giovedì 30 giugno 2011

Vittorio Sgarbi, Saverio Romano e l’amico di Salemi sorvegliato speciale.. - di Andrea Cottone



Sequestro preventivo da 35 milioni di euro a Giuseppe Giammarinaro, ex Udc considerato uomo vicino alle cosche. Gli investigatori raccontano che fu lui a volere il critico televisivo alla guida del paesino siciliano. Oliviero Toscani accusa: "In giunta partecipava e prendeva decisioni senza averne alcun titolo".


Pino Giammarinaro

Altro che budget da 8 milioni di euro per una sempre più fantomatica trasmissione televisiva su Raiuno. Da ieri il vero problema per Vittorio Sgarbi, è rappresentato da un ex sorvegliato speciale per fatti di mafia. Un uomo potente e rispettato, considerato il vero padrone della sanità convenzionata del trapanese, al quale il tribunale diTrapani ha appena sequestrato in via preventiva 35 milioni di beni. Si chiama Giuseppe Giammarinaro, ha 65 anni, è un ex democristiano e un tempo era un importante rappresentante della corrente di Giulio Andreotti nella provincia. Oggi invece Giammarinaro vola più basso. Il suo legame più forte non è con un presidente del Consiglio, ma solo con un ministro: Saverio Romano, l’ex pupillo del carcerato Totò Cuffaro, recentemente premiato da Silvio Berlusconi con il dicastero dell’Agricoltura.

Giammarinaro, racconta un’inchiesta della squadra mobile di Trapani e della Guardia di Finanza, è stato lo sponsor politico di Sgarbi nella sua corsa alla poltrona a sindaco di Salemi. E una volta che il critico d’arte ha ottenuto quell’incarico di fatto ha condizionato pesantemente l’amministrazione del paese. Ex deputato regionale, Giammarinaro nei primi anni 90 era stato arrestato per corruzione, concussione e concorso in associazione mafiosa. E alla fine aveva patteggiato una pena per peculato e concussione, mentre dalla terza accusa, quella più infamante, era stato assolto perché gli indagati per reato connesso e i pentiti, che in istruttoria avevano puntato l’indice contro di lui, in aula si erano avvalsi della facoltà di non rispondere. Giammarinaro era così stato mandato per quattro anni al soggiorno obbligato proprio in quel di Salemi.

Un decreto lungo 388 pagine

In Sicilia, ma non solo, la storia di Giammarinaro è ampiamente nota. Eppure il futuro conduttore diRaiuno, secondo gli investigatori, non ha esitato a permettergli di fatto di esercitare la carica di ‘sindaco ombra’ di Salemi. Lo dicono le 388 pagine con cui gli investigatori propongono il sequestro preventivo. Un documento impressionante, nel quale è pure descritto il ruolo di Saverio Romano, indagato a Palermo per altre vicende di mafia e legato a Giammarinaro da rapporti di amicizia e di comune militanza politica nell’Udc.

Il decreto ricorda come il presunto nume tutelare di Sgarbi, sia stato un tempo vicino ai cugini Nino e Ignazio Salvo, gli esattori della mafia, e come sia oggi considerato “l’espressione della borghesia mafiosa che ha rivoluzionato i contorni classici della figura del soggetto indiziato di contiguità a Cosa nostra”.

“Dalle intercettazioni e dalle altre indagini svolte”, scrivono tra l’altro gli investigatori “è emerso che la candidatura alla carica di Sindaco di Salemi di Vittorio Sgarbi è stata sostenuta proprio dal Giammarinaro che ha appoggiato il noto critico d’arte durante la campagna elettorale”. Dopodiché, incassate la vittoria, l’uomo, Giammarinaro, “avrebbe addirittura partecipato, senza averne alcun titolo politico o istituzionale, a diverse riunioni della Giunta, allo scopo di indirizzare le decisioni dell’organo amministrativo”, incidendo “ in modo significativo su alcune delibere del Comune di Salemi”.

L’inchiesta arriva a pochi giorni dall’esordio della trasmissione Rai di Sgarbi. Esordio sul quale adesso pesa anche un’interrogazione del deputato Democratico Vinicio Peluffo che chiede “chiarimenti sulla messa in onda del programma, non solo perché pare inopportuna la presenza in Tv durante la campagna elettorale per i ballottaggi di un politico, ma anche perché Sgarbi, come ha sostenuto oggi l’onorevole Garavini, non ha mai preso le distanze dall’ex deputato Giuseppe Giammarinaro”. Dal canto suo Sgarbi minimizza e ribatte: “Giammarinaro non ha mai avuto un ruolo attivo nella giunta”.

