giovedì 13 giugno 2013

I soldi sporchi di sangue della mafia. - Giorgio Bongiovanni

soldi-euro-sangue
Il fallimento della Sicilcassa, la seconda banca della Sicilia, apre un preoccupante scenario che in qualche modo si collega con lo storico rapporto che Stato e mafia hanno da sempre coltivato, tornando indietro fino alle stragi del '92 dove morirono Falcone e Borsellino e a quelle del '93 a Roma, Firenze e Milano, alla strage Chinnici, all'attentato al generale Dalla Chiesa e agli altri delitti eccellenti perpetrati da Cosa nostra.
Lo scandalo, scoppiato nel 1997 e quindi qualche anno dopo la trattativa, è un segno chiarissimo che la mafia ha voluto dare alle istituzioni. Il movente che più ha spinto Cosa nostra a scatenare una guerra contro lo Stato è il timore che quest'ultimo arrivi a confiscare i suoi patrimoni, vera linfa vitale del potere mafioso. Per quieto vivere era quindi indispensabile trovare un accordo: “Facciamo la guerra per poi fare la pace” disse Totò Riina nel corso di una riunione della Cupola ad Enna.
Da parte sua, la mafia siciliana dava la sua disponibilità a compiere il “lavoro sporco” per conto dello Stato-mafia si trattasse di far saltare in aria un'autostrada o mettere a tacere chi veniva percepito come una minaccia. Nel momento in cui, nei primi anni '90, questa pacifica convivenza si incrina, attraversa una fase di crisi e di transizione, ecco che si verifica il fallimento di una delle banche più importanti della Sicilia. Una banca fortemente controllata da Cosa nostra, che vede coinvolti nomi come Gaetano Graci, Cavaliere del Lavoro di Catania ritenuto vicino agli ambienti mafiosi (in particolare al boss Nitto Santapaola) e sospettato persino di essere il mandante dell'uccisione del giornalista Giuseppe Fava. È proprio il gruppo Graci ad aver creato il più grave deficit patrimoniale della Sicilcassa. I liquidatori hanno potuto recuperare solo 194 milioni di euro dei 640 persi. Alcuni di questi si trovano ancora oggi all'estero, intestati agli eredi Graci e quindi intoccabili.
Negli ultimi anni la mafia siciliana ha subito confische patrimoniali del valore di centinaia di milioni di euro. Le forze dell'ordine in Sicilia sono riuscite a mettere le mani su imperi economici nel campo del gas (il sequestro di 48 milioni di euro agli eredi di Ezio Brancato, socio di Gianni Lapis) per non parlare del capitale del valore di ottocento milioni a Michele Aiello, prestanome di Provenzano. Anche il patrimonio del boss latitante Matteo Messina Denaro è stato minato dalle recenti operazioni, come nel caso della confisca di beni nel settore dell'eolico (un miliardo e trecento milioni gestiti dal presunto prestanome di Matteo Messina Denaro, Vito Nicastri), o il sequestro, richiesto dalla Dia di Palermo, dell'azienda turistica Valtur che Messina Denaro gestiva attraverso Carmelo Patti, stretto collaboratore del boss, del valore di cinque miliardi di euro. Resta comunque il fatto che i sequestri compiuti hanno solo scalfito il potere economico che i capimafia di Cosa nostra gestiscono, siano in carcere o ancora latitanti come nel caso del boss di Castelvetrano. Possiamo dire che sono loro i veri padroni della Sicilia dato che gestiscono investimenti, società, traffici di denaro contante investiti in banche italiane e straniere per decine di miliardi di euro, ed esercitano un forte controllo sulla politica e sugli investimenti nell'isola grazie alla complicità di colletti bianchi e prestanome. Una ricchezza tale che rende possibile il ricatto di grossi esponenti della classe dirigente finanziaria e politica italiana.
L'immagine che ci viene dipinta di Cosa nostra è quindi quella di una mafia tutt'altro che debole dal punto di vista economico. Nonostante abbia perso il potere militare che aveva un tempo, si sta riorganizzando anche grazie ai proventi derivati dal traffico di stupefacenti, che fruttano alla mafia siciliana centinaia di milioni di euro l'anno, in società con la 'Ndrangheta, la quale è, senza dubbio, padrona del business della droga in tutto il mondo occidentale.
