mercoledì 14 aprile 2010

BERLUSCONI PER UN’ORA ASPETTA PER ESSERE RIACCOMPAGNATO IN ALBERGO.

martedì 13 aprile 2010
Cinquanta minuti sul marciapiede in attesa di essere riaccompagnati in albergo. E’ stata questa la disavventura accaduta ieri a Silvio Berlusconi e alla sua delegazione dopo la prima giornata del Nuclear Security summit che si conclude oggi a Washington.

Berlusconi andava su e giù sul marciapiede. Anche se ieri e oggi a Washington si sono incrociate per la città le delegazioni di 47 paesi, dimenticarsi o quasi della delegazione italiana non è stato carino da parte del cerimoniale a stelle e strisce. Soprattutto se si tratta di un esponente del G8 che sotto i cancelli ormai chiusi del "Convention Center", andava su e giù sul marciapiede.

La tentazione di farsela a piedi sino all’hotel Willard è stata frenata solo dal secco "no" degli uomini del Secret Service americano che hanno pronunciato un drastico quanto classico «non vogliamo grane», che ha fatto rinunciare tutta la delegazione alla passeggiata.

Dopo quasi un’ora l’arrivo del corteo di auto, con tanto di van neri e lampeggianti, è stato salutato dal Cavaliere con una smorfia. La stessa che stamane ha fatto quando gli hanno detto che «l’arrivo del rappresentanza italiana era già in ritardo di un’ora». «Ho aspettato io, ora aspettano loro», ha sostenuto il Cavaliere arrivando stamane nel palazzo del summit a ridosso di Barak Obama. I due sono entrati quasi insieme nel salone dove è stata scattata la classica foto di famiglia.
MATTINO .IT

http://www.napolipuntoacapo.it/npc/eventi.asp?id=1230&title=BERLUSCONI+PER+UN%26%238217;ORA+ASPETTA+PER+ESSERE+RIACCOMPAGNATO+IN+ALBERGO.

Berlusconi a Washington: attende 40 minuti l’ auto sul marciapiede


Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è rimasto quaranta minuti ad attendere la sua auto sul marciapiede, nei pressi del Washington Convention Center.

Berlusconi, terminata la cena offerta dal presidente americano Obama, si è recato fuori dall’ edificio, ma a causa di un disguido sulle precedenze dei cortei delle delegazioni, le macchine del Cavaliere sono arrivate con un forte ritardo.

Nell’ attesa, il Premier italiano, spazientito, ha chiesto di poter tornare a piedi al suo Hotel, situato a otto isolati di distanza, ma la richiesta gli è stata negata dal responsabile del servizio segreto americano.

Federica Ivaldi

http://www.newnotizie.it/2010/04/13/berlusconi-a-washington-attende-40-minuti-l-auto-sul-marciapiede/


martedì 13 aprile 2010

Pil in crescita al 2 per cento? Ecco il 'miracolo' del governo - Superbonus


13 aprile 2010

Mentre Berlusconi parlava agli industriali riuniti a Parma il direttore generale del Tesoro Grilli era a Bruxelles per discutere il piano di salvataggio della Grecia. Forse per questo ha detto “avremmo potuto fare la fine della Grecia… chapeau aTremonti che ha saputo resistere, con l’aiuto del presidente del Consiglio, a quelli che lo tiravano da tutte le parti”. Chi ha creduto nelle promesse elettorali del Cavaliere ora sa che: non verrà abolita l’Irap, non ci sarà la graduale detassazione delle tredicesime e degli straordinari, niente graduale ritorno della tassazione sotto il 40% e che, infine, si continuerà a pagare il bollo auto come sempre. In cambio abbiamo la promessa di una riforma fiscale federalista che nessuno dice se sarà a parità di gettito.

