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venerdì 19 aprile 2013

Piemonte, dalle briglie per cavallo allo spumante: 52 consiglieri e Cota indagati.


Roberto Cota


Vassoi d’argento in regalo per il matrimonio di un assessore, un cambio di pneumatici, borse Louis Vuitton e gioielli di Cartier, buoni benzina per la partecipazione alle manifestazioni del movimento No Tav tra le spese contestate dalla Procura di Torino. Le accuse: peculato, finanziamento illecito dei partiti e truffa.

In principio fu Franco Fiorito detto Er Batman”, ma come poi si è scoperto così facevano proprio tutti i consiglieri o quasi d’Italia. Anche quelli del Piemonte. Spese personali, a volte insolite con i soldi dei rimborsi: denaro pubblico. I politici piemontesi non sono stati da meno: briglie per il cavallo, vassoi d’argento in regalo per il matrimonio di un assessore, un cambio di pneumatici per l’auto, una fornitura di panettoni e spumante per le festività natalizie. E ancora sottofiletti per pranzo, borse Louis Vuitton e gioielli di Cartier, buoni benzina per la partecipazione alle manifestazioni del movimento No Tav. Tutto comprato e certificato dagli scontrini allegati alle richieste di rimborsi.
Tutto visto o quasi nel Lazio, in Lombardia, in Friuli e Liguria. In questa nuova inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Andrea Beconi e condotta da Giancarlo Avenati Bassi e Enrica Gabetta, di nuovo c’è che, oltre ai 52 consiglieri, è indagato anche il governatore della regione Piemonte, Roberto Cota. Il presidente leghista è tra i destinatari degli avvisi di garanzia nell’ambito dell’inchiesta della procura di Torino sui rimborsi dei gruppi regionali. Le accuse ipotizzate a vario titolo sono di peculato, finanziamento illecito dei partiti e truffa nel periodo maggio 2010-settembre 2012
Nella lista degli indagati ci sono anche due neo parlamentari del Pd, ex consiglieri: Stefano Lepri e Mino Taricco. Indagati anche nella loro veste di consiglieri regionali, Elena Maccanti (Lega), ex assessore ai Rapporti con il Consiglio regionale e l’ex assessore all’Innovazione, Massimo Giordano (Lega), che si era dimesso perché indagato in una inchiesta della Procura di Novara. Anche ai rappresentanti del M5s Davide Bono e il fuoruscito Fabrizio Biolè è contestato il peculato: sarebbero loro per aver utilizzato i buoni benzina della Regione per raggiungere i luoghi delle manifestazioni No Tav in Valsusa.
I rimborsi contestati nel periodo d’inchiesta ammontano circa a 900 mila euro. Tutti gli indagati verranno sentiti dai magistrati a partire dal prossimo 6 maggio e dovranno spiegare le ragioni per cui hanno prodotto quegli scontrini nell’elenco delle spese per cui si chiedeva il rimborso. La Procura di Torino contesta al governatore del Piemonte “alcune spese relative all’attività politica di consigliere regionale”, ma Cota si difende: “Ho sempre sostenuto in proprio la maggior parte delle spese per lo svolgimento dell’attività politica, ho utilizzato risorse del gruppo regionale per importi irrisori e nel rispetto di prassi consolidate, riducendo al minimo ogni esborso di denaro pubblico”.
Gli accertamenti riguardano i gruppi che all’inizio della legislatura, nel 2010, erano composti da almeno due consiglieri. I cosiddetti mono gruppi erano già stati presi in esame alcuni mesi fa, quando i magistrati eseguirono le prime quattro iscrizioni nel registro degli indagati a carico di Aleonora Artesio (FdS), Andrea Stara (Insieme per Bresso), Michele Giovine (Pensionati per Cota) e Maurizio Lupi (Verdi Verdi).
”Prendiamo atto e attendiamo le evoluzioni” il commento dell’assessore ai Trasporti, Barbara Bonino, che non è consigliere regionale e non è indagata. “Il Piemonte ha bisogno di approvare un bilancio e di lavorare per fare ripartire l’economia. Del resto si occupino i magistrati”. Il capogruppo della Lega, Mario Carossa, ha invece detto che valuterà eventuali dimissioni: “Noi della Lega non ci tiriamo mai indietro”. 
“Sono dispiaciuto per il clima che si è creato e per quello che sta succedendo” commenta il consigliere del Pd Mauro Laus, uno dei pochi a non essere coinvolto dall’inchiesta. Tra i non indagati figurano anche i consiglieri regionali del Pd Giovanna Pentenero, Roberto Placido, che è anche il vicepresidente del Consiglio regionale, Gianni Oliva ed Elio Rostagno, questi ultimi due entrati in consiglio da poche settimane. Non sono indagati anche Sara Franchino, del gruppo Pensionati con Cota, anche lei da poco a Palazzo Lascaris, e Claudio Sacchetto, della Lega Nord,che è anche assessore regionale all’Agricoltura.

venerdì 4 gennaio 2013

Piemonte, la Regione privatizza la sanità. Ma la fa funzionare con soldi pubblici. - Angela Corica


Piemonte, la Regione privatizza la sanità. Ma la fa funzionare con soldi pubblici


Conti in rosso, svendita degli immobili, nuovi provvedimenti in arrivo. Cota mette piede all'acceleratore e con le "federazioni sanitarie" bypasserà Asl e aziende ospedaliere. Ma di certo per ora ci sono solo i costi: almeno un milione di euro per gli amministratori.

