giovedì 6 ottobre 2016

Referendum costituzionale, perché il Financial Times dice "no". - Tony Barber


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Riforma inutile, un "ponte verso il nulla": non servono leggi approvate più rapidamente, servono leggi migliori e che siano fatte rispettare.


Tony Barber sul Financial Times picchia duro contro la riforma costituzionale voluta da Renzi e contro l'Italicum. A cominciare dal titolo - Un ponte costituzionale verso il nulla - l'editoriale è una breve ma ficcante requisitoria non solo e non tanto sulla qualità della riforma quanto sulla sua irrilevanza.
In sostanza, dice Barber che queste riforme costituzionali volute da Renzi farebbero poco per migliorare "la qualità del governo, della produzione legislativa e della politica".
Perché, aggiunge l'editorialista del quotidiano britannico, quel che serve all'Italia non sono leggi approvate con più rapidità; servono invece meno leggi  e che siano migliori. Devono essere scritte con cura, precisa ancora, e fatte rispettare. Invece che lasciare che siano bloccate o aggirate dalla pubblica amministrazione, dagli interessi particolari o dai cittadini.
Anche per l'Italicum il giudizio è negativo: una riforma davvero pessima.
Barber affronta anche l'argomento usato nelle cancellerie europee, dal governo americano e nelle istituzioni dell'Unione: si dice che una sconfitta di Renzi al referendum provocherebbe una pericolosa instabilità poilitica e destabilizzerebbe il paese, dando il via libera al Movimento cinque Stelle, l'anti-establishment. 

Sbagliato, dice Barber: chi l'ha detto che una vittoria del no destabilizzerebbe il paese? 
Anzi, sarebbe una vittoria del "Sì" invece a far male, perché potrebbe rafforzare "la follia di mettere l'obiettivo tattico della sopravvivenza di Renzi" davanti alla necessità strategica di avere una democrazia sana per l'Italia.
Va aggiunto tuttavia che con questo editoriale Barber sembra aver cambiato idea rispetto a luglio quando scrisse che la sconfitta di Renzi al referendum "rischierebbe di gettare l’Italia in uno stato di prolungata instabilità politica ed economica".
Barber aggiungeva anche che la vittoria del "no" potrebbe mettere l’Italia, paese cruciale per la sopravvivenza dell’unione monetaria, nelle mani di un partito idiosincratico, del tutto inesperto a livello nazionale e che vuole far uscire il paese dall’eurozona".
D'altra parte si potrebbe anche dire che l'editoriale di luglio non entrasse nel merito della riforma ma si limitasse a valutare le possibili conseguenze del risultato referendario. Conseguenze sulle quali, comunque, Barber ha cambiato idea.
Intanto il Comitato per il Sì risponde a Barber. "Non abbiamo enfatizzato le voci della stampa estera che si sono espresse a favore della riforma costituzionale, così non ci strappiamo le vesti quando leggiamo posizioni critiche, come quella espressa ieri a titolo personale da Tony Barber sul Financial Times". 
Così dice un post che si legge sul sito internet del Comitato per il sì "Basta un sì".
"Secondo Barber - prosegue il post - l'Italia non ha bisogno di più leggi, ma di meno leggi fatte meglio. Siamo d'accordo, sapete? Solo che per ridurre la quantità di leggi cui gli italiani sono soggetti - cioè quella burocrazia con cui purtroppo facciamo quotidianamente i conti - occorrono leggi di semplificazione, riforme, piani ben strutturati. Cioè occorre un Parlamento che possa funzionare in modo più semplice e occorre che siano meglio chiarite le competenze dello Stato e quelle delle Regioni. Le troppe leggi scritte male e i mille ostacoli che queste incontrano per essere applicate sono il frutto della confusione dei poteri, del fatto che oggi "tutti fanno tutto". Non a caso, nei nostri manifesti affissi in giro per le città parliamo di "leggi più semplici".
"La riforma è il primo passo verso il futuro - si legge ancora - non il traguardo. Nessuno ha mai pensato che la riforma costituzionale sia una bacchetta magica per risolvere i problemi italiani. Noi crediamo piuttosto che la nuova Costituzione sara' una cassetta degli attrezzi a disposizione delle prossime generazioni di italiani per governare meglio l'Italia in un mondo estremamente complesso. Se noi italiani sapremo usare bene gli strumenti messi a disposizione, l'Italia ne beneficerà. Se non sapremo farlo, ne pagheremo le conseguenze".
"Ciò di cui siamo assolutamente convinti è la necessità della riforma per dare finalmente stabilità e governabilità all'Italia. Forse qualcuno all'estero è troppo attaccato al pregiudizio dell'Italietta debole e divisa per mettersi a studiare in concreto la riforma e coglierne gli aspetti salienti e la portata sistemica. E non ci riferiamo certo al Financial Times, che - al netto delle posizioni personali espresse in singoli articoli - non ha mancato di incoraggiare la modernizzazione del nostro Paese, anche attraverso la riforma costituzionale. A chi invece vorrebbe confinare l'Italia in un ruolo di ripiego, risponderà chi vota, cioè gli italiani, che si stanno informando ogni giorno di più".

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