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giovedì 11 luglio 2019

Reato elettorale, condannati l'ex governatore Lombardo e il figlio.

Reato elettorale, Raffaele Lombardo, Toti Lombardo, Sicilia, Politica

La prima Corte d'appello di Catania ha condannato a un anno di reclusione ciascuno l'ex presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo e suo figlio Toti per reato elettorale. Stessa pena è stata comminata agli altri imputati: Ernesto Privitera, Angelo Marino e Giuseppe Giuffrida.

Il processo è stato celebrato dopo il ricorso della Procura contro la sentenza di assoluzione con la formula "perché il fatto non sussiste" emessa Tribunale monocratico, presieduto da Laura Benanti.

Secondo l’accusa, i Lombardo avrebbero promesso due posti di lavoro in cambio di voti in favore di Toti eletto con 9.633 preferenze nella lista del Mpa alle Regionale dell’ottobre del 2012. A dare il via all’inchiesta erano state dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Il posto di lavoro sarebbe stato promesso a Privitera e Marino in favore dello stesso Marino e di Giuffrida, quest’ultimo in seguito effettivamente assunto. La squadra mobile della Questura di Catania ha eseguito intercettazioni ambientali e telefoniche e ha ascoltato in particolare Privitera. A lui, secondo l’accusa, Toti Lombardo, al telefono, e Raffaele Lombardo, di persona, avrebbero assicurato due assunzioni in un’impresa privata per la raccolta dei rifiuti in cambio di voti.

«Ricorrerò in Cassazione contro un vero e proprio misfatto. Ho sempre fiducia nella giustizia devo capire se a Catania posso continuare a difendermi in un processo». Lo afferma l’ex governatore Raffaele Lombardo sulla sentenza di condanna a un anno di reclusione per reato elettorale, pena sospesa, emessa dalla Corte d’appello di Catania. In primo grado era stato assolto. «Una condanna - aggiunge - pronunciata perché colpevoli 'al di là di ogni ragionevole dubbio? Dopo una sentenza di primo grado ipermotivata di assoluzione 'perché il fatto non sussiste? Senza nessuna nuova prova a nostro carico? Voto di scambio nel 2012 con un mio da sempre e per sempre fedele elettore dal 1980? Consigliere di Quartiere in carica del mio Partito che col mio Partito si sarebbe ricandidato nel 2013? Cui avevo chiesto di votare per altro candidato? Incredibile ! Incredibile! Incredibile! Con in più - sottolinea l’ex governatore - l’eccezione, più che fondata, sollevata dalla difesa, della inutilizzabilità delle intercettazioni raccolte quando si sospettava, per altri indagati, l’aggravante di mafia? E poi usate contro di noi? Col mio difensore - rivela Lombardo - che mi 'invita a lasciare l’udienza perché 'intuisce che la mia presenza viene considerata una 'sfida alla Corte? Ho sempre fiducia nella giustizia - conclude Raffaele Lombardo - devo capire se a Catania posso continuare a difendermi in un processo».

«Nei prossimi giorni - ha aggiunto Lombardo - indirò una conferenza stampa per spiegare il mio particolare voto di scambio . Il tempo di recuperare gli atti che avevo cestinato, illudendomi che non mi sarebbero più serviti». (ANSA).

https://gds.it/articoli/politica/2019/07/10/reato-elettorale-condannati-lex-governatore-lombardo-e-il-figlio-920a3e1f-66ca-4973-99b4-c4ec7deacd84/

mercoledì 15 maggio 2019

Voto di scambio è legge, Forza Italia e Pd hanno votato contro. Il vicepremier Di Maio: “Questa norma era un dovere”.


Voto di scambio è legge, Forza Italia e Pd hanno votato contro. Il vicepremier Di Maio: “Questa norma era un dovere”

Il provvedimento ha ottenuto 157 sì, 81 no e 2 astenuti ed è approvato in via definitiva. Grasso (Leu): "Legge migliorativa rispetto all'attuale". Il pentastellato Giarrusso: "Quanti farisei presenti anche in questa Aula, la prossima settimana andranno a ricordare Giovanni Falcone a Palermo, dove si dovrebbero vergognare di andare".

Come era già accaduto per il voto alla Camera, il 7 marzo scorso, Pd e Forza Italia hanno votato contro. Ma è diventata legge dello Stato, con il via libera dall’Aula del Senato, il ddl sul voto di scambio politico mafioso. Il provvedimento ha ottenuto 157 sì, 81 no e 2 astenuti ed è approvato in via definitiva. “La nostra riforma del voto di scambio politico-mafioso adesso è legge! Rafforzare questa norma era un dovere anche nei confronti di chi ha dato la vita per impedire ogni patto tra politica e criminalità organizzata. #ViaLaMafiaDallaPolitica” scrive su Twitter il vicepremier e leader del M5s Luigi di Maio, aggiungendo un’immagine di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino con la scritta: “Le loro idee camminano sulle nostre gambe”. Giurisprudenza a parte, l’effetto principale della riforma è l’inasprimento delle pene che potranno arrivare a quindici anni di carcere. Con le aggravanti speciali si arriva fino a 22 anni e mezzo di condanna: un passaggio che però – per le opposizioni – sarebbe a rischio di ricorsi alla Corte costituzionale.

