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domenica 21 febbraio 2021

Luna di Mieli. - Marco Travaglio

 

Se Paolo Mieli fosse uno dei tanti cazzari della cosiddetta informazione, non meriterebbe una riga di replica. Ma siccome non dice mai nulla per niente, i suoi apparenti deliri a Radio24-Confindustria vanno segnalati e decrittati: “Guardo cosa bolle in pentola e vedo che il Fatto Quotidiano è schierato con gli scissionisti 5Stelle… Sarebbe una forma di libera espressione giornalistica se non sapessimo che il Fatto è molto caro alla magistratura più militante…”. Già, perché “ogni tipo di governo ha avuto problemi con magistrati più o meno combattivi” (ecco, più o meno), come nel 2008, quando Prodi cadde per l’inchiesta di S. Maria Capua Vetere su Mastella, che poverino voleva “riformare la giustizia”. E, appena ciò accade, “qualche pm di qualche parte d’Italia parte con un’inchiesta… perché sa di trovare il consenso della categoria”. Segue una supercazzola sul caso Palamara (che si porta su tutto, ma non ha svelato una sola indagine o una sola sentenza condizionata, ma solo bieche storie di carriere), poi la conclusione: “La ribellione di un nutrito gruppo di 5Stelle e l’appoggio evidente del Fatto quotidiano sono campane che mandano un suono distinto e che si sente bene. Chi vivrà vedrà. Di sicuro, dalle parti della magistratura militante, sta ribollendo qualcosa”.

Ora, per strano che possa sembrargli, la linea del Fatto la decide il Fatto, non i dissidenti M5S né i pm militanti (più o meno). Ed è la stessa da sempre: no a governi-ammucchiata usciti dal cilindro del Colle all’insaputa degli elettori e guidati da tecnici-salvatori della patria; fuori dalle istituzioni il partito del pregiudicato-prescritto-imputato finanziatore della mafia. Quanto alle inchieste che han messo nei guai premier o ministri, nascevano da notizie di reato. Non certo dalla prava volontà di pm militanti (più o meno) di compiacere il Fatto o colpire chi riforma la giustizia (peraltro riformata 120 volte in 27 anni). L’idea che il sottoscritto sia il capo dei pm militanti (più o meno) è affascinante. Ma purtroppo il primo premier della II Repubblica nei guai con la giustizia fu B. col famoso invito a comparire per corruzione (23.11.1994). E la notizia non fu anticipata né dal Fatto (ancora in grembo a Giove) né dal sottoscritto, ma dal Corriere, diretto indovinate da chi? Da Mieli, of course. Quindi, se Mieli teme che sia indagato qualche ministro di Draghi, cosa assai possibile visto il ritorno in maggioranza di tutto il vecchio magnamagna, non ha che da invitarli tutti a rispettare il Codice penale o a riesumare il Lodo Alfano per metterli al riparo dalla giustizia. Se invece sa qualcosa di indagini già aperte e tenta di screditarle o bloccarle preventivamente, lo dica e lasci perdere il Fatto. Questi giochetti, con noi, non attaccano.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/21/luna-di-mieli/6108459/

domenica 2 giugno 2019

“Se la gente sapesse che cos’è lo spread, scoppierebbe la violenza nelle strade” - Roberta Dejana