La testimonianza di Toscani

Eppure, il celebre fotografo Oliviero Toscani, per qualche tempo assessore accanto a Sgarbi, racconta un’altra storia. “Vittorio mi ha detto che fu Pino Giammarinaro a chiedergli di fare il Sindaco di Salemi. Mi ha detto che salì a Milano e gli fece la proposta”. L’ex deputato regionale, infatti, in paese voleva comandare. Tanto che ora gli investigatori denunciano “un vero e proprio condizionamento mafioso di tutta l’attività amministrativa del comune”. Del resto di Giammarinaro hanno parlato diversi collaborati di giustizia. Tra questi Mariano Concetto della famiglia mafiosa di Marsala: “Tra i politici che si sono avvalsi di Cosa Nostra in occasione di varie consultazioni elettorali, posso riferire degli aiuti forniti, tra gli altri, a Pino Giammarinaro”

È sempre Oliviero Toscani a spiegare come andavano le cose in comune prima delle sue dimissioni. “Sin dal mio ingresso in Giunta, ho potuto constatare la costante presenza di Pino Giammarinaro alle riunioni della Giunta. Partecipava e assumeva decisioni senza averne alcun titolo, alla presenza di Sgarbi, del sottoscritto e di altri assessori comunali. La cosa mi sembrò alquanto anomala, perché nessun estraneo aveva mai partecipato alle riunioni della Giunta”. E la risposta di Sgarbi agli interrogativi di Toscani qual è stata? “E’ solo un mafiosetto che non conta nulla”.

A chi va il bene confiscato? Lo decide Giammarinaro

Sarà. Le intercettazioni però descrivono tutta un’altra situazione. Siamo nell’ottobre del 2009. Tra i problemi di Sgarbi (non indagato) c’è quello di assegnare con urgenza un bene confiscato al mafioso narcotrafficante Salvatore Miceli, un terreno di sessanta ettari per cui avevano fatto richiesta “Slow Food” e l’associazione Libera di Don Ciotti. Sgarbi, secondo il decreto, non ha alcuna intenzione di darlo “a quelli di Don Ciotti”. Così il sindaco, buono buono, chiama Giammarinaro per farsi dire a chi dovesse dare l’assegnazione. Ascoltando le telefonate gli investigatori concludono come “i dipendenti del Comune di Salemi o rappresentati politici dello stesso ente informassero e consultassero, con cadenza quasi giornaliera e sistematica, il Giammarinaro in ordine a qualunque decisione politica da intraprendere concernente l’amministrazione cittadina, notiziandolo anche sulle iniziative del sindaco Sgarbi, allo scopo di conoscerne il parere e ricevere direttive in merito”.

Il ministro Romano sponsorizza il sorvegliato speciale

A svelare, invece, il ruolo di Saverio Romano nell’escalation di Giammarinaro sono due colleghi di partito: Massimo Grillo e Giuseppe Lo Giudice. Grillo, eletto alla Camera nel 2001 nelle fila del Ccd-Cdu, ha raccontato agli investigatori di aver partecipato a riunioni a casa di Giammarinaro con l’allora presidente regionale, Totò Cuffaro, contrario a una sua eventuale candidatura in quanto ancora sottoposto alla sorveglianza speciale. Romano, invece, secondo quanto ha dichiarato Grillo, spingeva in senso opposto: “L’onorevole Romano ebbe a dirmi che la misura di prevenzione applicata a Giammarinaro sarebbe stata revocata di lì a breve”.

Quello tra Giammarinaro e Romano, comunque, è un rapporto ancora attuale. La figura del ministro, scrivono gli investigatori, “ha acquisito una apprezzabile rilevanza, per gli indiretti riferimenti che nel corso delle intercettazioni svolte nei confronti di alcuni degli indagati sono stati a lui fatti quale ulteriore referente e autorevole contatto per gli imprenditori vicini al Giammarinaro”. Ed è poi certo Giammarinaro, anche se sottoposto alla sorveglianza speciale, nel 2001 militò nel «Biancofiore», un micropartito creato da Cuffaro per sostenere la propria candidatura alla presidenza della Regione. Poi entrò nell’Udc sfiorando addirittura l’elezione col simbolo scudocrociato.

Con legami del genere ovvio quindi che Giammarinaro fosse una potenza nel settore dell’amministrazione pubblica in cui l’Udc contava di più: la sanità. Così, secondo l’accusa, grazie alle coperture istituzionali Giammarinaro controllava strutture specializzate nell’assistenza ai malati ai quali finiva un fiume di denaro della Regione. E grazie alla complicità con imprenditori, medici, operatori sanitari e dirigenti della Asl di Trapani otteneva convenzioni con la azienda sanitaria. Dietro a tutto c’era una rete di prestanome (che gli hanno permesso di intascare decine di milioni di euro) e una potenza politica tale, secondo gli investigatori, da consentirgli di decidere molte nomine.

Pedinamenti, filmati e certificati medici falsi

Per coltivare i suoi interessi lontano da occhi indiscreti, Giammarinaro lasciava spesso Salemi. A permetterglielo era il tribunale di sorveglianza che però rilasciava i permessi sulla base di certificati medici falsi. La polizia ha così filmato incontri fra il sorvegliato speciale e il futuro ministro Romano a Palermo, nella centralissima via Notarbartolo. I faccia a faccia tra i due sono stati documentati per tre volte (7 ottobre 2002, 15 novembre 2002, 3 dicembre 2002, 19 febbraio 2003) e in uno di questi c’è stato anche uno scambio di bigliettini, in puro stile provenzaniano.

