giovedì 16 agosto 2012

La stele di Rosetta delle proteine così si producono i mattoni della vita


La stele di Rosetta delle proteine così si producono i mattoni della vita


La ricerca dell'Università britannica di Sheffield, in collaborazione con l'Harvard medical school, apre nuove prospettive per la cura dei disturbi del movimento, delle distrofie muscolari e del cancro.

ROMA - L'hanno già ribattezzata la "stele di Rosetta" delle proteine,  e come dargli torto: del processo che permette di produrre i mattoni della vita, sia negli organismi più semplici come i lieviti, sia in quelli più complessi come l'uomo, non si sapeva nulla fino ad ora. A scoprire come funziona l'affascinante procedimento, con uno studio pubblicato su Nature Communications, sono stati i ricercatori delle università di Sheffield e di Harvard, aprendo così la strada a nuove terapie per i disturbi del movimento, le distrofie muscolari e il cancro.

La ricerca rivela per la prima volta come all'interno della cellula viene regolato il trasporto dello "stampo" necessario alla fabbricazione delle proteine, ovvero la molecola di Rna messaggero (mRna). Una volta prodotto nel nucleo della cellula a partire dalle informazioni contenute nei geni del Dna, l'mRna deve infatti essere trasferito nel citoplasma, dove viene usato come stampo per la produzione delle proteine in una specie di catena di montaggio costituita dai ribosomi. Grazie a questa ricerca, è stato possibile scoprire che il passaggio dal nucleo al citoplasma è regolato da un complesso sistema di proteine chiamato Trex, che consegna il passaporto alle molecole di mRna pronte per il viaggio perchè complete e promosse ai test di controllo qualità nel nucleo.

Il trasporto vero e proprio è poi affidato alla proteina Nxf1, che attraversa la "dogana" della membrananucleare. "Quando un'auto viene prodotta in una fabbrica, attraversa diversi stadi in cui vengono man mano aggiunti pezzi, e alla fine viene sottoposta a un controllo di qualità prima di uscire per finire negli autosaloni", spiega il coordinatore dello studio Stuart Wilson.

"Allo stesso modo - aggiunge - l'mRna passa attraverso diverse modificazioni nel nucleo, dove alcuni pezzi vengono aggiunti e altri rimossi. Solo quando raggiunge la fine della linea di produzione e passa tutti i controlli, ottiene il passaporto che le permette di andare nel citoplasma per la produzione delle proteine. Finora non era chiaro come la cellula venisse a sapere che l'mRna fosse pronto. Ora abbiamo scoperto come viene rilasciato questo passaporto, permettendo il trasporto dell'mRna nel citoplasma e la produzione delle proteine".

"Questo processo è essenziale per la vita e quando funziona male nell'uomo può provocare malattie come quelle che colpiscono i neuroni del movimento o il cancro", ricorda Wilson. "Un tipico esempio è quello delle malattie da accumulo di Rna come la distrofia miotonica", afferma Giuseppe Novelli, genetista dell'università Tor Vergata di Roma. "In questi malati si ha la produzione di una molecola di mRna difettosa, troppo lunga, che non riesce a uscire dal nucleo: forma così degli agglomerati che vanno a bloccare anche il trasporto degli mRna di altri geni. Per questo si tratta di una malattia molto complessa e multisistemica, che non colpisce solo i muscoli".

Al momento sono diverse le terapie sperimentali allo studio, "come quelle che usano degli 'spazzini' molecolari per liberare il nucleo dagli agglomerati, ma grazie a questa nuova scoperta - conclude Novelli - sarà possibile mettere a punto nuove strategie che risolvano questo intasamento andando ad agire direttamente sui meccanismi di trasporto".

L'Ecuador concede asilo ad Assange, Londra minaccia blitz.



