Visualizzazione post con etichetta Mario Draghi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Mario Draghi. Mostra tutti i post

martedì 29 marzo 2022

Spese per la difesa, maggioranza divisa al Senato. Il governo verso la fiducia. -

 

I punti chiave.


Prove di mediazione sul decreto Ucraina e, in particolare sull’aumento delle spese militari, su cui la maggioranza rischia di spaccarsi al Senato. Fieramente contrario alla soglia del 2% del Pil, per gli investimenti sulla difesa, è il Movimento 5 stelle, seguito da Leu. Pronto a trattare il governo, fermo sugli impegni presi a livello militare ma anche pronto a valutare il voto di fiducia per “salvare” il provvedimento azzerando tutti gli emendamenti e gli ordini del giorno come quello di FdI che lo impegna a raggiungere la soglia del 2 per cento sulle spese militari. In quest’ottica rientra il faccia a faccia che si terrà nelle prossime ore tra il premier Mario Draghi e il suo predecessore e leader dei 5S, Giuseppe Conte.

Maggioranza in cerca di intesa.

Intanto, è fallita la ricerca di un’intesa con una riunione, in videocollegamento, tra il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà e i vertici dei vari gruppi a Palazzo Madama e delle due commissioni Esteri e Difesa che dovrebbero approvare il decreto, per discuterlo in aula mercoledì. Secondo quanto si apprende, M5S e Leu sono rimasti sulle barricate rifiutando ogni tipo di mediazione proposta, che sarebbe potuta entrare - in caso di accordo - in un ordine del giorno ad hoc.

Sul provvedimento, già votato alla Camera il 17 marzo, le divisioni non sono in sostanza sui contenuti ma proprio sull’ordine del giorno proposto da Fratelli d’Italia che chiede al governo di tener fede all’impegno preso - anche dal presidente Draghi, si rammenta nel documento - sulla «necessità di incrementare le spese per la difesa» fino al 2%.

Per FdI spazi di manovra.

Se il partito di Giorgia Meloni chiederà di metterlo ai voti (molto probabile), avrà il no di 5S e LeU. «La nostra posizione è lineare. Andiamo avanti», insiste Conte. E proprio la fiducia automaticamente blinderebbe il decreto, facendo decadere ogni mozione collegata. Estrema ratio per “salvare” il provvedimento - passato indenne e senza fiducia a Montecitorio - visto che tutti confermerebbero la fiducia. M5S compreso. L’opposizione ha, insomma, un’occasione per stanare e fiaccare la maggioranza, facendo leva sulla coerenza del governo rispetto alle posizioni prese a livello europeo e alla credibilità internazionale. Tant’è che fa spallucce la leader di FdI, Giorgia Meloni quando ribadisce che «sulle spese militari è il governo che sostiene noi», liquidando i rischi di una spaccatura “governativa” come «un problema della maggioranza».

L’approdo al Def.

Da Palazzo Chigi nessun tentennamento. L’Italia sarà fedele all’impegno preso con la Nato di portare al 2% le spese militari entro il 2024, con un percorso che dovrebbe essere ribadito nel Documento di economia e finanza (giovedì potrebbe arrivare sul tavolo del Consiglio dei ministri). L’approdo al Def potrebbe essere quindi la via d’uscita per i 5 Stelle. Sul tavolo - e su pressing soprattutto del Pd e di Iv- ci sarebbe anche l’opzione di un ordine del giorno unitario della maggioranza (in aggiunta a quello di FdI) che dia il segno della compattezza nonostante tutto, e su cui ad esempio ci potrebbe essere un rimando vago al Def sulle spese militari, specificando che l’arrivo al 2% del Pil sarebbe un obiettivo graduale.

Il premier sente Zelensky.

Intanto Palazzo Chigi conferma la sua posizione sull’Ucraina, in linea con il monito per «la pace subito» lanciato dal presidente Mattarella. Draghi, che ha sentito al telefono il presidente ucraino Zelensky, ribadisce il sostegno alle autorità e al popolo ucraini, contribuendo all’azione internazionale per mettere fine alla guerra. Ma anche aprendo alla possibilità, sostenuta dall’ambasciatore ucraino a Roma, Yaroslav Melnyk, che l’Italia si faccia garante in caso di aggressione all’Ucraina, insieme ad altri Paesi.

https://www.ilsole24ore.com/art/spese-la-difesa-maggioranza-divisa-senato-governo-media-ma-valuta-fiducia-AEwaTVNB

domenica 13 giugno 2021

Ecco il Dpcm sul green pass: come funziona in dieci domande e risposte. - Andrea Carli

 

Il decreto, che deve essere firmato dal premier Draghi, è stato elaborato da tre ministeri: Salute, Innovazione ed Economia.

Si delineano le regole per il green pass italiano. Il Dpcm, che sarà firmato dal presidente del Consiglio Mario Draghi nelle prossime ore - il premier è in Cornovaglia per il G7, oggi avrà un bilaterale con il presidente Usa Biden - e che ha ottenuto il via libera con alcune osservazioni da parte del Garante della privacy, è previsto dal decreto sulle riaperture. Il provvedimento è stato elaborato da tre ministeri: Salute, Innovazione ed Economia . Ecco come funziona il green pass in dieci domande e risposte, stando alle indicazioni previste dal decreto Riaperture e dalla bozza del Dpcm (si veda anche Il Sole 24 Ore del 12 giugno).

Che cosa è il green pass?

Il certificato verde, comunemente chiamato “green pass”, attesta lo stato di avvenuta vaccinazione contro il Covid-19, lo stato di avvenuta guarigione dall’infezione o il fatto di aver effettuato un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo al virus.