Un Grande Nando Ioppolo. “Che cos’e li spread… io penso che se la gente lo sapesse scoppierebbe la guerra nelle strade da oggi a domani “ SPREAD, LA TRAPPOLA MORTALE In una recente intervista il Professor Nando Ioppolo (avvocato ed Economista, recentemente scomparso), sostiene che lo SPREAD é una cosa che se la gente sapesse cos’é, molto probabilmente scoppierebbe la violenza nelle strade perché sullo SPREAD é stata fatta una campagna mediatica vergognosa basata sulla bugia.
Ioppolo spiega che il gioco inizia dalla BCE ( Banca Centrale Europea) che presta alle banche private allo 0,75% tutti gli euro che gli richiedono per qualunque motivo glieli richiedono. Dopodiché la banca (UNICREDIT nell’ esempio del Professore), con questo 0,75 ci compra i BTP che tecnicamente dovrebbero essere allo 0,76. Perché allora al 5 %? Perché così la Banca ci può speculare.
Quindi il dissanguamento generale dei cittadini italiani viene fatto per far arricchire i privati. Il funzionamento di questo indice (SPREAD) é abbastanza complesso. Se un BTP ha un funzionamento del 2 % ed ha un Valore Nominale di 100, va venduto a 98. Come farlo arrivare al 5 % ? E’ molto semplice.
Se l’ Italia fallisce ? Oggi vediamo le tv nazionali parlare di agenzie di rating come Standard & Poor’s che parlano di declassamento, andamento finanziario di un paese. Ora, se queste agenzie dicono che l’ Italia fallisce, l’ investitore o la banca vorrà assicurarsi sul fallimento dello stato e quindi comprerà un certificato assicurativo sui BTP chiedendo uno sconto che gli consente di acquistare il certificato assicurativo, il CDS (Credit Default Swap). Se lo Spread é a 300 (3 %), il BTP di Valore Nominale 100 che dovrebbe essere venduto a 98 viene venduto a 95. Ma sorge un problema: Perché le banche e gli investitori non comprano i CDS?
Non credono nel fallimento dell’ Italia ? Ma allora tutto questo é una balla per spaventare? A quest’ ultima domanda, Nando Ioppolo risponde che lo SPREAD é stato usato, oltre che per strumento di speculazione, anche per fine politico, ovvero per poter scalzare qualcuno che fa resistenza e mettere al suo posto qualcuno che di resistenza non ne fa. E ne abbiamo avuto un esempio con il nostro Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano che ha fatto dello SPREAD uno spauracchio, qualcosa di imprescindibile, forse per ingenuità, forse perché non conosce l’ economia. Sui CDS va fatto un discorso a parte. E’ vero che nessun acquirente dei BTP compra i CDS per assicurarsi sul fallimento dell’ Italia, ma é anche vero che molti speculatori e molti investitori di BTP comprano CDS senza usare i BTP, perché essi non sono un derivato assicurativo di copertura ma uno strumento di speculazione usato appunto per far utilizzare lo SPREAD per poterci guadagnare e costringere il popolo italiano a sacrifici, a stringere la cinghia per poterci speculare sui CDS. Questo porta ad un disastro pazzesco sia politico che economico, i disoccupati continuano ad aumentare ma le banche e gli speculatori continuerebbero a speculare su BTP e CDS e far in modo che lo SPREAD si alzi per poter aumentare i loro guadagni .
Secondo i dati Istat del 2009 ( prima dello SPREAD), abbiamo avuto una spesa pubblica di 500 miliardi, degli Oneri Finanziari ( soldi che lo Stato da alle banche per i servizi ) di 130 miliardi e 80 miliardi di Interessi sui BTP. Sul PIL di 1820 miliardi vanno tolti i servizi bancari e gli interessi e in questo caso sono 210 miliardi che lo Stato ha dato alle banche per chissà quale motivo. Ha senso ? Ha senso che i cittadini italiani si dissanguino, paghino più tasse, stringano la cinghia solo per arricchire le banche?
E perché nessuno ha mai parlato di come si possa contenere o arginare lo SPREAD? Secondo il Professor Ioppolo per contenere lo SPREAD basterebbero 2 cose: 1 effettuare il collocamento alla giapponese ovvero sia obbligare le banche sul territorio dello stato ad agire ad un tasso ridotto. 2 Obbligare la BCE a prestarci allo 0,75% e far acquistare i BTP allo 0,76%. Ci sarebbe un risparmio di 70 miliardi l ‘anno. Purtroppo queste cose la gente non sa o fa finta di non sapere oppure é colpa della campagna di disinformazione in atto, che é complice, di giornali e televisioni complici che non raccontano la verità.
Persone come Nando Ioppolo hanno speso la loro vita a cercare di far capire il sistema truffaldino di speculatori e banche assassine che continuano la loro politica di dissanguamento e Austerità che non porteranno mai da nessuna parte, solo a morte e distruzione, e ci chiediamo, quante vite debbano ancora essere spezzate affinché qualcuno possa veramente pensare al bene dell’ Italia.