Roulette di numeri. È l’immagine di un leader e di un governo che iniziano a prendere coscienza della fragilità dell’Italia di fronte ai mercati internazionali. Lo conferma il ministro Scajola che parlando a Canale 5 ieri mattina sembrava che leggesse il Fatto Quotidiano di novembre 2009: "Arrivare ad una crescita del 2% del Pil nei prossimi 3 anni sarebbe un miracolo". Peccato che tale miracolo è stato inserito all’interno del Dpef licenziato dal governo e sul quale si basano tutte le previsioni di entrate e di spesa per i prossimi anni. Le affermazioni di Scajola contengono l’annuncio di una manovra di 50 miliardi per i prossimi 3 anni, esattamente quanto da noi pronosticato e smentito ripetutamente dal ministero dell’Economia.
La realtà dei fatti inizia a stridere con la prosopopea propagandistica dei vertici
Pdle si sta tentando di correggere la rotta rapidamente, come se le promesse non fossero mai state fatte e la legge finanziaria l’avesse scritta un altro governo. La maggioranza di governo non può neanche sperare che tutto si aggiusti rapidamente, il salvataggio della Grecia appare un pasticcio di cui presto o tardi pagheremo tutti il conto. Il prestito ad un tasso del 5% concesso da tutti i Paesi Ue, compresi i più indebitati, è una soluzione fragile e di breve termine, in termini economici è un trasferimento netto di ricchezza da Atene a Berlino e non viceversa. È come se qualcuno in difficoltà a pagare le rate del mutuo si fosse rivolto ad un padre, a sua volta indebitato, che invece di soccorrere con altruismo il figlio avesse applicato interessi un poco più bassi di quelli dell’usuraio sotto casa. Il lapsus di Berlusconi al convegno di Confindustria "non stiamo come la Grecia e come fra poco starà la Spagna" tradisce una preoccupazione che circola nelle cancellerie europee e nelle sale cambi: il costo del salvataggio della Grecia non sarebbe stato eccessivo, anche in termini più generosi; il Portogallo è un paese ancora più piccolo in termini economici, ma la Spagna è la quarta economia dell’eurozona con un Pil di oltre mille miliardi di euro, cosa succederebbe a questo punto?
Berlusconi, con la sua esperienza d’imprenditore, ha capito che i rapporti con le banche (gli investitori) sono tesi e che se l’azienda (l’Italia) non presenta i conti in ordine e senza un credibile piano di rientro verranno ritirati i fidi. Il problema è adesso comunicarlo al Paese, e lo fa con un gioco spregiudicato: le promesse elettorali si dimenticano allegramente, si smentiscono, per ora, manovre aggiuntive e si mandano i ministri in televisione a dire che le previsioni di crescita "purtroppo", e non per colpa del governo non si sono rivelate giuste.
Se nel frattempo si scatenasse una bufera finanziaria in nome dell’emergenza si farebbe una manovra in fretta e furia, manovra che i ben informati dicono essere già nei cassetti del ministero del Tesoro. Il sassolino nella scarpa siamo noi del
Fatto Quotidiano e pochi altri commentatori che hanno subito denunciato le previsioni irrealistiche di crescita inserite del Dpef che servivano solo a giustificare una Finanziaria "senza tagli ne tasse" rimandando al futuro i problemi di finanza pubblica.

Dillo alla luna. Un sassolino anche per l’opposizione che, invece di fare una battaglia in Parlamento sulle previsioni irrealistiche, ha preferito chiedere la luna cadendo di fronte alla semplice e banale domanda di Tremonti "dove troviamo le coperture?". Noi non sappiamo cosa succederà nei prossimi mesi e soprattutto nel 2011, possiamo solo dirvi che il barometro ci segnala tempesta e che il comandante che guida la nave ci ha portato vicinissimi agli scogli ed ora tenterà un virata pericolosa e difficile. Sappiamo anche che chi avrebbe dovuto controllarlo ha preferito girare lo sguardo da un’altra parte e non ha, per il momento, una rotta alternativa. A noi poveri "passeggeri di terza classe" non resta che sperare di non trovarci in una canzone di De Gregori.

Da
il Fatto Quotidiano del 13 aprile

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2471858&yy=2010&mm=04&dd=13&title=pil_in_crescita_al_2_per_cento


Giochi di luce nei cieli del Canada.

Con l'aria che tira, non sarebbe il caso di cambiare l'immagine?






NIENTE MENSA BIMBI MOROSI: ANONIMO SALDA DEBITO 10.000 EURO


Inaspettato epilogo della vicenda della mensa scolastica nel Comune di Adro (Brescia) dove la giunta leghista, subito dopo il rientro dalle ferie pasquali, aveva precluso il servizio a 42 bambini figli di famiglie (in larga maggioranza immigrate) non in regola con il pagamento delle rette.

