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mercoledì 22 luglio 2020

I pm: “Regione regalò 1 milione”. Maroni: “È stato tutto regolare”. - Gianni Barbacetto

I pm: “Regione regalò 1 milione”. Maroni: “È stato tutto regolare”

L’indagine “Lombardia Film Commission”.
“Tutto regolare”: contattato dal Fatto, Roberto Maroni non vuole aggiungere altro sul finanziamento da un milione di euro stanziato dalla Regione Lombardia, quando ne era presidente, e destinato alla Lombardia Film Commission. Ottocentomila euro di quei fondi, secondo la Procura di Milano, sono serviti per pagare un immobile a Cormano, ora sede della Fondazione. Quella compravendita adesso però è finita al vaglio dei pm Eugenio Fusco e Stefano Civardi, che vogliono vedere chiaro non solo su tutta l’operazione immobiliare, ma pure sui soldi pubblici erogati. Tanto che ieri i magistrati hanno inviato la Guardia di finanza negli uffici del Pirellone per acquisire, tra gli altri documenti, anche gli atti della delibera con cui nel 2015 la Giunta regionale guidata da Maroni (non indagato) ha stanziato il contributo di un milione di euro. E così le Fiamme gialle tornano nella sede della Regione. C’erano già state per acquisire documenti prima per la questione relativa alla gestione della pandemia, poi nell’ambito di un’indagine sulla fornitura di camici. Ieri una nuova visita, seppur per fatti diversi.
Stavolta l’inchiesta riguarda l’immobile di Cormano. Un acquisto da parte della Lombardia Film Commission che i magistrati definiscono “insensato” e parlano di “ritorni per chi l’ha deciso e attuato”. Per i pm l’operazione era finalizzata al “‘drenaggio’ di risorse che la Regione Lombardia aveva già destinato alla Fondazione e di cui Di Rubba era presidente; e infatti – continuano i magistrati negli atti – Di Rubba e il ‘socio’ Manzoni beneficeranno della quota maggiore”.
Il riferimento è ad Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, il primo amministratore della Lega al Senato, il secondo revisore del gruppo alla Camera. Entrambi sono accusati di peculato e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. Stessi reati per i quali è stato iscritto anche Michele Scillieri, commercialista nel cui studio nel 2017 è stato domiciliato il movimento “Lega per Salvini premier”.
L’operazione immobiliare a prezzo “gonfiato”.
L’operazione immobiliare è piuttosto complessa. La Fondazione infatti nel 2017 acquista questo immobile alle porte di Milano dalla Immobiliare Andromeda srl, società di cui la Procura ritiene essere stato amministratore di fatto Scillieri. Il costo 800 mila euro, pagati anche con i soldi stanziati nel 2015 dalla Regione Lombardia. Denaro che i pm ritengono essere una sorta di “regalo” chiesto e ottenuto in poco più di un mese dalla Fondazione. I magistrati infatti sospettano che quel finanziamento sia stato un escamotage per far arrivare, in qualche modo, i soldi ai commercialisti vicini al Carroccio.
Per i pm però l’immobile è stato comprato a un costo gonfiato. Infatti prima di venderlo alla Lombardia Film Commission, l’Immobiliare Andromeda aveva acquistato quello stesso edificio dalla Paloschi srl, società di cui era liquidatore Luca Sostegni, altro indagato in questa inchiesta. Sostegni è accusato di peculato e di estorsione: secondo i magistrati avrebbe chiesto denaro in cambio del silenzio su ciò che sapeva sulle operazioni immobiliari.
Intercettato a giugno del 2020, al telefono con Scillieri l’uomo “spiegava come non comprendesse la ragione per la quale Di Rubba e Manzoni preferissero per risparmiare ‘pochi soldi’, fare ‘scoperchiare il pentolone, che può fargli danni assurdi’”.
Sostegni stava scappando in Brasile quando mercoledì scorso è stato fermato dagli uomini della Finanza. In un primo interrogatorio ha ricostruito i suoi rapporti con Scillieri. Ma giovedì tornerà davanti ai magistrati.
Le email acquisite e la nomina di Di Rubba.
Intanto il lavoro degli inquirenti si concentra su ciò che è stato acquisito ieri in Regione Lombardia. Dagli atti emerge che Di Rubba il 16 novembre 2015 scrisse una email nella quale chiedeva alla Regione proprio un milione di euro e che il 21 dicembre dello stesso anno la Regione gli rispose che lo stanziamento era stato accordato. Tra le carte utili, anche quelle relative alla nomina nel 2014 di Di Rubba (è rimasto in carica nella Fondazione fino al giugno 2018).

domenica 23 giugno 2019

Terremoto, il senatore Michele Pazzaglini indagato. "Donazioni dirottate". - POLA pAGNANELLI

L’ex sindaco e attuale senatore della Lega Giuliano Pazzaglini

La procura: somme inviate a due società controllate dall’ex sindaco di Visso. Ma lui non ci sta: "Agito in buona fede con massima trasparenza".

Macerata, 22 giugno 2019 - Un'ipotesi di peculato, sei di abuso d’ufficio e una di truffa. Queste le accuse mosse all’ex sindaco e attuale senatore della Lega Giuliano Pazzaglini, in concorso con l’ex presidente della Croce Rossa di Visso Giovanni Casoni. Per la procura, Pazzaglini avrebbe dirottato circa 120mila euro di donazioni su due società, costituite ad hoc per intercettare la generosità arrivata da tutta Italia verso i terremotati. Il procuratore capo Giovanni Giorgio ha chiesto alla Finanza di riesaminare le donazioni, e nei giorni scorsi ha inviato l’avviso di conclusione delle indagini.

