“Se il parlamento italiano è criticato per questo progetto di legge detto “bavaglio”, è proprio un bavaglio che l’avvocato di Madame Bettencourt sollecita”. Questa la linea difensiva annunciata dal fondatore di Mediapart Edwy Plenel, che i legali del giornale on-line Jean-Pierre Mignard eEmmanuel Tordjman hanno adottato fino ad ottenere l’assoluzione nel processo d’appello intentato contro di loro da Liliane Bettencourt.
L’ereditiera della L’Oréal è al centro di uno scandalo politico-finanziario che coinvolge il ministro del lavoro Eric Woerth e Patrice De Maistre, amministratore del suo patrimonio: a giugno il giornale online aveva pubblicato le trascrizioni e gli audio di una registrazione “pirata”, fatta dal maggiordomo della signora, che documentavano come Bettencourt e De Maistre avessero illecitamente contribuito alla campagna elettorale dell’attuale presidente Sarkozy.
Il ricorso – I due personaggi, sentendo violata la loro privacy, hanno richiesto la cancellazione immediata di testo e audio, 50 mila € e 20 mila € di risarcimento danni più 10 mila € di multa per ogni ora di ritardo nella cancellazione dopo quattro ore dall’eventuale condanna. Come se non bastasse, volevano il divieto di ripetere questo genere di pubblicazioni in futuro.
I legali della donna più ricca di Francia e del suo amministratore si basavano sul presupposto che “la legittimità della diffusione di registrazioni clandestine, di cui alcune coperte dal segreto professionale, apre la strada a tutti gli eccessi al pretesto della libertà d’espressione”.
La difesa – Mercoledì 21 Mignard e Todjman hanno fatto leva sulla questione del bavaglio, aggiungendo quest’argomentazione ai principi sanciti dall’assoluzione del 1° luglio scorso: la legittimità della registrazione e il suo interesse pubblico. Stando al blog di Plenel, i difensori avrebbero sostenuto anche questa tesi: “In Italia un movimento legislativo mira a vietare la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche basandosi sul principio della protezione della privacy. Se il parlamento italiano è criticato per questo progetto di legge, detto “bavaglio”, è proprio un bavaglio che l’avvocato di Madame Bettencourt sollecita. La ricorrente milita forse, senza saperlo, per una democrazia riservata dove l’informazione è limitata a una cerchia di iniziati solo quando sono implicati gli interessi di una ‘nobiltà’”.
La decisione – Venerdì 23 luglio la Corte d’appello del tribunale di Parigi ha confermato l’assoluzione. Le informazioni pubblicate rientrano nell’ambito della “legittima informazione del pubblico” e “riguardano il funzionamento della Repubblica, il rispetto della sua legge comune e dell’etica delle funzioni governative“, nella fattispecie “il rispetto della legge fiscale, l’indipendenza della giustizia, il ruolo del potere esecutivo, la deontologia delle funzioni pubbliche, l’azionariato di un’azienda francese conosciuta nel mondo“.
“L’origine illecita delle registrazioni, di cui noi abbiamo chiaramente verificato l’autenticità, non intralcia la rivelazione di fatti di interesse pubblico”, ha scritto Plenel. “La Corte d’Appello ha considerato che i giornalisti avevano giustamente fatto il loro lavoro. È molto importante per la stampa, la vita pubblica e il proseguimento di questo affare”, ha dichiarato invece l’avvocato Mignard ricordando che i cronisti avevano distinto tra le conversazioni riguardanti la vita privata e quelle d’interesse generale. Anche il settimanale Le Point, che come Mediapart aveva pubblicato le registrazioni, è stato assolto.
Thierry Marembert, avvocato di Liliane Bettencourt, intende ricorrere in cassazione: “Ci stiamo riflettendo. La motivazione ci sembra contraria al diritto”.
Il contrattacco – Giovedì Mediapart ha citato per calunnia il segretario generale dell’Ump Xavier Bertrand, che aveva accusato il giornale di usare “metodi fascisti” per via dell’uso di registrazioni illegali. Il suo non è stato l’unico attacco subito dal sito. Importanti membri del governo di François Fillon hanno avuto parole dure: il ministro dell’industria Christian Estrosi aveva dichiarato in un’intervista a France Info che Mediapart “gli ricordava certa stampa degli anni Trenta”. Il suo collega responsabile della Difesa, Hervé Morin, affermava a Rmc-Bfm Tv che “quanto si sta facendo su Eric Woerth è una tirannia”.