A che cosa serve?

Serve per viaggiare nell’Unione Europea (alcuni paesi chiedono la seconda dose del vaccino), per raggiungere zone arancioni o rosse (da lunedì 14 giugno Lombardia, Lazio, Piemonte, Emilia-Romagna e provincia autonoma di Trento saranno promosse nella fascia bianca con minori restrizioni) e per partecipare a cerimonie o alle Rsa.

Chi lo rilascia?

La piattaforma nazionale Digital Green Certificate (acronimo DGC) emette e valida il certificato verde.

Quando viene prodotto?

Il certificato verde viene prodotto in tre casi: quando viene somministrato il vaccino, quando viene effettuato il test antigenico rapido o molecolare con esito negativo, nel caso in cui un medico attesta che la persona è guarita dal Covid-19.

Quante persone allo stato attuale sarebbero interessate?

Possono richiedere il green pass le persone che hanno ricevuto una dose di vaccino e quelli che sono guariti dal Covid. Stando alle indicazioni fornire da Lab24, le prime sono oltre 27 milioni (il 45,5% della popolazione), le seconde sono circa due milioni. Per la prima categoria ha una validità di nove mesi (a partire da 15 giorni dopo la prima dose); per la seconda sei mesi dalla guarigione. Il green pass si può ottenere dopo un tampone negativo (72 ore di finestra) e un test antigenico (48 ore).

Quali dati riporta?

Il certificato verde, nelle tre forme (avvenuta vaccinazione, avvenuta guarigione o test negativo) riporta cognome e nome della persona a cui fa riferimento, data di nascita, malattia o «agente bersaglio» (Covid-19), struttura che ha rilasciato la certificazione (ministero della Salute), identificativo univoco della certificaziione verde (si tratta del codice alfanumerico univoco attribuito automaticamente dalla piattaforma). Dopodiché i dati si differenziano a secondo delle singole forme. Il Green pass di avvenuta vaccinazione, ad esempio, riporta il tipo di vaccino somministrato, la denominazione del vaccino, il produttore o titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio, il numero della dose effettuata e il numero totale di dosi previste per l’intestatario della certificazione verde, la data dell’ultima somministrazione effettuata e lo stato membro Ue in cui è stata effettuata la vaccinazione. Il green pass di avvenuta guarigione riporta invece la data del primo test molecolare positivo, lo stato membro Ue che lo ha effettuato, la data di inizio e quella di fine della validità della certificazione verde. Infine, la terza forma riporta la tipologia di test, il nome (facoltativo per il test molecolare), il produttore (anche in questo caso facoltativo per il test molecolare), data e ora del prelievo del campione per il test, data e ora del risultato del test (informazione facoltativa per test antigenico rapido), il risultato del test, il centro o struttura in cui è stato eseguito, e lo Stato membro Ue in cui è stato eseguito.

Quando viene revocato?

La bozza del Dpcm spiega che qualora una struttura pubblica del Servizio sanitario regionale, un medico di medicina generale, un pediatra di libera scelta o un medico Usmaf (Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera) o Sasn (Servizi territoriali per l'assistenza sanitaria al personale navigante, marittimo e dell'Aviazione civile) dovesse comunicare alla piattaforma nazionale la positività al Covid-19 di una persona vaccinata o guarita dal virus, la piattaforma genererebbe una revoca del Green pass eventualmente già rilasciato alla persona e ancora in corso di validità, «inserendo gli identificativi univoci nella lista delle certificazioni revocate e comunicandoli al gateway europeo». Sempre in tale ipotesi la piattaforma invierebbe all’interessato una notifica della revoca.

Con quali strumenti è consultabile?

Il Green pass può essere consultato dalla persona interessata dal sito dedicato, sia accedendo con identità digitale sia con «autenticazione a più fattori»; tramite fascicolo sanitario elettronico, App Immuni, App IO, Sistema Ts (per il tramite dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta, dei farmacisti e degli altri medici delle aziende sanitarie, Usmaf, Sasn autorizzati alla funzione del Sistema tessera sanitaria).

Dove si possono ottenere chiarimenti?

Nella bozza del Dpcm si legge che «viene messo a disposizione un apposito sito web. comprensivo di sezione dedicata alle faq, per fornire informazioni su emissione, acquisizione, utilizzo, validità e verifica delle certificazioni verdi Covid, agli interessati e agli operatori coinvolti». Non solo: vengono messi a disposizione il numero di pubblica utilità del ministero della Salute (1500), il call center di Immuni (800.91.24.921) e l’assistenza di PagoPa per le segnalazioni che arrivano dall’app IO.

Chi può controllarlo?

Secondo la bozza del Dpcm possono verificare il green pass, attraverso la lettura del codice a barre (Qr Code) : i pubblici ufficiali nell’esercizio delle proprie funzioni, il personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi, i soggetti titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi per l’accesso ai quali è prescritto il possesso del certificato verde nonché i loro delegati, il proprietario o il legittimo detentore di luoghi o locali presso i quali si svolgono eventi e attività per partecipare ai quali è prescritto il possesso del green pass nonché i loro delegati e i gestori delle strutture che erogano prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali per l'accesso alle quali, in qualità di visitatori, sia prescritto il possesso della certificazione verde (nonché i loro delegati). Nel momento della verifica il titolare del Green pass deve esibire il documento di identità, qualora venga richiesto da chi effettua la verifica.

IlSole24Ore

venerdì 5 febbraio 2021

Governo Draghi, la diretta delle consultazioni: tocca a Pd e Forza Italia. Grillo guiderà la delegazione M5s. Casaleggio: “Voteranno gli iscritti”.