Una contestazione, relativa all’accusa di peculato, riguarda una raccolta di denaro a favore dei commercianti del Comune fatta dal maceratese Vincenzo Cittadini con Moto Nardi, e dai motoclub Amici di strada di Civitanova e New Riders; 10.300 euro vennero consegnati al sindaco, che però non avrebbe versato quei soldi sul conto del Comune. Dopo le indagini, quella somma è stata messa sotto sequestro dal tribunale.

I casi di abuso d’ufficio riguardano invece altre donazioni, che Pazzaglini avrebbe dirottato su due società: la Sibil Projetc, di cui era socio, e la Sibil Iniziative, amministrata da Giovanni Casoni. A chi contattava il Comune per devolvere qualcosa, il sindaco avrebbe detto che se i soldi fossero finiti nel bilancio comunale sarebbe stato complicato utilizzarli per i terremotati. Era più semplice, avrebbe detto, girarli alle due società che si occupavano di iniziative in favore di chi aveva perso tutto. In realtà per la procura l’intenzione di Pazzaglini sarebbe stata quella di avvantaggiare le società.

Nella maggior parte dei casi si tratta di somme modeste. Una eccezione è la donazione della Emilbanca, a luglio del 2017: 91mila euro. Pazzaglini avrebbe chiesto alla banca di versare i soldi alla Pro loco. Poi all’inizio di settembre avrebbe convocato il direttivo della Pro loco per riaprire la collaborazione. In un secondo incontro avrebbe parlato della donazione in arrivo, specificando che parte dei soldi dovevano servire per le casette temporanee per i commercianti, un’altra parte per digitalizzare l’archivio storico, seimila per la Pedalata della Sibilla, e almeno 12mila però dovevano andare alla Sibil Iniziative come rimborso per l’organizzazione delle varie manifestazioni. L’ipotesi di truffa infine riguarda il fatto che un assegno, da duemila euro, sarebbe stato incassato in banca dalla compagna di Casoni.

La versione di Giuliano Pazzaglini.
«Eravamo rimasti in quattro gatti a Visso dopo il sisma, e in quattro gatti siamo riusciti a far ripartire il Comune. A questo punto, ha avuto ragione chi non ha fatto nulla e si è limitato a lamentarsi». C’è amarezza nella voce del senatore leghista Giuliano Pazzaglini, ma anche la fermezza di chi è sicuro di poter dimostrare «di aver agito in buona fede e nell’interesse della collettività». «La costituzione delle società era una cosa nota, fin da subito sono stato trasparente nel dire che in quella fase di necessità avrei contribuito in quel modo, l’ho detto in consiglio comunale. La nostra contabilità non ha utili, perché abbiamo solo fatto in modo che le donazioni fossero impegnate fino all’ultimo euro per lo scopo per cui erano state donate. Oltretutto, ho un parere del consigliere giuridico del commissario speciale alla ricostruzione che mi dà ragione: lo avevamo consultato per un’altra fattispecie, che però si attaglia benissimo anche a questa. Per il Comune e per i commercianti era stato escluso che ci fossero due ipotesi di delocalizzazione, e la nostra unica ipotesi era l’area del Parco Hotel da demolire, la nuova piazza. Allora ho pensato di scendere in campo come soggetto terzo, per dare modo ai commercianti di lavorare fino a quando non fosse stata pronta la nuova piazza».

Il senatore assicura di aver sempre avuto la massima trasparenza, «ma anziché motivo di linearità e correttezza è sembrato che volessi perseguire chissà quale intento. Se avessi voluto fare imbrogli non avrei usato la mia società, è evidente. La Sibil Iniziative tra l’altro ha quattro soci, io ho partecipato alla realizzazione della Pedalata per la Sibilla che ha consentito al Comune di avere un finanziamento da un milione di mezzo, gestendo tre operazioni per diecimila euro, tutte rendicontate. Dai bilanci risulta che le società a cui ho partecipato non hanno avuto un euro».

«Vivevamo nella situazione più disperata – ricorda l’ex sindaco –, l’80 per cento della popolazione era evacuata. Ho rinunciato all’aumento dell’indennità, mi hanno accusato per i rimborsi delle spese che avevo muovendomi con la mia auto ed è venuto fuori che avevo preso meno di quello che mi spettava. Non so cosa mi si contesti». Ieri Pazzaglini ha incontrato l’avvocato Giuseppe Villa, che lo difende con l’avvocato Giancarlo Giulianelli: «Abbiamo visto una parte degli atti, e preso atto che si tratta di un enorme malinteso, oppure ci sono aspetti da approfondire. Lunedì decideremo se presentare una memoria o chiedere di essere sentito per dare la mia versione».


https://www.ilrestodelcarlino.it/macerata/cronaca/michele-pazzaglini-indagato-1.4658346

martedì 5 marzo 2019

Arrestata Ida Marandola, direttore del Consiglio ricerca in Agricoltura. Sequestri per 8 milioni.

Ida Marandola

Le misure cautelari riguardano anche altre quattro persone. Le accuse sono di peculato, abuso d'ufficio e falso.