Poi ci sono i misteriosi giri di soldi. Chi li ricostruisce è un altro politico Udc, Giuseppe Lo Giudice, che ha confermato come Giammarinaro fosse “indiscusso leader dell’Udc nel Trapanese”, tanto da averlo chiamato a candidarsi per il rinnovo dell’Ars garantendogli il suo appoggio. “Giammarinaro”, racconta Lo Giudice, “ senza mezzi termini, mi disse che il mio successo elettorale dipendeva dai voti che mi aveva procurato lui e mi ammoniva a non adottare nessuna iniziativa senza prima consultarlo. In quella stessa occasione il Giammarinaro, con toni perentori, mi diceva di avere sostenuto per la mia campagna elettorale una spesa di 200.000 euro che quindi pretendeva io gli rimborsassi. Ricordo che io gli risposi qualcosa del tipo ‘tu mi devi fare campare’, nel senso che gli chiedevo di non farmi pressioni eccessive”.

Chi paga? Saverio Romano

I rimborsi, però, Giammarinaro li avrebbe comunque ricevuti direttamente da Saverio Romano. “Con riferimento alle spese elettorali”, continua Lo Giudice, “ avevo già prelevato dal mio conto corrente, prima delle elezioni, la somma di € 20.000 che avevo consegnato allo stesso Giammarinaro per il pagamento di cene e piccole spese di rappresentanza. (…) Successivamente poi, più di recente, ho chiesto a Saverio Romano di ricevere qualche rimborso dal partito per le spese elettorali e lui mi ha detto che non mi spettavano fondi perché ero già stato aiutato, per un importo di almeno 40.000 euro, sottointendendo che tale somma di denaro era già stata consegnata al Giammarinaro. Il Romano mi ha anche detto che nessun altro sa di queste somme di denaro ricevute dal Giammarinaro”.

È vero? È falso? Non si sa. Quello che è certo, invece, che oggi il ministro difende l’ex sorvegliato speciale. E sebbene Giammarinaro abbia patteggiato una pena per tangenti dice: “È una persona per bene, lo conosco da vent’anni, se qualche volta mi ha dato un appunto o mi ha chiesto un chiarimento non penso che debba esser declinato nel termine pseudo mafioso di pizzino”. Ma a questo punto spetta a Silvio Berlusconi e alla Rai spiegare se davvero sulla tolda di comando dell’Agricoltura e in una trasmissione di prima serata di Raiuno, Romano e Sgarbi possono ancora restare. Il garantismo deve valere nelle aule di tribunale. In politica e nel mondo dell’informazione forse è davvero venuto il tempo di far prevalere il buonsenso.



Sgarbi show, 800 mila euro di scenografia Doveva “restare alla Rai”, finirà al macero. - di Carlo Tecce


Guardate bene l’immagine in pagina. Una fotografia preziosa, quasi unica. Abbiamo pubblicato quel che sarà un reperto storico, un’opera classica e moderna insieme: la scenografia del programma diVittorio Sgarbi, chiuso per fallimento di ascolti, era talmente avanti, troppo. E anche inutile, molto: così la Rai ha ordinato la demolizione immediata per far sparire con un colpo di vanga 800 mila euro (mal) spesi. Pochi telespettatori (due milioni) hanno ammirato la raffinata riproduzione di Raffaello: la Scuola di Atene che avvolgeva un palco immenso, e poi cariatidi in gesso, colonne in stile dorico, ionico e corinzio.
L’esperimento televisivo di Sgarbi è durato una puntata, tre ore abbondanti. L’azienda l’ha segato sul più brutto – dati Auditel drammatici per Rai1 – bruciando milioni di euro.
Non basta una fiammella per cancellare un investimento imponente per una prima serata.

Per Viale Mazzini il conto è aperto: il contratto con la società Ballandi per 2,35 milioni di euro, un milione di euro per il critico con un accordo in scadenza a dicembre, un milione per i costi industriali e di rete.
E ancora, la beffa per gli inserzionisti: 1,6 milioni di euro per una vetrina pubblicitaria trasformata in scantinato per cinque serate su Rai1 con un minimo garantito del 18 per cento di share, e invece Ci tocca anche Sgarbi, or vi sbigottirà (anagramma del suo nome) ha avuto vita breve e faticosa con esordio-addio un mercoledì di metà maggio con l’8,27 per cento di share e minimi monoscopici al 5,65, nel senso che il monoscopio tira di più.

Osservatore artistico e poco matematico, il sindaco di Salemi ha sempre rifiutato un confronto numerico: “La televisione è estetica”.
L’ex scenografia di via Tiburtina aveva il pregio di farsi guardare e un difetto economico: la spesa aveva una ragione se spalmata nel lungo periodo, ma per tre ore – quasi 300 mila euro ogni 60 minuti, il rischio era calcolabile – era un lusso spropositato persino per le casse (pubbliche) di Viale Mazzini. E finanche per le tasche private.