Cosa prevede la nuova legge: pene più alte e interdizione perpetua. Il testo approvato da Palazzo Madama modifica l’articolo 416 ter del codice penale ed è formato da un solo articolo. Prevede che chiunque accetti, direttamente o con intermediari, la promessa di voti da persone delle quali si sa che appartengono ad associazioni mafiose, in cambio di denaro o della promessa di denaro oppure di un altro favore, o in cambio della disponibilità a soddisfare interessi dell’associazione mafiosa, è punito con la pena stabilita nel primo comma dell’articolo 416 bis. In pratica la formulazione del reato lega il voto di scambio con l’associazione a delinquere di stampo mafioso. In questo modo si stabilisce un collegamento ontologico tra le due fattispecie criminali: non è un caso, infatti, che nel 416 bis tra i reati fine delle associazioni mafiose s’indica anche “impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali”.
Le pene sono quindi più dure: da sei/dodici anni si passa a dieci/quindici anni. Per tutti i condannati scatta poi l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. C’è poi “un’aggravante speciale“: se il politico si è messo d’accordo con il mafioso per ottenere voti e viene effettivamente eletto le pene sono aumentate. In questo caso la pena dei 10-15 anni previsti dal 416 bis, viene aumentata della metà. L’aggravante speciale, però, era stata contestata e la legge alleggerita da un emendamento di Fratelli d’Italia. Che poi era stato neutralizzato in modo che la norma prevedesse che il riconoscimento della responsabilità di tutti quei politici che prendono voti da mafiosi o intermediari di mafiosi.
Patuanelli (M5s): “Fuori la mafia dalla politica”- “Fuori la mafia dalla politica. Non è uno slogan ma il messaggio chiaro e netto che diamo al nostro Paese con la legge che abbiamo approvato: il voto di scambio – scrive su Facebook il capogruppo del Movimento 5 Stelle al Senato Stefano Patuanelli –  tra i politici e i mafiosi è un attacco al cuore della nostra democrazia, il tradimento della fiducia dei cittadini e la fine della credibilità per le istituzioni. Da oggi l’Italia ha strumenti nuovi ed efficaci per combattere le mafie e chi fa i loro interessi dentro lo Stato. Era un obiettivo fondamentale del Movimento 5 Stelle, oggi è legge“.  “L’approvazione in via definitiva della legge M5S contro il voto di scambio politico-mafioso è motivo di enorme soddisfazione. È un provvedimento che – dichiara Riccardo Fraccaro, ministro per i Rapporti con il Parlamento –contrasta il malaffare e tutela la democrazia, inasprendo le pene per i politici che scendono a patti con la criminalità organizzata in cambio di voti. Le mafie sono una piaga di questo Paese e si combattono non a parole ma con i fatti. Chi amministra la cosa pubblica, non può avere alcun tipo di contiguità associazioni mafiose. La politica deve rispondere esclusivamente agli interessi dei cittadini che devono poter scegliere legittimamente i loro rappresentanti. Con il provvedimento varato dal Senato mettiamo la mafia fuori dallo Stato“.

Fi: “Aumenti di pena sconsiderati”. Pd: “Profili di illegittimità”. “Non si può non riconoscere che grazie alle nostre leggi, mai modificate, si continua a combattere la mafia con le norme più giuste. Questa legge non la votiamo invece perché prevede – aveva detto Giacomo Caliendo, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia, nel corso del dibattito – soltanto aumenti di pena sconsiderati e incoerenti con la complessiva legislazione penale. Non condividiamo inoltre che in materia penale si intervenga ogni due anni rendendo così la legislazione slabbrata e in contrasto con i principi fondamentali della Costituzione. Noi riteniamo che il vero antidoto alla mafia siano processi rapidi applicando norme equilibrate e severe come quelle da noi realizzate. Oggi più che mai vogliamo ribadire che i nostri governi di centrodestra di cui faceva parte anche la Lega hanno approvato leggi di contrasto alla criminalità organizzata tuttora in vigore”.
Anche i democratici hanno votato contro: “All’inizio della scorsa legislatura fu approvata la riforma del 416 ter. Quella riforma, lo ha ripetuto la procura Antimafia più volte, ha funzionato, ha consentito molte condanne. Era una norma chiara, equilibrata, condivisa dalla magistratura e dal vasto mondo associativo Antimafia, che nessuno aveva chiesto di modificare. Ora questa maggioranza, in nome della propaganda, la vuole cambiare al fine di intestarsi una battaglia per apparire gli unici depositari del principio di legalità, proprio mentre il decreto sblocca cantieri fa un passo indietro su questo terreno, come denunciato anche oggi da Raffaele Cantone  – ha detto il senatore Franco Mirabelli, vice presidente dei senatori del Pd -. Per apparire più onesti degli altri, Lega e 5S peggiorano e mettono a rischio una norma importante: si restringe il campo, si crea incertezza interpretativa, si rischiano profili di illegittimità costituzionale con pene sproporzionate e senza logica. L’unico risultato che si ottiene è quello di indebolire il contrasto al voto di scambio politico-mafioso”.