Un cittadino del luogo che ha preferito rimanere anonimo ha messo mano al portafogli e saldato il debito - quasi 10mila euro - scrivendo una dura lettera al Comune:

'Io non ci sto (e' il titolo della missiva) sono figlio di un mezzadro che non aveva soldi ma un infinito patrimonio di dignita'. Ho vissuto i primi anni di vita in una cascina come quella del film l''albero degli zoccoli'. Ho studiato molto e ho ancora intatto il patrimonio di dignita', inoltre ho guadagnato soldi per vivere bene. Per questo ho deciso di saldare il debito dei genitori di Adro'.


"Io non ci sto e pago la mensa ai bambini esclusi

Sono figlio di un mezzadro che non aveva soldi ma un infinito patrimonio di dignità.
Ho vissuto i miei primi anni di vita in una cascina come quella del film
"L’albero degli zoccoli". Ho studiato molto e oggi ho ancora intatto tutto il patrimonio di dignità e inoltre ho guadagnato soldi per vivere bene.
E’ per questi motivi che ho deciso di rilevare il debito dei genitori di Adro che non pagano la mensa scolastica.
A scanso di equivoci, premetto che:
- Non sono «comunista». Alle ultime elezioni ho votato per Formigoni. Ciò non mi impedisce di avere amici di tutte le idee politiche. Gli chiedo sempre e solo da condivisione dei valori fondamentali e al primo posto il rispetto della persona.
- So perfettamente che fra le 40 famiglie alcune sono di furbetti che ne approfittano, ma di furbi ne conosco molti. Alcuni sono milionari e vogliono anche fare la morale agli altri. In questo caso, nel dubbio sto con i primi. Agli extracomunitari chiedo il rispetto dei nostri costumi e delle nostre leggi, ma lo chiedo con fermezza ed educazione cercando di essere il primo a rispettarle. E tirare in ballo i bambini non è compreso nell’educazione.
Ho sempre la preoccupazione di essere come quei signori che seduti in un bel ristorante se la prendono con gli extracomunitari. Peccato che la loro Mercedes sia appena stata lavata da un albanese e il cibo cucinato da un egiziano. Dimenticavo, la mamma è a casa assistita da una signora dell’Ucraina.
Vedo attorno a me una preoccupante e crescente intolleranza verso chi ha di meno. Purtroppo ho l’insana abitudine di leggere e so bene che i campi di concentramento nazisti non sono nati dal nulla, prima ci sono stati anni di piccoli passi verso il baratro. In fondo in fondo chiedere di mettere una stella gialla sul braccio agli ebrei non era poi una cosa che faceva male.
I miei compaesani si sono dimenticati in poco tempo da dove vengono. Mi vergogno che proprio il mio paese sia paladino di questo spostare l’asticella dell’intolleranza di un passo all’anno, prima con la taglia, poi con il rifiuto del sostegno regionale, poi con la mensa dei bambini, ma potrei portare molti altri casi.
Quando facevo le elementari alcuni miei compagni avevano il sostegno del patronato. Noi eravamo poveri, ma non ci siamo mai indignati. Ma dove sono i miei compaesani, ma come è possibile che non capiscano quello che sta avvenendo? Che non mi vengano a portare considerazioni «miserevoli». Anche il padrone del film di cui sopra aveva ragione. La pianta che il contadino aveva tagliato era la sua. Mica poteva metterla sempre lui la pianta per gli zoccoli. (E se non conoscono il film che se lo guardino).
Ma dove sono i miei sacerdoti. Sono forse disponibili a barattare la difesa del crocifisso con qualche etto di razzismo. Se esponiamo un bel rosario grande nella nostra casa, poi possiamo fare quello che vogliamo? Vorrei sentire i miei preti «urlare», scuotere l’animo della gente, dirci bene quali sono i valori, perché altrimenti penso che sono anche loro dentro il «commercio».
Ma dov’è il segretario del partito per cui ho votato e che si vuole chiamare «partito dell’amore». Ma dove sono i leader di quella Lega che vuole candidarsi a guidare l’Italia. So per certo che non sono tutti ottusi ma che non si nascondano dietro un dito, non facciano come coloro che negli anni 70 chiamavano i brigatisti «compagni che sbagliano».