 

LA GIORNATA - Le consultazioni entrano nel vivo all'indomani dell'apertura del M5s sull'asse Grillo-Conte. Il presidente del Consiglio incaricato incontrerà prima di pranzo le delegazioni di Leu e di Italia Viva poi, dopo Fratelli d'Italia (alle 15), a Montecitorio arriveranno dem e berlusconiani. Zingaretti: "Noi cresciamo, Renzi all'1%". Di Battista insiste: ""Pensate che sarà possibile portare avanti battaglie sulla legalità e sulla giustizia stando al governo con lui?"

È il giorno del faccia a faccia con quattro gambe della possibile maggioranza e del ritorno sulla scena di Silvio Berlusconi. Mario Draghi entra nel vivo delle consultazioni per la formazione del ‘governo del Presidente’ all’indomani dell’apertura del M5s sull’asse tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo, che farà parte della delegazione pentastellata. Anche se intanto Davide Casaleggio sostiene che tra i parlamentari c’è consenso per passare da un voto degli iscritti a Rousseau. Il presidente del Consiglio incaricato incontrerà prima di pranzo le delegazioni di Leu e di Italia Viva poi, dopo Fratelli d’Italia (alle 15), a Montecitorio arriverà il Partito Democratico. Il segretario Nicola Zingaretti ha annunciato che non metterà paletti al perimetro della maggioranza perché è “compito di Draghi”, mentre i dem “offriranno i contenuti”. E sulla situazione nella quale Matteo Renzi ha costretto il suo ex partito scatenando la crisi ha sottolineato: “Ricordo che il giorno del giuramento del Conte 2 Renzi fondò un partito con l’obiettivo dichiarato di distruggere il Pd, noi oggi cresciamo mentre il partito di Renzi è inchiodato al 1,5-2 per cento”.

L’ultimo appuntamento dell’ex numero della Bce sarà quello con Forza ItaliaSilvio Berlusconi pronto a giocare la partita in prima persona. Una variabile di peso, in particolare sul tema giustizia, tra i più delicati per i Cinque Stelle. Non a caso durante la notte è tornato a farsi sentire Alessandro Di Battista, ribadendo la sua contrarietà al governo Draghi, elencando alcuni dossier cari ai pentastellati – tra cui Autostrade – e sottolineando: “Pensate che sarà possibile portare avanti battaglie sulla legalità e sulla giustizia stando al governo con Berlusconi?”. Parole che arrivano all’indomani della lunga telefonata tra il fondatore del Movimento, Beppe Grillo, e il premier incaricato in un gioco di sponda che ha portato anche all’apertura netta di Conte, fermo nel sottolineare che “non sarò un sabotatore”. E Grillo nelle prossime ore si sposterà a Roma, dove è già arrivato Davide Casaleggio. E proprio il figlio del co-fondatore apre a una nuova ipotesi: “Ho incontrato diversi parlamentari e ministri qui a Roma. Qualunque sarà lo scenario politico possibile c’è ampio consenso sul fatto che l’unico modo per avere una coesione del Movimento 5 stelle sarà quello di chiedere agli iscritti su Rousseau”.

Il M5s andrà da Draghi sabato mattina, ultima forza politica chiamata al faccia a faccia. Poco prima sarà la volta della Lega, divisa tra l’appoggio o meno dell’ex presidente della Bce. Dopo l’endorsement netto di Giancarlo Giorgetti, per sminare il terreno di fronte all’out out di Matteo Salvini (“O noi o Grillo”) si è mosso anche Luca Zaia. Da tempo il governatore del Veneto ha una partita aperta con Salvini si dice sicuro che il segretario “saprà muoversi con senso di responsabilità nei confronti del Paese, e anche responsabilità nei confronti della nostra identità” affrontando il colloquio “senza pregiudizi”, dice a Il Corriere della Sera. E apertura nei confronti di Draghi arriva anche da un euroscettico come Alberto Bagnai, responsabile economia del Carroccio: “È pragmatico e saprà gestire il Recovery”, spiega a La Stampa.

Intanto Draghi e Recovery Plan, sempre sul quotidiano torinese, parla anche la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Premettendo che “si tratta di un affare italiano”, specifica che il presidente del Consiglio incaricato “alla Bce ha svolto un ruolo straordinario e di questo ne sono tutti consapevoli” e sottolinea che bisogna “lavorare senza sosta” al Recovery Plan. “Da settimane, per non dire mesi, lavoriamo con le autorità italiane e con le parti interessate per sviluppare i dettagli della bozza. E il lavoro è ancora in corso – afferma la presidente – Dobbiamo andare in profondità nei dettagli, definendo obiettivi e tabella di marcia. Per questo siamo pronti e impegnati con l’amministrazione italiana per lavorare senza sosta e andare avanti perché il tempo è prezioso e non vediamo l’ora di vedere come sarà formato il nuovo governo”.

CRONACA ORA PER ORA.

11.54 – Iniziato l’incontro con Leu.
E’ iniziato a Montecitorio l’incontro tra il presidente incaricato Mario Draghi e la delegazione di Liberi e Uguali, composta dai capigruppo di Camera e Senato, Federico Fornaro e Loredana De Petris.