Ida Marandola, direttore generale del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (Crea), è stata arrestata dalla Guardia di Finanza nell'ambito di un'indagine della procura di Roma che ha portato alla luce "gravi irregolarità" nella gestione dell'ente.
Le misure cautelari riguardano anche altre 4 persone, accusate a vario titolo di peculato, abuso d'ufficio e falso. Il Gip ha anche disposto il sequestro di beni per 8 milioni.
Le irregolarità nella gestione del Crea - che stando al sito istituzionale è "il principale ente di ricerca italiano dedicato alle filiere agroalimentari, vigilato dal Ministero delle politiche agricole" - riguardano, secondo quanto sostiene la Gdf, innanzitutto la scelta della nuova sede.
Il Dg avrebbe indicato un numero di dipendenti superiore a quello reale e così facendo avrebbe avuto la possibilità di selezionare l'immobile sul mercato e non di ricorrere a quelli demaniali a disposizione ma non in grado di soddisfare le richieste. Le irregolarità avrebbero interessato anche il procedimento amministrativo che è scaturito dalla scelta della nuova sede: nell'affidare i servizi di trasloco e facchinaggio, i contratti sono stati "artificiosamente frazionati" in modo da non superare la soglia oltre la quale è necessario ricorrere a gare pubbliche, in modo da poter scegliere le ditte che avrebbero poi effettuato i servizi.
Agli indagati viene inoltre contestato di non aver ridotto, come previsto dalla legge sulla spending review, del 15% il canone d'affitto di 2 immobili, che avrebbe consentito un risparmio per lo Stato di 700mila euro. Ed infine, dicono ancora inquirenti ed investigatori, sono stati commessi abusi sia nella procedura di stabilizzazione di alcuni precari del Consiglio sia nel pagamento di prestazioni professionali a due collaboratori che, in realtà, non hanno svolto alcuna attività lavorativa.
Oltre a Marandola, nei cui confronti sono stati disposti i domiciliari, la misura cautelare è scattata anche per un altro funzionario che si trova attualmente all'estero mentre per il dirigente dell'ufficio bilancio, il dirigente e un dipendente dell'ufficio gare e appalti è scattato l'obbligo di presentazione all'autorità giudiziaria.

mercoledì 21 novembre 2018

Anticorruzione, la Lega salva i suoi imputati e condannati: il governo battuto con il voto segreto sul peculato.

Anticorruzione, la Lega salva i suoi imputati e condannati: il governo battuto con il voto segreto sul peculato

Passa con 284 sì e 239 no il colpo di spugna per accusati di peculato: come i leghisti Rixi, Tiramani e Molinari. Che dice: "Non siamo stati noi". Beffa M5s: testo è dell’ex Vitiello, espulso perché massone. Rimpallo di responsabilità nel Carroccio. Iezzi: "Sono stati i fichiani". Salvini: "Voto sbagliato, linea la do io". Poi aggiunge: "Un incidente di percorso che avrà come conseguenza quella di approvare il dl sicurezza ancora più in fretta". Un deputato: "Segnale ai pentastellati". Il capogruppo dei 5 stelle D'Uva: " Fatto gravissimo. Così non si va avanti".