(AGI) - Quito, 16 ago. - Scoppia un caso diplomatico tra Londra e Quito: l'Ecuador ha deciso di concedere asilo politico a Julian Assange e la Gran Bretagna minaccia di attaccare l'ambasciata dell'Ecuador nella capitale britannica e prendersi cosi' il fondatore di Wikileaks. Nel frattempo, la polizia di Londra si e' scontrata con i sostenitori di Assange che sfilavano davanti all'ambasciata dell'Ecuador in Gran Bretagna.

Il ministro degli Esteri dell'Ecuador Ricardo Patino ha spiegato che la decisione e' giustificata dal diritto internazionale. Patino ha inoltre affermato di aver deciso di concere l'asilo politico perche' Assange sarebbe in pericolo se estradato negli Stati Uniti. Patino ha spiegato che il suo governo ha preso la decisione dopo che Gran Bretagna, Svezia e Usa si sono rifiutati di garantire che Assange non sara' estradato negli Stati Uniti, dove il fondatore di Wikileaks teme di essere processato per la diffusione dei documenti diplomatici riservati. "Se fosse estradato negli Usa, Assange non riceverebbe un processo equo e potrebbe essere giudicato da tribunali speciali o militari", ha detto il ministro. "Sarebbe sottoposto a trattamenti crudeli e degradanti e condannato all'ergastolo o alla pena capitale", ha aggiunto Patino. "Di conseguenza, l'Ecuador sente che i timori di Assange sono veritieri, che Assange potrebbe essere vittima di persecuzione politica a causa della sua decisa difesa della liberta' di espressione e di stampa", ha spiegato il capo della diplomazia di Quito. Il governo britannico e' furioso ed e' deciso a dare battaglia. Per il Foreign Office la decisione di Quito non cambia le cose: "Assange sara' estradato. Rispetteremo l'obbligo vincolante di estradizione in Svezia", fanno sapere dal ministero. In un comunicato si spiega che Assange ha esaurito le opportunita' di appello". Per questo il governo britannico e' vincolato ad estradarlo in Svezia. Mentre Assange ha parlato di "vittoria significativa", la Svezia ha convocato l'ambasciatore dell'Ecuador a Stoccolma. "L'ambasciatore dell'Ecuador e' atteso al ministero al piu' presto possibile.


Le accuse formulate dal ministro degli Esteri sono serie e inaccettabili. L'Ecuador vuole bloccare il processo giudiziario svedese e la cooperazione giudiziaria europea", ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri svedese Anders Joerle.
Londra, in ogni caso, non fornira' un salvacondotto ad Assange.
"Mettiamo in chiaro in modo assoluto", ha affermato l'incaricato d'affari britannico nel Paese sudamericano, "che se ci arrivasse una richiesta di salvacondotto, la rifiuteremmo". (AGI) .


http://www.agi.it/in-primo-piano/notizie/201208161705-ipp-rt10110-l_ecuador_concede_asilo_ad_assange_londra_minaccia_blitz