11.50 – Crippa (M5s): “Serve visione politica”
“Non si faccia un’operazione di mero maquillage, dobbiamo evitare di dare visibilità e rilievo a chi ha causato questo disastro politico. Chi è stato protagonista della crisi di governo, non può oggi essere un elemento determinante tanto più che i suoi numeri in Parlamento sono sempre meno determinanti”. Lo dichiara Davide Crippa, capogruppo del MoVimento 5 Stelle alla Camera, in un passaggio andato in onda alla trasmissione Agorà. “Siamo convinti che un governo tecnico non possa adottare le scelte che riguardano il futuro dei cittadini. Serve una visione politica, e non tecnica, per rilanciare il Paese. Andremo da Mario Draghi per comprendere le sue linee progettuali, ribadendogli che siamo la prima forza parlamentare ed insistendo su alcuni temi per noi fondamentali. Poi si vedrà”, conclude il deputato.

11.46 – Unterberger (Autonomie): “Draghi più tedesco dei tedeschi.”
“In Germania Draghi ha la fama di essere più tedesco dei tedeschi, con i sud tirolesi non può quindi che avere un feeling particolare”. Così la senatrice Julia Unterberger, presidente del Gruppo per le Autonomie (SVP-PATT, UV), dopo le consultazioni con Mario Draghi, dopo aver detto che quello con il presidente incaricato “è stato un primo incontro molto positivo”.

11.34 – Autonomie: “Serve formula Ursula.”
“Auspichiamo un governo politico. La formula ‘Ursulà sarebbe perfetta. Con i governi tecnici non abbiamo avuto buone esperienze per i nostri piccoli territori”. Lo dice Julia Unterberger di Per le Autonomie al termine della consultazione con Mario Draghi. “Ci auguriamo un governo politico. Penso che come convinti europeisti non possiamo che dire sì a un governo Draghi”, ha concluso.

11.20 – Grillo nella delegazione del M5s da Draghi.
Beppe Grillo domani sarà nella delegazione M5S che incontrerà il premier incaricato Mario Draghi. La conferma arriva all’Adnkronos da autorevoli fonti del Movimento e dall’entourage dello stesso garante dei 5 Stelle. Le delegazioni per gli incontri non sono state ancora comunicate ufficialmente, ma Grillo, salvo cambi di programma dell’ultimo minuto, farà parte della squadra.

11.05 – Iniziato il secondo giorno di consultazioni.
È appena iniziato alla Camera l’incontro fra il presidente del Consiglio incaricato, Mario Draghi, e i rappresentanti del gruppo per le Autonomie del Senato. Si tratta del primo colloquio nel secondo giorno di consultazioni. Gli incontri andranno avanti anche nel pomeriggio. Il programma della giornata prevede consultazioni con Leu, Iv, Fdi, Pd e Fi. Domattina sono attesi Lega e M5s.

10.45 – Draghi arrivato a Montecitorio.
Il presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi è a Montecitorio, dove è arrivato poco dopo le 10. Oggi proseguono le consultazioni per la formazione del nuovo governo: in primo incontro in agenda per Draghi è alle 11 quello con il gruppo ‘Per le Autonomiè del Senato.

10.17 – Casaleggio: “Ampio consenso per voto su Rousseau.”
“Ho incontrato diversi parlamentari e ministri qui a Roma. Qualunque sarà lo scenario politico possibile c’è ampio consenso sul fatto che l’unico modo per avere una coesione del Movimento 5 stelle sarà quello di chiedere agli iscritti su Rousseau”.

9.50 – Lezzi: “Con B. e Renzi? Fatale per noi, sciagura per l’Italia.”
“Non posso credere che ci sia tra noi la convinzione che sedere allo stesso tavolo dell’operazione Verdini da Rebibbia possa rappresentare il bene per il Paese ancor più in questo drammatico momento. Il M5S le ha tentate tutte per dare agli italiani un governo che potesse occuparsi di loro ma esistono limiti che devono essere riconosciuti con coraggio e con la memoria alle azioni di questi personaggi che, come avvoltoi, hanno lavorato per far fuori quella persona perbene che è Conte per ritornare a spartirsi la torta come hanno sempre fatto e come la storia ci insegna. Un governo con Berlusconi, Calenda, Renzi, Bonino e Salvini, non è un governo politico ma un’attrazione fatale per il M5S ed una sciagura per gli italiani”. Lo scrive su Facebook Barbara Lezzi

9.18 – Casaleggio a Roma.
Anche il presidente dell’associazione Rousseau, Davide Casaleggio, è a Roma. È quanto circola negli ambienti Cinquestelle. Non è escluso che possa vedere Beppe Grillo, anche lui nella Capitale. Oggi alle ore 19, il figlio del cofondatore del M5S sarà impegnato nel secondo appuntamento del percorso di formazione ‘Ambasciatori della Partecipazionè, promosso dalla Rousseau Open Academy, assieme ad Enrica Sabatini. Non c’è alcuna conferma, né smentita, invece, su incontri con i vertici dei Cinquestelle o con Alessandro Di Battista, tornato a far sentire la sua voce critica sul sostegno al governo che sta tentando di comporre il presidente incaricato, Mario Draghi.

8.55 – Von der Leyen: “Lavorare senza sosta sul Recovery.”
Bisogna “lavorare senza sosta” al Recovery Plan italiano. Lo dice la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, in un’intervista a La Stampa e altri media europei, in parte anticipata ieri, e nella quale, pur ribadendo la “regola d’oro” di non commentare mai le questioni politiche interne, plaude a Draghi: “Alla Bce ha svolto un ruolo straordinario e di questo ne sono tutti consapevoli. Non solo in Italia”.