Non ha portato fortuna la visita notturna di Silvio Berlusconi, di soppiatto a mezzanotte con codazzo di scorta negli studi romani tra ponteggi ancora bullonati e scatoloni pieni di roba. Il Cavaliere, però, annusava l’errore: “Struttura magnifica eppure troppo eccessiva. Da noi non l’avresti mai fatta”, disse al padrone di casa Sgarbi, infilzato da un commento resistente a qualsiasi gesto scaramantico. Inconferenza stampa con le occhiaie evidente per il brindisi nella notte a Palazzo Grazioli, il sindaco di Salemi parlava ai giornalisti mentre la Rai calava la saracinesca sul programma: “Fanno bene. Poteva essere un matrimonio, è stato un funerale”. Soltanto che la celebrazione, seppure luttuosa, è finanziata con i soldi Rai. Adesso manca persino il luogo della scomparsa, forse la scientifica potrebbe rintracciare un pezzetto di acquerello o una pietra di statua: c’è il nulla in via Tiburtina, il programma è letteralmente al macero con le sue stravaganze e i suoi gioielli.



E pensare che Sgarbi, per limare il sacrificio di Viale Mazzini (circa 4 milioni di euro), desiderava lasciare in eredità la Scuola di Atene. Lo aveva ribadito insieme a Carlo Vulpio, autore anche lui del flop, nella conferenza del 19 maggio. “Poteva costare anche 1,2 milioni di euro, tanto è bella, tanto è fatta bene, tanto è utilizzabile per il resto”. Aspettando un erede del critico, occupare uno studio all’infinito era l’ennesima spesa immotivata per la Rai, ancora più difficile che trovare uno sgabuzzino per custodire il lascito di Sgarbi.
La fine indegna è nella spazzatura.



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e:




Cyber-guerra sulla delibera. - di Federico Mello


Sulla delibera Agcom è guerra, anzi, cyberguerra. Dal 6 luglio un provvedimento emanato dall’Autorità permetterà la chiusura dei siti web che contengono contenuti pirata, e questo senza passare dalla decisione di un giudice. Come sottolineato da una galassia sempre più folta di associazioni, blogger e cittadini, la delibera rischia di prestare il fianco a censure: un contenuto che viola il copyright (per esempio un video) potrebbe essere comunque di pubblico interesse; l’autorità, inoltre, non avrebbe la struttura adeguata per esaminare con attenzione tutte le richieste di rimozione.

Ieri gli hacker del gruppo Anonymous, nati in solidarietà a Wikileaks e molto attivi ultimamente, hanno attaccato il sito dell’Agcom proprio nel nome della libertà della Rete. In particolare, denunciando i rischi che porta con sé il provvedimento, gli hacker lanciano un appello: “Questa normativa dovrebbe entrare in vigore tra pochi giorni e perciò chiediamo l’aiuto di tutti in questa protesta contro misure che minano alle fondamenta il diritto di avere una Rete libera e imparziale”. Ma a cadere vittima di un attacco informatico è stato ieri anche www.sitononraggiungibi  le.it  ; sito web realizzato dall’associazione Agorà Digitale contro la delibera Agcom. Secondo l’avvocato Fulvio Sarzana, molto attivo nella campagna anti-delibera, l’attacco “è stato diretto principalmente verso la banca dati contenente le e mail delle migliaia di cittadini che hanno sottoscritto l’appello per la moratoria delle regole dell’Agcom”. “Non ci fermeremo, non ci fermeranno” aggiunge Sarzana sul suo blog. Infine, dobbiamo una risposta ad Enzo Mazza, presidente della Fimi e legittimamente schierato – come larghissima parte del mercato – a favore del provvedimento. In riferimento a un articolo pubblicato ieri dal Fatto, Mazza fa presente (in una lettera che potete leggere qui sotto) che già adesso la legislazione italiana consente alla “autorità competente” di “porre fine alle violazioni sulla rete”. È così infatti, come indicato dall’Europa. Ma attualmente la legge non specifica la modalità di tale intervento: fino ad oggi è sempre stato disposto da un giudice. Dal 6 luglio basterà il placet dell’Autorità che, pur essendo soggetto amministrativo, si arrogherà il diritto di entrare nel merito di informazioni e contenuti sensibili pubblicati online.
Il Fatto Quotidiano, 29 giugno 2011
f.mello@ilfattoquotidiano.it

Ricevo e pubblico qui di seguito la lettera che ci ha inviato Enzo Mazza, Presidente di FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana) e la contro-replica a Mazza di Fulvio Sarzana

Nessuna censura per il web da parte del provvedimento AGCOM

Gentile Federico, ho letto con molta sorpresa l’articolo in merito al Provvedimento AGCOM e ci terrei, come rappresentante di uno dei settori interessati e direi anche più colpiti dal fenomeno della pirateria digitale, a porre l’attenzione su alcuni punti chiave:

1) Il Legislatore si è già espresso più volte, nell’ordine: art. 182-bis della legge 633/1941; art. 14-17 dlgs 70/2003 (commercio elettronico); dlgs 44/2010. Con queste norme il Parlamento ha dato all’Autorità il potere di intervenire. Nello specifico, i poteri inibitori su cui si sta riflettendo, oltre ad aver avuto il placet di larghissima parte del mercato, sono in linea con quanto previsto dal decreto 70 che consentono all’autorità “amministrativa avente funzioni di vigilanza” (cioè in Italia, AGCOM) di agire prontamente per porre fine alle violazioni sulla rete. L’AGCOM è un’autorità indipendente e già opera in materia di risoluzione delle controversie, rispettando i diritti dei soggetti coinvolti attraverso il contradditorio tra le parti. Lo fa in materia radiotelevisiva ad esempio. Perché non potrebbe farlo anche in materia di diritto d’autore? Vi è una copiosa giurisprudenza in cui si precisa che il binario amministrativo e l’intervento del giudice penale non sono escludenti, bensì complementari. E’ assodata la possibilità che norme penali ed amministrative convivano, con funzioni ed effetti diversi nella sfera giuridica del soggetto cui sono irrogate. Quindi, la riserva esclusiva non esiste de iure còndito. Perché dovrebbe esistere per il copyright?

2) Non si sta parlando di comprimere le libertà digitali. Qui lo snodo è bloccare l’illegalità diffusa ed aiutare il mercato legittimo. Inibire quindi quelle (poche) piattaforme web palesemente pirata. Non blog, forum, motori di ricerca, siti personali e quant’altro. Ma pirate-bay, btjunkie, dduniverse, roja-directa, ecc!! Ricordo che in Italia esiste un’identica misura di inibizione per le scommesse online non autorizzate, dunque perché invece per i diritti di proprietà intellettuale questo provvedimento sembra così scandaloso?

3) Stiamo parlando di un provvedimento che giunge in un momento fondamentale per lo sviluppo dell’offerta digitale di musica nel nostro Paese, oggi siamo a quasi il 20% del totale mercato. Ancora troppo poco rispetto a tanti altri paesi d’Europa e del Mondo. Un freno allo sviluppo è certamente rappresentato dalle piattaforme illegali.

Ho preso parte al primo G8 di internet qualche settimana fa. Ci sarà un motivo per cui a livello internazionale è stata condivisa l’opportunità di una governance della rete realmente sostenibile e funzionale anche ai fini di tutelare i nuovi modelli di business che stanno nascendo? L’obiettivo – ritengo condiviso – è quello di creare una rete libera, forte ed aiutare la costruzione di un sano e-Content Market. Non garantire l’illegalità perpetua!

Enzo Mazza
Presidente di FIMI, Federazione Industria Musicale Italiana

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1) l’AGCOM non ha e non può avere poteri diretti di cancellazione di contenuti sulla rete né di inibizione per i cittadini italiani dai siti esteri.
Il legislatore italiano all’ art 182 bis della legge sul diritto d’autore assegna si la vigilanza all’AGCOM ( in collaborazione con la SIAE peraltro) in materia di diritto d’autore ma tutti i poteri attribuiti all’Autorità dall’art 182 bis della legge sul diritto d’autore prevedono il necessario ricorso alla magistratura senza la possibilità di alcuna valutazione discrezionale e senza alcuna possibilità di istituzione di un meccanismo “parallelo” di attribuzione di responsabilità rispetto a quello già esercitato dal giudice.

2) La vigilanza che Mazza vorrebbe assegnata dal decreto legislativo 70/2003 ( decreto sul commercio elettronico) all’AGCOM non fonda in alcun modo un potere generalizzato di intervento sanzionatorio e inibitorio all’AGCOM e soprattutto deve essere esercitato, in caso di attività di pirateria a scopo di lucro da un altro Organo ovvero il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno, che come è logico in un ordinamento costituzionalmente corretto DEVE riferire alla Magistratura..
3) Interpretando la norma come la vorrebbe Mazza si assegnerebbe all’AGCOM un potere generalizzato di intervento in tutte le fattispecie che hanno a che fare con la rete, dal diritto d’autore, al diritto d’accesso ad internet, alla possibilità di cancellare contenuti sulla rete diffamatori, al diritto all’oblio. Il che equivale a dire che l’intero sistema giudiziario del nostro paese è del tutto inutile perché c’è chi in internet (l’AGCOM) può fare il mestiere della polizia, del pubblico ministero, del giudice presto e meglio e, soprattutto, da solo e senza alcun controllo
4) Il sistema non riguarderà pochi siti ma centinaia di migliaia di siti, di blog, di forum che pubblicano file presuntivamente protetti da diritto d’autore, e lo dimostrano i casi recenti che hanno visti contrapposti in giudizio Yotube e Mediaset.
Per fare un esempio le segnalazioni che arrivano alla sola Youtube per la cancellazione dei file televisivi “postati” dagli utenti sono già nell’ordine delle migliaia, immaginate quante segnalazioni verranno fatte in base a questo “perverso” meccanismo di cancellazione.

