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martedì 29 novembre 2016

La riforma costituzionale Renzi-Boschi è quasi uguale al “Piano di Rinascita democratica” di Licio Gelli. - Ignazio Coppola



Promemoria  per tutti coloro che domenica 4 dicembre si recheranno alla urne per esprimere il loro voto sulla riforma costituzionale voluta dal Governo Renzi. E’ bene sapere che questa riforma trae origine dalle ‘riflessioni’ del Gran Maestro venerabile della Loggia P2, Licio Gelli, scomparso un anno fa. Come potete leggere qui di seguito, quasi tutti gli ‘obiettivi’ che i piduisti si prefiggevano di raggiungere si ritrovano nella riforma costituzionale del Governo Renzi
di Ignazio Coppola
Una riforma costituzionale che ci fa andare indietro nel tempo di 40 anni. E’ infatti datata 1976 quando fu scoperto il “Piano di Rinascita democratica”,detto anche programma di Rinascita Nazionale del piduista Licio Gelli che consisteva in un assorbimento degli apparati democratici della società italiana dentro le spire di un autoritarismo legale i cui obbiettivi essenziali consistevano in una serie di riforme e modifiche costituzionali. Il piano di Gelli si prefiggeva lo scopo di “rivitalizzare”ed “addomesticare” il sistema attraverso la sollecitazione di tutti gli istituti che la Costituzione prevede e disciplina, dagli organi dello Stato ai partiti politici, alla stampa, ai sindacati e agli stessi cittadini elettori. Programmi a medio e a lungo termine che prevedevano, in premessa, il ritocco della Costituzione, con precisi obbiettivi di modifica degli assetti istituzionali
In un ‘intervista sul Corriere della Sera del 5 ottobre 1980, Licio Gelli Gran Maestro venerabile della loggia P2, che fu definita dall’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini un’associazione a delinquere, esponeva all’intervistatore Maurizio Costanzo il suo programma contenuto nel Piano di Rinascita Democratica che consisteva in alcuni punti fondamentali:
1) Il controllo dei politici (nominati e non eletti), dei partiti, delle televisioni e degli organi di informazione;
2) ridimensionamento dei sindacati;
3) privatizzazione di tutti gli enti pubblici;
4) mutamento della Repubblica in senso presidenziale;
5) accentramento dei poteri nelle mani di pochi in un regime governo-centrico a discapito delle autonomie locali (che oggi   con la riforma Renzi-Boschi troverebbe riscontro nella clausola di supremazia dello Stato sulle Regioni).
Un articolato programma, quello del Piano di Rinascita democratica di Gelli, che prevedeva una svolta di stampo autoritario da imporre al Paese attraverso opportuni interventi sui principali settori della vita pubblica italiana: Parlamento, Governo, partiti politici, magistratura, informazione, sindacati.
Interventi da portare avanti non dall’esterno, in modo violento, ma dall’interno, attraverso la scalata ai vertici del mondo politico, istituzionale e dell’informazione.
Mancava l’ultima parte al disegno gelliano: quello per il raggiungimento di questi obbiettivi, finalizzato allo stravolgimento della Costituzione (oggi riforma Renzi-Boschi) e del sistema elettorale (oggi Italicum).
Dove non è riuscito Silvio Berlusconi (tessera della P2 n. 1819), troppo distratto dai bagordi e dalle cene di Arcore, ha pensato, sotto l’abile e “sapiente” regia del presidente emerito Giorgio Napolitano, a tappe forzate con il suo Governo, Matteo Renzi.
E’ di questo Governo, infatti, l’abolizione dell’art. 18; è di questo Governo l’ultimo attacco all’unità sindacale; è di questo Governo la riforma per l’introduzione della responsabilità civile dei magistrati; è di questo Governo la pericolosa riforma costituzionale per rovesciare, con il “combinato disposto” con l’Italicum (legge che si può considerare la fotocopia della legge Acerbo del 1923 che fu l’anticamera del fascismo), la centralità del Parlamento a favore di un premierato forte, con un’enorme concentrazione di potere nella mani dell’esecutivo e del suo “capo”.
Un uomo solo al comando, con tutti i rischi che per la democrazia questo ovviamente comporta. Così da far dire al giudice Nino di Matteo, lo scorso 22 ottobre, a proposito delle riforma Renzi- Boschi:
“Questa riforma ha un solo obbiettivo, quello voluto dallo stesso Licio Gelli nel piano di Rinascita democratica della P2 e dai successivi governi, ossia quello di favorire il potere esecutivo a scapito del potere legislativo e giudiziario, trasformando così la democrazia in una sorta di dittatura dolce, fondata non sulla sovranità popolare, ma sul potere oligarchico che obbedisce solo alle leggi della finanza e dell’economia internazionale”.
Dalla democrazia all’oligarchia il passo è breve. Al giudice Di Matteo ha fatto poi eco il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, magistrato, esponente dello stesso partito di Renzi, il PD. Emiliano ha definito la riforma sottoposta a referendum un “attacco alla Costituzione”.
Questi sono importanti elementi di riflessione per gli elettori che, domenica prossima 4 dicembre, andranno a votare: soprattutto se pensano di votare sì.
Detto questo, se il sì dovesse vincere sorgerebbe, per Matteo Renzi, un altro costoso problema: ossia quello di pagare agli eredi di Licio Gelli, che legittimamente li rivendicherebbero, i diritti d’autore della riforma costituzionale di cui il loro congiunto era stato, a suo tempo, l’ideatore con il suo piano di Rinascita democratica ed ora riproposto agli italiani dal duo Renzi-Boschi.