8.51 – Tajani: “Draghi scelta in direzione di Fi.”
“Berlusconi aveva chiesto un governo dei migliori e la scelta di Draghi va nella direzione auspicata da Forza Italia. Oggi andiamo all’incontro con uno spirito costruttivo, e ricordiamo che fu Berlusconi a indicare Draghi per la guida della Bce. Berlusconi oggi sarà presente, prima non poteva spostarsi, verrà a Roma per guidare la nostra delegazione. Ci sederemo al tavolo con le nostre proposte, tra cui il nostro recovery plan e il nostro piano vaccini. Siamo l’unico partito che ha preparato un recovery plan alternativo a quello del vecchio governo”. Lo ha detto il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani, a Mattino 5. “I temi per noi dirimenti sono la giustizia e la politica fiscale”, ha aggiunto.

8.49 – Delrio: “Non possiamo porre veti.”
“Nel tentativo del Conte ter c’era un appello alle forze europeiste e anti-sovraniste per una coalizione di tipo politico, qui stiamo parlando di un governo che non ha un perimetro politico perché questo è un governo del presidente della Repubblica. Che ha chiesto di rispondere alle emergenze del Paese: non disperdere i fondi del Next generation e rispondere all’emergenza sanitaria e vaccinale. Se la politica vuole fare un salto di qualità questo è il momento. Ognuno risponderà per sé senza porre veti o paletti. Però chiaramente il programma di Draghi dovrà scegliere fra politiche senz’altro diverse. E questo credo sarà lo spartiacque”. Così Graziano Delrio, sulla crisi di Governo, in un’intervista al Corriere della Sera.

8.43 – Zaia: “Salvini si muoverà responsabilmente”
Sono sicuro che Matteo Salvini saprà muoversi con senso di responsabilità nei confronti del paese, e anche responsabilità nei confronti della nostra identità”. Lo dice, intervistato dal Corriere della Sera, Luca Zaia, governatore del Veneto. “Nel senso che – precisa – Salvini affronterà il colloquio con Draghi mettendosi al tavolo ascoltando senza pregiudizi i progetti di governo del presidente incaricato. E il famoso tema dei punti fondamentali: si va al tavolo per verificare se sia possibile lavorare”. E su Mario Draghi afferma: “E un personaggio di indiscusso standing internazionale. È innegabile e saremmo poco onesti intellettualmente se non lo dicessimo: è l’uomo che ha riscattato l’immagine dell’Italia attraverso tutta la sua carriera in particolare nei suoi otto anni di presidenza della Bce. E nemmeno è soltanto questione di curriculum”.

8.20 – Zingaretti: “No paletti alla Lega.”
“Noi porteremo a Draghi le nostre proposte, appena discusse in Direzione. Al primo punto c’è il tema di un forte ancoraggio all’Europa. La Lega è d’accordo? Poi proporremo una riforma del fisco che non intacchi il principio di progressività, altro che flat tax: la Lega è d’accordo? Potrei continuare, mi pare che ci si trovi di fronte a due forze chiaramente alternative…”. lo dice il leader del Pd Nicola Zingaretti a La Stampa. “Ogni fase politica ha le sue regole… Quello che avevamo da dire sul tema, lo abbiamo detto più volte e con chiarezza: ripeterlo ora sarebbe solo un’interferenza – quasi una pressione – nel lavoro del presidente incaricato. Quando vedremo Draghi ricapitoleremo: e se la Lega si dicesse pronta ad entrare in un governo europeista, con un programma europeista e guidato dall’ex Presidente della Banca centrale europea, ne parleremo. Ma lei ci crede? Discuterne adesso non ha gran senso”, ha aggiunto. “Il presidente incaricato è al lavoro e sono sicuro che troverà ampie disponibilità da parte di tutte le forze responsabili” ha spiegato

8 – Di Battista: “Ogni ora che passa più ragioni per il no”
“Ogni ora che passa, per quanto mi riguarda, si aggiungono ragioni su ragioni per dire NO a Draghi. Si dice: ‘non sarà un governo tecnico ma un governo politicò. Benissimo. Allora ragioniamo di politica. C’è chi si batte da 906 giorni, ovvero dal 14 agosto del 2018 (giorno della Strage di Genova), per revocare le concessioni autostradali ai Benetton. Davvero qualcuno crede che Draghi, colui che, da Direttore generale del Tesoro, assegnò le concessioni autostradali ai Benetton, possa revocarle? C’è chi combatte per l’istituzione di una banca pubblica di investimento. Pensate davvero che Draghi, uomo legato a doppio filo alla Goldman Sachs possa realizzarla? Io credo che sia indispensabile un durissimo provvedimento sul conflitto di interessi che proibisca, per legge, consulenze (o conferenze ben retribuite) a politici ed amici della politica. Si potrà mai approvare una legge del genere con Renzi al governo, per giunta rafforzato politicamente, che si sta arricchendo a dismisura grazie a conferenze estere strapagate? Pensate che sarà possibile portare avanti battaglie sulla legalità e sulla giustizia stando al governo con Berlusconi?”. Lo scrive su Facebook Alessandro Di Battista, del Movimento 5 Stelle.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/02/05/governo-draghi-la-diretta-del-secondo-giorno-di-consultazioni-tocca-a-pd-e-fi-grillo-nella-delegazione-m5s-casaleggio-voto-degli-iscritti/6091124/#

mercoledì 6 marzo 2019

Quasi 2 milioni di italiani col Pd, rimasto all’Età della Pietra. - Giorgio Cattaneo