Un giro d'affari che declassa l'estorsione o la richiesta del pizzo a semplici attività “di contorno”, volte soprattutto a mantenere il controllo del territorio e del tessuto sociale, oltre che per provvedere al mantenimento delle famiglie i cui affiliati si trovano in carcere. Una sorta di “copertura” grazie alla quale diventa più difficile quantificare il reale ammontare dei patrimoni mafiosi, sia per lo Stato che per gli stessi picciotti di Cosa nostra, che dei miliardi accumulati dai boss vedranno solo pochi spiccioli.
La mafia siciliana, così come 'Ndrangheta, Camorra e Sacra Corona Unita, possiede quindi una enorme disponibilità di denaro che muove nelle borse di tutto il mondo, grazie alla quale sarebbe capace, se volesse, di mettere ancora una volta un paese come l'Italia sotto scacco. Può essere questa la ragione del perchè lo Stato voglia convivere con la mafia piuttosto che annientarla? Può essere questa la ragione per la quale tutti i governi italiani del centro destra e sinistra, dal '92 ad oggi, non hanno potuto (per non dire voluto) annientare le organizzazioni criminali mafiose? Ed infine, la trattativa mafia-Stato, condotta in due tempi per conto di uomini di potere tramite  Nicola Mancino prima e Marcello Dell'Utri poi, forse nascondeva un movente tanto spaventoso quanto cruciale per parti dello Stato italiano e centri occulti di potere?
Dopo le stragi di Capaci, via D'Amelio e quelle del '93 a Roma, Firenze e Milano che provocarono morte e distruzione, i giudici e le forze dell'ordine ottennero dei risultati mai raggiunti. La mafia militare, con gli arresti e le condanne di quasi tutti i boss, era in ginocchio, e la Nazione avrebbe dovuto dare il colpo di grazia alla mafia siciliana, ma non lo diede. Lo Stato si ritirò, e il Governo di centro sinistra abbandonò a loro stessi i giudici in trincea, iniziando seriamente a pagare così il prezzo della trattativa. Era pronto un attentato con missili terra aria per il procuratore Caselli, che fortunatamente non venne mai messo in atto. Intanto, il lavoro dei pm antimafia come Scarpinato, Ingroia, Tescaroli, Di Matteo, Gozzo, Teresi ed altri, fu ostacolato da leggi e cavilli burocratici. L'Italia doveva essere salvata dalla bancarotta. Forse la mafia, grazie alla sua immensa liquidità di denaro, ne garantì la permanenza in Europa?
Non sono pensieri partoriti dalle nostre menti deliranti, ma ipotesi logiche e plausibili. Se il patrimonio nazionale delle mafie ammonta ad oltre mille miliardi di euro, se il suo fatturato in nero in Italia è di oltre 150 miliardi di euro l'anno, è logico pensare che la mafia ricatti lo Stato, e che il movente che sta dietro le nostre terribili stragi riguardi la stabilità economica e politica della nazione. Le parole pronunciate da Riina “Facciamo la guerra per poi fare la pace” forse possono tradursi in “Ricattiamo lo Stato e ricordiamogli che lui (lo Stato) sopravvive soprattutto grazie alla Sicilia e ai nostri soldi”. E, se non cede al ricatto, allora scoppieranno bombe. Lo Stato, che oggi è governato da Berlusconi e dalla sinistra, ha ceduto. Ne è una dimostrazione l'intenzione di ammorbidire le pene relative al concorso esterno in associazione mafiosa. Matteo Messina Denaro risulta ancora imprendibile, e la mafia continua ad arricchirsi.
Nell'agenda rossa di Paolo Borsellino è molto probabile che il giudice abbia scritto i nomi dei padroni dell'Italia di oggi, degli assassini del suo amico fraterno Giovanni Falcone, della vera ricchezza della mafia. Borsellino aveva capito che c'era un “gioco grande”, nel quale lui e Falcone erano entrati, dove mafia e Stato-mafia erano diventati una cosa sola, con un potere tale, grazie al denaro investito nelle nuove forze politiche, nelle tv e nelle banche, da superare quello dello Stato-Stato e metterlo così sotto scacco. Potrebbe essere per questo che l'agenda rossa era così pericolosa per lo Stato-mafia, tanto da farla sparire subito dopo la morte di Borsellino?

