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mercoledì 30 marzo 2022

Riarmo, lo “sgambetto” di Giorgia a M5S e LeU: l’ordine del giorno non si vota. - De Carolis, Salvini

 

GUERRIGLIA DI PALAZZO - Il governo accoglie l’ordine del giorno di Fratelli d’Italia al decreto Ucraina per aumentare le spese militari fino al 2% del Pil. Ma i meloniani chiedono di non mettere ai voti i documento. Protestano M5S e LeU: così è vietato il dissenso.

Alle quattro del pomeriggio, nella sala Koch del Senato, la maggioranza implode. Urla, accuse, fascicoli agitati come drappi in commissione. Il governo, per bocca del ministro dei Rapporti col Parlamento, Federico D’Incà, ha appena accolto l’ordine del giorno di Fratelli d’Italia al decreto Ucraina per aumentare le spese militari fino al 2 per cento del Pil, senza modifiche. Ma, a sorpresa, i senatori meloniani guidati da Luca Ciriani e Isabella Rauti decidono di non strafare: FdI non chiede di mettere ai voti l’ordine del giorno e quindi di non obbligare la maggioranza a una sanguinosa conta. “Abbiamo vinto, non volevamo fare un dispettuccio di maggioranza” sorride la senatrice Rauti. A quel punto, succede di tutto. Perché sia i senatori del M5S che quelli di LeU, rappresentati da Loredana De Petris, non ci stanno. Vogliono che sia messo ai voti il loro dissenso dalla scelta del governo sul riarmo. Ma non è possibile: una volta accolto l’odg, se i firmatari non chiedono di metterlo ai voti lo stesso, non si tiene alcuno scrutinio. Così la spaccatura nella maggioranza, dall’interpretazione del regolamento, tracima sul piano politico. La mossa dei meloniani fa andare in mille pezzi l’asse giallorosa. Il senatore 5S Gianluca Ferrara accusa i colleghi di voler fare “gli interessi dell’industria della Difesa”, Paola Taverna parla di “propaganda becera” di FdI, Andrea Cioffi attacca: “Il governo si trincera dietro fratelli d’Italia”. De Petris fa asse con i pentastellati sostenendo che l’atteggiamento del governo è “inaccettabile” e la decisione di alzare le spese militari è “sbagliata e dannosa”.

Da fuori anche Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana spara: “È un favore alla lobby industriale bellica, un colpo serio alle ragioni della pace – attacca – da oggi il governo Draghi ha ampliato la sua maggioranza ancora più a destra con FdI”. Ma l’accusa più rumorosa è quella del M5S nei confronti della presidente della commissione Difesa del Pd, Roberta Pinotti, rea di non aver voluto mettere ai voti l’odg. Vito Crimi riassume così: “Con il nostro Petrocelli le cose sarebbero andate diversamente”. Ma dicono che non la pensi proprio così Vito Petrocelli, presidente della commissione Esteri, ieri assente. Ma comunque voglioso di annunciare che non voterà il decreto che invia armi all’Ucraina, ossia il testo a cui è collegato anche l’odg di FdI. “Partiti guerrafondai, politici decotti e presunti servitori dello Stato si fanno interpreti del Paese reale e ci fanno diventare co-belligeranti” attacca. Il Pd, a cui era stato offerto un punto di caduta (mandare direttamente il decreto in Aula senza relatore, così da non dover votare sugli odg) prova a rispondere con Alessandro Alfieri: “Va bene le esigenze dei partiti, ma non si metta in difficoltà il governo”.

Oggi pomeriggio il decreto arriva in Aula, per essere votato già domani. Con o senza fiducia, non è ancora chiaro. “Se FdI non ripresenta in Aula l’odg non servirebbe” spiegano fonti di governo. Oppure se i meloniani confermeranno la scelta di non metterlo ai voti. Ma si deciderà nelle prossime ore. A occhio lunghissime, per la maggioranza.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/30/riarmo-lo-sgambetto-di-giorgia-a-m5s-e-leu-l-ordine-del-giorno-non-si-vota/6541822/

domenica 20 maggio 2018

UN PARTITO ALLO SBANDO. - Andrea Carugati per www.lastampa.it



UN PARTITO ALLO SBANDO - VIDEO: FISCHI E URLA ALL'ASSEMBLEA PD. ALL'ULTIMO SECONDO CAMBIA L'ORDINE DEL GIORNO, NIENTE PIÙ VOTO SUL SEGRETARIO, MA UNA ''DISCUSSIONE SULL'ATTUALITÀ''. MA CHE È, LA DOMANDA A PIACERE? IL TEMA DI CULTURA GENERALE? A CHE SERVE CONVOCARE CENTINAIA DI PERSONE ALL'ERGIFE DI ROMA PER NON FARE UNA CIPPA?