Ma dove sono i consiglieri e gli assessori di Adro? Se credono davvero nel federalismo, che ci diano le dichiarazioni dei redditi loro e delle loro famiglie negli ultimi 10 anni. Tanto per farci capire come pagano le loro belle cose e case. Non vorrei mai essere io a pagare anche per loro. Non vorrei che il loro reddito (o tenore di vita) venga dalle tasse del papà di uno di questi bambini che lavora in fonderia per 1.200 euro al mese (regolari).
Ma dove sono i miei compaesani che non si domandano dove, come e quanti soldi spende l’amministrazione per non trovare i soldi per la mensa. Ma da dove vengono tutti i soldi che si muovono, e dove vanno? Ma quanto rendono (o quanto dovrebbero o potrebbero rendere) gli oneri dei 30.000 metri cubi del laghetto Sala. E i 50.000 metri della nuova area verde sopra il Santuario chi li paga? E se poi domani ci costruissero? E se il Santuario fosse tutto circondato da edifici? Va sempre bene tutto? Ma non hanno il dubbio che qualcuno voglia distrarre la loro attenzione per fini diversi. Non hanno il dubbio di essere usati? E’ già successo nella storia e anche in quella del nostro paese.
Il sonno della ragione genera mostri.
Io sono per la legalità. Per tutti e per sempre. Per me quelli che non pagano sono tutti uguali, quando non pagano un pasto, ma anche quando chiudono le aziende senza pagare i fornitori o i dipendenti o le banche. Anche quando girano con i macchinoni e non pagano tutte le tasse, perché anche in quel caso qualcuno paga per loro. Sono come i genitori di quei bambini. Ma che almeno non pretendano di farci la morale e di insegnare la legalità perché tutti questi begli insegnamenti li stanno dando anche ai loro figli.
E chi semina vento, raccoglie tempesta!
I 40 bambini che hanno ricevuto la lettera di sospensione del servizio mensa, fra 20/30 anni vivranno nel nostro paese. L’età gioca a loro favore. Saranno quelli che ci verranno a cambiare il pannolone alla casa di riposo. Ma quel giorno siamo sicuri che si saranno dimenticati di oggi? E se non ce lo volessero più cambiare? Non ditemi che verranno i nostri figli perché il senso di solidarietà glielo stiamo insegnando noi adesso. E’ anche per questo che non ci sto.
Voglio urlare che io non ci sto. Ma per non urlare e basta ho deciso di fare un gesto che vorrà pure dire poco ma vuole tentare di svegliare la coscienza dei miei compaesani.
Ho versato quanto necessario a garantire il diritto all’uso della mensa per tutti i bambini, in modo da non creare rischi di dissesto finanziario per l’amministrazione. In tal modo mi impegno a garantire tutta la copertura necessaria per l’anno scolastico 2009/2010. Quando i genitori potranno pagare, i soldi verranno versati in modo normale, se non potranno o vorranno pagare il costo della mensa residuo resterà a mio totale carico. Ogni valutazione dei vari casi che dovessero crearsi è nella piena discrezione della responsabile del servizio mensa.
Sono certo che almeno uno dei quei bambini diventerà docente universitario o medico o imprenditore, o infermiere e il suo solo rispetto varrà la spesa. Ne sono certo perché questi studieranno mentre i nostri figli faranno le notti in discoteca o a bearsi con i valori del «grande fratello».
Il mio gesto è simbolico perché non posso pagare per tutti o per sempre e comunque so benissimo che non risolvo certo i problemi di quelle famiglie. Mi basta sapere che per i miei amministratori, per i miei compaesani e molto di più per quei bambini sia chiaro che io non ci sto e non sono solo.
Molto più dei soldi mi costerà il lavorìo di diffamazione che come per altri casi verrà attivato da chi sa di avere la coda di paglia. Mi consola il fatto che catturerà soltanto quelle persone che mi onoreranno del loro disprezzo. Posso sopportarlo. L’idea che fra 30 anni non mi cambino il pannolone invece mi atterrisce.
Ci sono cose che non si possono comprare. La famosa carta di credito c’è, ma solo per tutto il resto."



lunedì 12 aprile 2010

Scappano i capitali dall'Africa


854 miliardi di dollari illecitamente sottratti allo sviluppo africano dal 1970 al 2008