Roma è ‘na carta sporca e nisciuno se ne importa. - Rita Di Giovacchino


(Immagine di repertorio)
Chiuso nella sua piccola casa, al secondo piano di un alloggio popolare alla Garbatella, che otto anni fa gli è stata regolarmente assegnata dall’assessore Galloro, c’è un uomo anziano, solo, invalido civile e cardiopatico che da dieci giorni ha smesso di mangiare. Si chiama Antonio Panci, è l’ex responsabile della commissione ecologica della Regione Lazio ma, da quando è andato in pensione, ha continuato per passione civile a svolgere gratuitamente il suo lavoro come consulente dello stesso ufficio e ha continuato a denunciare gli abusi edilizi commessi in stabili vincolati del centro storico di Roma. Appartamenti e palazzi prestigiosi affidati a nuovi e potenti assegnatari che, dopo aver cacciato i vecchi inquilini, vi sono andati ad abitare o hanno aperto uffici, atelier e alberghi. Dallo stilista Ungaro a Roberto Sciò, il famoso proprietario dell’hotel Pelicano di Porto Ercole dove incautamente l’ex sottosegretario Malinconico ha trascorso costose vacanze a spese di Francesco Piscicelli, l’imprenditore ridens del terremoto in Abruzzo. Panci ha denunciato anche costoro, incautamente.
Storie che abbiamo già raccontato sul Fatto quotidiano. Storie di corruzione e abusi vecchi e nuovi, commessi dai vigili di Roma sui quali la procura ha aperto più di un’inchiesta. E’ stato così che abbiamo conosciuto questo scrupoloso funzionario che rischia di pagare con la vita il modo inflessibile in cui ha svolto il suo ruolo. I vigili dell’XI Municipio lo vogliono cacciare di casa: dopo aver raccolto false dichiarazioni da parte di persone che aspirano a impossessarsi del suo alloggio, lo hanno cancellato dall’Anagrafe di Roma creando il presupposto di un’inesistente occupazione abusiva da parte di “non residente”. Lui si è barricato nell’appartamento, per timore che venga espugnato da gruppi organizzati di “senza casa”, ha inviato decine di comunicati, ha denunciato le vessazioni di cui si ritiene oggetto ai carabinieri, al ministro della Giustizia, ai magistrati romani. Otto giorni fa ha anche scritto una dolente lettera al nuovo comandante della polizia municipaleButtarelli in cui annunciava la protesta e chiedeva giustizia: “Lo Stato mi ha abbandonato come un cane di cui disfarsi quando si parte per le vacanze. Chi mi aiuterà a sopravvivere se intendo rimanere integro, combattere i corrotti, far trionfare la legalità? Devo morire?”.
Sì, Panci deve morire. Il silenzio che lo circonda è più assordante di un boato. Dopo aver scritto lettere e comunicati il consulente ecologico della Regione Lazio ha iniziato il digiuno che il medico curante ha scongiurato di interrompere: è dimagrito otto chili, sul suo corpo ormai scheletrico sono esplose ulcere ed ernie. Non potrà durare a lungo. A chi può interessare questa piccola storia ignobile in una Roma canicolare e ferragostana dove i disoccupati si danno fuoco davanti a Montecitorio nell’indifferenza generale? “Panci se l’è cercata”, sussurra qualcuno. “E’ sempre stato un rompicoglioni”, sibila qualcun altro. Lui insorge con l’ultimo filo di voce: “Sono vittima di una ritorsione senza precedenti per aver svolto con coscienza il mio lavoro e per aver denunciato gli abusi commessi da organi politici e facoltosi imprenditori”. Se non riprende a mangiare rischia la vita. Non solo Napoli, come canta Pino Daniele. anche Roma è “’na carta sporca e nisciuno se ne importa”.    

Misteriosi benefattori...



Imbroglione matricolato, fingeva con la moglie che lo lasciò, figuriamoci con noi...

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Un Paese di piduisti e criminali al servizio del potere. - Giorgio Bongiovanni e Lorenzo Baldo

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Le accuse ad Ingroia e Scarpinato.