Caos calmo all’assemblea nazionale del Pd all’Hotel Ergife di Roma. Caos perché sono volati fischi, quando il presidente Matteo Orfini ha annunciato la proposta di cambiare l’ordine del giorno: non più elezione del nuovo segretario, ma discussione sull’attualità, e cioè la nascita del governo Lega-M5s. Calmo perché alla fine è successo quello che i renziani chiedevano da venerdì: rinviare le decisioni calde a una prossima assemblea. 

ASSEMBLEA NAZIONALE PD












La riunione è iniziata a mezzogiorno, con due ore di ritardo, dopo una mattinata di frenetiche trattative e raccolte firme tra i renziani e i ribelli di Andrea Orlando, Dario Franceschini, Maurizio Martina e Michele Emiliano. Alla fine Martina e Franceschini hanno deciso di accettare la proposta dei renziani, e di cambiare l’ordine del giorno. In cambio, Renzi ha lasciato la scena al reggente, rinunciando ad aprire la riunione. Al momento del voto, però, i delegati di Orlando e Emiliano hanno votato no. Risultato: 397 sì, 221 no e 6 astenuti. La conta c’è stata, seppur solo sull’inversione dell’ordine del giorno.  

Andrea Orlando e anche Luigi Zanda hanno votato contro. Così come altri delegati dell’area Franceschini che non hanno rispettato l’ordine di scuderia. E l’area renziana è arrivata al 57% dei 700 presenti, un netto calo rispetto al 70% di un anno fa, sostengono gli antirenziani. Di fatto però l’obiettivo di non eleggere un nuovo segretario è stato centrato da Renzi. In cambio Orfini ha ribadito all’assemblea che le dimissioni dell’ex segretario sono “irrevocabili”.

ASSEMBLEA NAZIONALE PD

























Formule e bizantinismi che danno l’idea della fatica del Pd a superare la stagione renziana. Anche per le divisioni e i tentennamenti del composito fronte dei ribelli. I numeri contano: prima di arrivare alle votazioni ufficiali le varie anime dem avevano fatto partire delle raccolte firme informali, con i renziani che erano arrivati intorno a 400 voti. Numeri che avrebbero fatto passare la richiesta di indire subito il congresso, cancellando Martina e passando tutti i poteri fino alle primarie al presidente Orfini.

 “Chiedo di poter lavorare insieme a tutti voi per portare in maniera unitaria, forte, il Pd al congresso, senza la fatica dei detti e non detti che hanno generato ambiguità”, ha detto Martina nella sua relazione. “Non ho l’arroganza di fare questo lavoro da solo. Ma se tocca a me, anche se per poche settimane, tocca a me”. E ancora: “Non credo che il Pd debba essere superato, che si debba andare oltre o indietro. Chiedo in un nuovo centrosinistra alternativo a Lega e M5s e alternativo a Forza Italia”. Su questo ultimo passaggio, il no a Berlusconi, dai delegati più a sinistra è arrivata una ovazione. Dagli stessi banchi sulla sinistra della sala alla fine è arrivato un coro “Segretario, segretario”, rivolto a Martina. 


ORFINI MARCUCCI MARTINA DELRIO













Gelo nelle prime file, con tutto lo stato maggiore del partito, a partire da Renzi. Accanto alle critiche al contratto di governo Lega-M5s, Martina infatti ha criticato la formazione delle liste Pd. “Abbiamo sbagliato sulla formazione delle liste. Mettiamo a fuoco il problema per evitare di tornare a commettere quegli errori. Diciamolo”. E ancora: “Abbiamo perso male, abbiamo sbagliato noi, io penso che ci sia mancato il contatto con il bisogno. Abbiamo pensato che la crescita portasse con sé più uguaglianza, e invece no, la forbice delle disuguaglianze si allargava”.

ORFINIORFINI











“Tutto questo - ha detto il reggente - non smarrisce l’importanza dell’impegno di tutti noi, dei nostri governi, le tante cose buone vanno rivendicate”. Parole, quelle sulla sconfitta e sulle liste Pd, che hanno acuito le distanze tra Martina i renziani. Tanto che alla fine solo Orlando e Francesco Boccia hanno lodato la relazione. E chiesto un voto finale. Ma i renziani meditano di far mancare il numero legale, per far mancare a Martina l’incoronazione a segretario. Intanto, per il pranzo Gentiloni e il suo predecessore a palazzo Chigi hanno lasciato l’Ergife.  



http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/partito-sbando-video-fischi-urla-all-39-assemblea-pd-174153.htm