sabato 1 ottobre 2016

Deutsche Bank, il primo istituto tedesco spolpato dagli illeciti e il rischio di un effetto domino sul sistema finanziario. - Muro Del Corno

Deutsche Bank, il primo istituto tedesco spolpato dagli illeciti e il rischio di un effetto domino sul sistema finanziario

La banca oggi vale in borsa 15 miliardi di euro contro i 30 di un anno fa e sono schizzati all'insù i Credit default swap con cui gli investitori si assicurano contro il suo fallimento. Le sue strette interconnessioni con il sistema bancario e assicurativo teutonico e con i big della finanza globale fanno pensare che se la situazione degenera interverrà il governo tedesco. Cosa che farebbe però scattare il bail in.

Si è conclusa l’ennesima e non ultima settimana di passione per Deutsche Bank. La prima banca tedesca ha visto le sue azioni muoversi sulle montagne russe, sprofondare sui minimi degli ultimi 24 anni e poi in parte risollevarsi. Un anno fa la banca valeva in borsa 30 miliardi di euro, oggi circa 15. Il prezzo dei suoi bond convertibili (i primi ad essere colpiti in caso di ristrutturazione) è precipitato mentre sono schizzati sopra i 500 punti, dai 90 di gennaio, i Credit default swap, titoli con cui gli investitori si assicurano contro il fallimento di una società o uno stato. Il segnale più preoccupante è stata però la decisione di dieci hedge fund di ritirare liquidità e ridurre la loro esposizione verso la banca tedesca.
Durante la settimana si sono rincorse dichiarazioni e ipotesi su un possibile aiuto pubblico alla banca. Su diversi organi di stampa tedeschi sono comparse ipotesi di questo tipo, il governo tedesco ha però smentito, così come i vertici della banca. Il numero uno della Bce Mario Draghi, in visita a Berlino, sollecitato più volte su una valutazione della situazione della banca non ha rilasciato dichiarazioni. L’annuncio di mercoledì della cessione della compagnia assicurativa britannica Abbey life per 1 miliardo di euro ha fornito un po’ di ossigeno alla banca. Ma si è trattato di una tregua effimera. All’origine della nuova bufera c’è l’annuncio del dipartimento di Giustizia statunitense di una possibile multa fino a 14 miliardi di dollari per comportamenti scorretti nella vendita di obbligazioni legate ai mutui subprime prima e durante la crisi del 2008. Come sempre accade in questi casi la sanzione sarà drasticamente ridimensionata: secondo indiscrezioni l’accordo dovrebbe collocarsi intorno ai 5,4 miliardi di dollari. Per vicende molto simili Goldman Sachs ha versato 5 miliardi, JP Morgan poco più di 3 miliardi. Tuttavia, anche in caso di accordo, la multa del dipartimento di giustizia a stelle e strisce prosciuga quasi completamente i 5,5 miliardi di euro accantonati da Deutsche Bank per far fronte a sanzioni e contenziosi nel 2016.
Non solo. La disputa con il tesoro Usa è solo l’ultima di una serie di vicende legate a comportamenti scorretti della banca, che sono sinora costate al colosso tedesco circa 20 miliardi di euro. E all’orizzonte si profilano già altre nubi nere . La banca sarebbe stata infatti parte attive in una serie di operazioni finanziarie che hanno consentito a società e miliardari russi di trasferire soldi all’estero aggirando le sanzioni contro Mosca per il conflitto in Ucraina. Una causa che secondo fonti della banca sarebbe molto difficile da quantificare nelle sue ripercussioni economiche.