Plenel e i suoi continuano la loro battaglia, anche in termini simbolici. Sul sito è stata lanciata una petizione per trasferire il dossier a un magistrato indipendente e imparziale. Il procuratore che segue l’affare Philippe Courroye, infatti, non nasconde la sua vicinanza a Sarkozy. Hanno già raccolto più di 32 mila firme.
Andrea Gianbartolomei
L’ereditiera della L’Oréal è al centro di uno scandalo politico-finanziario che coinvolge il ministro del lavoro Eric Woerth e Patrice De Maistre, amministratore del suo patrimonio: a giugno il giornale online aveva pubblicato le trascrizioni e gli audio di una registrazione “pirata”, fatta dal maggiordomo della signora, che documentavano come Bettencourt e De Maistre avessero illecitamente contribuito alla campagna elettorale dell’attuale presidente Sarkozy.
Il ricorso – I due personaggi, sentendo violata la loro privacy, hanno richiesto la cancellazione immediata di testo e audio, 50 mila € e 20 mila € di risarcimento danni più 10 mila € di multa per ogni ora di ritardo nella cancellazione dopo quattro ore dall’eventuale condanna. Come se non bastasse, volevano il divieto di ripetere questo genere di pubblicazioni in futuro.
I legali della donna più ricca di Francia e del suo amministratore si basavano sul presupposto che “la legittimità della diffusione di registrazioni clandestine, di cui alcune coperte dal segreto professionale, apre la strada a tutti gli eccessi al pretesto della libertà d’espressione”.
La difesa – Mercoledì 21 Mignard e Todjman hanno fatto leva sulla questione del bavaglio, aggiungendo quest’argomentazione ai principi sanciti dall’assoluzione del 1° luglio scorso: la legittimità della registrazione e il suo interesse pubblico. Stando al blog di Plenel, i difensori avrebbero sostenuto anche questa tesi: “In Italia un movimento legislativo mira a vietare la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche basandosi sul principio della protezione della privacy. Se il parlamento italiano è criticato per questo progetto di legge, detto “bavaglio”, è proprio un bavaglio che l’avvocato di Madame Bettencourt sollecita. La ricorrente milita forse, senza saperlo, per una democrazia riservata dove l’informazione è limitata a una cerchia di iniziati solo quando sono implicati gli interessi di una ‘nobiltà’”.
La decisione – Venerdì 23 luglio la Corte d’appello del tribunale di Parigi ha confermato l’assoluzione. Le informazioni pubblicate rientrano nell’ambito della “legittima informazione del pubblico” e “riguardano il funzionamento della Repubblica, il rispetto della sua legge comune e dell’etica delle funzioni governative“, nella fattispecie “il rispetto della legge fiscale, l’indipendenza della giustizia, il ruolo del potere esecutivo, la deontologia delle funzioni pubbliche, l’azionariato di un’azienda francese conosciuta nel mondo“.
“L’origine illecita delle registrazioni, di cui noi abbiamo chiaramente verificato l’autenticità, non intralcia la rivelazione di fatti di interesse pubblico”, ha scritto Plenel. “La Corte d’Appello ha considerato che i giornalisti avevano giustamente fatto il loro lavoro. È molto importante per la stampa, la vita pubblica e il proseguimento di questo affare”, ha dichiarato invece l’avvocato Mignard ricordando che i cronisti avevano distinto tra le conversazioni riguardanti la vita privata e quelle d’interesse generale. Anche il settimanale Le Point, che come Mediapart aveva pubblicato le registrazioni, è stato assolto.
Thierry Marembert, avvocato di Liliane Bettencourt, intende ricorrere in cassazione: “Ci stiamo riflettendo. La motivazione ci sembra contraria al diritto”.
Il contrattacco – Giovedì Mediapart ha citato per calunnia il segretario generale dell’Ump Xavier Bertrand, che aveva accusato il giornale di usare “metodi fascisti” per via dell’uso di registrazioni illegali. Il suo non è stato l’unico attacco subito dal sito. Importanti membri del governo di François Fillon hanno avuto parole dure: il ministro dell’industria Christian Estrosi aveva dichiarato in un’intervista a France Info che Mediapart “gli ricordava certa stampa degli anni Trenta”. Il suo collega responsabile della Difesa, Hervé Morin, affermava a Rmc-Bfm Tv che “quanto si sta facendo su Eric Woerth è una tirannia”.
Plenel e i suoi continuano la loro battaglia, anche in termini simbolici. Sul sito è stata lanciata una petizione per trasferire il dossier a un magistrato indipendente e imparziale. Il procuratore che segue l’affare Philippe Courroye, infatti, non nasconde la sua vicinanza a Sarkozy. Hanno già raccolto più di 32 mila firme.
Andrea Gianbartolomei