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martedì 24 agosto 2021

Come (non) ti faccio la scuola: vien meglio spartirsi il bottino. - Antonello Caporale

 

Fondi innovazione. I 40 milioni del ministero.

“Oste, com’è il vino?”. Come un cliente in trattoria il ministero dell’Istruzione ha proposto una sorta di selezione intuitiva, il tipico fai da te, per far accedere i piccoli Comuni del Mezzogiorno a un fondo speciale di 40 milioni di euro per la costruzione delle scuole cosiddette innovative. Doveva essere una gara delle virtù nascoste nell’Italia interna, una scommessa sulla passione, la dedizione, la voglia di realizzare nei luoghi più remoti dell’Italia scuole straordinarie, non solo iper moderne e tecnologicamente avanzate ma capaci di produrre una resistenza civile all’abbandono dei borghi, il cuore dell’Italia nascosta. Si sta trasformando nella solita distribuzione a pioggia, con la prova che da difficile si è fatta facile, anzi facilissima. Vince, o meglio rischia di vincere, giacché la procedura non è stata ancora conclusa, il Comune che ha già progetti cantierabili nel cassetto. E così il peggio diviene il meglio o il vecchio si fa nuovo e l’ordinario si converte in straordinario. Un tratto di penna gentile e troppi i maghi Zurlì all’opera. Perde, o rischia di perdere, chi ha faticato a produrre un’idea, chi ci ha creduto davvero.

L’avviso, per come è stato stilato, sembra purtroppo una spinta alla fraudolenza. Il ministero tributa premi per realizzare scuole innovative ma non chiede, nella selezione generale, di visionarne i progetti. Crede sulla parola. Dopo si vedrà. Il punteggio più alto lo concede infatti a chi si trova con un progetto esecutivo in mano, magari rispolverato, un po’ taroccato. E così oste com’è il vino? Tutti i partecipanti hanno infatti dichiarato di avere pronti progetti innovativi. Innovativi in che senso? Innovativi come? Vattelapesca.

Ho avuto la ventura di seguire e sostenere passo dopo passo la realizzazione di una scuola innovativa nel comune di Palomonte, dove sono nato, ai piedi della catena montuosa degli Alburni che separa la Campania dalla Lucania. Il progetto dell’amministrazione, far divenire il luogo del sapere come perno sociale della comunità, realizzare una scuola che non chiudesse mai, aperta al mattino agli studenti e al pomeriggio ai cittadini, offrendo al paese luoghi dentro la scuola come il cinema, il mercato, la palestra, rispondeva esattamente al quesito della legge. E così con colleghi e amici, tra cui Pietrangelo Buttafuoco e Ficarra e Picone, ci siamo impegnati perché questa idea vedesse la luce. “Bellissima idea”, ci dice il ministro del Sud Peppe Provenzano che raggiunge Palomonte e osserva la squadra al lavoro. Progettisti giovani, tutti meridionali, e lo Iuav, l’istituto universitario di architettura di Venezia, come consulente scientifico, impegno che il rettore Alberto Ferlenga assume con generosità e a titolo gratuito. Con una piccola onlus sosteniamo le indispensabili spese dello studio di fattibilità, il Comune, come tutti i comuni del Sud, ha infatti le casse vuote, e si arriva al ministero. I dirigenti del Miur accolgono con un grande sorriso il progetto: bellissimo anche per loro, da finanziare sicuramente. Ma come? Illustriamo a mezzo Parlamento questa anomala scuola-comunità, che effettivamente riscuote successo. Da Forza Italia a Leu, passando per i Cinquestelle e il Pd, tutti si danno da fare. Nella legge di bilancio del dicembre scorso spuntano 40 milioni di euro per trovare un modo di finanziare questi e altri progetti realmente innovativi nelle aree interne e depresse del Mezzogiorno.

Si arriva all’avviso pubblico dello scorso 28 giugno e qui la sorpresa: l’innovazione, da elemento trainante, da condizione assoluta e insuperabile, diviene un dettaglio, anzi una frattaglia. Conta di più avere un progetto cantierabile, e quello di Palomonte, che l’amministrazione ha definito nei dettagli, non è ancora esecutivo, perde punti benché sia stato promosso dalla commissione di tecnici che, per conto del Miur, studiano modelli di “scuole da abitare”. Vince quindi non la qualità ma lo stato di avanzamento della progettazione. Chiunque si trovi in mano uno già cantierabile lo presenta. Un po’ di fotovoltaico sul tetto e, oplà!, l’innovazione è servita.