Onestà, onestà“. Un grido che per una volta non arriva dai banchi del Movimento 5 stelle, ma da quelli di Forza Italia. Una provocazione quella dei berlusconiani visto che per la seconda volta in sette giorni il governo è stato battuto in Parlamento. E questa volta non è successo in commissione al Senato, su un emendamento al dl Genova, ma nell’aula della Camera che stava esaminando quello che è un provvedimento bandiera del M5s: il ddl Anticorruzione. E la maggioranza è stata battuta con il voto segreto. Una beffa doppia per il movimento di Luigi Di Maio: intanto perché l’emendamento in questione è firmato da Catello Vitiello, ex M5S eletto quand’era già stato espulso per la sua appartenenza alla massoneria e ora nel gruppo misto. Ma soprattutto perché quella modifica introduce un colpo di spugna per chi è accusato di peculatoin pratica la stessa norma presentata dalla Lega in commissione e poi ritirata tra le polemiche. Ora è ricomparsa in Aula dove è stata approvata con 284 voti a favore e 239 contrari. Tra i banchi si è scatenato il caso e la seduta è sospesa: l’esame del provvedimento è stato rinviato a domani alle 11.
D’Uva (M5s): “Gravissimo”. Salvini: “Voto sbagliato” – Nel frattempo si sono scatenate le reazioni politiche. “Quello che è accaduto oggi in Aula è un fatto gravissimo. Così non si va avanti”, dice il capogruppo del M5s, Francesco D’Uva. “Noi – aggiunge – non salviamo i furbetti dalla galera. Chi ha votato Sì a un emendamento che va a favore dei delinquenti si sta assumendo una responsabilità enorme agli occhi dei cittadini”. Alla maggioranza mancano 106 voti: la Lega ha 121 deputati, 9 erano assenti, altri 9 del M5s non c’erano. Già quando c’erano da votare gli emendamenti precedenti – con il governo che si era salvato con 15 preferenze di scarto  – si notavano vistosi buchi sui banchi del Carroccio. “Che dire: si è mandato un segnale al Movimento 5 stelle”, dice un deputato della Lega alle agenzie. “Non è vero. Sono i fichiani che hanno votato a favore per mandare un segnale. Cercano una scusa per non votare il decreto sicurezza”, lo corregge Igor Iezzi, capogruppo della Lega in commissione Affari Costituzionali, autore di una serie di emendamenti quasi provocatori al ddl Anticorruzione e fidatissimo di Matteo Salvini. E infatti dopo poco arriva il commento del leader: “Voto in aula assolutamente sbagliato. La posizione della Lega la stabilisce il segretario. Il provvedimento arriverà alla fine come concordato dalla maggioranza“, dice il ministro dell’Interno. Che poi, dopo un vertice con Di Maio e Conte al termine del Consiglio dei ministri, aggiunge: “Un incidente di percorso che avrà come conseguenza quella di approvare il dl sicurezza ancora più in fretta”. Il leader del Carroccio, inoltre, non ha escluso che il governo ricorra al voto di fiducia. Resta un fatto, almeno a interpretare le parole del titolare del Viminale: il numero uno del Carroccio non era informato del voto dei suoi stessi deputati. Che però smentiscono di aver votato contro la maggioranza. “Non siamo stati noi”, dice il capogruppo della Lega a Montecitorio Riccardo Molinari. Si tratta dello stesso Molinari che ha addirittura una condanna in appello a undici mesi per peculato. In tarda serata poi è arrivata la scontata precisazione dei grillini: “Nessuno del Movimento ha votato a favore dell’emendamento. Questo è sicuro” hanno sottolineato fonti parlamentari M5S alle agenzie di stampa. Il vicepremier Luigi Di Maio, poi, ha convocato alle 9 un’assemblea congiunta dei gruppi parlamentari, che servirà anche a fare il punto sul dl sicurezza e sull’anticorruzione. La situazione, almeno a sentire alcune fonti parlamentari che hanno parlato con l’agenzia Ansa, non sarebbe fluida come quella descritta da Salvini: gli esponenti grillini hanno sottolineato che si torna tutti a casa se il ddl anticorruzione non torna così com’era prima dell’approvazione dell’emendamento. Secondo le stesse fonti, alcuni esponenti del M5S sospettano che il “blitz” sull’emendamento di Catello Vitiello sia opera del capogruppo Riccardo Molinari, perché toccato dal ddl anticorruzione. Per gli stessi esponenti quanto accaduto darebbe prova che il leader della Lega Matteo Salvini non controlla i suoi.
L’emendamento salva peculato dell’ex M5s – Il nome di Molinari, del resto, insieme a quello di alcuni altri esponenti del Carroccio, era tra quelli citati quando la stessa Lega aveva depositato – e poi accantonato – in commissione una norma molto simile a quella approvata stasera. L’emendamento 1.272 di Vitiello, però, alleggerisce non solo il peculato, ma anche l’abuso d’ufficio. La norma in pratica modifica l’articolo 314 e il 323 del codice penale. Il primo disciplina il peculato e si trasformerebbe in questo modo:  “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, avendo, per ragione del suo ufficio o servizio, il possesso o, comunque, la autonoma disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, salvo che tale distrazione si verifichi nell’ambito di procedimento normato da legge o regolamento e appartenga alla sua competenza, è punito con la reclusione da 4 anni a 10 anni e 6 mesi“. Il secondo disciplina l’abuso d’ufficio e si trasformerebbe in questo modo: “La pena non può essere inferiore a due anni se il fatto del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio consiste nella appropriazione mediante distrazione di somme di denaro o di altra cosa mobile altrui delle quali ha il possesso o comunque la autonoma disponibilità per ragione del suo ufficio o servizio, nell’ambito di un procedimento disciplinato da legge o regolamento che appartenga alla sua competenza”.
I big leghisti salvati dalla norma – Che cosa vuol dire? Semplice: attualmente è colpevole di peculato il pubblico ufficiale che utilizza denaro pubblico destinato al suo ufficio. Con l’emendamento della Lega viene punito solo il pubblico ufficiale che maneggia denaro pubblico destinato al suo ufficio ma il cui uso non sia regolato da norme interne. Un esempio? Il capogruppo di un partito in Regione o comune, che gestisce i fondi pubblici destinati al funzionamento del gruppo. Siccome si tratta di soldi il cui utilizzo è normatizzato da un regolamento interno, nel caso in cui dovesse usare quel denaro per scopi diversi da quelli previsti dalla legge non sarebbe colpevole di peculato. In pratica non sarebbe più possibile contestare il reato tipico di tutte le inchieste sulle “spese pazze” dei gruppi politici. Insomma quell’emendamento è un vero e proprio “salvaladri”.
Da Rixi a Cota – E che farebbe comodo a molti amministratori locali nei guai della giustizia. Compresi molti leghisti: come il viceministro ai Trasporti Edoardo Rixi, imputato per le “spese pazze” in Regione Liguria nel 2012: per lui l’accusa ha chiesto una condanna a tre anni e quattro mesi. O il deputato Paolo Tiramani, condannato a un anno e 5 mesi nell’inchiesta sulla  Rimborsopoli in Piemonte. La stessa vicenda in cui l’ex governatore Roberto Cota ha una condanna in secondo grado a un anno e sette mesi: l’emedamento approvato dalla Camera, insomma, salva anche chi con soldi pubblici ha comprato mutande verdi.
Le opposizione esultano. E Forza Italia grida: “Onestà, onestà” – Scatenate, ovviamente, le opposizioni. “Voto segreto alla Camera e la maggioranza si rompe: così si salvano dalle condanne per peculato alcuni leghisti. Altro che onestà. Questi bisticciano tutti i giorni. E intanto il Paese scivola verso la recessione”, scrive l’ex premier Matteo Renzi su Twitter. Il capogruppo dem Graziano Delrio parla di “una maggioranza divisa e pasticciona boccia il provvedimento bandiera del movimento 5 stelle. Il governo sfiduciato dai suoi deputati risulta sempre più debole e confuso”.”I rancori e le contraddizioni in maggioranza non reggono alla prova del voto segreto in Aula. Evidentemente si tratta di un governo ad orologeria che imploderà prima di quanto ci si possa aspettare”, dice il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Francesco Lollobrigida. Esulta Forza Italia con Mariastella Gelmini che parla di “giustizialismo manettaro”. “Ha pensato di essere il padrone dell’Italia, se oggi quest’Aula si è espressa a favore del garantismo è nell’interesse degli italiani e noi rispettiamo il voto di tutti”, dice la capogruppo dei berlusconiani. Che alla fine si sono messi a urlare. Prima “onestà, onestà”, per sfottere i 5 stelle. Poi “libertà, libertà“: l’emendamento approvato, in fondo, garantisce meno possibilità di finire in galera per chi è accusato di peculato.
Fonte: ilfattoquotidiano del 20.11.2018

Spero che la Consulta intervenga a dichiarare anticostituzionale questa legge che, contrariamente a quanto sancito dalla Costituzione, all'art. 3, crea delle disparità di trattamento tra i cittadini. Se un qualsiasi cittadino viene condannato per peculato, deve esserlo nella stessa misura il "capogruppo di un partito in Regione o comune, che gestisce i fondi pubblici destinati al funzionamento del gruppo" e chiunque altro abbia commesso lo stesso reato.
Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
***
A Delrio, alleato di Berlusconi - di destra - rispondo che non meraviglia la sua osservazione, anche se suona un po' egodistonica, perchè detta da chi varava, in perfetta armonia e sintonia con la destra, leggi sfavorevoli per cittadini e favorevoli alle banche...
Cetta.

mercoledì 24 ottobre 2018

Parma, arrestato per corruzione e truffa il sindaco di Polesine Zibello Andrea Censi.