Per rispondere all’attacco di Fabrizio Cicchitto - che di onorevole ha ben poco – nei confronti di Antonio Ingroia potremo cominciare dalla definizione che maggiormente lo rappresenta: un misero piduista. Cicchitto fa parte della loggia massonica deviata più criminale e assassina della storia della Repubblica italiana. Personaggi come lui (che di fatto è un comune iscritto, una sorta di “soldato semplice”) sono al soldo di potentissimi personaggi come Licio Gelli ed altri che detengono nelle loro mani l’economia nazionale e mondiale. Uomini che spesso esercitano la violenza attraverso le stragi. Non dimentichiamo che il capo-confratello di Cicchitto, Licio Gelli, è stato condannato per depistaggio nel processo per la strage di Bologna.
L’odio viscerale che essi sprigionano nei confronti di Ingroia, Di Matteo, Scarpinato e dei loro colleghi non nasce da motivazioni personali ma da una metodologia programmata a tavolino da quegli stessi poteri che cercano con ogni mezzo di fermare la legalità e la giustizia. Quella che Cicchitto chiama “una lesione seria dello stato di diritto del nostro paese, una grave anomalia” riferendosi alla persona del procuratore Ingroia è invece lo specchio di se stesso. La “lesione seria dello stato di diritto del nostro paese” e la “grave anomalia” è esattamente che ambigui figuri come Cicchitto abbiano ancora la possibilità di rivestire incarichi politici e che dagli scranni del Parlamento continuino a vomitare i loro insulti. Personaggi come lui sono veri e propri cani che latrano per conto della mafia dei potenti dai colletti bianchi. Altrettanto “anomalo” è che il Csm o la tanto osannata associazione nazionale magistrati continuino ad agire come Ponzio Pilato nei confronti dei magistrati più attaccati da un sistema politico marcio e corrotto fino alle fondamenta. Gli epiteti di Cicchitto nei confronti di Ingroia definito come “falsario” o “fazioso” rappresentano l’oscenità di una classe politica figlia di Licio Gelli. Ma è la frase finale del sodale di Berlusconi a lasciare maggiormente allarmati: “Nessuno può paragonare Borsellino ad Ingroia sul terreno della lotta alla mafia – ha dichiarato il piduista –. E infatti si è visto quello che è successo a Borsellino”. La frase sibillina e strisciante sembra quasi fatta apposta per profetizzare al magistrato la fine del suo maestro. Cicchitto preghi Iddio che non accada nulla di grave ad Antonio Ingroia se no rischia di finire anche lui nella lista di coloro che in “buona” o cattiva fede hanno contribuito a creare il terreno fertile per l’attuazione di eventi luttuosi. Con tutte le conseguenze che la cosa comporterà. Lo stesso dicasi per il Csm. E’ notizia di poche ore fa che il laico del Pdl Nicolò Zanon ha chiesto al Comitato di presidenza del Csm di aprire una pratica in Prima Commissione, quella competente sui trasferimenti d'ufficio dei magistrati per incompatibilità ambientale e funzionale, nei confronti del Pg di Caltanissetta Roberto Scarpinato. La ragione? Le dichiarazioni del magistrato alla commemorazione di Paolo Borsellino in via D’Amelio. In quella occasione Scarpinato ha definito “imbarazzante” partecipare alle cerimonie ufficiali per le stragi di Capaci e di via D'Amelio per la presenza “talora tra le prime file, nei posti riservati alle autorità”, di “personaggi la cui condotta di vita sembra essere la negazione” dei valori di giustizia e di legalità per i quali Borsellino si è fatto uccidere; “personaggi dal passato e dal presente equivoco”, le cui vite “emanano quel puzzo del compromesso morale” e attorno a cui si accalcano “piccoli e grandi maggiordomi del potere, questuanti pronti a piegare la schiena e a barattare l'anima”. L’azione di Nicolò Zanon rientra a pieno titolo nella definizione di Scarpinato al quale va tutta la nostra solidarietà, così come nei confronti di Antonio Ingroia. I “maggiordomi del potere” eseguono ordini impartiti da altri con il beneplacito di quegli organi istituzionali che – ribadiamo – dovrebbero invece difendere i magistrati più esposti. Il “gioco grande” già individuato da Falcone e Borsellino continua imperterrito a muoversi sulle nostre teste cercando di bloccare questi uomini “giusti”, veri eredi di Falcone e Borsellino, che stanno cercando di smascherarlo. Sempre di più è necessario che la parte sana del nostro Paese faccia sentire la propria indignazione. Prima che vengano attuati definitivamente i piani dei piduisti rimasti al potere. Uno di questi sarebbe senz’altro quello di ordinare o “chiedere cortesemente” alla piccola ma terribile banda corleonese rimasta in piedi e capitanata dal signor Matteo Messina Denaro una strage. Una strage di Stato per annientare definitivamente la speranza degli italiani onesti. Dobbiamo fermarli, costi quel che costi, con le armi della protesta civile e soprattutto con quella maledetta-benedetta matita che si usa nelle cabine elettorali. 