“Così si rischia di perpetuare divari territoriali e ingiustizie sociali. Dietro il progetto di Palomonte c’era l’idea che il comune più lontano potesse ambire ad avere la scuola migliore”, dice Provenzano, oggi vicesegretario del Pd. E Lucia Azzolina, l’ex ministro della Scuola: “Progetti come quelli di Palomonte sono strumenti potentissimi contro la dispersione scolastica e rappresentano modelli virtuosi d’esempio e ispirazione per altri territori. Hanno un valore doppio”. La forzista Stefania Prestigiacomo, autrice dell’emendamento con cui si finanziavano modelli di questo tipo, è stupita: “Voglio augurarmi che il ministro Bianchi blocchi i tentativi di dare spazio a contributi a pioggia. Intendevamo assicurare la dote solo a progetti realmente innovativi che sapessero trasformare i luoghi del sapere in centrali aperte alla vita delle comunità”. Stefano Fassina, relatore della legge di bilancio, discretamente incacchiato: “Ci aspettavamo un avviso pubblico che articolasse la definizione di scuole innovative. Così si rischia di bruciare il piccolo budget che deve servire per realizzare esperienze scolastiche straordinarie in una miriade di piccoli progetti ordinari”.

Così sembra o, forse, così è se vi pare.

ILFQ

martedì 4 febbraio 2020

Da Palermo alla Nasa, esplosioni stellari in 3D. - Marco Malaspina



Tecnicamente sono simulazioni a tre dimensioni derivate da modelli magnetoidrodinamici di fenomeni astronomici, rigorosamente ottenute a partire da dati scientifici e destinate in prima battuta agli astrofisici. Ma a guardarle sembrano opere d’arte. Ne parliamo con lo scienziato alla guida del team che le ha prodotte, Salvatore Orlando dell’Inaf di Palermo.
Fotogrammi dalle sei visualizzazioni richieste dalla Nasa. Crediti: Inaf-Osservatorio astronomico di Palermo/Salvatore Orlando
Una protostella, una nova e vari resti di supernove. Tutte in 3D, tutte coloratissime. Sono le animazioni scientifiche selezionate la settimana scorsa dal team del telescopio Chandra e riprese in home page sul sito web della Nasa. Una più affascinante dell’altra, non sfigurerebbero come videoinstallazione in una galleria d’arte contempoanea. Portano tutte e sei la firma di un astrofisico dell’Inaf di Palermo, Salvatore Orlando, e dei suoi colleghi.
Cosa si prova a vedere le proprie opere in home page sul sito della Nasa? «Intanto vorrei precisare che i modelli sono stati sviluppati e pubblicati su riviste specializzate nel corso degli anni per studi riguardanti diversi fenomeni astronomici e sono frutto della collaborazione di ricercatori dell’Inaf – in particolare, dell’Osservatorio astronomico di Palermo – con colleghi di diversi istituti in Italia (tra cui l’Università di Palermo) e all’estero. Ovviamente fa sempre piacere quando qualcuno apprezza il tuo lavoro, chiunque esso sia. Certo la Nasa ci ha dato la possibilità di avere grande visibilità a livello internazionale. Per essere precisi, però,  la Nasa ha ripreso dei modelli che noi abbiamo pubblicato negli scorsi mesi su Sketchfab, una piattaforma largamente utilizzata per la diffusione di modelli 3D per la realtà virtuale e la realtà aumentata».
Animazioni scientifiche ma al tempo stesso, in un certo senso, anche opere d’arte. Partiamo da questo secondo aspetto. Da dove emerge la notevole componente estetica di queste rappresentazioni? Solo dal codice, o è stato necessario un intervento umano? «I codici numerici che utilizziamo – tra cui vorrei menzionare il codice Pluto, sviluppato in Italia presso l’Università  di Torino in collaborazione con l’Osservatorio astronomico di Torino – sono codici magnetoidrodinamici per plasmi astrofisici che forniscono le distribuzioni spaziali delle quantità fisiche: densità, temperatura, velocità, campi magnetici… Ultimate le simulazioni, si rende necessario l’intervento umano per rendere la visualizzazione di queste quantità efficace nella rappresentazione del fenomeno – utile per ottenere informazioni dai modelli (ricordiamoci che i modelli sono sviluppati per la ricerca scientifica) – e gradevole nel momento in cui si desidera avvicinare modelli che, in genere, sono per addetti ai lavori, alla portata di tutti.
In cosa consiste? «L’intervento umano consiste essenzialmente nel selezionare una scena rappresentativa del fenomeno che si intende descrivere, mettendo in risalto le componenti fisiche più importanti attraverso la scelta dei colori, delle trasparenze, e più in generale delle caratteristiche degli elementi che si visualizzano».
