali. Perché la gran parte delle associazioni e cooperative sociali che avrebbero potuto imitare la loro azione non lo hanno fatto? C’è uno scatto di mentalità tra questi compagni e la maggioranza del movimento progressista italiano, ancora fermo a forme di azione politica e sociale poco efficaci. 

venerdì 17 maggio 2013

L’Ue: piccoli ortaggi fuorilegge, vietato prodursi il cibo.



Una nuova legge proposta dalla Commissione Europea renderebbe illegale “coltivare, riprodurre o commerciare” i semi di ortaggi che non sono stati “analizzati, approvati e accettati” da una nuova burocrazia europea denominata “Agenzia delle Varietà Vegetali europee”. Si chiama “Plant Reproductive Material Law”, e tenta di far gestire al governo la regolamentazione di quasi tutte le piante e i semi. Se un contadino della domenica coltiverà nel suo giardino piante con semi non regolamentari, in base a questa legge, potrebbe essere condannato come criminale. Questa legge, protesta Ben Gabel del “Real Seed Catalogue”, intende stroncare i produttori di varietà regionali, i coltivatori biologici e gli agricoltori che operano su piccola scala. «Come qualcuno potrà sospettare – afferma Mike Adams su “Natural News” – questa mossa è la “soluzione finale” della Monsanto, della DuPont e delle altre multinazionali dei semi, che da tempo hanno tra i loro obiettivi il dominio completo di tutti i semi e di tutte le coltivazioni sul pianeta».
Criminalizzando i piccoli coltivatori di verdure, qualificandoli come potenziali criminali – aggiunge Adams in un intervento ripreso da “Come semiDon Chisciotte” – i burocrati europei possono finalmente «consegnare il pieno controllo della catena alimentare nelle mani di corporazioni potenti come la Monsanto». Il problema lo chiarisce lo stesso Gabel: «I piccoli coltivatori hanno esigenze molto diverse dalle multinazionali – per esempio, coltivano senza usare macchine e non vogliono utilizzare spray chimici potenti». Per cui, «non c’è modo di registrare quali sono le varietà adatte per un piccolo campo, perché non rispondono ai severi criteri della “Plant Variety Agency”, che si occupa solo dell’approvazione dei tipi di sementi che utilizzano gli agricoltori industriali». Praticamente, d’ora in poi, tutte le piante, i semi, gli ortaggi e i giardinieri dovranno essere registrati. «Tutti i governi sono, ovviamente, entusiasti dell’idea di registrare tutto e tutti», sostiene Adams. Tanto più che «i piccoli coltivatori dovranno anche pagare una tassa per la burocrazia europea per registrare i semi». Gestione delle richieste, esami formali, analisi tecniche, controlli, denominazioni delle varietà: tutte le spese saranno addebitate ai micro-produttori, di fatto scoraggiandoli.
«Anche se questa legge verrà inizialmente indirizzata solo ai contadini commerciali – spiega Adams – si sta stabilendo comunque un precedente che, prima o poi, arriverà a chiedere anche ai piccoli coltivatori di rispettare le stesse folli regole». Un tecno-governo impazzito: «Questo è un esempio di burocrazia fuori controllo», spiega Ben Gabel. «Tutto quello che produce questa legge è la creazione di una nuova serie di funzionari dell’Ue, pagati per spostare montagne di carte ogni giorno, mentre la stessa legge sta uccidendo la coltura da sementi prodotti da agricoltori nei loro piccoli appezzamenti e interferisce con il loro diritto di contadini a coltivare ciò che vogliono». Inoltre, aggiunge Gabel, è molto preoccupante che si siano dati poteri di regolamentare licenze per tutte le specie di piante di qualsiasi tipo ortoe per sempre – non solo di piante dell’orto, ma anche di erbe, muschi, fiori, qualsiasi cosa – senza la necessità di sottoporre queste rigide restrizioni al voto del Consiglio.
Come sempre, il diavolo si nasconde nei dettagli: «Il problema di questa legge è sempre stato il sottotitolo, che dice un sacco di belle cose sul mantenimento della biodiversità e sulla semplificazione della legislazione», come se il nuovo dispositivo rendesse finalmente le cose più facili, ma «negli articoli della legge c’è scritto tutto il contrario», avverte Adams. Esempio: dove si spiega come “semplificare” le procedure per le varietà amatoriali, non si fa nessun accenno alle accurate classificazioni già elaborate dal Defra, il dipartimento britannico per l’agricoltura impegnato a preservare le varietà amatoriali. Di fatto, spiega lo stesso Adams, la maggior parte delle sementi tradizionali saranno fuorilegge, ai sensi della nuova normativa comunitaria. «Questo significa che l’abitudine di conservare i semi di un raccolto per la successiva semina – pietra miliare per una vita sostenibile – diventerà un atto criminale». Inoltre, spiega Gabel, questa legge «uccide completamente Mike Adamsqualsiasi sviluppo degli orti nel giardino di casa in tutta la comunità europea», avvantaggiando così i grandi monopoli sementieri.
E’ quello che stanno facendo i governi, insiste Adams: «Stanno prendendo il controllo, un settore alla volta, anno dopo anno, fino a non lasciare più nessuna libertà», al punto di «ridurre le popolazioni alla schiavitù in un regime dittatoriale globale». Si avvera così la “profezia” formulata da Adams nel libro “Freedom Chronicles 2026” (gratuito, scaricabile online), nel quale un “contrabbandiere di semi” vive in un tempo in cui le sementi sono ormai divenute illegali e c’è gente che, per lavoro, ne fa contrabbando, aggirando le leggi orwelliane imposte della Monsanto. L’incubo pare destinato a trasformarsi in realtà: «I semi stanno per diventare prodotti di contrabbando», afferma Mike Adams. «Chiunque voglia prodursi il suo proprio cibo sta per essere considerato un criminale». Questo, conclude Adams, è il dominio totale sulla catena alimentare. «Tutti i governi cercano un controllo totale sulla vita dei cittadini». Per questo, oggi «cospirano con le multinazionali come la Monsanto», ben decisi a confiscare la libertà più elementare, cioè il diritto all’alimentazione. «Non vogliono che nessun individuo sia più in grado di coltivare il proprio cibo».