Prima del voto c’era stato un confronto tra il dem Luigi Zanda e il 5stelle Michele Giarrusso: “Quanti farisei – aveva detto il pentastellato – presenti anche in questa Aula, la prossima settimana andranno a ricordare Giovanni Falcone a Palermo, dove si dovrebbero vergognare di andare”. “Il senatore Giarrusso – la replica del tesoriere dem –  ha dato dei farisei a senatori che siedono in questa Aula. Lanciare accuse o insulti generici senza dire i nomi delle persone a cui queste accuse sono rivolte è un metodo mafioso e in quest’Aula queste cose non sono consentite“.
LeU invece vota a favore dopo astensione alla Camera
Critico con il governo il senatore Pietro Grasso, ex procuratore capo di Palermo, che però ha annunciato il voto favorevole di LeU. Il partito di sinistra si era astenuto alla Camera alla votazione precedente: “State facendo anche della lotta alla mafia – tema che dovrebbe unirci tutti per garantire al nostro Paese legalità, sviluppo e crescita – l’ennesimo spot elettorale. Vederla utilizzata come “scusa” dal ministro dell’Interno per sottrarsi alle celebrazioni della Liberazione, ad esempio, è un modo per svilire un impegno che deve essere costante, quotidiano, serio. Non basta – ha aggiunto l’ex magistrato – inaugurare a favore di telecamere beni confiscati molti anni fa, non bastano post e tweet ad ogni arresto – magari ad operazioni in corso, compromettendone anche l’esito – per adempiere a quelli che sono gli obblighi di guida del Paese. I latitanti non li arrestano i Governi, ma la magistratura e le forze di Polizia! Il contrasto alla mafia, infatti, è molto di più di tutto questo. “l Paese merita molto di più di quanto non stiate facendo su questo come su tutti gli altri fronti della vostra azione politica. Ci aspettiamo altri provvedimenti in Commissione e in Aula per rendere il contrasto alle mafie più efficace, la lotta all’economia criminale più incisiva e i processi più rapidi. Ciò premesso, e dandovi ulteriore prova di quanto quello che ci interessa è il merito dei provvedimenti e non la parte politica che li sostiene, riteniamo che la nuova fattispecie del 416-ter, soprattutto dopo le modifiche apportate alla Camera, sia migliorativa rispetto all’attuale, e per questo annuncio che Liberi e Uguali voterà a favore”.

“Oggi abbiamo raggiunto un altro grande risultato: è stata approvata definitivamente la nuova norma sul voto di scambio politico-mafioso. Il testo che è stato licenziato consentirà di contrastare in modo più efficace ogni ipotesi di infiltrazioni della mafia all’interno della politica. Situazioni gravissime perché incidono sulla massima espressione della democrazia” dicono i portavoce del MoVimento 5 Stelle in Commissione giustizia alla Camera, commentando l’approvazione della proposta di legge che modifica l’art. 416-ter c.p. “È fondamentale, invece, che il voto espresso alle urne sia libero da qualsiasi tipo di condizionamento, specie quello derivante da soggetti legati in qualsiasi modo alle cosche mafiose e al malaffare. Tante sono le novità di rilievo, dall’aumento delle pene al daspo a vita per i politici condannati per questo gravissimo reato. Non possiamo che mostrare la massima soddisfazione per aver fatto un altro passo verso il cambiamento, così da restituire ai cittadini la fiducia nella giustizia e nello Stato“.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/05/14/voto-di-scambio-politico-mafioso-e-legge-forza-italia-e-pd-hanno-votato-contro/5179258/


Ora aspettiamo che si vari una legge elettorale che non sia farraginosa e che preveda che ogni lista e relativo rappresentante si presentino da soli collocandosi preventivamente a sinistra, al centro o a destra e che decidano alleanze solo ad elezioni avvenute.
E' ridicolo vedere rappresentanti di lista appoggiati da altri 10 partitucoli nati dal nulla in una notte di mezzo....inverno.

Cetta.

venerdì 29 marzo 2019

Palermo, corruzione elettorale. Gli ex deputati regionali Nino Dina e Franco Mineo condannati a 8 mesi.

Palermo, corruzione elettorale. Gli ex deputati regionali Nino Dina e Franco Mineo condannati a 8 mesi

5 euro per un voto, ma anche pacchi di pasta del “Banco opere di carità”. In tutto inflitte 16 condanne.

Palermo, 26 marzo 2018 – 8 mesi per l’ex deputato regionale dell’UDC Nino Dina, uguale condanna per Franco Mineo, ex parlamentare di Grande Sud.
La sentenza, emessa dalla quinta sezione del Tribunale di Palermo, riguarda anche altri 20 imputati coinvolti nell’inchiesta denominata “Agorà”, condotta dalla Guardia di Finanza, nata nel 2015 quando la Procura di Palermo ipotizzò i reati di corruzione elettorale aggravata, malversazione, millantato credito e peculato.
Un’inchiesta, coordinata dal Pubblico Ministero Amelia Luise, che aveva inizialmente coinvolto 28 persone, tra queste anche l’ex deputato regionale Roberto Clemente, precedentemente condannato con rito abbreviato.
10 anni e 10 mesi sono stati invece inflitti a Giuseppe Bevilacqua. Sembrerebbe essere lui la figura centrale dell’inchiesta che in seguito avrebbe coinvolto altre persone. Bevilacqua avrebbe ottenuto pacchetti di voti in cambio di denaro, cinque euro al voto. Avrebbe anche ringraziato gli elettori utilizzando i generi alimentari del “Banco opere di carità”, all’insaputa però dei volontari.
Siamo nel corso della campagna elettorale per le comunali 2012. Bevilacqua si era candidato al consiglio comunale di Palermo, ma non riuscì ad essere eletto. Ma secondo inquirenti, avrebbe utilizzato questi pacchetti di voti in occasione delle regionali 2012, mettendoli a disposizione di Dina, Mineo e Clemente. Dai candidati avrebbe ottenuto in cambio finanziamenti per associazioni e incarichi per propri familiari.
Dei 22 imputati sono stati condannati in 16:
Teresa Bevialcqua condannata a 4 anni e 6 mesi, Anna Brigida Ragusa a 4 anni e 5 mesi, Pietra Romano a 4 anni e un mese, Giusto Chiaracarne a 4 anni. 2 anni e 6 mesi inflitti a Domenico Noto, a Giuseppa Genna e Salvatore Ragusa, un anno e 4 mesi Natale Gambino, un anno a Giuseppe Antonio Enea, 8 mesi a Carmelo Carramusa, Salvatore Cavallaro, Onofrio Donzelli e Vincenzo Di Trapani. Assolti Pietro Cosenza, Enzo Fantauzzo, Salvatore Machì, Fernando Vitale, Salvatore Zagone e Agostino Melodia.