E le competenze artistiche da dove arrivano? Non tutte dal corso di laurea in fisica, immagino… «Credo che si acquisiscano nel corso degli anni, quando si preparano le figure o i filmati da inserire negli articoli scientifici e che devono veicolare in modo possibilmente semplice ed immediato le informazioni da comunicare al lettore. È chiaro che poi intervengono anche i gusti personali nella scelta dei colori, nel modo di miscelarli insieme, e nella selezione delle componenti fisiche per la rappresentazione dei modelli».
Salvatore Orlando, astrofisico all’Inaf di Palermo
Veniamo alla scienza. Sono rappresentazioni pensate anzitutto per gli astronomi, ci stava dicendo. A cosa possono servire? «Le rappresentazioni pubblicate sul sito di Sketchfab fanno parte di un progetto avviato circa un anno fa presso l’Osservatorio astronomico di Palermo che ha lo scopo di creare un ambiente di analisi e visualizzazione di simulazioni astrofisiche di modelli magnetoidrodinamici che si basa sulla realtà virtuale. Il progetto si chiama 3DMap-Vr ed è stato recentemente presentato su Rnaas (Research Notes of the American Astronomical Society). Il laboratorio di realtà virtuale che abbiamo realizzato consente ai ricercatori di analizzare e visualizzare le simulazioni scientifiche in modo immersivo, integrando in tal modo la tradizionale rappresentazione su schermo e consentendo ai ricercatori di navigare e interagire con i loro modelli. Allo stesso tempo, abbiamo compreso che lo stesso strumento può essere utilizzato con grande successo per la divulgazione scientifica, in quanto permette ai non addetti ai lavori di “vedere” ciò che non si può visualizzare senza strumenti adatti, come la radiazione emessa in diverse bande spettrali, i campi magnetici, oggetti astronomici che si trovano a grandi distanze da noi e che i nostri telescopi non riescono a risolvere».
Avete già avuto occasione di mostrarli in pubblico? «Sì, certo. Negli eventi dedicati alla divulgazione scientifica in cui abbiamo messo a disposizione i nostri apparati per la realtà virtuale e i nostri modelli, la risposta da parte delle persone è stata di grande entusiasmo. Il pubblico ha avuto la possibilità di esplorare strutture magnetiche della corona solare, di avvicinarsi a getti protostellari e dischi di accrescimento attorno a stelle giovani, ammirando il processo di formazione di una stella, di vedere da vicino drammatiche esplosioni di nove e supernove e di viaggiare attraverso il materiale stellare espulso a seguito di questi eventi e che interagisce con il mezzo circumstellare e interstellare per migliaia di anni. Grazie a questi strumenti, il pubblico ha potuto comprendere in modo semplice i modelli fisici sviluppati e, più in generale, i fenomeni astronomici studiati, ma anche il tipo di lavoro che viene svolto dai ricercatori».
I dati di partenza da quali telescopi e strumenti provengono? «I modelli si basano su osservazioni e dati raccolti da diversi strumenti astronomici operanti in varie bande spettrali. Abbiamo usato dati raccolti in banda radio, infrarosso, ottico, ultravioletto, X e gamma. Per esempio, giusto per menzionare qualche strumento che opera in banda X, oltre ai dati di Chandra abbiamo usato anche quelli di Xmm-Newton, ma anche di satelliti precedenti e non più operanti, come Rosat e Asca».
Chi volesse vedere la collezione completa, dove può cercare? «Come dicevo prima, in realtà i sei modelli che la Nasa ci ha richiesto sono già disponibili pubblicamente insieme a molti altri da noi sviluppati già da qualche mese sulla piattaforma Sketchfab. In particolare, abbiamo creato due gallerie di modelli accessibili pubblicamente da qualsiasi browser. La prima galleria – “Universe in hands” – si basa su modelli idrodinamici e magnetoidrodinamici sviluppati per ricerca scientifica e già pubblicati in riviste specializzate. La seconda – “The art of astrophysical phenomena” – è invece composta da “rappresentazioni artistiche” di vari fenomeni astronomici e, chiaramente, si basa molto sulla fantasia dello sviluppatore, sempre tenendo conto di ciò che sappiamo del fenomeno fisico rappresentato. In totale sono già disponibili 35 modelli e molti altri ne verranno aggiunti in futuro. I modelli possono essere visualizzati in modo tradizionale su schermo ma con la possibilità di interagire con essi, potendoli esplorare in tutti i modi. Se poi si ha a disposizione un equipaggiamento per la realtà virtuale, i modelli possono essere esplorati anche in modo immersivo, dando la possibilità al “cosmonauta virtuale” di viaggiare al loro interno».