Le indagini coordinate dalla Procura della città emiliana hanno coinvolto anche un noto imprenditore avicolo e altri vertici dell'amministrazione che avrebbero falsificato le delibere di Giunta e truccato un concorso pubblico per alti dirigenti.

Andrea Censi, sindaco di Polesine Zibello, nella bassa parmense, è stato arrestato con l’accusa di corruzione, falso, truffa e peculato. La misura cautelare è scattata martedì mattina all’alba ed è stata eseguita dai carabinieri di Parma. L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica della città emiliana ha permesso di scoprire un “pervicace sistema di gestione della cosa pubblica, assolutamente asservito agli interessi privatistici del sindaco”. Il primo cittadino, eletto nel 2016 in una lista civica appoggiata dal Pd, si trova ora gli arresti domiciliari.
Deve rispondere del reato di corruzione anche un noto imprenditore del settore avicolo che, secondo le ricostruzioni, avrebbe pagato per ottenere agevolazioni ampliare il sito del proprio allevamento. Dalle indagini è emerso il coinvolgimento anche di altri tre amministratori ritenuti responsabili di aver falsificato numerose delibere della giunta, violando i principi di trasparenza e collegialità e di aver truccato un concorso pubblico per l’assunzione di uno degli alti dirigenti del Comune.
Nell’operazione sono stati inoltre sequestrate decine di migliaia di euro, soldi provenienti dalle violazioni contestate e versati agli istituti di credito delle province di Parma e Piacenza. Sequestri e perquisizioni anche negli uffici comunali, dove gli inquirenti cercano ulteriori prove dei reati contestati.
Andrea Censi è il sindaco della provincia con all’attivo il maggior numero di mandati amministrativi. Nel 2004 viene eletto per la prima volta sindaco di Polesine Parmense, poi riconfermato nel 2009. Nel 2014 si candida alla guida del comune di Zibello, vincendo e proponendo nel 2015 il referendum per la fusione dei comuni di Polesine Parmense e Zibello. Il 5 giugno 2016, l’ex Pd, viene eletto primo cittadino del neonato comune, candidandosi a capo di una lista civica.
Fonte: ilfattoquotidiano del 23/10/2018

giovedì 8 settembre 2016

Alessandria, con i soldi per i poveri facevano la spesa: indagati i cinque ex vertici della Croce Rossa.

Alessandria, con i soldi per i poveri facevano la spesa: indagati i cinque ex vertici della Croce Rossa


Sottratti oltre 170mila euro. L'indagine della Finanza per peculato dopo la denuncia da parte della nuova dirigenza Cri.

Ammanchi di denaro e acquisto di beni ad uso personale per 173mila euro. La Guardia di finanza ha concluso le indagini nei confronti degli ex vertici della Croce Rossa di Casale Monferrato: cinque le persone indagate, a vario titolo, con l'accusa di peculato. Secondo gli accertamenti effettuati dagli investigatori delle Fiamme gialle, che si sono mossi lo scorso anno dopo le segnalazioni dei nuovi responsabili della Croce Rossa locale, i cinque avrebbero utilizzato, tra il 2006 e il 2015, per scopi personali beni e denaro che dovevano invece essere destinati agli assistiti in difficoltà.

Le tessere benzina dell'associazione, in particolare, sarebbero state utilizzate dagli indagati per il rifornimento delle auto personali. Allo stesso modo quelle del supermercato sarebbero state usate per acquisti personali, tra cui elettrodomestici, capi di abbigliamento, prodotti per la casa, cosmetici, superalcolici, cibo per animali, farmaci per patologie sofferte dagli interessati, facendoli apparire invece come destinati alle famiglie indigenti.


http://torino.repubblica.it/cronaca/2016/09/05/news/alessandria_con_i_soldi_per_i_poveri_facevano_la_spesa_indagati_i_cinque_ex_vertici_della_croce_rossa-147205616/

venerdì 4 marzo 2016

Formazione, peculato da 11 milioni Inchiesta su Corsello e Monterosso. - Riccardo Lo Verso

, Cronaca

Il fascicolo è quello sui cosiddetti extrabudget della Formazione, coordinato dal procuratore aggiunto Bernardo Petralia e dal sostituto Luca Battinieri.

PALERMO- Il reato ipotizzato è gravissimo anche e soprattutto perché sarebbe stato commesso dal più alto burocrate della Regione, Patrizia Monterosso (a sinistra nella foto). Enorme è la cifra: undici milioni di euro. Sono tutti soldi dell'Unione europea e destinati alla formazione professionale.

Livesicilia aveva già scoperto che il segretario generale era indagata per abuso d'ufficio assieme ad Anna Rosa Corsello. Ora per entrambe la posizione si complica. Hanno ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini sui cosiddetti extrabudget della Formazione, firmato dal procuratore aggiunto Bernardo Petralia e dal sostituto Luca Battinieri. Negli anni passati era abitudine concedere agli enti le cosiddette “integrazioni”. Somme che si aggiungevano a quelle previste inizialmente dal Piano dell'offerta formativa regionale. Quelle “integrazioni”, però, come ha sottolineato la Corte dei conti che ha emesso pesantissime condanne, sono illegittime.