https://www.filodirettomonreale.it/2019/03/26/palermo-corruzione-elettorale-gli-ex-deputati-regionali-nino-dina-e-franco-mineo-condannati-a-8-mesi/#vBfzJAUfPFvqDiFb.99

venerdì 8 marzo 2019

Voto di scambio, Forza Italia all’attacco della legge: “Così stop a campagna elettorale. Parlamento sarà in galera”. - Giuseppe Pipitone

Voto di scambio, la Camera approva con 280 sì. Fdi vota con M5s e Lega. Contrari Pd e Forza Italia. La legge torna al Senato

Alla Camera dei deputati si discute la nuova legge sulle preferenze dei boss alla politica e i berlusconiani è in fibrillazione. La norma uscita dalla commissione giustizia di Montecitorio ai parlamentari di Silvio Berlusconi proprio non piace. E gli azzurri intervengono in ordine sparso: "Come si fa a sapere che uno è mafioso se non ce l'ha scritto in faccia?". "Questo disegno di legge scoraggia l'attività politica sul territorio. E rischia di coinvolgere anche la Lega. Poi rimane solo Rousseau".


Qualcuno dice di essere pronto a “chiudere la segreteria politica“. Qualcun altro profettizza: “Così si svuoteranno i comuni“. Di più: “Si rischia di trasferire il Parlamento dentro a una galera“. Tutti o quasi sono d’accordo: se davvero passasse questa riforma “si smetterebbe di fare campagna elettorale“. “Come si fa a sapere che uno è mafioso se non ce l’ha scritto in faccia?“, è la più retorica delle domande. Già come si fa? “Questo disegno di legge scoraggia l’attività politica sul territorio. E rischia di coinvolgere anche voi della Lega. Poi rimane solo Rousseau“.
Alla Camera dei deputati si discute la nuova legge sul voto di scambio e Forza Italia è in fibrillazioneLa norma uscita dalla commissione giustizia di Montecitorio ai parlamentari di Silvio Berlusconi proprio non piace. La colpa è soprattutto di un emendamento approvato in commissione per punire tutti quei politici che prendono voti da mafiosi o intermediari di mafiosi. Non è necessario che l’appartenenza ai clan di questi “grandi elettori” sia nota oltre ogni ragionevole dubbio, come invece prevedeva la legge uscita dal Senato. Del resto – è il ragionamento dei 5 stelle – gli accordi tra politici e boss si giocano sul filo dell’ambiguità. Nessuno va ad offrire voti presentandosi come esponente di Cosa nostra, ‘ndrangheta o camorra: “Buongiorno, sono un mafioso, li vuole i miei voti?”. In questo modo il politico potrà sempre dire: ma io come facevo a sapere chi erano? Chi li conosce? Faccio politica, vedo gente, prendo voti. È per questo motivo che a Palazzo Madama un emendamento di Fdi aveva annacquato il ddl originario, con il bene placido dello stesso Mario Giarrusso, che tra l’altro è relatore del provvedimento. Con la legge approvata al Senato si poteva punire solo il politico che accetta voti “da parte di soggetti la cui appartanenza alle associazioni di cui all’articolo 416 bis sia a lui nota“. A Montecitorio, dunque, hanno fatto saltare quelle tre parole, quel “sia a lui nota“. Tanto è bastato per scatenare i berlusconiani, intervenuti in ordine sparso. “Come si fa a sapere che uno è mafioso se non ce l’ha scritto in faccia? Io non sono tenuta a sapere se uno è mafioso. Vuol dire non potere più fare campagna elettorale. Si farà solo su Rousseau“, dice l’onorevole Giusi Bartolozzi, che prima di entrare a Montecitorio faceva la giudice in Sicilia.  “Questa è la seconda puntata di un film dell’orrore”, aggiunge la collega Matilde Siracusano. Ma quale era la prima? “L’anticorruzione“, spiega la deputata azzurra, proponendo un emendamento per tornare alla formulazione del Senato, inserendo quel “sia a lui nota” che salverebbe i politici presunti inconsapevoli del voto dai clan. “Chi non lo vota, mafioso è“, dice Vittorio Sgarbi. Quell’emendamento non lo votano e quindi non passa.
Jole Santelli è un fiume in piena. “Ma chi sono i soggetti appartenenti alle associazioni di cui all’articolo 416-bis?, si chiede. Rispondendosi da sola: “Ipoteticamente con questa legge è un problema parlare con una persona che magari ha dei legami ma che poi non è indagato. La verità è che quest’aula è sempre influenzata dall’accento di chi interviene. Ci sono colleghi eletti in Lombardia che ritengono di non essere toccati da questi problemi. Ma non è così”, continua appellandosi agli alleati a corrente alternata del Carroccio. “La Lega non può assistere inerme a questo scempio. I colleghi della Lega, avendo incassato la legittima difesa ritengono di doversi prendere questo schifo”, si lamenta, visto che i banchi del governo sono occupati solo da esponenti del Movimento 5 stelle. Quelli di Matteo Salvini non partecipano al dibattito: hanno ottenuto l’approvazione della legittima difesa e dunque disertano in blocco i lavori per il voto di scambio politico mafioso.