5) Ci sarebbe da sorvolare sulle affermazioni di Mazza in ordine all’equiparazione fra diritto d’autore e giochi d’azzardo on line o pedofilia ma poche parole debbono essere spese: in quei casi infatti c’è la certezza dell’illecito che consente la cancellazione.
Nel caso dei giochi d’azzardo c’è per esempio una concessione rilasciata dall’Amministrazione dei monopoli di Stato che stabilisce quali soggetti possano lecitamente fornire sistemi di gioco sulla rete e quali no , mentre nel caso del diritto d’autore sarebbe l’AGCOM che in piena autonomia e in un termine di tempo oggettivamente ridicolo deciderebbe la liceità di una condotta di un blogger, di un sito privato, di un sito UGC, sovrapponendo le proprie competenze a quelle di un Magistrato senza le garanzie che un giusto processo ( costituzionalmente previsto) fornisce a chi sta compiendo un illecito.
Cordialmente
Fulvio Sarzana

Spiace osservare come le affermazioni di Enzo Mazza non corrispondano alla realtà del diritto ma ad interpretazioni “di comodo” delle norme positive del tutto avulse dalla realtà

1) l’AGCOM non ha e non può avere poteri diretti di cancellazione di contenuti sulla rete né di inibizione per i cittadini italiani dai siti esteri.

Il legislatore italiano all’ art 182 bis della legge sul diritto d’autore assegna si la vigilanza all’AGCOM ( in collaborazione con la SIAE peraltro) in materia di diritto d’autore ma tutti i poteri attribuiti all’Autorità dall’art 182 bis della legge sul diritto d’autore prevedono il necessario ricorso alla magistratura senza la possibilità di alcuna valutazione discrezionale e senza alcuna possibilità di istituzione di un meccanismo “parallelo” di attribuzione di responsabilità rispetto a quello già esercitato dal giudice.

2) La vigilanza che Mazza vorrebbe assegnata dal decreto legislativo 70/2003 ( decreto sul commercio elettronico) all’AGCOM non fonda in alcun modo un potere generalizzato di intervento sanzionatorio e inibitorio all’AGCOM e soprattutto deve essere esercitato, in caso di attività di pirateria a scopo di lucro da un altro Organo ovvero il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno, che come è logico in un ordinamento costituzionalmente corretto DEVE riferire alla Magistratura..

3) Interpretando la norma come la vorrebbe Mazza si assegnerebbe all’AGCOM un potere generalizzato di intervento in tutte le fattispecie che hanno a che fare con la rete, dal diritto d’autore, al diritto d’accesso ad internet, alla possibilità di cancellare contenuti sulla rete diffamatori, al diritto all’oblio. Il che equivale a dire che l’intero sistema giudiziario del nostro paese è del tutto inutile perché c’è chi in internet (l’AGCOM) può fare il mestiere della polizia, del pubblico ministero, del giudice presto e meglio e, soprattutto, da solo e senza alcun controllo

4) Il sistema non riguarderà pochi siti ma centinaia di migliaia di siti, di blog, di forum che pubblicano file presuntivamente protetti da diritto d’autore, e lo dimostrano i casi recenti che hanno visti contrapposti in giudizio Yotube e Mediaset.

Per fare un esempio le segnalazioni che arrivano alla sola Youtube per la cancellazione dei file televisivi “postati” dagli utenti sono già nell’ordine delle migliaia, immaginate quante segnalazioni verranno fatte in base a questo “perverso” meccanismo di cancellazione.

5) Ci sarebbe da sorvolare sulle affermazioni di Mazza in ordine all’equiparazione fra diritto d’autore e giochi d’azzardo on line o pedofilia ma poche parole debbono essere spese: in quei casi infatti c’è la certezza dell’illecito che consente la cancellazione.

Nel caso dei giochi d’azzardo c’è per esempio una concessione rilasciata dall’Amministrazione dei monopoli di Stato che stabilisce quali soggetti possano lecitamente fornire sistemi di gioco sulla rete e quali no , mentre nel caso del diritto d’autore sarebbe l’AGCOM che in piena autonomia e in un termine di tempo oggettivamente ridicolo deciderebbe la liceità di una condotta di un blogger, di un sito privato, di un sito UGC, sovrapponendo le proprie competenze a quelle di un Magistrato senza le garanzie che un giusto processo ( costituzionalmente previsto) fornisce a chi sta compiendo un illecito.

Cordialmente,
Fulvio Sarzana

mercoledì 29 giugno 2011

Arriva la tassa su suv e auto potenti Stretta sulle transazioni, slitta l'Iva.

Nel testo della manovra spunta
un piano di tagli agli enti locali
«Ma i virtuosi sono premiati»

Una stretta sui possessori di auto potenti, una tassa sulle banche, e un piano di riduzione costi per gli enti locali, da applicare nel biennio 2013-2014 mettendo al riparo, contemporaneamente, i “virtuosi”. A ventiquattrore dal via libera in cdm continuano a spuntare le novità della manovra.

Auto
Scatta da quest'anno la tassa per i Suv e le auto più potenti. La norma prevede un'addizionale annuale erariale della tassa automobilistica, che interesserà i veicoli di potenza superiore ai 125 kw (circa 170 cavalli). A partire dal 2011, si legge nella bozza, «per le autovetture e per gli autoveicoli per il trasporto promiscuo di persone e cose è dovuta una addizionale erariale della tassa automobilistica» che si applicherà a ogni chilowatt superiore i 125. In caso di mancato pagamento si applica una sanzione pari al 30% dell'importo non versato.

