Dalle liste della P2 alle condanne alla campagna pro Renzi per buttare giù l’avvocato: “Non sa governare, ha fallito”.
“Incapace”, “vanitoso” e “presuntuoso”. Cosa pensasse Gianmario Ferramonti di Giuseppe Conte lo ha scritto ieri il Fatto quotidiano, anticipando l’inchiesta di Report di questa sera: “un cretino” da silurare insieme al suo governo, tanto che Ferramonti, “gelliano” ed ex tesoriere della Lega, nei mesi scorsi aveva contattato Maria Elena Boschi e millantava “un milione di voti” da portare in dote a Italia Viva se avesse fatto cadere l’esecutivo. Per capire che aria tirasse in certi ambienti massonici, però, c’era una cartina di tornasole ben più alla luce del sole: nell’ultimo anno, sui giornali del forzista Antonio Angelucci sono comparse decine di articoli a firma di Luigi Bisignani, giornalista il cui nome comparve nelle famose liste della P2, tutti con toni durissimi nei confronti di Conte, più volte invitato ad andarsene da Palazzo Chigi.
Già il primo marzo 2020 Bisignani lanciava anatemi sul Tempo: “Giuseppi è al capolinea”. Svolgimento: “Conte è uno yogurt scaduto e l’addio è ormai scritto. Non solo per l’incapacità di gestione del coronavirus, per l’isolamento internazionale e per la crisi economica in cui ha gettato l’Italia, ma semplicemente perché non sa governare”. Il 9 marzo, questa volta su Libero, una nuova sentenza: “Gestire una crisi per un premier può essere un’opportunità. Per Conte sarà una catastrofe”. Il 12 aprile 2020, Bisignani sembra profetizzare l’invito di Ferramonti alla Boschi: “Perché Renzi non molla Conte?”. Siamo ancora sul Tempo di Angelucci e il Nostro sembra aver perso la pazienza: “Cosa dovrà mai ancora succedere affinché Renzi ritiri i suoi ministri da questo governo arronzato, incapaci di gestire il pre, il durante e il dopo Covi-19? La speranza è che Renzi riesca a rimettere in moto la politica e non permetta che Giuseppi si faccia il suo partito di manettari e diventi un dittatorello sudamericano”.
L’unica speranza, insomma, sembra Italia Viva e per legittimare questo smodato desiderio di un ribaltone a Palazzo Chigi, Bisignani dipinge un presidente del Consiglio allo sbando: “Il Papa stufo di Giuseppi” (28 aprile 2020), “Il Colle s’è stufato di Conte” (3 maggio), “I cattolici scomunicano Conte” (31 maggio), “I mercati ci mandano al voto” (12 luglio). Niente male per il leader più apprezzato nei sondaggi. Il 6 settembre Bisignani sembra fiutare la crisi: “I disastri economici e sociali stanno logorando il premier. L’incantesimo sta finendo”. Passa un mese e il 4 ottobre c’è un’altra fatwa: “Stretta mortale su Conte”: “Da un momento all’altro rischia di inabissarsi il suo intrepido volo nella galassia del potere”. Il 15 novembre è il Colle a “perdere la pazienza” e ormai è questione di ore: “La tempesta perfetta sul governo Conte sta per arrivare”, anche perché il premier “continua a infilare clamorosi autogol che indeboliscono ulteriormente la sua credibilità”.
Ad anno nuovo, quando Italia Viva sta per realizzare i sogni di Bisignani, lui si concede gli ultimi ritratti al cianuro: “Conte non ha messo da parte la sua infinita vanità”, un “tipico uomo beta che si è fatto le ossa all’ombra di uomini alfa” (3 gennaio). Il 14 gennaio, Renzi ritira le ministre di Iv e Bisignani brinda: “Conte ha fallito, torni a casa”. Il premier “è solo al comando, ma non decide”, “risponde solo ai dioscuri che si è scelto e che lo guidano nella gestione della sua vanità”. Secondo Bisignani, “è dall’estate scorsa che, tra ridicole task force, Colao e Stati generali, tiene bloccato il Paese”(17 gennaio). Insomma, “Conte è rimasto solo, lasci Palazzo Chigi”(24 gennaio), ormai “chiuso in una bolla ha perso il contatto con la realtà”.
Per fortuna che poi arriva Mario Draghi coi suoi migliori e la musica cambia :”Supermario è l’opposto di Conte” (7 febbraio): “Grazie a Renzi e a Mattarella, l’Italia avrà finalmente un governo autorevole”. Draghi “è proprio l’antipode di Conte”, anche solo per meriti dinastici: il primo “nato e cresciuto a Roma, figlio d’arte di un funzionario della Banca d’Italia”, l’altro “è nato in un paesino del foggiano, con un papà segretario comunale”. Abbastanza per giustificare la crisi.
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