Ci sono solo i grillini, che spingono per la riforma. Ma per Carlo Fatuzzo, storico leader del partito dei Pensionati, con una legge così “il rischio è quello di fare il Parlamento dentro una galera“. Più moderata Daniela Ruffino: “Con questa legge si svuoteranno le aule dei consigli comunali. Non avete mai fatto la fatica per andare ad amministrare un piccolo comune”. Per Mario Occhiuto la legge del voto di scambio “scoraggia l’attività politica sul territorio e condanna molte zone all’isolamento. Chi andrà ad avvicinare certi cittadini, a fare campagna elettorale in zone come la Sicilia, la Campania, la Calabria?”. Sembra quasi che nel Sud Italia siano tutti mafiosi.  “Io chiuderò la segreteria politica“, annuncia quindi Felice D’Ettore. Il sardo di Fratelli d’Italia Salvatore Deidda fa un esempio pratico: “ Se siete in un bar di Orgosolo (in provincia di Nuoro, ndr) provate a non stringere la mano a uno dell’Anonima sequestri. Come fate a riconoscerlo? Come fate a rifiutargli il saluto? Perché non ci provate a farlo? Questo vuol dire mettersi d’accordo con una persona?”.
Secondo Luigi Casciello la legge avrà un effetto opposto a quello previsto: “Consegnerà alla criminalità organizzata la selezione della classe dirigente”. Ma in che senso, visto che la legge punisce con il doppio della pena i politici eletti con i voti dei clan? In teoria, dunque, è vero il contrario: sarà sempre più pericoloso avvicinarsi ai mafiosi. E infatti Casciello non si riferisce ai mafiosi ma  “ai pentiti“, cioè agli eventuali collaboratori di giustizia che da boss si trasformano in accusatori dei politici. “Inserire quel consapevolmente vuol dire mettere in mano ognuno di noi ai gruppi mafiosi”, sostiene. L’onorevole Pierantonio Zanettin invita i colleghi all’umiltà: “Non riteniamoci immuni all’infiltrazione dei mafiosi. La prima garanzia che dobbiamo avere rispetto a certe cose che ci possono arrivare dalle procure è la consapevolezza“. Certe cose che ci possono arrivare dalle procure si intuisce essere gli avvisi di garanzia. Qui l’onorevole portavoce Andrea Colletti dei 5 stelle è costretto a replicare con una punta di malizia: “Questo discrimine tra consapevolezza e inconsapevolezza è curioso farselo ricordare da Forza Italia, di cui uno dei fondatori è un soggetto condannato per concorso esterno in associazione mafiosa“.  Il riferimento ovviamente è per Marcello Dell’Utri. Il Pd Enrico Borghi non condivide la valutazione del pentastellato e interviene per difendere Forza Italia: “Smemorato collega che ha votato con un partito definito in quei termini – afferma rivolto a Colletti – Si sciacqui la bocca prima di parlare“. E in effetti i 5 stelle hanno appena votato con Forza Italia la legittima difesa. Il riferimento a Dell’Utri, però, fa perdere le staffe a Giorgio Mulè: “Questo è un dibattito incardinato sui binari della miseria. Stiamo bestemmiando la verità. L’intermediario non ha la coppola e la lupara. E anche il migliore ministro dell’Interno finisce in galera. Le campagne elettorali così non si potranno più fare. Vi dimenticate i mercati. Chiunque farà il kamikaze dell’antimafia. Rendetevene conto”.
Ce l’ha con gli intermediari politici-boss anche Francesco Paolo Sisto: “Questa cosa dà la possibilità di perseguire senza sosta chiunque. In questo Paese basta una notizia su facebook per essere cacciati da un partito. Bene, in questo Paese noi inseriamo la figura dell’intermediario nello scambio politico elettorale di voti di matrice mafiosa. Nella passata legislatura noi avevamo una norma migliore. Puniva i voti raccolti con matrice mafiosi, non i contatti mafiosi”. Però secondo la Cassazione quella legge approvata dal centrosinistra ha reso il voto di scambio più favorevole al reo.  L’onorevole bolognese Galeazzo Bignami, quindi, decide di inserire nel dibattito una fattispecie mai citata da nessuna riforma, di destra, sinistra o centro: la stretta di mano.  “Conoscono tanti colleghi della Lega – dice –  che sanno perfettamente cosa significa stringere le mani“. Quali mani? Il ddl punisce il voto di scambio, solo quello. E infatti Erasmo Palazzotto di Liberi e Uguali cerca di conferire (con scarso successo) un minimo di serietà al dibattito: “Questa è un provvedimento delicato. Qui non si sta parlando di chi stringe la mano a chio siete in malafede o non sapete di cosa state parlando”. Tra i berluscones, però, l’umore è molto diverso. Lo fa notare il grillino Filippo Perconti, che interviene ma non sul merito della legge: “Ci dicono che non abbiamo senso delle istituzioni, ma quale è il senso delle istituzioni del collega Cannizzaro che dice alle nostre colleghe di stare a cuccia? Sarà che siamo vicini alla festa della donna?“.

mercoledì 4 aprile 2018

Palermo, “posti di lavoro in cambio di voti”: ai domiciliari due esponenti di Noi con Salvini in Sicilia.

Palermo, “posti di lavoro in cambio di voti”: ai domiciliari due esponenti di Noi con Salvini in Sicilia

L'ex parlamentare regionale Salvino Caputo è stato arrestato insieme al fratello Mario, candidato all'Ars con il Carroccio. Nel 2013 Salvino fu il primo parlamentare a decadere in conseguenza della legge Severino dopo la condanna per tentato abuso d'ufficio. Giorgetti: "Possibile che abbiamo fatto qualche errore". Vozza: "Classe dirigente sostituita con condannati".

