giovedì 21 dicembre 2017

Antimafia dispone confisca beni Matacena per 10 mln. -

L'ex parlamentare di Forza Italia è stato condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa e attualmente latitante a Dubai.

La Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria ha eseguito un provvedimento di sequestro e confisca di beni, emesso dalla Corte di Assise d'Appello di Reggio Calabria, nei confronti dell' armatore ed ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e attualmente latitante a Dubai. La confisca riguarda 12 società in Italia e all'estero, conti bancari, immobili e un traghetto in servizio nello Stretto di Messina, per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro.
Matacena, già condannato definitivamente, nel 2014, a tre anni di reclusione dalla Corte di Cassazione per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, è stato riconosciuto quale uomo politico di riferimento delle cosche reggine a salvaguardia dei loro interessi.
Successivamente, è rimasto coinvolto nelle indagini svolte dalla Dia di Reggio Calabria che hanno portato all'emissione di diverse ordinanze di custodia cautelare in carcere, oltre che nei suoi riguardi, anche a carico di sua moglie Chiara Rizzo, per intestazione fittizia di beni, e dell'ex Ministro dell'Interno Claudio Scajola, per averlo aiutato a sottrarsi alla cattura.
Nel giugno 2017, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, su proposta della Procura Distrettuale, aveva confermato la "pericolosità sociale" di Matacena, disponendo nei suoi confronti il sequestro di alcune disponibilità finanziarie e di un immobile all'estero.
Con il nuovo provvedimento, la locale Corte di Assise di Appello, evidenziando che la maggior "parte dei beni che costituiscono il patrimonio del Matacena sono frutto di attività illecite e/o di reimpiego dei loro proventi", e ravvisando "una oggettiva quanto marcata sproporzione" tra gli investimenti effettuati e i suoi redditi dichiarati, ha disposto il sequestro e la confisca di 12 sue società (per l'intero capitale sociale o in quota parte), di cui 4 con sede nel territorio nazionale (Villa San Giovanni, Reggio Calabria e Roma) e 8 all'estero (Isole Nevis, Portogallo, Panama, Liberia e Florida), nonché di disponibilità finanziarie collocate in conti esteri.
Le società sono attive prevalentemente nel settore armatoriale, immobiliare e di edilizia. Oggetto di sequestro e confisca sono anche 25 immobili aziendali, oltre ad una grossa motonave di oltre 8.100 tonnellate di stazza, utilizzata per attività di traghettamento veicoli e passeggeri nello Stretto di Messina.
Il valore complessivo del patrimonio oggetto del provvedimento odierno supera i 10 milioni di euro. Le aziende sequestrate proseguiranno la loro attività con amministratori giudiziari designati dalla locale Autorità Giudiziaria.

Etruria, il clamoroso autogol della Boschi. - Francescomaria Tedesco

Etruria, il clamoroso autogol della Boschi

Qualcuno deve aver suggerito a Maria Elena Boschi di dire di non aver mai esercitato “pressioni” su Federico Ghizzoni o altri per le questioni inerenti a Banca Etruria. In effetti si tratta di un tentativo di spostare l’asse della questione da un interessamento imbarazzante e indebito a “pressioni”
In questo modo, Maria Elena Boschi dopo aver costruito l’obiettivo polemico di paglia (le ‘pressioni’) può dire di non essere smentibile. Come se la sola stessa presenza di una ministra che ha il babbo implicato a vario titolo nella gestione del crack di una delle banche interessate non fosse di per sé una situazione anomala.
Ma i renziani compatti: “Tutto ok, noi ineccepibili”. 
Ricordo un concorso universitario in cui un professore, presidente della commissione esaminatrice che avrebbe dovuto valutarlo e candidato unico disse che al momento della decisione lui era uscito dalla stanza. 
Tanto più che emerge che sì, niente “pressioni”, hanno detto all’unisono sia Giuseppe Vegas che Ghizzoni, ma un certo interessamento un po’ insistente di sicuro, se si pensa che Renzi durante due dei primi tre incontri con Vincenzo Visco gli chiede di Banca Etruria e dell’oro aretino, inducendo il governatore nel primo caso a non rispondere su materie coperte da segreto ex art. 7 del Testo unico bancario e nel secondo a un sorriso di circostanza per la stranezza della domanda.

Si è appreso poi che anche la stessa Maria Elena Boschi ha chiesto sia a Vegas che a Visco di Banca Etruria. Nessuna delega da parte di Pier Carlo Padoan, peraltro l’unico investito, sempre secondo il Tub, a discutere con Bankitalia di quelle questioni. Inoltre, ieri è emerso che anche l’amico intimo di Renzi, suo braccio destro ed ex candidato dell’allora premier come responsabile della cyber security (nomina poi stoppata da Mattarella), era intervenuto presso Ghizzoni perché gli era stato chiesto (Carrai dice da un proprio cliente) “di sollecitarti per una risposta su Etruria”.
Il mantra di Renzi-Boschi è “preoccupati per il territorio” e “nessuna pressione”. Se un ministro della Repubblica o il presidente del Consiglio dei ministri chiedono qualcosa, e con insistenza, su una questione dalla quale si sarebbero per opportunità dovuti tenere distanti un miglio, non è una pressione? Tutti preoccupatissimi per Etruria e per la Toscana (anche se la Costituzione dice che il parlamentare “rappresenta la Nazione”, art. 67) e neanche un cane a chiedere, che so, l’acquisizione, per dire, di Banca delle Marche. Dice Ghizzoni: “non mi ha detto acquisite Banca Etruria!”. Ma questa non sarebbe una pressione, bensì un vero e proprio ordine, come quando dico al cane “Sitz!” per farlo sedere.