martedì 17 settembre 2019

Dall’intelligenza artificiale all’IoT, l’innovazione “tira” le rinnovabili. - Vito De Ceglia

Le Officine Edison, il nuovo digital center del Gruppo alla Bovisa di Milano
Le Officine Edison, il nuovo digital center del Gruppo alla Bovisa di Milano. 

Più in sordina rispetto ad altri settori, le nuove tecnologie stanno trasformando i processi industriali e i mercati di sbocco delle fonti alternative. Ecco come Sviluppi nello storage.

Officine Edison, il raddoppio il digitale spinge l’energia.


Il ruolo strategico dell’intelligenza artificiale (IA) e degli algoritmi di machine learning per prevedere la produzione di energia eolica e fotovoltaica. L’adozione di sistemi di accumulo (storage) di piccola e grande taglia per gestire le fonti rinnovabili che sono per loro natura non programmabili. La diffusione di sistemi di Internet of Things (IoT), basati su una rete di sensori che misurano e comunicano tra di loro via internet, per fornire una quantità elevata di dati che poi vengono elaborati e tradotti in soluzioni efficienti in ambito industriale, residenziale e urbano. Sono temi di cui si sente parlare molto, ma quanto è concreto lo sviluppo e l’applicazione di queste tecnologie in ambito energetico in Italia, in Europa e nel mondo?

rivoluzione hi-tech.
Prendiamo il caso dell’IA, considerata dagli addetti ai lavori la tecnologia più rivoluzionaria in gran parte dei settori economici. Mentre le innovazioni nel campo dei trasporti, dell’industria manifatturiera e della domotica hanno avuto un’ampia risonanza nel dibattito pubblico, quelle nel settore energetico sono rimaste ai margini, relegate ad ambienti specialistici. Tuttavia, anche il mondo dell’energia è stato investito in pieno dallo sviluppo dell’IA e le ripercussioni stanno trasformando processi industriali e mercati di sbocco. In sostanza, si stanno diffondendo a macchia d’olio sistemi integrati in grado di raccogliere dati in tempo reale da una rete di sensori remoti disposti a monte e a valle della filiera produttiva: nel caso delle fonti rinnovabili, dall’impianto fotovoltaico o eolico alla rete di distribuzione. Dati che vengono trasmessi tramite connessioni wi-fi verso strutture di controllo, dove vengono elaborati attraverso sofisticati software di analisi e algoritmi di apprendimento automatico (machine learning). L’Agenzia internazionale per l’energia (Aie) prevede che nei prossimi anni in campo energetico l’IA sarà determinante e trasformerà i sistemi energetici globali in maniera fondamentale rendendoli maggiormente interconnessi, affidabili e sostenibili. In particolare, per la produzione di energia pulita e il consumo di energia in generale, l’Aie sottolinea che l’IA può risolvere molte problematiche complesse.