Blogging Day contro il gioco d'azzardo.



BRESCIA, 41ENNE SUICIDA NELL'AZIENDA DOVELAVORAVA. "MALATO DI GIOCO D'AZZARDO" 

BRESCIA - Un uomo di 41 anni si è ucciso nell'azienda dove lavorava aGussago, in provincia di Brescia.
A scoprire il corpo sono stati i colleghi, entrati nella ditta questa mattina per iniziare una nuova giornata lavorativa.
Secondo una ricostruzione dei carabinieri, l'uomo si è ucciso a causa di una sua dipendenza dal gioco d'azzardo: una vera e propria malattia che lo aveva portato a spendere ingenti somme di denaro.


http://www.leggo.it/NEWS/ITALIA/gussago_suicidio_gioco_d_azzardo/notizie/291564.shtml

http://www.vita.it/noslot/no-slot-la-rete-si-mobilita.html

Già...





https://www.facebook.com/photo.php?fbid=463776147046169&set=a.445386485551802.1073741825.117642144992906&type=1&theater

mercoledì 12 giugno 2013

Un palazzo su ruote: è il motorhome più caro del mondo.

Un palazzo su ruote: è il motorhome più caro del mondo

Un palazzo su ruote: è il motorhome più caro del mondo

Un palazzo su ruote: è il motorhome più caro del mondo
Un palazzo su ruote: è il motorhome più caro del mondo


Costa 2,2 milioni di dollari ed ha bar, piscina, terrazza panoramica e molto altro ancora... 

http://www.repubblica.it/motori/auto/sezioni/attualita/2013/06/12/foto/un_palazzo_su_ruote_il_motorhome_pi_caro_del_mondo-60927329/6/#galleria


Ecco come è fatto il Kebab che spesso mangiamo: denti, occhi e ossa di animali “strani”.