"In più di una sede giudiziaria la mia assistita - spiega il legale della Monterosso, l'avvocato Nino Caleca - ha fornito chiarimenti. Anche adesso daremo il nostro contributo alla magistratura affinché emerga la verità e l'assoluta estraneità all'ipotesi contestata".

La stangata contabile è ormai definitivaLa condanna più pesante è arrivata proprio per il segretario generale Patrizia Monterosso che dovrà restituire alla Regione quasi 1,3 milioni di euro. Condannati pure gli ex assessori Santi Formica (dovrà restituire 379 mila euro), Luigi Gentile (224 mila euro), la dirigente Alessandra Russo (378 mila euro), Maria Carmela Di Bartolo (474 mila euro) e l'ex dirigente del servizio Rendicontazione, Nino Emanuele (365 mila euro).

Nelle more della sentenza la Regione aveva avviato le “compensazioni”. L'ex dirigente generale della Formazione, Anna Rosa Corsello, aveva ricevuto dalla Monterosso un atto di diffida affinché riequilibrasse la situazione. E così si arrivò al blocco dei finanziamenti dell'Avviso 20 a diversi enti di formazione per recuperare gli extrabudget degli anni precedenti. Un recupero che avrebbe potuto fare venire meno il danno erariale. Solo che alcuni enti si erano opposti costituendosi in giudizio.

E sono stati gli stessi enti che si sono ribellati alla compensazione a denunciare la faccenda alla Procura della Repubblica. E' nata l'inchiesta che ha portato ormai da mesi all'iscrizione nel registro degli indagati della Corsello e del dirigente Michele La Cagnina (il suo nome non compare nell'avviso di conclusione delle indagini) prima, e poi della Monterosso. La Corsello, nel frattempo sospesa dal giudice per un'altra presunta storia di posti di lavoro in cambio di favori, era stata interrogata due volte. La Monterosso era stata sentita a dicembre e in gran segreto. Si era difesa a tutto campo.

Non c'era alcun accordo con la Corsello, la diffida era legittima così come legittimo era il principio della compensazione fra i contributi europei e i finanziamenti regionali. E in ogni caso il recupero delle somme non era partito dal suo ufficio, ma dallo stesso Dipartimento della Formazione professionale. Questo è il nodo dell'indagine visto che, secondo i pm, la diffida sarebbe alla base di un peculato milionario per avere utilizzato i soldi in maniera diversa dalle regole ferree dettate dall'Unione europea. Ed è per questo che presto chiederanno di processare gli indagati.


http://livesicilia.it/2016/03/02/formazione-peculato-da-undici-milioni-corsello-e-monterosso-inchiesta-choc_722242/
Per saperne di più:
http://livesicilia.it/2013/12/18/e-i-burocrati-cercano-di-evitare-la-condanna-togliendo-i-soldi-agli-enti-di-formazione_419699/

lunedì 25 maggio 2015

Truffa sui soldi per i migranti, indagato il responsabile della Caritas Campania.

Truffa sui soldi per i migranti, indagato il responsabile della Caritas Campania

Sabato a Napoli era stato arrestato il responsabile di una onlus accusato di aver intascato parte dei soldi destinati all'assistenza per gli stranieri arrivati in Italia e ospitati in alcune strutture. L'avvocato di don Vincenzo Federico però respinge tutte le contestazioni: "Accusa dir poco surreale".

Rischia di allargarsi l’inchiesta di Napoli che ieri ha svelato come i soldi destinati per l’assistenza ai migranti fossero utilizzati dal responsabile di una onlus in acquisiti personali tra cui due immobili. Dal capoluogo partenopeo arriva anche la notizia che finivano a responsabili e collaboratori della Caritas parte dei soldi lucrati sugli aiuti ai migranti.
Allo stato si tratta di una ipotesi sulla quale stanno lavorando i magistrati della Procura di Napoli, titolari dell’inchiesta che ieri ha portato all’arresto di Alfonso De Martino, il presidente dell’associazione “Un’Ala di riserva”, accusato di essersi appropriato di oltre un milione di euro, investiti in acquisto di case e schede telefoniche, e della compagna, Rosa Carnevale, per cui il gip ha disposto gli arresti domiciliari. Oltre ai due funzionari della Protezione civile sono finiti nel registro degli indagati anche due esponenti campani della Caritas, compreso don Vincenzo Federico, responsabile della Caritas Campania.
Il procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli e i sostituti Raffaello Falcone e Ida Frongillo affermano che è “verosimile” un coinvolgimento della Caritas di Teggiano Policastro, in provincia di Salerno, che gestisce quattro strutture dove negli ultimi anni sono stati ospitati migliaia di immigrati, provenienti soprattutto dal Nord Africa come quelli accolti nei centri della onlus di De Martino.
L’ipotesi investigativa si fonda sul presunto traffico di pocket money (le piccole somme di denaro, 2,5 euro al giorno a ciascun migrante): De Martino si sarebbe impossessato di tali somme acquistando schede telefoniche presso la rivendita di cui è titolare la sua compagna (ben 582.248 pocket money, sottolineano gli inquirenti). Parte di questi ticket provengono – spiegano gli investigatori – dalle strutture gestite dalla Caritas di Teggiano.
Questo capitolo dell’inchiesta ha origine da alcune dichiarazioni rese ai pm dallo stesso De Martino nel gennaio scorso. Racconta De Martino di aver conosciuto, in ragione dell’attività nel campo della solidarietà, i responsabili di vari centri, tra i quali Fiore Marotta, collaboratore della Caritas di Teggiano, “riconducibile al responsabile della Caritas Campania don Vincenzo Federico”. “Fui io – dice De Martino – a proporre a Fiore Marotta di far convergere sulla mia edicola, qualora ne ravvisasse l’esigenza, i ticket che venivano riconosciuti ai loro ospiti in forza del contratto stipulato con la Regione Campania. I buoni sociali, anche se potevano essere spesi per l’acquisto di altri beni, venivano utilizzati dagli ospiti immigrati quasi totalmente per l’acquisto di ricariche telefoniche del valore di cinque euro. Spiegai a Marotta che la nostra edicola aveva la convenzione per il cambio, e il cambio da noi praticato era più favorevole per gli immigrati”. Sabato, nell’ambito di questa indagine, la sede della Caritas di Teggiano è stata perquisita dai finanzieri. I responsabili della Caritas risulterebbero indagati per peculato.
Parla di “accusa a dir poco surreale“, l’avvocato Renivaldo Lagreca, legale di don Federico. “Non è contestata la mancata consegna dei ticket money agli immigrati – spiega il legale – ma la spendita dei ticket in schede telefoniche. Ora dopo aver precisato l’ovvio, e cioè che non siamo titolari di compagnie telefoniche, sarà assai agevole verificare che nessuna ricarica ha interessato la Caritas di Teggiano-Policastro”.  Gli inquirenti evidenziano la distanza tra l’immagine pubblica di De Martino e quella, ritenuta invece autentica, di persona invischiata in vari traffici. Lui si descrive come “una persona votata al sociale e ad aiutare le persone più deboli”.