Nicola Zingaretti 43b6a

Favoloso Pd: dopo Renzi e l'avatar Martina, ecco Zingaretti (il nulla), vittorioso su Giachetti (altro nulla) e sullo stesso Martina (idem). Il nulla è il contenuto politico dei tre alfieri delle primarie 2019, che avrebbero mobilitato 1,7 milioni di italiani: impegnatissimi a discettare, appunto, sul vuoto cosmico che il partito ha prodotto, dopo la bruciante sconfitta dello scorso anno. Non una parola sulle cause della disfatta, che ha inevitabilmente portato a Palazzo Chigi i velleitari gialloverdi, cioè gli “incompetenti” 5 Stelle e il “razzista” Salvini. 
Non finisce di stupire, la base del Pd: se i dirigenti non rappresentano più una sorpresa per nessuno, avendo ampiamente dato spettacolo di sé in termini di mediocrità assoluta, stupisce la tenacia di militanti ed elettori, probabilmente convogliati verso i gazebo soprattutto grazie alla martellante campagna mediatica contro l'orco leghista, ben orchestrata anche dalla manifestazione oceanica pro-migranti organizzata alla vigilia del 3 marzo dal milanese Sala per contestare i tanti aspetti inaccettabili del decreto-sicurezza. 
A parte questo, però, il Pd – inteso come corpo politico-sociale – sembra rimasto all'età della pietra, prigioniero di un'altra epoca, ancora ipnotizzato dall'illusione ottica dell'Unione Europea come superpotere illuminato, apolitico e neutrale nonché necessariamente non-italiano, viste le storiche colpe del Belpaese-cicala, gravato dal suo vergognoso debito pubblico.

Per il Pd, la storia è ferma al 1992, all'europeismo bancario e tecnocratico di Ciampi, tuttalpiù alla super-bufala ulivista dell'oligarca Prodi, asceso al cielo solo grazie alla guerra psicologica contro l'Uomo Nero. Sono passati 25 anni, e sembra che gli elettori Pd non abbiano ancora capito che il vero pericolo per l'Italia non era Berlusconi,
ma i poteri oligarchici eurocratici che proprio nel centrosinistra hanno incessamente reclutato alleati docili e servizievoli, da D'Alema e Renzi, cui affidare lo smantellamento progressivo del welfare, la super-tassazione inferta alle aziende, la disoccupazione-choc e la chemio-economy eseguita dal duo tragico Monti-Fornero, cioè i mercenari che – attraverso Napolitano – hanno deformato la Costituzione, sfigurandola  con l'inserimento proditorio del pareggio di bilancio approvato senza fiatare dall'infimo Bersani. Nulla di tutto ciò traspare, nemmeno in lontananza, dall'analisi post-sconfitta esalata a mezza voce dal Pd già renziano. Niente di vagamente paragonabile alle riflessioni prodotte in Francia dal gauchista Mélenchon, o in Gran Bretagna dal laburista Corbyn. La cosiddetta sinistra (nominale) italiana non va oltre Zingaretti, Giachetti e Martina. L'altra notizia è che la disfida, interamente disputata a colpi di sbadigli, ha attratto quasi due milioni di elettori sani di mente.


Dov'era, in questi anni, il popolo del Pd? Dove si è informato? Cosa ha letto? Chi ha ascoltato? Non c'è stato un dirigente del partito – non uno – capace di indicare le cause del doloroso divorzio tra il Pd e gli italiani, messi in ginocchio da un'euro-crisi sapientemente pilotata grazie all'occhiuta regia di micidiali strateghi come Mario Draghi. Zero assoluto, dal Pd, sul rapporto con Bruxelles: la recessione è accettata come normalità fisiologica, la sottomissione viene subita come destino (anche quando Germania e Francia annunciano ad Aquisgrana il ritorno persino formale al Sacro Romano Impero). Facile, sparare su Di Maio e Toninelli. Comodo, prendersela con lo sgradevole Salvini. Ma se tornasse a Palazzo Chigi, il Pd cosa farebbe? Probabilmente, le stesse cose che ne hanno causato lo sfratto nel 2018. Cos'è cambiato, nell'ultimo anno? Niente. Basta ascoltare Zingaretti, Martina e Giachetti. I buoni sono all'opposizione perché i cattivi sono al governo. E i cattivi sono al governo perché evidentemente gli italiani sono cretini, oltre che un po' fascisti e xenofobi. Le parole democrazia, sovranità e trasparenza non dicono niente, allo pseudo-europeismo del Pd, ancora e sempre a disposizione dei neoliberisti, i grandi privatizzatori universali. Pazienza per i nano-dirigenti, usi a obbedir tacendo, ma è decisamente sconcertante constatare come, in quel nulla, ripongano ancora una certa fiducia quasi due milioni di elettori italiani.

https://comedonchisciotte.org/quasi-2-milioni-di-italiani-col-pd-rimasto-alleta-della-pietra/




Decisamente sconcertante, come dice l'articolo.

sabato 11 novembre 2017

Il timore che l'onda arrivi a Francoforte. Il Quirinale preoccupato che Draghi possa essere tirato in ballo per l'operazione Mps-Antonveneta. - Alessandro De Angelis



Da martedì iniziano le audizioni sulla banca senese.


