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lunedì 5 agosto 2024

Da Tumulo neolitico a Bunker: La lunga storia della Hogue Bie.

 

La Hougue Bie è una delle strutture antiche più spettacolari presenti in Europa. Hougue deriva da una parola norrena che significa ''tumulo''.
Si trova sull'isolotto di Jersey, davanti alle coste della Normandia e nacque come sito di un tumulo funerario neolitico intorno al 3500 a.C.
Il tumulo copriva una tomba a corridoio (orientata per ricevere i raggi del sole e illuminare i recessi più remoti della camera durante gli equinozi) e una camera funeraria.
Sebbene non fosse utilizzato principalmente per le sepolture, il sito è una delle tombe a corridoio meglio conservate al mondo e aveva probabilmente uno scopo più complesso che comprendeva una serie di funzioni rituali e cerimoniali.
Rimase aperta e utilizzata per diversi secoli, prima che la tomba venisse definitivamente sigillata e il sito abbandonato.
Il sito venne cristianizzato nel XII secolo : una cappella venne costruita sulla sua cima e rimase in uso fino al 1520. Nel 1780 la cappella venne trasformata in abitazione, in seguito abbandonata.
Durante la Seconda Guerra mondiale venne utilizzato come bunker dalle truppe tedesche che sfruttarono al meglio la presenza di una rete fittissima di tunnels pre-esistenti causando però ingenti danni archeologici. Costruirono una torre di osservazione di 8 metri in cima a l tumulo e un bunker in cemento oggi trasformato in un museo dell'occupazione dove sono esposti oggetti commemorativi dei lavoratori provenienti da tutta Europa costretti a costruire difese a Jersey durante l'occupazione tedesca.



















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martedì 6 luglio 2021

Carni sintetiche, gli investitori ci credono. Entro il 2030 business da 25 miliardi $. - Micaela Cappellini

 

Oggi il mondo della bistecca sintetica comprende meno di 100 start-up. Nel 2020, nonostante la pandemia, ha attirato circa 350 milioni di dollari in investimenti e dall’inizio di quest’anno è già arrivata ad altri 250 milioni. 

Oggi, per mettere in tavola un vassoio di manzo wagyu, la preziosissima carne giapponese, si spendono fino a mille euro al chilo. Eppure tra meno di dieci anni, di euro, ne basteranno solo dieci. Fantascientifico? Non troppo: benvenuti nel futuro della carne sintetica, dal laboratorio alla padella senza passare dalla stalla. Perché tra microscopi e alambicchi, si può riprodurre di tutto, persino il manzo wagyu. O il salmone selvaggio del Nord, le ostriche di Normandia e, perché no, anche la carne di Dodo, l’uccello ormai estinto. Tutto al prezzo politico di cinque dollari al chilo.

Sembra fantascienza, ma sono previsioni da non sottovalutare, queste, perchè portano la firma degli analisti McKinsey. E se un think tank di questo calibro si è cimentato nel primo studio organico del settore, significa che la carne sintetica è destinata a diventare un business di un certo peso. Per l’esattezza, un affare da 25 miliardi di dollari entro il 2030. In Europa le associazioni degli allevatori - con quelle italiane in testa - combattono contro i tentativi di Bruxelles anche solo di sdoganare il nome hamburger per le polpette fatte di carne-non carne. In Italia il fenomeno carne sintetica di fatto lo si subisce. Ma altrove, nel mondo, la ricerca corre e fa passi da gigante. Per esempio, alla Orbillion Bio già si studia come replicare il manzo wagyu, mentre alla Vow si lavora sulla fedele riproduzione del gusto della carne di canguro e di alpaca.

350 milioni nel 2020.

Oggi il mondo della bistecca sintetica comprende meno di 100 start-up. Nel 2020, nonostante la pandemia, ha attirato circa 350 milioni di dollari in investimenti e dall’inizio di quest’anno è già arrivata ad altri 250 milioni. Sul settore si sono buttati alcuni tra i più grandi player internazionali del settore delle proteine animali (come Tyson e Nutreco) e investitori del calibro di Temasek e SoftBank.

Per produrre hamburger e filetti che abbiano lo stesso odore, lo stesso gusto e la stessa consistenza dei loro omologhi naturali ci sono varie tecniche: dall’estrusione alla stampa 3D, dall’utilizzo di proteine vegetali alla coltivazione in laboratorio di cellule animali. Secondo gli esperti della McKinsey, più ancora che le resistenze filosofiche, è il costo lo scoglio più grande da superare per convincere i consumatori a passare alla carne sintetica. Ma anche su questo fronte l’industria ha fatto passi da gigante. Nel 2013, per il primo hamburger prodotto con carne coltivata in laboratorio, si spendono 300mila dollari. Passano neanche tre anni, e il prezzo di mercato di una polpetta prodotta dalla Memphis Meat scende a 20mila dollari alla libbra. Fino ad arrivare all’inizio di quest’anno, quando la Future Meat Technologies annuncia di essere riuscita a realizzare un petto di pollo da 160 grammi a soli quattro dollari. Da qui alla soglia dei 5 dollari al chilo, il passo è davvero breve. Gli analisti della McKinsey non hanno dubbi: entro il 2030, la carne sintetica arriverà a costare tanto quanto quella animale.

Il bilancio occupazionale.

A quel punto, molto del futuro della carne di laboratorio dipenderà dalle scelte dei consumatori e da quelle della politica. Calcola sempre McKinsey che per produrre 500mila tonnellate di proteine sintetiche occorrono circa 5mila lavoratori, che è più o meno quanti ne occupa oggi la filiera della carne convenzionale. I governi che scelgono di andare in questa direzione, insomma, non andrebbero incontro a una perdita di posti di lavoro. Alle fabbriche produttive, poi, andrebbe aggiunto tutto l’indotto, a cominciare dalle materie prime come il tradizionale zucchero, ingrediente fondamentale di ogni processo di fermentazione. Per produrre 1,5 milioni di tonnellate di carne sintetica servono fino a 440 milioni di litri di soluzione, l’equivalente di 176 piscine olimpioniche.

Attualmente, però, di questo liquido per la coltura cellulare l’industria farmaceutica ne produce solo 20 milioni di litri. È facile intuire che la carne-non carne si candida a diventare un affare anche per Big Pharma.

IlSole24Ore

venerdì 27 febbraio 2015

Mont Saint-Michel torna isola.



Normandia. 
Ecco le immagini dello spettacolare Mont Saint-Michel in versione finalmente, completamente isolana. 
Non accadeva dal 1879, complici i detriti portati dal fiume Couesnon il cui estuario è proprio davanti al promontorio, e quelli accumulati attorno alla strada-parcheggio, eredità del turismo di massa. 
Ora che il parcheggio è stato smantellato, e con i lavori di sbarramento-deviazione del fiume, la marea eccezionale di febbraio ha permesso di assistere al fenomeno. 
La replica, che si preannuncia ancor più eclatante, è fissata tra il 21 e il 22 marzo, data del successivo novilunio, che tra l'altro coincide con un'eclissi totale di sole (Svalbard e Faer Oer), e quindi con un allineamento particolare di sole e luna, favorevole al fenomeno.

Leggi l'articolo [22 febbraio 2015]