Cos’è una pressione, una testa di cavallo nel letto? Un coltello puntato alla gola? Pressione è un’altra cosa, la pressione dipende anche dal ruolo della persona che ti chiede di fare o non fare una cosa. Ma per capire la gravità della cosa c’è una persona che più di tutti può dirlo: Boschi stessa. L’attuale sottosegretaria aveva detto a proposito del libro di Ferruccio De Bortoli, nel quale l’ex direttore del Corriere della Sera scriveva che Boschi aveva chiesto a Ghizzoni “di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria”, di essere in presenza di “affermazioni evidentemente diffamatorie”, minacciando prima querela (mai giunta e ora impossibile per decorso dei termini) e di volere poi un risarcimento in sede civile dal giornalista e da altri (ma De Bortoli dice di non aver ricevuto, al momento, alcunché).
Ora Ghizzoni conferma quasi alla lettera la ricostruzione di De Bortoli. Dunque, se la logica non fa difetto, aver chiesto a Ghizzoni di “valutare l’acquisizione di Etruria” è per Boschi stessa una cosa grave, gravissima, tanto che chi lo dicesse si beccherebbe una querela e una causa civile per risarcimento. Ma la Boschi lo ha chiesto, come dice Ghizzoni confermando De Bortoli. Dunque la gravità del fatto è la stessa Maria Elena Boschi ad averla certificata, parlando di quel fatto – prima che Ghizzoni lo confermasse – come una cosa inaudita, grave, mai avvenuta. Fosse stato tutto normale, Boschi avrebbe detto “Sì, ho chiesto a Ghizzoni di valutare l’acquisizione di Banca Etruria, embè?”. E invece la cosa è grave, gravissima. Ipse dixit.

Etruria, il mesto calvario di Boschi e Renzi. - Andrea Scanzi

Etruria, il mesto calvario di Boschi e Renzi

Matteo Renzi e Maria Elena Boschi sono dei geni. E lo sapevamo. Ma forse non credevamo che lo fossero così tanto. Sogniamo con loro.
– Fanno di tutto per varare (in ritardo) una Commissione banche. Ci credono così tanto che, per presidente, ci mettono Pier Ferdinando Casini. La vogliono unicamente per dare un contentino ai media e farsi belli.
– La Commissione, che concretamente non servirà a nulla se non forse a far perdere le querele alla Boschi, si rivela l’ennesimo autogol renziano. Boschi e derivati temevano Federico Ghizzoni, ma prima di lui, che ovviamente conferma le parole di Ferruccio De Bortoli, arrivano le pietre tombali di Giuseppe Vegas,Vincenzo Consoli e Ignazio Visco. Persino Pier Carlo Padoan sparge sale sulle ferite. E’ gogna, è calvario. E’ torcida. Si vola.
– Ghizzoni ha citato anche  Marco Carrai, mentre Visco ha fatto capire che Renzi aveva una fissa per Arezzo. Il giglio magico aveva proprio una fissa per Banca Etruria. Daje.

– I renziani, come all’asilo, di fronte al diluvio fingono che ci sia il sole: “Visto? Consoli e Ghizzoni hanno confermato le nostre parole“. Idoli.
– Maria Elena Boschi si conferma il più grande parlamentare grillino di questa legislatura: nessuno come lei fa venire voglia di votare M5S (o chiunque tranne il Pd). E’ davvero la nuova Nilde Jotti. Per distacco.
– Mentre il Pd muore, nessuno tra i piddini non renziani muove foglia. Evidentemente son contenti così.
– I cortigiani, da LaVia alla Fusani fino al poro Cerasa, continuano a difendere il fortino. Sono meravigliosi.
– Nei sondaggi il Pd crolla: 20% o giù di lì. Lo stesso responsabile della comunicazione Matteo Richetti, convinto che negli incontri di partito non ci sia nessuno che lo filmi (genio), tratta ormai Renzi come il poro schifoso. E’ leggenda inesausta. – Ciò nonostante, a marzo Genny Migliore Presidente del Consiglio, Farinetti al Quirinale e Recalcati nuovo frontman dei Pearl Jam.

– Mary Hellen Woods continua a fare più danni della grandine e i sondaggi la accreditano di un potenziale di un milioni di voti: in meno, però. Eppure sta sempre lì. Nessuno, dentro il partito, osa attaccarla. Cosa diamine sa questa donna? Ha visto Sergio Mattarella rubare i Lego a Sandro Gozi? E’ venuta a sapere che da piccolo Orfini si vestiva da Mazinga alle feste in maschera di Drupi? Bah.
– Sono aretino, fiero di esserlo e innamorato della mia città: è bellissima. Per questo, ‘sta cosa che Arezzo sia citata quasi sempre per fatti così mesti mi fa venire un giramento di andrearomani che neanche immaginate.
– L’unico a salvarsi, in un tal dramma generalizzato, è Dario Nardella. Ma solo perché Egli è immanente. Egli non vive, bensì trascende. Egli si eleva fino a divenire puro spirito, Faro e Guida. Luce di noi tutti. A marzo lo voto. Forza Dario.

Buona catastrofe.