Aleggia una certa inquietudine, ai massimi vertici istituzionali, perché la vicenda sta andando proprio nella direzione che Sergio Mattarella ha sempre giudicato dannosa per la credibilità complessiva del paese. La commissione d'inchiesta sulle banche è diventata, al tempo stesso, il set perfetto di una campagna elettorale distruttiva e il luogo di processo sommario alle istituzioni di vigilanza, in un confuso rimpallo di responsabilità: Consob contro Bankitalia, Bankitalia contro Consob. E soprattutto l'ennesima irritualità, sul tema banche, come ai tempi della mozione parlamentare del Pd su Visco.
Anzi, le tante irritualità: una normale audizione trasformata in "testimonianza", come se, appunto, fosse un processo; un presidente di commissione che si dice perplesso della richiesta ma che poi prende atto, senza tanta resistenza e senza sospendere i lavori e discutere quantomeno il calendario, della volontà della commissione (è raro che nella vita parlamentare i presidenti di commissione subiscano così le decisioni della commissione, senza in fondo esserne d'accordo in un classico gioco delle parti); e con una confusione in cui alla fine va tutto sulla web tv, senza tante distinzioni sui livelli attorno a cui si articola il lavoro di una commissione d'inchiesta (pubblico, riservato, segreto): "Parliamoci chiaro – dice un parlamentare della commissione – siamo di fronte a un'escalation, evidentemente innescata da Renzi, che vuole scaricare tutta la responsabilità dei crac bancari su Bankitalia. Lo scontro tra Bankitalia e Consob, in tal senso, è musica per lui".
Scontro che avviene proprio nel momento in cui anche la presidenza della Consob è in scadenza e sulla casella già circolano i primi nomi graditi all'ex premier, come quello di Marco Fortis, il tecnico "ottimista", già tremontiano, i cui dati vengono indicati come una bibbia per le apparizioni tv dei renziani. E dopo la riconferma di Ignazio Visco alla guida di Bankitalia, il che sembra suonare quasi come una vendetta dell'ex premier, per la serie: se fosse stata recepita l'indicazione del Pd a sostituirlo, le cose sarebbero andate diversamente.
Ora il timore al Quirinale è che questo sia solo l'inizio. E che, in un imprevedibile crescendo, possa essere tirato in ballo, in modo scomposto e confuso, il nome dell'attuale presidente della Bce Mario Draghi. La calendarizzazione dei lavori indica che martedì si partirà da Mps, come più volte chiesto da Matteo Orfini, e dunque si arriverà a discutere della madre di tutte le acquisizioni: l'acquisto di Antonveneta da parte del Monte dei Paschi di Siena, operazione costata 17 miliardi di euro quando Mps aveva un capitale residuale di soli 4,8 miliardi. Draghi era allora il governatore di Bankitalia, organismo che autorizzò l'acquisizione condizionandola a una complessa operazione di ricapitalizzazione e di emissioni di strumenti ibridi.
Ora, è evidente che il problema non è la forma, nel senso che c'è una consolidata prassi per cui la Bce non può essere chiamata davanti a una commissione nazionale. Ma la sostanza politica: tirare in ballo in questo processo sommario, politico e mediatico, "l'uomo che ha salvato l'Italia" – così viene vissuto nel mondo – equivale, per chi ha un minimo di sensibilità, a un danno nazionale, non irrilevante nelle sue proporzioni.
In questo quadro, non è forzato – questa è l'impressione che si ricava parlando con fonti di alto livello - ritenere improbabile un allungamento della legislatura anche per i rischi insiti in questo tipo di dinamica. Non è l'unico elemento, ma certo fa parte dei ragionamenti di questi giorni. Certo il timing della fine della legislatura dipende da Gentiloni, dal governo, dal Parlamento, ma è un fatto che il voto a marzo, con scioglimento a inizio del prossimo anno, di fatto chiude anche questa commissione, perché con le camere sciolte non si possono più fare audizioni, ma solo la relazione finale. Di fatto col Natale (poco più di una mesata) si chiuderebbe tutto. E la campagna elettorale, si sposterebbe nelle piazze e nei talk show. Le sue sedi più appropriate.

sabato 1 ottobre 2016

Deutsche Bank, il primo istituto tedesco spolpato dagli illeciti e il rischio di un effetto domino sul sistema finanziario. - Muro Del Corno

Deutsche Bank, il primo istituto tedesco spolpato dagli illeciti e il rischio di un effetto domino sul sistema finanziario

La banca oggi vale in borsa 15 miliardi di euro contro i 30 di un anno fa e sono schizzati all'insù i Credit default swap con cui gli investitori si assicurano contro il suo fallimento. Le sue strette interconnessioni con il sistema bancario e assicurativo teutonico e con i big della finanza globale fanno pensare che se la situazione degenera interverrà il governo tedesco. Cosa che farebbe però scattare il bail in.