Le conseguenze di ripetuti comportamenti illegali stanno di fatto spolpando le risorse di una banca che pur registrando ricavi in crescita oltre i 33 miliardi di euro si trova come molti istituti europei a fronteggiare un calo della redditività. Deutsche Bank deve anche gestire un’ingente quantità di titoli tossici ancora iscritti a bilancio. In particolare i derivati di livello 3, ossia quelli a cui si può affibbiare un prezzo solo ipotetico non essendo trattabili sui mercati e non essendoci strumenti simili a cui rapportarne il valore, ammontano a 30 miliardi di euro. Un valore però del tutto teorico e calcolato dalla stessa banca con modelli interni. Alla prova dei fatti i titoli potrebbero valere parecchio di meno. La banca dispone di un capitale di 62 miliardi di euro e il valore di borsa si è ormai ridotto ad appena lo 0,2% di questa cifra. Questo significa tra le altre cose che il mercato crede che questa dotazione finanziaria verrà probabilmente erosa in futuro da ulteriori perdite. Deutsche Bank ha inoltre un’elevata leva finanziaria, pari a quasi 1 a 30. Ossia ha molti investimenti in rapporto al capitale di cui dispone, che verrebbe quindi azzerato completamente anche in caso di perdite relativamente modeste. Circa due mesi fa l’istituto di ricerca tedesco Zew ha calcolato che per reggere in una situazione di generalizzata crisi finanziaria Deutsche Bank avrebbe bisogno di rafforzare il suo capitale per 19 miliardi euro rispetto ai valori attuali. Il gap più alto d’Europa insieme alle francesi Société Générale (13 miliardi) e Bnp paribas (10 miliardi).
Questi numeri dicono anche che il gruppo tedesco prende molti soldi a prestito con varie modalità. Una condizione che solleva un altro problema: le fortissime ed estese interconnessioni che la banca tedesca ha in essere con tutte le altre principali banche e istituzioni finanziarie del mondo che ne fanno uno dei soggetti che presenta il più elevato rischio sistemico al mondo. In altri termini è la banca la cui ipotetica bancarotta avrebbe le conseguenze più devastanti per il sistema finanziario mondiale,come ha sottolineato anche il Fondo monetario internazionalelo scorso giugno. Posta al centro del sistema finanziario tedesco, Deutsche Bank ha strette connessioni con i colossi assicurativi AllianzMunich ReHannover Re e con tutto il sistema bancario teutonico. Ma il problema va ben oltre i confini nazionali. Tutti i big della finanza sono più o meno strettamente connessi con la banca tedesca, a cominciare da HSBCBarclaysUbs, Credit Agricole, Bnp Paribas e Unicredit. Difficile quindi che qualcuno non si muova qualora la situazione degeneri. A Berlino i soldi per fronteggiare l’emergenza non mancano, ma un intervento pubblico farebbe scattare la nuova regolamentazione sui salvataggi bancari (bail in) coinvolgendo quindi anche azionisti,obbligazionisti e correntisti con più di 100mila euro sul conto. La buona notizia è solo che, a differenza ad esempio di Mps, i bond subordinati (i primi ad essere aggrediti in caso di salvataggio) sono collocati in prevalentemente presso investitori istituzionali.
L’emergenza Deutsche Bank ha posto un po’ in secondo piano quello che sta accadendo all’altra grande banca tedesca,Commerzbank, a sua volte alle prese con una complessa ristrutturazione che le permetta di ritrovare redditività ed utili. Ieri Commerzbank ha annunciato il taglio di quasi 10mila posti di lavoro e lo stop all’erogazione di dividendi. Il terzo trimestre dovrebbe infatti chiudersi con una perdita. La banca, che presenta un rischio sistemico decisamente più contenuto rispetto a Deustche Bank, non si è mai pienamente ripresa dalla crisi del 2008, superata solo grazie a un importante sostegno pubblico. Tra i fattori di preoccupazione c’è anche l’esposizione nei confronti del mondo del trasporto delle merci marittime, in grave difficoltà come ha dimostrato la recente bancarotta della sudcoreana Hanjin. Commerzbank ha chiuso questo business nel 2012, ma avrebbe ancora a bilancio prestiti verso il settore per circa 8 miliardi di euro.