Conti drammaticamente in rossosvendita degli immobili e nuovi provvedimenti in ambito sanitario. La Regione Piemonte mette piede all’acceleratore e va avanti spedita verso la privatizzazione del pubblico. Con la costituzione delle federazioni sanitarie (prodotto della legge regionale numero 3 del 2012) è di fatto possibile bypassare le Asl e Aziende ospedaliere per controllare la sanità anche per fini politici. Come? Il presidente Cota e l’assessore Monferino avevano dichiarato più volte che per ridurre la spesa sanitaria bisognava intervenire drasticamente razionalizzando e accorpando. L’ex manager Iveco Monferino, diventato assessore, non perdeva occasione per dichiarare che voleva trasferire la sua esperienza nella sanità, accorpando gli acquisti e magazzini per perseguire economie di scala.
E così, con la legge regionale in Piemonte si creano sei nuove società consortili private, le Federazioni sanitarie. Ogni Federazione ha a capo un amministratore unico e aggrega un certo numero di aziende sanitarie o ospedaliere che diventano soci della Federazione e ad essa devono cedere tutte le funzioni amministrative gestionali e tecnico logistiche. Una innovazione che sembra basarsi sul modello manageriale privato, efficiente. C’è lo Statuto della Società consortile, c’è l’assemblea consortile dove amministratore della Federazione e soci prendono le decisioni, ci sono i revisori dei conti. Nei fatti c’è la creazione di altre sei strutture stabili, con amministratori ben pagati con contratto triennale, organizzate secondo un criterio di appartenenza politica, che riferiscono direttamente a Monferino e hanno il mandato di estrarre rapidamente dagli ospedali tutte le funzioni non strettamente sanitarie per poterle governare direttamente e più facilmente, gli acquisti per primi.
Di sicuro abbiamo nuovi costi certi: gli stipendi dei sei amministratori privati, pari a quelli di un direttore generale di azienda, si viaggia sui 130mila euro annui a testa, aggiungiamoci i costi di rogito delle Federazioni, che sono società private, quindi si va dal notaio e si paga, altri soldi. In tempi di spending review e di crisi profonda per la Regione, almeno un milione di euro l’anno. Soldi pubblici.
Le federazioni private però si attribuiscono funzioni ma non hanno personale proprio: chi svolge il lavoro? Il personale delle aziende sanitarie o ospedaliere del servizio sanitario regionale. Dunque dipendenti pubblici, quelli che già svolgevano le stesse funzioni in ospedali e Asl, già collegati in rete da anni a fare acquisti in comune. Già, perché ben prima dell’epoca di Cota e Monferino ospedali e Asl si erano uniti in “sovrazone” per aggregare i propri fabbisogni di beni e servizi e fare gare d’appalto insieme, onde ottenere economie di scala.
Con uno strano meccanismo il personale del sistema sanitario nazionale sarà “assegnato funzionalmente” alle federazioni pur rimanendo contemporaneamente in carico e pagato dal sistema sanitario nazionale, almeno stando al testo della legge regionale, e ai primi accordi che vanno stipulandosi tra direttori degli ospedali ed amministratori delle federazioni. Questa “assegnazione funzionale” pare preoccupare i dipendenti coinvolti; sono dipendenti pubblici e tuttavia lavoreranno per società consortili private, quali sono le federazioni; il loro rapporto di lavoro è regolato dettagliatamente dal contratto collettivo nazionale, dove questa “assegnazione funzionale” non esiste.
Pare che l’assegnazione duri almeno un anno, senza possibilità di tornare indietro prima, non è chiaro poi indietro dove e a fare cosa. In un periodo storico in cui appare obbligatorio il contenimento della spesa pubblica, la Regione Piemonte, a rischio fallimento (Monferino stesso ha dato l’allarme default) si mette a creare nuove strutture, private, che duplicano funzioni già di competenza di enti pubblici creati con legge nazionale.
L’assessorato alla Sanità, già interrogato dai sindacati, chiarisce che è tutto in regola e le federazioni sono di diritto pubblico “poiché i soci sono esclusivamente le aziende sanitarie regionali afferenti all’area sovrazonale coincidente con ciascuna federazione”. Ma quello che sta accadendo in questi giorni dentro aziende sanitarie e ospedaliere non è così normale come si tenta di far credere. Nell’ultima settimana ci sono stati numerosi accordi fra amministratori delle federazioni e i vari direttori, con una notevole accelerazione del trasferimento delle competenze e del personale alle Federazioni. Spostamenti in realtà temporanei, in attesa di concentrare più funzioni possibili intorno alle Federazioni. Mentre per il personale si parla sempre più spesso di esuberi e di mobilità. Un bagno di sangue annunciato. Intanto, mentre prosegue il trasferimento delle funzioni, il 30 gennaio il Tar dovrà pronunciarsi sulle Federazioni a seguito di un ricorso presentato da Fedir Sanità, che ha sollevato, fra le altre cose, il dubbio di incostituzionalità delle stesse.