Intercettazioni Ilva sono la prova provata che la legge bavaglio è una follia. - Giuseppe Giulietti



Dopo la pubblicazione di alcune intercettazioni relative alla vicenda dell’Ilva sarà davvero il caso di riporre in un cassetto qualsiasi ipotesi di “Legge bavaglio” comunque riformulata. Mai come in questo la tutela dell’interesse generale e la tutela della salute pubblica richiedono il massimo di trasparenza e la pubblicazione di qualsiasi notizia abbia il requisito dell’interesse sociale. I magistrati che hanno indagato e i cronisti che non si sono fatti corrompere dal “piano propaganda” hanno svolto bene il loro compito.Altri sono venuti meno ai loro doveri d’ufficio. A costoro i ministri competenti potrebbero inviare gli ispettori per accertare le ragioni della loro diserzione ed eventuali casi di corruzione. Altro che minacciare il gip di Taranto o valutare la possibilità di deferire i giudici competenti. Chi ragione così espone le istituzioni repubblicane alla ennesima figuraccia e contribuisce ad alimentare quella che viene chiamata “l’antipoltiica” e che trova il suo alimento nella “Malapolitica”. Su Taranto e sull’Ilva si possono legittimamente avere idee diverse, ma, almeno in questo caso, non si faccia finta che la colpa principale sia del magistrato.  Le stesse parole identiche le abbiamo giá sentite a Marghera, a Priolo, a Casale Monferrato quando si negava l’esistenza di un qualsiasi nesso tra le produzioni e le morti per tumore, salvo, un ventennio dopo, riconoscerlo e piangere le centinaia di decessi. La situazione di Taranto è talmente grave che non servono proprio altre drammatizzazioni e scontri tra opposte tifoserie. Per queste ragioni sarà davvero il caso, anche dopo questa vicenda, e dopo il nauseabondo quadro che sta emergendo dalle intercettazioni, di lasciar davvero perdere qualsiasi ipotesi di “Legge bavaglio”. Era una follia prima, sarebbe un disastro oggi! Sarebbe la prova provata che questa legge ha un  solo obiettivo: nascondere la polvere sotto il tappeto, chiudere occhi e orecchi alla pubblica opinione.

Sicilia, il piano energetico di Passera riapre la corsa al petrolio. - Giuseppe Pipitone


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Il ministro dello Sviluppo vuole raddoppiare la quantità di petrolio estratto nel nostro Paese per portarlo al 20% della domanda. Una idea che passa per forza dalle coste siciliane, dove già oggi si concentra più di un terzo delle attività di ricerca. Una scelta che piace alle compagnie ma osteggiata dagli ambientalisti: "Dannoso e inutile - per Legambiente - se estraessimo tutto il petrolio presente in mare, l'Italia lo esaurirebbe in sole 7 settimane".