Per quanto riguarda la produzione di energia, l’IA rappresenta lo strumento principe per privilegiare la produzione da fonti rinnovabili ed efficientare i processi, aiutando così a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità del mix energetico nazionale e di decarbonizzazione della produzione. Per quanto riguarda il consumo di energia e l’efficienza energetica, l’IA sta forse avendo un impatto ancor più determinante. In ambito industriale, ad esempio, l’uso di energia è spesso una delle voci più significative dei bilanci annuali e i margini di miglioramento potenziali offerti dall’IA sono considerevoli.

Lo stoccaggio.
Spinta dall’attuale transizione energetica verso le energie pulite, anche la domanda di batterie subirà un aumento nei prossimi anni, rendendo questo mercato sempre più strategico. Circoscrivendo il perimetro di analisi all’Europa, secondo la Ue il potenziale del mercato comunitario potrebbe raggiungere un valore di 250 miliardi di euro l’anno a partire dal 2025. Non a caso, la Commissione ritiene che le batterie rappresentino una catena del valore fondamentale, in cui accrescere investimenti e innovazione. Dall’Europa al resto del mondo, il mercato globale dei sistemi di accumulo energetico crescerà velocemente, tanto che Bloomberg New Energy Finance (Bnef) ha recentemente rialzato le sue precedenti stime sulla diffusione dell’energy storage al 2040.

Si tratta di batterie impiegate in diverse applicazioni nel campo dell’energia, dalla ricarica dei veicoli 100% elettrici alle grandi installazioni di rete che servono a immagazzinare l’elettricità prodotta in eccesso dai parchi eolici e solari, passando per l’accumulo domestico behind-the-meter (dietro al contatore) e le tecnologie off-grid nelle aree più remote, scollegate dalle principali linee di distribuzione. Secondo Bnef, il mercato cumulativo arriverà a 942 GW e 2.857 GWh nel 2040, attirando investimenti per oltre 1000 miliardi di dollari nei prossimi 22 anni. Cina, Usa, India, Giappone, Germania, Francia, Australia, Corea del Sud e UK — evidenzia Bnef — saranno i paesi-guida di questo boom delle batterie e rappresenteranno due terzi dell’intera capacità installata in sistemi di accumulo nel 2040.

Internet of Things.
Per quanto riguarda invece l’efficienza energetica, una delle applicazioni più interessanti risulta l’IoT. Sistemi basati su una rete di sensori che misurano e comunicano tra di loro via internet, fornendo una quantità molto elevata di dati che poi vengono elaborati e tradotti in soluzioni efficienti. In particolar modo per la Smart Home, ossia la casa connessa e intelligente, dotata di un sofisticato sistema di misura e controllo per tutti gli elettrodomestici (lavastoviglie, frigorifero, lavatrice, forno a microonde). Proprio le Smart Home, o più in generale gli Smart Building, risultano gli ambienti ideali per testare soluzioni di piattaforma IoT. Soluzioni che giocoforza potranno rappresentare l’architrave per le future Smart City. Altro fattore chiave sarà l’elevata percentuale di penetrazione dei veicoli elettrici, che metterà a dura prova la capacità della rete elettrica. Da qui l’imperativo di gestire al meglio e in maniera intelligente il tessuto urbano, possibile grazie alle tecnologie e, in particolare, alle potenzialità dell’IoT. L’interesse è in aumento e lo si nota dalle stime: la stessa Abi Research prevede che i ricavi globali della tecnologia in chiave Smart City IoT sperimenteranno un incremento straordinario, passando da 25 miliardi di dollari registrati nel 2017 a oltre 60 miliardi entro il 2026, con un tasso di crescita medio dell’11%.


https://www.repubblica.it/economia/rapporti/energitalia/lascossa/2019/09/16/news/dall_intelligenza_artificiale_all_iot_l_innovazione_tira_le_rinnovabili-236163135/ 

sabato 29 dicembre 2018

Il genio di Daniela Ducato che crea il futuro usando gli scarti. - Riccardo Bruno


Daniela Ducato, 58 anni, con il suo cane Pegaso

L’imprenditrice sarda per «Fortune» è la donna più innovativa d’Italia. Ha iniziato usando i resti della lana per assorbire il petrolio finito in mare. «Bisogna fare rete e non arrendersi».