Chiedevano voti in cambio di posti di lavoro. Con questa accusa è stato arrestato l’ex consigliere regionale ed ex sindaco di Monreale, Salvino Caputo, avvocato penalista e commissario straordinario per la  provincia di Palermo del movimento Noi con Salvini , la costola siciliana della Lega.  Ai domiciliari con lui anche il fratello Mario Caputo, candidato non eletto alle ultime elezioni regionali sempre con la Lega. Salvino Caputo nel 2013 era stato costretto a lasciare l’Ars dopo che nei suoi confronti era diventata definitiva una condanna a un anno e cinque mesi per tentato abuso d’ufficio. L’ex parlamentare – ex militante di An  – fu il primo in Italia a dover lasciare il proprio scranno in conseguenza della legge Severino.
“Un anno fa venni sostituito proprio da Salvino Caputo alla guida del movimento per volontà di Alessandro Pagano, che mi scaricò in malo modo”, ricorda Francesco Vozza, ex responsabile palermitano della Lega che contestò a lungo la nomina di Caputo voluta dal coordinatore della Sicilia Occidentale di Noi con Salvini. “Temo che sia giunta l’ora di dire le cose per come stanno: Pagano ha ucciso un’intera classe dirigente emergente per sostituirla con condannati, riciclati e persone che in generale non c’entrano nulla col progetto di Matteo Salvini“, ha dichiarato Vozza. “Pertanto (e credo di poter parlare a nome di tantissimi militanti), da oggi non accetteremo più la leadership dell’onorevole Pagano – ha aggiunto l’esponente leghista – La Sicilia non merita questo schifo e come Lega avremmo dovuto importare il modello Zaia, non certo questa vergogna che porta proprio il nome di Pagano”.

L’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari con la nuova accusa di voto di scambio è stata emessa dal gip di Termini Imerese su richiesta della procura. I carabinieri hanno arrestato anche Benito Vercio, 62 anni, indicato dagli investigatori come “procacciatore di voti nel termitano”. Nel corso delle indagini, la Procura della Repubblica avrebbe accertato dodici episodi di compravendita di voti in cambio di promesse di posti di lavoro o altre utilità, commessi da due degli arrestati insieme ad altri indagati.
Giancarlo Giorgetti, capogruppo della Lega alla Camera, ha commentato dicendosi “deluso e amareggiato”. “La magistratura faccia il suo lavoro, se ci sono delle colpe si condanni pesantemente”, ha aggiunto, “ma non credo che in Sicilia siano gli unici sospettati per questo reato”. Alla domanda se la Lega abbia imbarcato al Sud troppi esponenti della vecchia politica locale, il capogruppo risponde “è possibile che in alcune zone sia stato commesso qualche errore, in un percorso di crescita in zone problematiche. Ma la Lega che compra voti in Sicilia mi sembra una ricostruzione fantasiosa”.

Chi è Salvino Caputo – Caputo è un politico di lungo corso che ha militato sempre nelle fila del centrodestra. Ex attivista del Msi, per due volte sindaco di Monreale, è stato per quattro legislature deputato regionale eletto con An e Forza Italia prima e con il Pdl poi. Nella primavera scorsa, infine, l’approdo alla Lega con la nomina a commissario straordinario del movimento Noi con Salvini per i comuni della provincia di Palermo. Nel 2013 è decaduto da parlamentare dell’Ars: primo politico colpito dalla Severino. L’ex deputato cercò, secondo i giudici, di fare annullare alcune multe che i vigili urbani avevano contestato all’allora arcivescovo Salvatore Cassisa e ad alcuni suoi ex assessori quando era sindaco di Monreale. Fu la commissione Verifica dei poteri a sancire la decadenza di Caputo e nel 2015 la Corte d’appello confermò in via definitiva l’esclusione dall’Ars.
Anche a causa di questi precedenti, la nomina di Caputo da parte del coordinatore della Sicilia Occidentale Pagano, era stata appunto duramente contestata dal suo predecessore Vozza. “Non condivido la scelta di Pagano né nel metodo né nel merito. Se è normale nominare commissario un condannato in via definitiva per abuso d’ufficio, decaduto dall’Ars, allora smetto di fare politica. Ho avviato delle consultazioni con i vertici della Lega Nord per capire se Matteo Salvini è al corrente di questa nomina. Per quanto mi riguarda c’è un problema politico grande quanto una casa”, disse allora Vozza. Secca fu la replica di Pagano: “Tutto il movimento si stringerà attorno a Caputo con grande impegno, al fine di portare avanti il nostro progetto insieme a Salvini in tutto il territorio siciliano. Nella provincia di Palermo sarà il nostro punto di riferimento a livello organizzativo nei comuni che hanno imminenti scadenze elettorali”.
E fu così che la politica peggiore si appropriò dell'unica possibile risorsa di vita per avvantaggiarsene.
Il lavoro, pertanto, è un bene concesso, discrezionalmente, da pochi corruttori a pochi corrotti.
Per noi, pedine private di ogni diritto, è solo la conferma di ciò che già sospettavamo.
Ma è così viene interpretata ed applicata la democrazia in Italia.
(Se non sbaglio, però, il primo articolo della Costituzione non dice che la nostra è una Repubblica democratica fondata sul lavoro offerto dai partiti.....)

domenica 25 febbraio 2018

La politica in Italia.