Le coste dell’isola di Favignana, dove una volta andava in scena la mattanza del tonno, ma anche la splendida isola di Pantelleria, ricca di capperi e con le spiagge incontaminate. E poi il mare di fronte a Marsala e quello di Sciacca, il canale di Sicilia e la costa di Pozzallo. È questa la lista della spesa delle principali compagnie petrolifere del mondo: squarci di paradiso in cui venire a cercare oro nero. In Sicilia sono undici i permessi di ricerca concessi, e mentre ben diciotto richieste sono ancora in attesa di valutazione, in tre casi sono già spuntate all’orizzonte piattaforme in piena regola a pochi chilometri dalla costa. A beneficiarne compagnie importanti come la Shell, che cerca il petrolio dalle parti di Favignana, la Transunion Petroleum, che scandaglia i fondali del canale di Sicilia, ma anche società minori come la San Leon Energy, una srl con capitale di diecimila euro titolare di ricerche importanti come quelle di fronte alla costa di Sciacca. 
Adesso, però, la già inarrestabile corsa all’oro nero di Sicilia potrebbe addirittura accelerare. Almeno secondo il piano energetico di Corrado Passera, ministro dello sviluppo economico di Mario Monti. La proposta di Passera ha una semplice parola d’ordine: raddoppiare l’estrazione di olio nero nella penisola fino ad arrivare al 20 per cento della domanda. Un programma che piace molto alle grandi società d’estrazione, soprattutto perché sul tavolo del governo c’è la proposta di abolire il limite delle dodici miglia di distanza dalla costa, entro il quale oggi non si possono impiantare trivelle. Una possibilità che ha fatto andare su tutte le furie gli ambientalisti. “Il ministro Passera ignora la necessità di tagliare drasticamente le emissioni di Co2, ascolta solo le lobby dei combustibili fossili e soprattutto condanna l’Italia a non puntare sull’economia del futuro” dice Mariagrazia Midulla di Wwf Italia. “Nel Canale di Sicilia – ha avvertito Greenpeace – si prepara una folle corsa all’oro nero: da una dettagliata analisi delle richieste e dei permessi, le compagnie petrolifere da un lato hanno già trovato dei giacimenti che si preparano a sfruttare, dall’altro moltiplicano le richieste per esplorare i fondali marini alla ricerca di nuovo petrolio”.
In pratica le diciotto richieste d’estrazione si raddoppierebbero in poche settimane, e nel frattempo aumenterebbero i permessi accordati per cercare petrolio nel mare siciliano. Ma non aumenterebbe la produzione. Almeno secondo Stefano Ciafani, vice presidente di Legambiente: “Se estraessimo tutto il petrolio che, secondo il ministero dello Sviluppo Economico, è presente in mare, l’Italia lo esaurirebbe in sole 7 settimane. E se al petrolio marino aggiungiamo quello estratto a terra, arriveremmo a 13 mesi. Un quantitativo che definire ridicolo è poco”. Nonostante la corsa per cercare l’oro nero di Sicilia sia affollata, il sottosuolo made in Italy infatti è tutt’altro che ricco. Le compagnie estrattrici però rimangono molto interessate alle ricerche nel nostro mare. E ancora di più lo saranno se dovesse passare il piano di Passera. Il motivo è tutto da ricercare nelle royalties che le compagnie pagano al nostro paese. In Sicilia, la regione più interessata dalle ricerche con 11 concessioni su un totale di 26, le tasse sono le più basse d’Italia, inferiori di 33 volte a quelle che si pagano in Emilia Romagna, nonostante le diverse caratteristiche del sottosuolo. Tutta la penisola è poi uno dei paesi che incassa di meno dai cercatori d’oro nero: il 4 per cento di tasse per i permessi offshore, che dovrebbero arrivare al 7 per cento, ma soltanto sopra le 50mila tonnellate di petrolio prodotte ogni anno. Un’inezia rispetto all’85 per cento chiesto dalla Libia e all’80 della Russia: prezzi stracciati che hanno valso all’Italia il titolo di “miglior paese per l’estrazione di petrolio off-shore” secondo la compagnia Cygam.
“Cifre ridicole a fronte del preoccupante impatto delle trivellazioni per la biodiversità del Canale” sottolinea Greenpeace, che durante tutto il 2012 ha lanciato una campagna dichiarare il canale di Sicilia zona ecologica protetta. Il proliferare delle trivelle però non mette in pericolo soltanto la biodiversità. “Occorre fermare le trivellazioni – dice Carlo Cassaniti, vicepresidente dei geologi siciliani – i  nostri mari presentano purtroppo le stesse pericolosità geologiche dei territori emersi: in particolare nel Canale di Sicilia sono presenti numerose ed importanti strutture geologiche e non è neanche da sottovalutare la presenza di vulcani sottomarini”.