Enti locali
Tagli agli enti locali e alle Regioni per 9 miliardi di euro nel biennio 2013-2014. Le riduzioni, secondo quanto si apprende, dovrebbero essere suddivise in circa 3,5 miliardi di euro nel 2013 e 5,5 miliardi nel 2014. Sempre secondo quanto si apprende da fonti al lavoro sul Dossier, verrà introdotta contestualmente la norma che salvaguarda dai tagli i comuni «virtuosi».

Banche
In arrivo anche la tassa sulle banche: si tratterà - da quanto si apprende - di una tassazione separata al 35% sull’attività di trading. L’aliquota del 35% si applicherà al risultato complessivo netto derivante dalla gestione delle attività detenute per la negoziazione. Tranne i titoli di debito e le quote negli Organismi d’investimento collettivo di risparmio.

Slitta l’aumento dell’Iva
L’aumento di un punto percentuale dell’Iva sulle aliquote del 10 e del 20% non sarà inserito in manovra e non scatterà da subito. La norma - secondo quanto si apprende - non sarà nel decreto legge ma solo nel disegno di legge di riforma fiscale che quindi richiederà un’attuazione successiva. Nella delega sono anche previste le tre aliquote Irpef del 20, 30 e 40% e la cancellazione dell’Irap dal 2014. Il ddl delega prevede anche l’unificazione della tassazione sulle rendite finanziarie.

La norma anti-badanti
La norma sull'aumento dell'età per la pensione di vecchiaia delle donne nel settore privato ci sarà nella manovra, ma non partirà dal 2012, come previsto in una delle prima bozze circolate. Attualmente il requisito anagrafico è di 60 anni e il progressivo innalzamento per arrivare, a regime, a 65 anni, dovrebbe partire dal 2015. Nelle ultime ore, tuttavia, sta prendendo quota l'ipotesi di un ulteriore slittamento al 2020. L'adeguamento a 65 anni, in entrambi i casi, avverrebbe in un arco di tempo piuttosto lungo, circa 10 anni. Confermato, invece, l'anticipo al 2014 dell'aggancio automatico alle speranze di vita per tutte le pensioni. Stop alla rivalutazione delle pensioni elevate (cinque volte sopra il minimo Inps) e arriva la stretta sulle pensioni di reversibilità nei casi di matrimoni tra il titolare anziano e un partner giovane. Si tratta della norma che la Lega chiama “anti-badante”.


http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/409330/



I DEPUTATI DELLA CALIFORNIA SENZA PAGA FINCHÉ NON SARÀ AZZERATO IL DEFICIT.


Finalmente anche i politici della California hanno capito che la crisi economica del loro Stato è molto preoccupante. Da un giorno all’altro si sono visti sospendere il loro stipendio di parlamentari per una ragione semplice: non sono stati in grado di approvare una legge finanziaria credibile entro il 15 giugno. Così John Chiang, lo State Controller, un severo funzionario che vigila sui conti pubblici, ha ordinato di bloccare ogni pagamento. Fino a quando a Sacramento democratici e repubblicani non raggiungeranno un accordo sulla manovra. Insomma, i legislatori della California si sono trasformati in lavoratori a progetto. Tutto questo non poteva che scatenare un putiferio. I democratici hanno subito detto di aver già presentato la loro proposta ai repubblicani e al governatore Jerry Brown. Peccato però che quella manovra fosse del tutto campata in aria. Si prevedeva una spesa da 1,85 miliardi di dollari in più di quello che sarebbe arrivato dalle tasse. Il governatore è ricorso al diritto di veto e così la legge è stata bloccata. Il temibile signor Chiang, l’uomo di cui tutti parlano nella capitale, si è appellato ad una nuova legge che prevede una serie di penalità nel caso in cui non si approvi il budget entro il periodo stabilito. È stata votata nei mesi scorsi dai californiani, esasperati dalla cattiva gestione del loro Stato da parte dei politici. L’impatto sul portafoglio dei membri dell’Assemblea è stato notevole. Per ogni giorno di ritardo nell’approvazione della finanziaria i legislatori perdono circa 400 dollari. Soldi che verranno scalati dal salario annuale, pari a 95.291 dollari. A questi si devono aggiungere i 142 dollari al giorno di indennità. Quando il nuovo governatore, il democratico Brown, è subentrato al repubblicano Arnold Schwarzenegger, il deficit della California era di 26 miliardi di dollari. Una serie di tagli e una politica di austerità hanno permesso di portare il disavanzo a 10 miliardi. Intanto su internet è stato acclamato l’eroico funzionario Chiang, che qualcuno vorrebbe addirittura come nuovo governatore dello Stato. Insieme agli elogi sono arrivate anche le critiche, da parte di quei politici che non possono contare su grandi ricchezze. Come il democratico Mike Gatto, 36 anni, un giovane membro dell’Assemblea. «Ora devo spiegare a mia moglie e mia figlia che non sarò in grado di pagare le bollette perché un politico si vuole mettere in mostra a spese nostre». Fra l’altro Chiang è un democratico, ma nel partito rischia di essere sempre più isolato. «È concentrato ad attrarre tutta l’attenzione su di sé e in futuro si vorrà candidare come governatore », ha detto Charles Calderon, capogruppo democratico. Anche i repubblicani sono critici, ma l’impasse dei loro avversari non fa che giocare a loro favore. Di sicuro un effetto positivo c’è stato. Ora i deputati lavorano senza sosta per trovare un accordo, col timore di non avere più uno stipendio.