martedì 27 maggio 2014

Arresto di Corrado Clini, “ex ministro aveva conto cifrato in Svizzera”.

Arresto di Corrado Clini, “ex ministro aveva conto cifrato in Svizzera”

Dall'ordinanza emerge che l'ex titolare dell'Ambiente avrebbe sottratto più di un milione di euro, transitato nel conto "Pesce" di Lugano e parte di un finanziamento del governo italiano destinato a un progetto di riqualificazione ambientale in Iraq.

Sono pesanti gli elementi che emergono dall’ordinanza che ha portato agli arresti domiciliari Corrado Clini. L’ex ministro dell’Ambiente è accusato di “aver distratto insieme all’imprenditore Augusto Calore Pretner 3,4 milioni di euro” per un progetto di riqualificazione ambientale in Iraq, quando era direttore generale del ministero. Il gip di Ferrara Piera Tassoni scrive che Clini e gli altri indagati “hanno messo in atto un complesso e sofisticato meccanismo“, per appropriarsi di denaro pubblico e “conseguendo ingenti profitti”.
Secondo l’accusa l‘ex ministro avrebbe intascato oltre un milione di euro, parte del finanziamento che il governo italiano aveva concesso per il progetto New Eden. Il gip Tassoni nell’ordinanza sottolinea che il denaro, attraverso l’emissione di false fatture, sarebbe finito su un conto corrente aperto a Lugano mediante otto bonifici per un totale di un milione e 20 mila euro.
Emerge infatti che l’ex ministro del governo Monti, e già direttore generale del ministero dell’Ambiente (1991-2011), aveva un conto cifrato in Svizzera, denominato ‘Pesce‘. Ed è proprio qui che sarebbero finiti otto bonifici tra il 14 ottobre 2008 e il 22 giugno 2011. Quel conto “è stato aperto il 13 giugno 2005″. Si tratta, scrive il giudice, di un conto cifrato “il cui titolare è Corrado Clini”.
La Procura di Ferrara aveva chiesto la custodia cautelare in carcere per l’attuale direttore generale per lo Sviluppo sostenibile del ministero di via Colombo, ma il gip Tassoni ha respinto la richiesta dei pm. L’ingegnere Pretner, finito anche lui agli arresti domiciliari a Padova, nell’interrogatorio di garanzia davanti al giudice per le indagini preliminari si è avvalso della facoltà di non rispondere.
I particolari dell’inchiesta di Ferrara, emergono lo stesso giorno in cui viene diffusa la notizia che l’ex ministro è indagato dalla Procura di Romache gli contesta l’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Insieme all’ex direttore generale dell’Ambiente sono indagati anche la moglie e altre 4 persone. La Procura capitolina pensa che dietro due progetti di riqualificazione in Cina e Montenegro ci sia un “giro di mazzette”.

venerdì 19 aprile 2013

Piemonte, dalle briglie per cavallo allo spumante: 52 consiglieri e Cota indagati.


Roberto Cota


Vassoi d’argento in regalo per il matrimonio di un assessore, un cambio di pneumatici, borse Louis Vuitton e gioielli di Cartier, buoni benzina per la partecipazione alle manifestazioni del movimento No Tav tra le spese contestate dalla Procura di Torino. Le accuse: peculato, finanziamento illecito dei partiti e truffa.