Un'emorragia economica, queste sono le conclusioni del rapporto del Global Financial Institute (Gfi) sul flusso di capitali che illecitamente hanno abbandonato l'Africa. Una spaventosa mole di denaro persa, lasciando disperatamente in ginocchio il continente africano. 854 miliardi di dollari polverizzati in un periodo che va dal 1970 al 2008. Una cifra calcolata senza considerare i proventi di attività illegali quali contrabbando, narcotraffico, tratta degli esseri umani, contraffazione, commercio sessuale e crimini vari. Con l'apporto di questi traffici si arriverebbe alla cifra astronomica di 1 miliardo 800 milioni di dollari volatilizzati in soli 39 anni. Un'ipoteca per lo sviluppo africano. Fondi scomparsi che avrebbero potuto rilanciare l'economia di un continente soffocato da guerre, regimi sanguinari, fame, malattie, siccità, e negli ultimi anni anche dagli appetiti delle organizzazioni criminali transnazionali.

La grande fuga di capitali dall'Africa, non considerando appunto i proventi delle attività prevalentemente mafiose, avvengono tramite l'utilizzo di conti esteri anonimi o la falsificazione delle transazioni finanziarie. I capitali, fatti fuoriuscire in modo illecito, vengono così assorbiti nel grande buco nero del sistema finanziario globale: paradisi fiscali, giurisdizioni che prevedono il segreto bancario, conti fiduciari anonimi, false fondazioni, etc. Degli 854 miliardi di dollari evaporati dall'Africa, la maggior parte proviene dai paesi sub-sahariani. All'interno della macro-regione esistono, tuttavia, delle differenze anche consistenti. Nell'area sub-sahariana, infatti, sono i paesi dell'Africa Centrale e Occidentale quelli che hanno subito il maggiore flusso di capitali illeciti. Tra questi il più colpito risulta essere la Nigeria, grande esportatore di petrolio.

Tuttavia, il Global Financial Institute mette in guardia sul fatto che non per tutti i paesi e non per tutti gli anni del periodo preso in considerazione è possibile avere dati certi. Guerre e instabilità, nonché l'inesperienza dei governi, lasciano delle grandi lacune da colmare. Tra il 1970 e il 2008 i paesi africani, mediamente, 29 miliardi di dollari a testa. I paesi dell'Africa Sub-sahariana ne hanno perso complessivamente 22 miliardi. I paesi produttori di petrolio si calcola che abbiano perso mediamente 10 miliardi di dollari l'anno, mentre i paesi esportatori di materie prime diverse dal petrolio ne hanno perso 2,5 in media. L'incidenza della perdita di capitali sul prodotto interno lordo (PIL) complessivo del continente è stato del 2% nel 1970, del 7% nel 2008, con il picco massimo registrato dell'11% nel 1987. Ogni cittadino africano ha perso complessivamente 989 dollari.

Un'emorragia, si è detto, che ha contribuito a mettere in ginocchio l'economia già morente dell'Africa. Un continente che dipende enormemente dagli aiuti provenienti dall'estero e che ha visto nel 2008 il flusso di capitali illeciti diretti all'estero superare di gran lunga il debito estero dell'intera Africa. Il Global Financial Institute calcola che per ogni dollaro ricevuto per assistenza esterna i paesi in via di sviluppo 10 a causa dei flussi illeciti di capitali. Il governatore della Banca centrale del Kenya, Ndung'u, non usa mezzi termini: «i costi di questa emorragia finanziaria sono stati significativi per i paesi africani. Nel breve periodo la fuoriuscita massiccia di capitali e il drenaggio dei risparmi nazionali hanno minato la crescita ». «La fuga dei capitali – aggiunge Ndung'u – ha avuto conseguenze avverse sul welfare specialmente per i poveri in numerosi paesi perché ha aumentato le differenze di reddito e ha compromesso le prospettive lavorative ». E' necessario bloccare l'emorragia di capitali dall'Africa già duramente provata dal debito estero, dalla corruzione, dalle guerre intestine. Ma è altrettanto necessario riformare il sistema finanziario globale in modo da poter rintracciare i capitali illeciti, assicurando all'Africa le risorse necessarie per costruire il proprio futuro. Un richiamo per i "grandi" del mondo che lo scorso anno, nel corso della riunione del G20 a Londra, avevano promesso, senza crederci molto, una guerra senza frontiere alle economie "