L’Ue dichiara guerra alle frodi sui fondi europei e al contrabbando. - di Alessio Pisanò



Secondo la Corte dei conti Ue i finanziamenti agli Stati non dovuti pesano sul bilancio per quasi 6 miliardi di euro, mentre l'importazione illegale di sigarette e alcolici vale 10 miliardi di mancati introiti fiscali. Il commissario Šemeta: "Contrastare questi fenomeni è un dovere verso i contribuenti"

La Commissione europea lancia una nuova strategia contro le frodi sui fondi Ue. Le parole d’ordine sono prevenzione, controlli e sanzioni, ma viste le cifre del malaffare la battaglia si annuncia tutt’altro che facile. Ruolo chiave sarà giocato dall’Ufficio europeo anti frode (Olaf), guidato dall’italianoGiovanni Kessler. Che però è cronicamente a corto di personale e finanziamenti.

Solo nel 2009 gli Stati membri hanno dichiarato sospetti casi di frodi sui fondi Ue per 280 milioni di euro, una cifra tutto sommato contenuta (lo 0,2% del bilancio Ue complessivo), ma che non prende in considerazione tutte le frodi che non sono state scoperte o denunciate. Più dura la relazione annuale 2009 della Corte dei conti europea, secondo la quale una percentuale tra il 3 e il 5% dei fondi Ue (tra 3,5 e 5,8 miliardi di euro) non avrebbe nemmeno dovuto essere erogata.

Algirdas Šemeta, commissario Ue responsabile dell’Antifrode, ha dichiarato: “Abbiamo l’obbligo nei confronti dei contribuenti europei di trarre il massimo dal bilancio Ue. Per questo dobbiamo dare l’esempio assicurando che le risorse Ue raggiungano i legittimi beneficiari e vengano utilizzate per gli scopi ai quali sono destinate”. Parole che però si scontrano con “la scarsa volontà politica e la mancanza d’impegno nel contrastare davvero questo fenomeno”, denunciati dalla commissaria Ue agli Affari interni Cecilia Malmstrom.

Ma la Commissione europea sembra determinata a dire basta: “Bisogna aggiornare e ammodernare le politiche in materia di lotta contro la frode”, ha detto Šemeta. Così i commissari vigileranno sui fondi Ue a tutti i livelli e in tutti i settori, con migliori strumenti per prevenire e individuare le irregolarità all’interno di un “ciclo della lotta antifrode”, ossia prevenzione, individuazione, sanzioni delle frodi e da ultimo recupero dei fondi. Nel mirino non solo i fondi gestiti direttamente dagli uffici europei, ma soprattutto quelli amministrati dagli Stati nazionali (l’80%), tra cui i fondi strutturali e a sostegno di agricoltura, pesca e spese sociali.

A danneggiare i bilanci dell’Ue non ci sono solo le frodi sui fondi, ma anche il contrabbando di sigarette e alcolici nell’Europa dell’Est. Si stima che solo il traffico delle sigarette costi all’Ue 10 miliardi di mancati introiti doganali e fiscali (una percentuale dell’Iva viene versata infatti a Bruxelles), senza considerare il grave danno alla salute di chi consuma prodotti illegali e non certificati (più pericolosi di quelli legalmente venduti). Per questo la Commissione ha dichiarato guerra anche contro il contrabbando. Tra le azioni considerate, troviamo il rafforzamento dei controlli su entrambi i lati del confine, il dispiegamento di unità mobili e di nuovi dispositivi lungo le frontiere, come strumenti di riconoscimento automatico, scanner, strumenti per la visione notturna.

A fare la parte del leone nella lotta alle frodi sarà l’Olaf. Istituito nel 1999, l’ufficio è incaricato di condurre delicate indagini su tutti gli ambiti di spesa del bilancio Ue (133,8 miliardi di euro), sia quelli relativi all’amministrazione delle istituzioni, che quelli relativi ai fondi. Tra le ultime iniziative dell’Olaf, il cui direttore dallo scorso dicembre è Kessler, c’è stata l’indagine su quattro eurodeputati accusati di corruzione da dei giornalisti che si sono spacciati per lobbisti.

Nella nuova iniziativa contro le frodi c’è un punto dolente: se la nuova strategia della Commissione attribuisce più poteri e autonomia all’Olaf e incentiva la sua collaborazione con le autorità locali (attraverso Europol ed Eurojust), resta irrisolto l’annoso problema del personale e delle risorse a disposizione. L’Ufficio anti frode, infatti, dispone solo di 500 dipendenti, molto pochi se si considera che la regione Sicilia, ad esempio, ne vanta circa 21mila (dati di agosto 2009).