In principio fu Franco Fiorito detto Er Batman”, ma come poi si è scoperto così facevano proprio tutti i consiglieri o quasi d’Italia. Anche quelli del Piemonte. Spese personali, a volte insolite con i soldi dei rimborsi: denaro pubblico. I politici piemontesi non sono stati da meno: briglie per il cavallo, vassoi d’argento in regalo per il matrimonio di un assessore, un cambio di pneumatici per l’auto, una fornitura di panettoni e spumante per le festività natalizie. E ancora sottofiletti per pranzo, borse Louis Vuitton e gioielli di Cartier, buoni benzina per la partecipazione alle manifestazioni del movimento No Tav. Tutto comprato e certificato dagli scontrini allegati alle richieste di rimborsi.
Tutto visto o quasi nel Lazio, in Lombardia, in Friuli e Liguria. In questa nuova inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Andrea Beconi e condotta da Giancarlo Avenati Bassi e Enrica Gabetta, di nuovo c’è che, oltre ai 52 consiglieri, è indagato anche il governatore della regione Piemonte, Roberto Cota. Il presidente leghista è tra i destinatari degli avvisi di garanzia nell’ambito dell’inchiesta della procura di Torino sui rimborsi dei gruppi regionali. Le accuse ipotizzate a vario titolo sono di peculato, finanziamento illecito dei partiti e truffa nel periodo maggio 2010-settembre 2012
Nella lista degli indagati ci sono anche due neo parlamentari del Pd, ex consiglieri: Stefano Lepri e Mino Taricco. Indagati anche nella loro veste di consiglieri regionali, Elena Maccanti (Lega), ex assessore ai Rapporti con il Consiglio regionale e l’ex assessore all’Innovazione, Massimo Giordano (Lega), che si era dimesso perché indagato in una inchiesta della Procura di Novara. Anche ai rappresentanti del M5s Davide Bono e il fuoruscito Fabrizio Biolè è contestato il peculato: sarebbero loro per aver utilizzato i buoni benzina della Regione per raggiungere i luoghi delle manifestazioni No Tav in Valsusa.
I rimborsi contestati nel periodo d’inchiesta ammontano circa a 900 mila euro. Tutti gli indagati verranno sentiti dai magistrati a partire dal prossimo 6 maggio e dovranno spiegare le ragioni per cui hanno prodotto quegli scontrini nell’elenco delle spese per cui si chiedeva il rimborso. La Procura di Torino contesta al governatore del Piemonte “alcune spese relative all’attività politica di consigliere regionale”, ma Cota si difende: “Ho sempre sostenuto in proprio la maggior parte delle spese per lo svolgimento dell’attività politica, ho utilizzato risorse del gruppo regionale per importi irrisori e nel rispetto di prassi consolidate, riducendo al minimo ogni esborso di denaro pubblico”.
Gli accertamenti riguardano i gruppi che all’inizio della legislatura, nel 2010, erano composti da almeno due consiglieri. I cosiddetti mono gruppi erano già stati presi in esame alcuni mesi fa, quando i magistrati eseguirono le prime quattro iscrizioni nel registro degli indagati a carico di Aleonora Artesio (FdS), Andrea Stara (Insieme per Bresso), Michele Giovine (Pensionati per Cota) e Maurizio Lupi (Verdi Verdi).
”Prendiamo atto e attendiamo le evoluzioni” il commento dell’assessore ai Trasporti, Barbara Bonino, che non è consigliere regionale e non è indagata. “Il Piemonte ha bisogno di approvare un bilancio e di lavorare per fare ripartire l’economia. Del resto si occupino i magistrati”. Il capogruppo della Lega, Mario Carossa, ha invece detto che valuterà eventuali dimissioni: “Noi della Lega non ci tiriamo mai indietro”. 
“Sono dispiaciuto per il clima che si è creato e per quello che sta succedendo” commenta il consigliere del Pd Mauro Laus, uno dei pochi a non essere coinvolto dall’inchiesta. Tra i non indagati figurano anche i consiglieri regionali del Pd Giovanna Pentenero, Roberto Placido, che è anche il vicepresidente del Consiglio regionale, Gianni Oliva ed Elio Rostagno, questi ultimi due entrati in consiglio da poche settimane. Non sono indagati anche Sara Franchino, del gruppo Pensionati con Cota, anche lei da poco a Palazzo Lascaris, e Claudio Sacchetto, della Lega Nord,che è anche assessore regionale all’Agricoltura.

mercoledì 28 novembre 2012

Non versò incassi siti culturali, arrestato.

Segesta, una delle aree archeologiche gestite dalla società di Mercadante.

Ai domiciliari con l'accusa di peculato Gaetano Mercadante, 51 anni. Ammonta a 19 milioni di euro l'importo del denaro di cui aveva la disponibilità per ragioni derivanti dal proprio ruolo di «incaricato di pubblico servizio», di cui si è personalmente e indebitamente appropriato, mentre altri 14 milioni sono stati dallo stesso versati ma con notevole e ingiustificato ritardo.


PALERMO. Avvalendosi di tre Associazioni temporanee d'impresa (Novamusa Valdemone, Novamusa Val di Noto e Novamusa Val di Mazara, di cui era legale rappresentante in Sicilia), Gaetano Mercadante, 51 anni, residente a Bracciano, si sarebbe indebitamente appropriato di circa 19 milioni derivanti dall'emissione di biglietti per l'ingresso nei siti archeologici siciliani. È l'accusa di peculato che ha portato l'imprenditore agli arresti domiciliari, eseguiti dalla Guardia di finanza.    
Nel 2003 l'assessorato regionale ai Beni culturali ha dato in concessione la gestione di alcuni servizi nei siti delle province di Messina, Siracusa, Ragusa e Trapani. La concessione disciplinava, tra l'altro, la gestione degli introiti di biglietteria, per la quale era stato stabilito l'obbligo da parte del concessionario di versare le somme incassate e decurtate dall'aggio, alla Regione Sicilia (70%) e ai Comuni (30%) nei cui territori ricadono i siti di interesse culturale.   
Mercadante avrebbe tenuto per sè 19 milioni, versandone altri 14 a Regione e Comuni ma con notevoli ritardi rispetto a quanto previsto dal contratto e senza addurre giustificazioni. 


Qui ci dev'essere stata la compiacenza e la complicità di qualcuno perchè, per potersi appropriare di tanto danaro ci vuole tanto tempo e, se nessuno in questo tempo ha reclamato, è perchè sapeva e taceva per eventuali accordi precedentemente stipulati. Una truffa concordata da personaggi di specchiata ingordigia e criminalità organizzata, in altri termini, pezzi di potere politico e mafia. Il danaro che circola in certi ambienti è tanto e fa gola a molti....