giovedì 17 dicembre 2015

PIANO DI RINASCITA DEMOCRATICA.



PREMESSA 

1) L'aggettivo democratico sta a significare che sono esclusi dal presente piano ogni movente od intenzione anche occulta di rovesciamento del sistema.

2) Il piano tende invece a rivitalizzare il sistema attraverso la sollecitazione di tutti gli istituti che la Costituzione prevede e disciplina, dagli organi dello Stato ai partiti politici, alla stampa, ai sindacati, ai cittadini elettori. 

3) Il piano si articola in una sommaria indicazione di obiettivi, nella elaborazione di procedimenti - anche alternativi - di attuazione ed infine nell'elencazione di programmi a breve, medio e lungo termine. 

4) Va anche rilevato, per chiarezza, che i programmi a medio e lungo termine prevedono alcuni ritocchi alla Costituzione - successivi al restauro delle istituzioni fondamentali. 

OBIETTIVI 

1) Nell'ordine vanno indicati: 

a) i partiti politici democratici, dal PSI al PRI, dal PSDI alla DC al PLI (con riserva di verificare la Destra Nazionale) 

b) la stampa, escludendo ogni operazione editoriale, che va sollecitata al livello di giornalisti attraverso una selezione che tocchi soprattutto: Corriere della Sera, Giorno, Giornale, Stampa, Resto del Carlino, Messaggero, Tempo, Roma, Mattino, Gazzetta del Mezzogiorno, Giornale di Sicilia per i quotidiani; e per i periodici: Europeo, Espresso, Panorama, Epoca, Oggi, Gente, Famiglia Cristiana. La RAI-TV va dimenticata; 

c) i sindacati, sia confederali CISL e UIL, sia autonomi, nella ricerca di un punto di leva per ricondurli alla loro naturale funzione anche al prezzo di una scissione e successiva costituzione di una libera associazione dei lavoratori; 

d) il Governo, che va ristrutturato nella organizzazione ministeriale e nella qualità degli uomini da preporre ai singoli dicasteri; 

e) la magistratura, che deve essere ricondotta alla funzione di garante della corretta e scrupolosa applicazione delle leggi; 

f) il Parlamento, la cui efficienza è subordinata al successo dell'operazione sui partiti politici, la stampa e i sindacati. 

2) Partiti politici, stampa e sindacati costituiscono oggetto di sollecitazioni possibili sul piano della manovra di tipo economico-finanziario. La disponibilità di cifre non superiori a 30 o 40 miliardi sembra sufficiente a permettere ad uomini di buona fede e ben selezionati di conquistare le posizioni chiave necessarie al loro controllo. Governo, Magistratura e Parlamento rappresentano invece obiettivi successivi, accedibili soltanto dopo il buon esito della prima operazione, anche se le due fasi sono necessariamente destinate a subire intersezioni e interferenze reciproche, come si vedrà in dettaglio in sede di elaborazione dei procedimenti 

3) Primario obiettivo e indispensabile presupposto dell'operazione è la costituzione di un club (di natura rotariana per l'eterogeneità dei componenti) ove siano rappresentati, ai migliori livelli, operatori, imprenditoriali e finanziari, esponenti delle professioni liberali, pubblici amministratori e magistrati nonché pochissimi e selezionati uomini politici, che non superi il numero di 30 o 40 unità. Gli uomini che ne fanno parte debbono essere omogenei per modo di sentire, disinteresse, onestà e rigore morale, tali cioè da costituire un vero e proprio comitato di garanti rispetto ai politici che si assumeranno l'onere dell'attuazione del piano e nei confronti delle forze amiche nazionali e straniere che lo vorranno appoggiare. Importante è stabilire subito un collegamento valido con la massoneria internazionale. 

Continua qui:

http://www.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2010/07/Il-Piano-di-rinascita-democratica-della-P2-commentato-da-Marco-Travaglio.pdf