kebab
Intestino, polmoni, cuore, lingua, occhi, scarti di macelleria, ossa, denti, sale e grasso animale. Non, no è la ricetta della zuppa di una strega ma gli ingredienti della “carne” di un Doner Kebab. Una moda spopolata in tutta Europa, il kebab è diventato il fast food più diffuso, da Londra a Barcellona, Roma, Berlino, Parigi, milioni di persone lo mangiano ogni giorno, senza sapere che cos’è e quanto pericoloso è per la salute.
Mahmut Aygun, emigrato in Germania dalla Turchia negli anni Settanta è stato uno dei primi fautori della diffusione di questo alimento nel nostro continente. Pare che, originariamente, nei paesi arabi dove è nato, il kebab fosse un piatto artigianale e rustico di carne, anche abbastanza fresco e nutriente, servito con verdure e salse speziate. Il Doner Kebab (ovvero la versione “da passeggio”, diffusa dalla Germania in tutta Europa, ndr), invece, non ha niente di nutriente, né di buono, purtroppo.
Quel sapore anche “non male” e a volte appetitoso, che chiunque abbia mangiato un kebab conosce, non è nient’altro il risultato della lavorazione della carne con quantità spropositate di grasso animale e spezie: questo è quello che inganna il palato.
Chi è abituato a mangiare hamburger da McDonald od altre schifezze del genere, sa bene che il panino sembra buono: questo è solo un sapore indotto dal grasso utilizzato nel processo di lavorazione della carne.
Vi propongo i risultati di un’analisi condotta in Inghilterra da un equipe di scienziati e nutrizionisti (il testo integrale della ricerca è pubblicato di seguito in formato .pdf, ndr) e spero che vi facciano cambiare idea al momento di decidere se entrare in un “ristorante” che offre kebab.
Più del 50% dei Doner Kebab contiene carne diversa da pollo o vitello, la maggioranza dei kebab sono un miscuglio di carni diverse, tra cui quella di pecora e di maiale;
a parte nei kebab realizzati con un’amalgama di carni di vitello, pollo, tacchino, pecora, maiale, in circa il 9% dei casi non si è potuta individuare con chiarezza la natura della carne utilizzata nel processo di triturazione;
un kebab contiene tra il 98% (nel migliore dei casi analizzati) ed il 277% della quantità giornaliera di sale accettabile, oltre la quale la salute di un essere umano è a rischio;
un singolo kebab contiene tra le 1.000 e le 1.990 calorie (senza considerare le verdure e le salse, ndr);
un altro dato scandaloso è che ogni kebab contiene tra il 148% ed il 346% della quantità di grassi saturi assimilabili giornalmente da un essere umano (sempre considerando solo la carne, ndr);
in quasi tutti i kebab analizzati si sono riscontrati batteri tipo l’Escherichia Coli (un battere che espelliamo con le feci, ndr) e lo Staphylococcus Aureus
Oltre a questi dati, un ulteriore problema del buon Doner Kebab è legato al processo di conservazione. La totalità dei kebab diffusi dalla Germania in tutta Europa, contengono una quantità elevatissima di conservanti ed additivi chimici, sostanze altamente cancerogene, necessari per poter assicurare la conservazione del prodotto per mesi. Inoltre, durante il loro trasporto ed all’interno degli stessi stabilimenti dove sono venduti al pubblico, questi rotoloni di “carne” sono soggetti a gravi interruzioni della catena del freddo, in seguito a continui e ripetuti congelamenti e descongelamenti.
Buon appetito.

martedì 11 giugno 2013

Il vero volto degli Anonymous.

Api in declino: il problema.





Le api stanno scomparendo. A partire dalla fine degli anni '90, molti apicoltori (soprattutto in Europa e Nord America) hanno iniziato a segnalare un'anomala diminuzione nelle colonie di api. Il fenomeno ha riguardato principalmente i Paesi dell'Europa centrale e meridionale. Sia le api domestiche che quelle selvatiche rivestono un ruolo fondamentale per la produzione di cibo. Anche altri insetti, come bombi, farfalle e mosche, danno il loro contributo al processo naturale di impollinazione. Senza gli insetti impollinatori, molti esseri umani e animali avrebbero difficoltà a trovare il cibo di cui hanno bisogno per la loro alimentazione e sopravvivenza. Fino al 35% della produzione di cibo a livello globale dipende dal servizio di impollinazione naturale offerto da questi insetti. Delle 100 colture da cui dipende il 90% della produzione mondiale di cibo, 71 sono legate al lavoro di impollinazione delle api. Solo in Europa, ben 4000 diverse colture crescono grazie alle api. Se gli insetti impollinatori continueranno a diminuire come sta succedendo da anni, molti alimenti potrebbero non arrivare più sulle nostre tavole.


Il ruolo delle api

Le api e gli altri insetti impollinatori hanno un valore e un ruolo essenziali nell'equilibrio degli ecosistemi. Fino al 90% delle piante selvatiche e un terzo del cibo che mangiamo dipendono dal servizio di impollinazione offerto da api e altri insetti.

Se le api scomparissero, le conseguenze per la produzione e l'approvvigionamento di cibo sarebbero devastanti. 71 delle 100 colture più importanti a livello globale sono impollinate dalle api. In particolare, la produzione di pomodori, mele, fragole e mandorle subirebbe un vero e proprio tracollo senza api. Il servizio di impollinazione naturale offerto dalle api vale ogni anno circa 265 miliardi di euro. Anche dal punto di vista economico, quindi, esiste tutto l'interesse a difenderle.



Firma la petizione.


http://salviamoleapi.org/