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Sanguisuga

Purtroppo i partiti consolidati hanno i voti sicuri dei loro raccomandati, (quelli che hanno usufruito di posti di lavoro a tempo indeterminato, quelli che hanno usufruito dei soldi nostri per aprire un'azienda, quelli che hanno usufruito di una spintarella presso il docente universitario per superare alla grande un esame, quelli che.....) è naturale, pertanto, che siano destinati a vincere le elezioni. 

Noi siamo vittime della mala politica e di chi approfitta della mala politica privando noi cittadini liberi di sperare in un posto di lavoro, nella possibilità di avere un aiuto per aprire un'azienda ed altro. 

Siamo anche vittime di chi, con l'aiuto della mala politica, ricopre cariche sensibili nella medicina, nell'insegnamento, nella costruzione di edifici pubblici e privati, senza averne l'adeguata responsabilità e preparazione e con tutte le conseguenze del caso.


In Italia va avanti chi corrompe e si fa corrompere, per tutti gli altri non c'è speranza.


Debbono smettere di presentare nelle loro liste elettorali personaggi famosi per raccogliere voti. 


Noi vogliamo essere rappresentati e governati da persone responsabili e preparate.

domenica 22 gennaio 2017

Il processo sull’hotel Rigopiano, da casolare a resort di lusso. Politici arrestati per corruzione e poi assolti.



Processo concluso lo scorso novembre: il pm sostenne la corruzione per l’ampliamento della struttura oggi colpita dalla slavina. Per i giudici di primo grado il fatto non sussiste, ora i reati sono prescritti.

Il sospetto di un abuso edilizio e un processo per corruzione conclusosi con l’assoluzione di tutti gli imputati perché “il fatto non sussiste”: è questo il prequel della tragedia che si è verificata alle pendici del Gran Sasso, a causa di una slavina – si sospettano morti tra gli ospiti e il personale – abbattutasi sull’hotel Rigopiano, nel comune di Farindola.
La vicenda ha inizio nel 2008, quando il pm della procura di Pescara, Gennaro Varone, sulla base di indagini e intercettazioni telefoniche nell’ambito di un’inchiesta denominata Vestina, ipotizzava un passaggio di denaro e posti di lavoro in cambio di un voto favorevole per sanare l’occupazione abusiva del suolo pubblico.

La presunta corruzione e l’assoluzione dell’ex sindaco

Il presunto abuso riguardava proprio l’ampliamento della struttura, che in origine era un casolare, per la realizzazione dell’attuale hotel a quattro stelle, gestito dalla società Del Rosso e in seguito ceduto alla Gran Sasso Resort. A processo, nel 2013, finirono sette persone tra cui l’ex sindaco del paesino in provincia di Pescara, Massimiliano Giancaterino, il suo successore alla guida del comune Antonello De Vico e all’epoca consigliere comunale. Inoltre rimasero coinvolti i due ex assessori Ezio Marzola e Walter Colangeli, l’ex consigliere Andrea Fusaro e gli imprenditori Paolo Marco e Roberto Del Rosso.
Il fatto oggetto del processo risale al 2008
Secondo l’accusa, l’allora sindaco, assessori e consiglieri avevano votato a favore della delibera del 30 settembre di quell’anno finalizzata a “sanare l’occupazione abusiva di suolo pubblico da parte della società Del Rosso”, è scritto in un articolo del Centro di pescara dell’epoca, in ‘area fino ad allora adibita a pascolo del bestiame e compresa in un’area naturalistica protetta. Scrive Lacerba (giornale locale di Penne), citando la procura, che “l’autorizzazione a sanatoria si basava sul presupposto che detta occupazione non costituisse abuso edilizio per mancata, definitiva trasformazione del suolo”. Secondo quanto sosteneva il pm, Giancaterino e De Vico in cambio della delibera avrebbero incassato la “promessa di un versamento di denaro destinato al finanziamento del partito” di appartenenza (il Pd) e, in particolare, il secondo avrebbe ottenuto “il pagamento di 26.250 euro” che, dice ancora l’accusa, andava ad “adempimento parziale di un debito pregresso ma inquadrabile nel rapporto corruttivo”.

“Soldi per il partito e assunzioni nel resort”

Il pm sostenne inoltre che come merce di scambio per quella delibera favorevole, i consiglieri e gli assessori del tempo avessero ottenuto dai titolare della società Del Rosso anche “assunzioni preferenziali per i propri protetti”. L’ex sindaco di Farindola nel corso del processo aveva sempre respinto l’accusa di corruzione, ottenendo ragione dal giudice che lo scorso novembre ha emesso la sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste”. Il reato era comunque prescritto già nell’aprile del 2016, ragion per cui questa sentenza non potrà essere appellata. Le motivazioni della sentenza non sono state ancora depositate.

mercoledì 14 dicembre 2016

Vincenzo De Luca indagato per istigazione al voto di scambio. Pm sente il portavoce sul caso fax. - Vincenzo Iurillo



Poi saranno ascoltati anche altri responsabili della campagna elettorale. "Quando hai la coscienza tranquilla si va avanti oppure qui moriamo di avvisi di garanzia mentre i cittadini non hanno neanche i servizi essenziali" commenta il governatore.