Questa storia inizia con i capperi e il mare. 

«La professoressa di scienze al liceo, si chiamava Giuseppina Primavera, ci portava a vedere le piante che crescevano sui muri di Cagliari e che quasi nessuno notava. E ci invitava a guardare il mare davanti, come se fossimo noi stessi dei vegetali». Botanica e poesia, rigore e passione hanno guidato tutta la vita di Daniela Ducato, 58 anni, sarda, premiata due sere fa come l’imprenditrice più influente d’Italia (assieme alla milanese Riccarda Zezza) nella prima edizione nazionale del prestigioso riconoscimento della rivista Fortune alle donne in grado di cambiare il mondo. E lei, ritirando il premio, ci ha tenuto a ringraziare la vecchia prof e le due nipotine, Olympia e Sara, perché «ogni giorno cerco di guardare con i loro occhi».

Eccedenze Passato e futuro, nuovi progetti sulle spalle della tradizione. È sempre stato così per Daniela Ducato. Ha iniziato con la lana di pecora, quella a pelo corto, uno scarto di lavorazione, un rifiuto difficile da smaltire, e l’ha trasformata in un isolante termico per l’edilizia, ma anche in una straordinaria «spugna» per assorbire il petrolio nel mare.

Dopo la lana, il sughero, e poi la canapa, e ancora le vinacce o le bucce di pomodoro. «Cento sostanze da buttare diventate 120 biomateriali da impiegare in tanti settori». Non le piace chiamarli scarti. «Semmai scarti preziosi, ma preferisco eccedenze, dà il senso dell’abbondanza, di un dono. Cerco di trovare una funzione a ogni cosa». La sua forza è nel mettere assieme idee e energie. «Coordino persone, faccio incontrare imprese e ricerca. Bisogna fare squadra, incoraggiarsi a vicenda come una famiglia. Solo da questo scambio può nascere qualcosa di buono. Va condiviso tutto, anche i fallimenti, perché l’errore può essere il punto di partenza perché altri trovino la soluzione corretta».

Prodotti ecologici Ultimamente si è concentrata sul packaging. «Per le merci che devono essere sempre refrigerate abbiamo creato film sottili termici realizzati con la canapa. No acqua, no petrolio, no guerra, diciamo noi». E si è dedicata all’interior design. «L’inquinamento interno è quattro volte maggiore di quello esterno». Gira sempre con un rivelatore di sostanze dannose. «Anche l’altra sera a Roma ho testato l’albergo. È importante scegliere materiali non solo sani ma anche esteticamente gradevoli, unire la salute alla bellezza. È straordinario entrare in un ufficio dove sembra di respirare l’aria di un bosco». La sua azienda, la Edizero Architecture for Peace, inserita nel 2016 al Forum mondiale dell’Economia tra le dieci eccellenze nel campo delle biotecnologie, ha sede a Guspini, sud ovest della Sardegna, Medio Campidano, considerata l’area più povera d’Italia. «E accanto c’è il Sulcis, che è la penultima. Nella zona industriale si sono dimenticati di fare le infrastrutture, le stiamo costruendo a nostre spese. La vera povertà è l’incapacità delle istituzioni di ascoltare il territorio, l’assistenzialismo, lo spreco di risorse, la svalutazione dell’esistente. Innovare significa proprio questo, non rassegnarsi, dare valore a tutto quello che c’è. È l’unica forma di sopravvivenza, altrimenti non resta che emigrare».

Prospettive Daniela Ducato, «campionessa mondiale di innovazione, orgoglio della nostra Italia migliore» come la definì il Presidente Mattarella quando tre anni fa la nominò cavaliere della Repubblica, non è tipo che si culla sui successi. «Nel 2019 prenderò nuove strade. Mi occuperò di alta formazione nella progettazione con le Università di Cagliari e Sassari. E mi dedicherò a produzioni differenti nel settore del cibo. Ammetto che da un lato sono preoccupata, ma dall’altro so che è giusto cambiare. È sempre utile mutare prospettiva, modo di vedere le cose». Come ammirare il mare immaginando di essere una pianta di capperi.