Se Paolo Mieli fosse uno dei tanti cazzari della cosiddetta informazione, non meriterebbe una riga di replica. Ma siccome non dice mai nulla per niente, i suoi apparenti deliri a Radio24-Confindustria vanno segnalati e decrittati: “Guardo cosa bolle in pentola e vedo che il Fatto Quotidiano è schierato con gli scissionisti 5Stelle… Sarebbe una forma di libera espressione giornalistica se non sapessimo che il Fatto è molto caro alla magistratura più militante…”. Già, perché “ogni tipo di governo ha avuto problemi con magistrati più o meno combattivi” (ecco, più o meno), come nel 2008, quando Prodi cadde per l’inchiesta di S. Maria Capua Vetere su Mastella, che poverino voleva “riformare la giustizia”. E, appena ciò accade, “qualche pm di qualche parte d’Italia parte con un’inchiesta… perché sa di trovare il consenso della categoria”. Segue una supercazzola sul caso Palamara (che si porta su tutto, ma non ha svelato una sola indagine o una sola sentenza condizionata, ma solo bieche storie di carriere), poi la conclusione: “La ribellione di un nutrito gruppo di 5Stelle e l’appoggio evidente del Fatto quotidiano sono campane che mandano un suono distinto e che si sente bene. Chi vivrà vedrà. Di sicuro, dalle parti della magistratura militante, sta ribollendo qualcosa”.
Ora, per strano che possa sembrargli, la linea del Fatto la decide il Fatto, non i dissidenti M5S né i pm militanti (più o meno). Ed è la stessa da sempre: no a governi-ammucchiata usciti dal cilindro del Colle all’insaputa degli elettori e guidati da tecnici-salvatori della patria; fuori dalle istituzioni il partito del pregiudicato-prescritto-imputato finanziatore della mafia. Quanto alle inchieste che han messo nei guai premier o ministri, nascevano da notizie di reato. Non certo dalla prava volontà di pm militanti (più o meno) di compiacere il Fatto o colpire chi riforma la giustizia (peraltro riformata 120 volte in 27 anni). L’idea che il sottoscritto sia il capo dei pm militanti (più o meno) è affascinante. Ma purtroppo il primo premier della II Repubblica nei guai con la giustizia fu B. col famoso invito a comparire per corruzione (23.11.1994). E la notizia non fu anticipata né dal Fatto (ancora in grembo a Giove) né dal sottoscritto, ma dal Corriere, diretto indovinate da chi? Da Mieli, of course. Quindi, se Mieli teme che sia indagato qualche ministro di Draghi, cosa assai possibile visto il ritorno in maggioranza di tutto il vecchio magnamagna, non ha che da invitarli tutti a rispettare il Codice penale o a riesumare il Lodo Alfano per metterli al riparo dalla giustizia. Se invece sa qualcosa di indagini già aperte e tenta di screditarle o bloccarle preventivamente, lo dica e lasci perdere il Fatto. Questi giochetti, con noi, non attaccano.
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