Si è conclusa l’ennesima e non ultima settimana di passione per Deutsche Bank. La prima banca tedesca ha visto le sue azioni muoversi sulle montagne russe, sprofondare sui minimi degli ultimi 24 anni e poi in parte risollevarsi. Un anno fa la banca valeva in borsa 30 miliardi di euro, oggi circa 15. Il prezzo dei suoi bond convertibili (i primi ad essere colpiti in caso di ristrutturazione) è precipitato mentre sono schizzati sopra i 500 punti, dai 90 di gennaio, i Credit default swap, titoli con cui gli investitori si assicurano contro il fallimento di una società o uno stato. Il segnale più preoccupante è stata però la decisione di dieci hedge fund di ritirare liquidità e ridurre la loro esposizione verso la banca tedesca.
Durante la settimana si sono rincorse dichiarazioni e ipotesi su un possibile aiuto pubblico alla banca. Su diversi organi di stampa tedeschi sono comparse ipotesi di questo tipo, il governo tedesco ha però smentito, così come i vertici della banca. Il numero uno della Bce Mario Draghi, in visita a Berlino, sollecitato più volte su una valutazione della situazione della banca non ha rilasciato dichiarazioni. L’annuncio di mercoledì della cessione della compagnia assicurativa britannica Abbey life per 1 miliardo di euro ha fornito un po’ di ossigeno alla banca. Ma si è trattato di una tregua effimera. All’origine della nuova bufera c’è l’annuncio del dipartimento di Giustizia statunitense di una possibile multa fino a 14 miliardi di dollari per comportamenti scorretti nella vendita di obbligazioni legate ai mutui subprime prima e durante la crisi del 2008. Come sempre accade in questi casi la sanzione sarà drasticamente ridimensionata: secondo indiscrezioni l’accordo dovrebbe collocarsi intorno ai 5,4 miliardi di dollari. Per vicende molto simili Goldman Sachs ha versato 5 miliardi, JP Morgan poco più di 3 miliardi. Tuttavia, anche in caso di accordo, la multa del dipartimento di giustizia a stelle e strisce prosciuga quasi completamente i 5,5 miliardi di euro accantonati da Deutsche Bank per far fronte a sanzioni e contenziosi nel 2016.
Non solo. La disputa con il tesoro Usa è solo l’ultima di una serie di vicende legate a comportamenti scorretti della banca, che sono sinora costate al colosso tedesco circa 20 miliardi di euro. E all’orizzonte si profilano già altre nubi nere . La banca sarebbe stata infatti parte attive in una serie di operazioni finanziarie che hanno consentito a società e miliardari russi di trasferire soldi all’estero aggirando le sanzioni contro Mosca per il conflitto in Ucraina. Una causa che secondo fonti della banca sarebbe molto difficile da quantificare nelle sue ripercussioni economiche.
Le conseguenze di ripetuti comportamenti illegali stanno di fatto spolpando le risorse di una banca che pur registrando ricavi in crescita oltre i 33 miliardi di euro si trova come molti istituti europei a fronteggiare un calo della redditività. Deutsche Bank deve anche gestire un’ingente quantità di titoli tossici ancora iscritti a bilancio. In particolare i derivati di livello 3, ossia quelli a cui si può affibbiare un prezzo solo ipotetico non essendo trattabili sui mercati e non essendoci strumenti simili a cui rapportarne il valore, ammontano a 30 miliardi di euro. Un valore però del tutto teorico e calcolato dalla stessa banca con modelli interni. Alla prova dei fatti i titoli potrebbero valere parecchio di meno. La banca dispone di un capitale di 62 miliardi di euro e il valore di borsa si è ormai ridotto ad appena lo 0,2% di questa cifra. Questo significa tra le altre cose che il mercato crede che questa dotazione finanziaria verrà probabilmente erosa in futuro da ulteriori perdite. Deutsche Bank ha inoltre un’elevata leva finanziaria, pari a quasi 1 a 30. Ossia ha molti investimenti in rapporto al capitale di cui dispone, che verrebbe quindi azzerato completamente anche in caso di perdite relativamente modeste. Circa due mesi fa l’istituto di ricerca tedesco Zew ha calcolato che per reggere in una situazione di generalizzata crisi finanziaria Deutsche Bank avrebbe bisogno di rafforzare il suo capitale per 19 miliardi euro rispetto ai valori attuali. Il gap più alto d’Europa insieme alle francesi Société Générale (13 miliardi) e Bnp paribas (10 miliardi).
Questi numeri dicono anche che il gruppo tedesco prende molti soldi a prestito con varie modalità. Una condizione che solleva un altro problema: le fortissime ed estese interconnessioni che la banca tedesca ha in essere con tutte le altre principali banche e istituzioni finanziarie del mondo che ne fanno uno dei soggetti che presenta il più elevato rischio sistemico al mondo. In altri termini è la banca la cui ipotetica bancarotta avrebbe le conseguenze più devastanti per il sistema finanziario mondiale,come ha sottolineato anche il Fondo monetario internazionalelo scorso giugno. Posta al centro del sistema finanziario tedesco, Deutsche Bank ha strette connessioni con i colossi assicurativi AllianzMunich ReHannover Re e con tutto il sistema bancario teutonico. Ma il problema va ben oltre i confini nazionali. Tutti i big della finanza sono più o meno strettamente connessi con la banca tedesca, a cominciare da HSBCBarclaysUbs, Credit Agricole, Bnp Paribas e Unicredit. Difficile quindi che qualcuno non si muova qualora la situazione degeneri. A Berlino i soldi per fronteggiare l’emergenza non mancano, ma un intervento pubblico farebbe scattare la nuova regolamentazione sui salvataggi bancari (bail in) coinvolgendo quindi anche azionisti,obbligazionisti e correntisti con più di 100mila euro sul conto. La buona notizia è solo che, a differenza ad esempio di Mps, i bond subordinati (i primi ad essere aggrediti in caso di salvataggio) sono collocati in prevalentemente presso investitori istituzionali.
L’emergenza Deutsche Bank ha posto un po’ in secondo piano quello che sta accadendo all’altra grande banca tedesca,Commerzbank, a sua volte alle prese con una complessa ristrutturazione che le permetta di ritrovare redditività ed utili. Ieri Commerzbank ha annunciato il taglio di quasi 10mila posti di lavoro e lo stop all’erogazione di dividendi. Il terzo trimestre dovrebbe infatti chiudersi con una perdita. La banca, che presenta un rischio sistemico decisamente più contenuto rispetto a Deustche Bank, non si è mai pienamente ripresa dalla crisi del 2008, superata solo grazie a un importante sostegno pubblico. Tra i fattori di preoccupazione c’è anche l’esposizione nei confronti del mondo del trasporto delle merci marittime, in grave difficoltà come ha dimostrato la recente bancarotta della sudcoreana Hanjin. Commerzbank ha chiuso questo business nel 2012, ma avrebbe ancora a bilancio prestiti verso il settore per circa 8 miliardi di euro.