L’accusa: istigazione al voto di scambio. Un solo iscritto nel registro degli indagati: Vincenzo De LucaPromettere fritture di pesce per far votare Sì al referendum sulle riforme potrebbe essere un reato. Chiuso il fascicolo inizialmente aperto a modello 45, che consente solo accertamenti generici su fatti non costituenti reato, la Procura di Napoli ne ha aperto un altro a modello 21, con una ipotesi di reato e un presunto responsabile, il governatore Pd della Campania. Il modello 21 consente agli inquirenti di ascoltare persone, fare ulteriori acquisizioni documentali, disporre atti di indagine altrimenti impossibili.
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La decisione di procedere con un passo più spedito è nata dall’ascolto e dall’analisi attenta dell’ormai famoso file audio di una riunione tra il governatore Pd della Campania e circa 300 sindaci e amministratori locali svoltosi al Ramada di Napoli il 15 novembre, pubblicato in esclusiva su ilfattoquotidiano.it. L’audio è stato acquisito dalla Finanza il 24 novembre. Si sente De Luca incitare i sindaci a darsi da fare per votare e far votare Sì al referendum costituzionale perché il premier Matteo Renzi “manda fiumi di soldi” in Campania. Si sente De Luca indicare come esempio il sindaco di Agropoli, Franco Alfieri, il campione “delle clientele scientifiche, che bella cosa”, spronandolo a raccogliere almeno 4000 voti offrendo agli elettori “una frittura di pesce” oppure “portali sulle barche” (“vedi tu come Madonna devi fare…”), e sollecitando agli altri primi cittadini a fare come lui. 
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Il pm Stefania Buda ha colto una sfumatura della riunione: De Luca che fa il nome di Paolo Russo, il suo portavoce, come destinatario e collettore dei “fax da inviare” con il numero delle persone incontrate in campagna elettorale e una indicazione più o meno precisa del numero dei voti che si prevedeva di raccogliere per la riforma Boschi. Russo è un giornalista molto stimato tra gli addetti ai lavori, tesse con cura, pazienza e grande professionalità i rapporti, quasi mai semplici, tra un vulcanico governatore e una stampa spesso molto critica verso le sue esternazioni e i suoi guai giudiziari di De Luca. Proviene dalla redazione di Salerno de Il Mattino’, dove ha avuto ruoli apicali. La redazione staccata della città dove De Luca è stato sindaco per più di venti anni.
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Il pm ieri ha sentito Russo come testimone, il primo di quella che si preannuncia una discreta sfilata: il giornalista ha negato che quei fax siano stati mai inviati ed ha ridimensionato – come era ovvio – la portata ‘clientelare’ delle affermazioni di De Luca, proseguendo sulla linea delle “battute goliardiche” tenuta dal presidente sin dal primo giorno. Il giornalista ha fatto i nomi di alcune persone presenti all’incontro, tra i quali quelli di un cronista di una testata locale, per confutare in qualche modo che si trattasse di una riunione a porte chiuse (anche se si sente De Luca dire “non ci sono giornalisti” e riderne). La Procura, dopo aver sentito Russo, intende sentire anche i responsabili del comitato referendario campano per il Sì: Piero De Luca, figlio del presidente, e Francesco Nicodemo, ex consigliere comunale di Napoli e fino a pochi giorni fa capo della comunicazione social del premier Renzi. Nicodemo e De Luca jr verranno ascoltati come testimoni nei prossimi giorni. La Procura vuole fare tutti gli accertamenti necessari a valutare come  fu raccolto il consenso e se ci furono altre riunioni di quel tipo. Al vaglio degli inquirenti ci sarebbe anche un altro aspetto: il ruolo di commissario in pectore alla sanità campana con cui De Luca si presentò alla platea; il riferimento ai laboratori (“ci sono 400 laboratori, sono tanti voti”) come agli studi professionali sarebbe stato fatto non a caso. Peraltro nei giorni successivi De Luca ha incontrato le associazioni della sanità privata accreditata, i cosiddetti ‘signori delle cliniche’, in circostanze dove il ruolo istituzionale e la campagna elettorale si sono intersecate in un grumo. Il pm intende convocare anche qualche sindaco. E incomincerà da Franco Alfieri.
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Dopo la pubblicazione dell’audio la commissione Antimafia aveva chiesto informazioni alla Procura di Napoli per capire se ci fossero i presupposti perché si muovesse l’organismo parlamentare. “Abbiamo sempre agito così per avviare le nostre inchieste e useremo lo stesso metodo” aveva dichiarato la Bindi contro la quale De Luca si era scagliato dicendo in un’intervista che era “un’infame, da ammazzare“. De Luca ha preferito non commentare direttamente la notizia della nuova indagine. “Quando hai la coscienza tranquilla si va avanti oppure qui moriamo di avvisi di garanzia mentre i cittadini non hanno neanche i servizi essenziali” ha detto all’inaugurazione di tre servizi operativi nell’Ospedale del Mare. De Luca. Tuttavia riferendosi a Verdoliva, commissario per l’ultimazione della struttura, ha detto che è necessario “avere dirigenti che non hanno paura di mettere una firma, e che mettono in conto di ricevere un avviso di garanzia”.
“Credo che sia un atto dovuto che si accerti quanto accaduto in alcune giornate della campagna referendaria” commenta il sindaco di Napoli Luigi de Magistris. “Mi sembra corretto che ci siano delle verifiche giudiziarie perché quello che abbiamo ascoltato e visto in questa campagna elettorale è andato molto oltre la dialettica politica”. De Magistris, nel sottolineare che non gli competono ”valutazioni su fatti giuridici”, ha rimarcato la sua posizione “distante dal punto di vista politico dal metodo, dal contenuto, dalla forma e dai toni con cui alcuni hanno cercato di orientare il voto verso il Sì in questa campagna referendaria”. Secondo l’ex pm il 4 dicembre “la gente ha guardato molto più lontano e non sono bastati gli appelli a fritture di pesce per condizionare un voto che è stato inequivocabile in favore del No e che ha dato una bella batosta all’accoppiata Renzi – De Luca”.